L’esdebitazione del fallito. Crediti non concorrenti. Crediti esclusi

Spezia Franco 21/01/10

1.      Generalità.

 

L’esdebitazione, che riguarda il fallito persona fisica, consiste nella liberazione dai debiti nei confronti dei creditori non soddisfatti, costituisce una delle principali novità introdotte dalla riforma del fallimento (attuata col D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, successivamente modificato dal D.Lgs. 12 settembre 2007 n. 169) ed è in stretta correlazione con l’abolizione delle conseguenze personali del fallimento per il fallito. (1)

Il fallimento perde il suo originario carattere infamante e l’imprenditore diligente e sfortunato meritevole del beneficio può ripartire una volta chiusa la procedura, alleggerito dalla zavorra dei debiti pregessi (c.d. fresh start). 

Per accedere all’esdebitazione occorre che il fallito (art. 142):

-abbia collaborato con gli organi della procedura;

-non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della procedura;

-non abbia violato il disposto dell’art.48, riguardante l’obbligo della consegna della corrispondenza al curatore;

-non abbia beneficiato di altra esdebitazione nei dieci anni antecedenti;

-non abbia distratto l’attivo o esposto passività inesistenti, cagionato o aggravato il dissesto rendendo gravemente difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari o fatto ricorso abusivo al credito;

-non sia stato condannato con sentenza passata in giudicato per bancarotta fraudolenta o per delitti contro l’economia pubblica l’industria ed il commercio o altri delitti connessi all’attività d’impresa, salvo che per tali reati sia intervenuta la riabilitazione.

In ogni caso l’esdebitazione non può essere concessa quando non siano stati soddisfatti, almeno parzialmente,  i creditori concorsuali.

L’esdebitazione è stabilita dal tribunale, sentito il curatore ed il comitato dei creditori, nel decreto di chiusura del fallimento oppure successivamente, su ricorso del debitore, entro un anno dalla chiusura della procedura.

 

 

2.      Crediti  non concorrenti.

 

Il decreto che accoglie la domanda di esdebitazione spiega i suoi effetti anche verso i creditori anteriori all’apertura della procedura che non hanno presentato la domanda di insinuazione al passivo (art. 144).  In tal caso l’esdebitazione opera soltanto per la parte eccedente  rispetto la percentuale  attribuita nel concorso ai creditori di pari grado.

Tale soluzione risponde all’esigenza di tutelare il principio della par condicio creditorum, evitando  che i creditori, temendo l’esdebitazione,  possano essere disincentivati ad insinuarsi nella procedura concorsuale.

Va considerato irrilevante il motivo della mancata presentazione della domanda di  ammissione al passivo, per cui la norma si applica anche ai creditori che hanno ignorato la dichiarazione di fallimento, non avendo ricevuto l’avviso del curatore ex. art. 92.

L’esdebitazione va ragionevolmente applicata anche ai creditori che pur avendo presentato domanda di insinuazione non siano stati ammessi al passivo. Detti creditori infatti non possono essere esclusi dalla falcidia, avendo la qualità di creditori anteriori alla dichiarazione di fallimento.

L’accertamento giudiziale del credito va compiuto in sede ordinaria, una volta che il debitore è tornato in bonis, azionabile soltanto nel limite percentuale corrisposto ai creditori di pari grado. Per la parte che non può essere pretesa, non si produce un effetto estintivo come avviene nella remissione, bensì la conversione in una obbligazione naturale, per cui se il debitore paga spontaneamente non potrà pretendere la ripetizione di quanto corrisposto.

 

 

3.      Crediti esclusi dall’esdebitazione.

 

L’esdebitazione non si applica ad alcune tipologie di crediti, previste dall’art. 142 , penultimo comma (2), per i quali la stessa non è  giustificabile per motivi di carattere sociale. Restano infatti esclusi dal beneficio:

a)       gli obblighi di mantenimento e alimentari e comunque “le obbligazioni derivanti dai rapporti estranei all’esercizio dell’impresa” (3);

b)     I debiti per il risarcimento dei danni da fatto illecito extracontrattuale, nonché le sanzioni penali ed amministrative di carattere pecuniario che non siano accessorie a debiti estinti.

