L’indizio talmente pregnante per l’esistenza di un unico centro decisionale è la identità delle relazioni tecniche allegate alle tre offerte
Merita ricordare che, in caso di sottoscrizione del cd patto di integrità, la presenta di indizi gravi, precisi e concordanti circa la provenienza delle offerte da un unico centro decisionale è anche fonte di escussione della cauzione provvisoria
il sistema delle gare pubbliche può funzionare solo se le imprese partecipanti si trovano in posizione di reciproca ed effettiva concorrenza, ha poi avuto riconoscimento normativo nel d. lgv. n. 163 del 2006 che all’art. 34, ora art. 38, comma 1, lett. m-quater, in riferimento all’affidamento dei contratti relativi a lavori, servizi e forniture, ha disposto che “non possono partecipare alla medesima gara concorrenti che si trovino tra loro in una delle situazioni di controllo di cui all’art. 2359 del codice civile” precisando nel periodo successivo che “le stazioni appaltanti escludono altresì dalla gara i concorrenti per i quali accertano che le relative offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale, sulla base di univoci elementi”.
In sostanza, l’ipotesi ex art. 2359 cod. civ. integra una forma di presunzione ex lege di collegamento tra ditte partecipanti, mentre l’ipotesi del controllo sostanziale va desunta dalla presenza di elementi oggettivi e concordanti.
La casistica giurisprudenziale sul punto è variegata, ma concordante sulla necessità della presenza di indizi gravi, precisi e concordanti circa la provenienza delle offerte da un unico centro decisionale e sull’esclusione delle partecipanti in siffatte ipotesi (cfr. Cons. Stato, n. 3637 del 2010; n. 1120 del 2010).
Tali indizi ben possono trarsi da un unico fatto, come nel caso in esame.
Invero, la identità delle relazioni tecniche allegate alle offerte di tre ditte partecipanti è indizio in concreto rilevante e quanto mai probante della circolazione di informazioni tra le ditte interessate, non trovando un tal fatto altra giustificazione.
L’amministrazione, dunque, in presenza di un indizio talmente pregnante di accordi sottostanti tra le imprese, idoneo a turbare la regolarità della gara, era obbligata ad escludere le partecipanti che avevano dimostrato un tale collegamento, dovendo tutelare non solo il principio di buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione, ma anche la par condicio dei concorrenti ed il regolare svolgimento degli incanti.
Né può ritenersi, come rilevato in sentenza, che tale circostanza non sarebbe da solo indizio rilevante del collegamento sostanziale tra le partecipanti.
Vi sono, invero, situazioni concrete in cui anche una sola circostanza è indicativa di un accordo per alterare la segretezza, serietà e indipendenza delle offerte e di turbare, in conseguenza, la regolarità della gara.
D’altra parte il Consorzio Controinteressata , che pure afferma di aver usato la relazione tecnica presentata alla gara tenutasi l’anno precedente presso lo stesso comune e, quindi, assume la propria estraneità a qualunque forma di circolazione di notizie con le altre due partecipanti, si è limitato ad una contestazione dell’operato dell’amministrazione e alla astratta prospettazione di frodi a suo danno, senza peraltro dar notizia alcuna di azioni penali a propria tutela.
Dal canto suo il Comune ha negato un’indebita circolazione di informazioni e che vi sia stata alcuna istanza di accesso avente ad oggetto la suddetta relazione tecnica 2009 agli atti del Comune.
