“L’escussione della cauzione provvisoria negli appalti pubblici” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sentenza n. 2353 del 12.05.2015)

Nella pronuncia in esame la Sez. V del Consiglio di Stato analizza l’appello proposto da una società partecipante – in costituenda ATI – ad una procedura di gara per l’affidamento della progettazione esecutiva e per l’esecuzione dei lavori di realizzazione di un’opera pubblica.

In particolare, dopo essere risultata prima in graduatoria – e, dunque, provvisoriamente aggiudicataria – la medesima società veniva esclusa poiché, in sede di verifica delle dichiarazioni rese, la stazione appaltante riscontrava taluni vizi inerenti i requisiti dei progettisti e la qualificazione del soggetto ausiliario. Unitamente all’esclusione, inoltre, veniva disposta nei confronti della stessa società appellante anche l’escussione della cauzione provvisoria e la segnalazione all’Autorità di Vigilanza dei Contratti Pubblici (oggi “ANAC”) ai sensi dell’art. 48, comma 2, del D.lgs. n. 163/2006 (c.d. “codice dei contratti”).

La società esclusa sostiene, a tale proposito, che essa non avrebbe in realtà reso “false dichiarazioni” ma avrebbe “errato in buona fede” sui requisiti dichiarati; la sanzione dell’escussione della garanzia, pertanto, non sarebbe stata correttamente applicata dalla stazione appaltante.

Ebbene, nella sentenza oggetto di commento il Consiglio di Stato rileva, innanzitutto, che il richiamato art. 48 prevede che, quando le dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell’offerta circa il possesso dei requisiti di capacità non siano state comprovate dalla documentazione presentata, per ciò stesso “le stazioni appaltanti procedono all’esclusione del concorrente dalla gara, alla escussione della relativa cauzione provvisoria e alla segnalazione del fatto all’Autorità”.

Le misure discendenti dall’esclusione, pertanto, si rivelano “strettamente vincolate e consequenziali alla verifica dell’omissione probatoria di cui si tratta e prive di qualsivoglia contenuto discrezionale” (cfr. AVCP, parere n. 80 del 14 ottobre 2007).

La giurisprudenza prevalente è, infatti, orientata nel senso che l’incameramento della cauzione provvisoria ai sensi dell’art. 48 è una conseguenza sanzionatoria “del tutto automatica” del provvedimento di esclusione, come tale “non suscettibile di alcuna valutazione discrezionale con riguardo ai singoli casi concreti ed in particolare alle ragioni meramente formali ovvero sostanziali che l’Amministrazione abbia ritenuto di porre a giustificazione dell’esclusione medesima” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sentenza n. 4778 del 10 settembre 2012).

Ne deriva, quindi, che la stazione appaltante “non ha titolo per valutare le circostanze, asseritamente non note poiché taciute da terzi, a causa delle quali la concorrente può aver reso false dichiarazioni, atteso che tali aspetti restano estranei al rapporto con l’amministrazione ben potendo, viceversa, costituire oggetto di giudizi civili o penali fra parti private”.

L’errore commesso in fattispecie come quella in esame, del resto, è sicuro indice di negligenza e, come tale, dà inevitabilmente adito alle conseguenze afflittive previste dalla legge, che hanno la funzione di stimolare i concorrenti alla “probità e diligenza necessarie” per il corretto andamento delle procedure di gara; al riguardo, infatti, va osservato come la cauzione sia uno strumento che ha la finalità di “responsabilizzare i partecipanti alle gare pubbliche in ordine alle dichiarazioni rese, sì da garantire la serietà ed affidabilità delle offerte” (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, sentenza n. 2232 del 18 aprile 2012).

Avv. Tramutoli Daniele

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