Sono comunque salvi i diritti vantati dai creditori nei confronti di coobbligati, dei fideiussori del debitore e degli obbligati in via di regresso. La norma è  identica a quella prevista dall’art. 135, secondo comma,  per il concordato fallimentare.  Detti soggetti continuano a rispondere per la parte per la quale il fallito è rimasto esdebitato, perdendo verso quest’ultimo l’azione di regresso. La norma sarebbe in contrasto con i principi riguardanti le obbligazioni solidali se l’esdebitazione producesse l’effetto sostanziale dell’estinzione del debito, si giustifica invece diversamente configurando l’istituto come impedimento all’azione (4).

 

 

4.      Obbligazioni alimentari ed altri debiti estranei  all’ esercizio di impresa.

 

Gli obblighi di mantenimento e alimentari nascono da rapporti familiari e da vincoli di solidarietà,  in tali ipotesi quindi  l’azzeramento del debito ripugnerebbe sotto il profilo morale (5), venendo a pregiudicare interessi costituzionalmente protetti. Trattasi del mantenimento dei figli (artt. 147, 261 c.c.)  dell’assegno  al coniuge separato (artt. 156 c.c.)  e divorziato (art. 5,  l. n. 898 del 1970),  degli alimenti dovuti ai soggetti che versano in stato di bisogno, indicati dall’ art. 433 c.c.. L’esdebitazione in questi casi potrebbe rappresentare un incentivo per soggetti moralmente disinvolti a fallire per sottrarsi alla solidarietà (6).

I debiti estranei all’esercizio d’impresa sono quelli riguardanti la vita privata dell’imprenditore. (7)  Sono tali i canoni di locazione per affitto della casa di abitazione, i finanziamenti bancari non strumentali all’attività imprenditoriale, ecc..  La loro concreta individuazione non sempre è agevole in ragione alla svariata casistica che si può presentare. Si pensi ad una fideiussione prestata  per una società terza o  ad un debito per acquisto di un bene (es. un automobile) ad uso promiscuo. Lo scopo dell’ esenzione è quello si salvaguardare il soggetto che ha fatto credito all’imprenditore senza fare  precipuo affidamento  al rischio d’impresa.

 

 

5.      Debiti per il risarcimento da fatto illecito extracontrattuale.  Sanzioni.

 

La norma fa riferimento a tutte le obbligazioni scaturenti dai fatti illeciti, siano essi civili penali o amministrativi.  L’esclusione, oltre che dal carattere sanzionatorio delle obbligazioni, si giustifica con l’esigenza di evitare una disparità di trattamento, per il danneggiato, a seconda che responsabile del danno sia un soggetto fallito o meno. I danneggiati da fatto illecito sono peraltro creditori involontari. A titolo di esempio si possono riportare i risarcimenti conseguenti ad infortuni sul lavoro o ad incidenti stradali, i quali comportano per il danneggiato  la riduzione della capacità lavorativa e  di  produrre reddito . (8)

L’esonero dal beneficio delle sanzioni poggia sulla natura personale della responsabilità penale ed amministrativa che non può venir meno a causa dell’esdebitazione (9) e nello stesso tempo sul carattere afflittivo della sanzione.  Il carattere personale della responsabilità penale è espressamente sancito dall’art. 27 della Costituzione, mentre per le sanzioni amministrative il riferimento è all’art 3, l. 24 novembre 1981, n. 689, per il quale ciascuno è responsabile della propria azione ed omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.

Rientrano invece nel novero dell’esdebitazione le sanzioni pecuniarie relative all’inadempimento di una obbligazione principale avente carattere di credito concorsuale. Sono tali ad esempio le sanzioni relative al mancato pagamento dei contributi, in quanto i relativi crediti sono suscettibili di ammissione al passivo.

 

 

6.      Osservazioni conclusive.

 

A giudizio dello scrivente la disposizione che va riferimento ai crediti esclusi va interpretata in senso estensivo, contribuendo in tal modo a ridurre il campo di applicazione dell’ esdebitazione.

L’istituto in questione, trapiantato da altri ordinamenti nel nostro (10)  (non sempre i trapianti  riescono e possono provocare  crisi di rigetto),  è infatti estraneo alla tradizione giuridica italiana e contrasta con alcuni principi fondamentali,  in specie con l’art. 2740 del codice civile per il quale “il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri”. L’esdebitazione presenta anche dubbi di costituzionalità. Si traduce in una specie di esproprio a danno del creditore, senza che sia previsto un indennizzo di sorta. Il diritto di credito degrada in tal modo ad una sorta interesse legittimo, privo di efficace tutela. (11) Vi è infine da notare che avendo la riforma ampliato i limiti dimensionali dell’imprenditore soggetto alle procedure concorsuali, la stessa finisce per lasciar fuori dall’esdebitazione la schiera di soggetti esclusi dal fallimento, con sospetta violazione del principio di eguaglianza.

Il fallimento da gogna e disonore per la persona che lo subisce, diventa quindi “un’opportunità” che permette con un colpo di spugna di alleggerirsi  dei debiti, occasione che non è offerta al debitori non fallibili e che sacrifica i legittimi diritti dei creditori. Trova poi così frequentemente riscontro nella realtà la figura deamicisiana dell’imprenditore sfortunato ed onesto (soppressa nel  concordato preventivo e risorta nell’esdebitazione) meritevole del beneficio della cancellazione dei debiti,  a scapito dei  sicuramente  sfortunati creditori?

 

 

Franco Spezia

 

 

(1) Sull’argomento vedi fra gli altri:  L. Ghia , L’esdebitazione, Milano, 2008;  C. Ferri, L’esdebitazione, Il Fallimento, 2005, 1085;  A. Castagnola, L’esdebitazione del fallito, Giur. Comm., 2006, 490;  G. Costantino, L’ esdebitazione, Foro it., 2006, V, 210;  G. Scarselli, La esdebitazione nella nuova legge fallimentare, Dir. fall. 2007, 31; A. Paluchowsky, L esdebitazione del fallito e dei soci illimitatamente responsabili, in P. Pajardi – A. Paluchowsky, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 2008, 725;  E. Farscaroli, L’esdebitazione del fallito: un premio per il fallito o un esigenza del mercato, Dir. fall. 2008, 34;  S. Ambrosini, L’esdebitazione del fallito fra problemi interpretativi e dubbi di costituzionalità, Il Fallimento 2009, 129. 

(2) Il fatto che la legge delega non prevedesse ipotesi di esclusione fa sorgere qualche dubbio di costituzionalità della norma in relazione all’art. 76 cost..

(3) Il decreto correttivo (D.Lgs. 169/2007) ha con questa dicitura sostituito l’espressione precedente che faceva riferimento ai rapporti “non compresi nel fallimento ai sensi dell’art. 46 l.f.”, ampliando in tal modo la casistica di esclusione.

(4) Cfr. V. Zanichelli, La nuova disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali, Torino, 2007, 382.

(5 ) Cfr. A.  Caifa,  Le procedure concorsuali nel nuovo diritto fallimentare, Torino,2009, 526

(6) V. Santoro , sub art. 142,  La riforma della legge fallimentare, a cura di A. Nigro e M. Sandulli. II, Torino, 2006, 853.

(7) Cfr. M. ferro, La legge fallimentare, D.Lgs 12 settembre 2007, n. 169 Disposizioni integrative e correttive, Commentario teorico-pratico, Padova, 2008, 273.

(8) A. Paluchowsky , op. cit., 733.

(9) L. Panzani, sub art. 142, Il nuovo diritto fallimentare, Commentario diretto da A. Jorio e coordinato da M. Fabiani, Torino, 2007, 2107.

(10) Sul modello del discharge,  istituto di origine anglosassone dei paesi a common law.

(11) Cfr.. G. Scarselli,  L’ esdebitazione e la soddisfazione dei creditori chirografari, Il Fallimento 2008, 819;  Frascaroli, op. cit., 39.

Spezia Franco

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