Tanto fa ritenere che la circolazione della relazione tecnica sia avvenuta indebitamente e che tra le ditte partecipanti che l’hanno utilizzata ci sia un accordo sostanziale che ne imponeva l’esclusione
Si legga anche
decisione numero 1120 del 26 febbraio 2010 emessa dal Consiglio di Stato
Nel caso di specie, non risulta che l’amministrazione abbia attivato un sub-procedimento in contraddittorio con le imprese al fine di accertare che le stesse erano reciprocamente condizionate nella formulazione dell’offerta
il compito di accertare se il rapporto di controllo in questione abbia esercitato un’influenza sul contenuto delle rispettive offerte depositate dalle imprese interessate nell’ambito di una stessa procedura di aggiudicazione pubblica richiede un esame e una valutazione dei fatti che spetta alle amministrazioni aggiudicatrici effettuare
i rapporti tra imprese di un medesimo gruppo possono essere disciplinati da disposizioni particolari, ad esempio di tipo contrattuale, atte a garantire tanto l’indipendenza quanto la segretezza in sede di elaborazione di offerte che vengano poi presentate contemporaneamente dalle imprese in questione nell’ambito di una medesima gara d’appalto
Con la sentenza impugnata il TAR ha accolto, nei limiti di cui in motivazione, il ricorso proposto dall’impresa odierna appellata per l’annullamento del provvedimento di esclusione della medesima dalla gara di appalto 3 A 2003 indetta dall’ANAS – Compartimento viabilità per la Sardegna – per l’affidamento dei lavori relativi alla s.s. 127/bis settentrionale sarda bis, rettifica plano-altimatrica del tratto compreso tra i km. 15+000 e 18+000, nonché dell’annotazione di tale esclusione nel Casellario Informatico delle imprese qualificate a far data dal 17 luglio 2003 e della presupposta comunicazione all’Autorità di Vigilanza, oltre che della nota ANAS 18 luglio 2003, n. 24/25 e del verbale della Commissione di gara 24/25 giugno 2003; con il ricorso era richiesto anche il risarcimento dei danni.
Il TAR – premesso che con il ricorso si contestava il provvedimento di esclusione dalla gara solo nella parte in cui costituiva presupposto dell’impugnata iscrizione, nel Casellario Informatico delle imprese qualificate, di apposita annotazione (“per situazione di collegamento sostanziale con la ditta ICORT s.r.l……”), mentre non risultava contestata la determinazione, pure addotta, di escluderla per carenza formale del documento di fideiussione, per cui il relativo provvedimento rimaneva efficace per tale parte – ha ritenuto che gli elementi indicati dall’ANAS a supporto dell’esclusione dell’originaria ricorrente per “collegamento sostanziale” con altra impresa pure concorrente non fossero sufficienti a giustificare gli impugnati provvedimenti, non consentendo di stabilire con certezza la presenza di un serio ed effettivo collegamento, il relativo accertamento dovendo essere fatto valutando, in concreto, le offerte presentate, individuando se le stesse, per il complesso degli elementi caratterizzanti, potessero essere imputate ad un unico centro decisionale; ciò che, nella specie, era mancato.
Non potendosi ritenere legittimamente accertata l’esistenza di detto collegamento, il TAR ha, poi, ritenuto illegittimo anche l’ulteriore motivo di esclusione assunto dall’ANAS per “falsa dichiarazione”, non potendosene ritenere la sussistenza nel difetto della valida dimostrazione del predetto collegamento.
In conclusione, il TAR ha accolto il ricorso annullando, per l’effetto, il provvedimento di esclusione dalla gara nei soli limiti anzidetti, nonché la contestata annotazione nel Casellario informatico delle imprese, con assorbimento di ogni altra pronunzia; ha, invece, rigettato per genericità la domanda risarcitoria pure avanzata dalla ricorrente.
2) – Per l’appellante ANAS s.p.a. la sentenza sarebbe erronea e dovrebbe essere riformata, con il conseguente integrale rigetto dell’originario ricorso, in quanto i provvedimenti impugnati recherebbero una serie di elementi gravi, precisi e concordanti pienamente in grado di far desumere come le due imprese di cui si tratta fossero in una situazione di obiettivo collegamento sostanziale, così come correttamente rilevato dalla Commissione giudicatrice.
Per l’impresa appellata, ritualmente costituitasi in giudizio, la sentenza sarebbe pienamente corretta e dovrebbe essere confermata, anche alla luce dei recenti orientamenti comunitari.
Qual è il parere dell’adito giudice di appello del Consiglio di Stato?
Nella presente fattispecie assume particolare rilievo la recente sentenza della Corte di Giustizia, sez. IV, 19 maggio 2009, C-538/2007.
Tale sentenza ha chiaramente affermato che il diritto comunitario osta ad una disposizione nazionale che, pur perseguendo gli obiettivi legittimi di parità di trattamento degli offerenti e di trasparenza nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, stabilisca un divieto assoluto, a carico di imprese tra le quali sussista un rapporto di controllo o che siano tra loro collegate, di partecipare in modo simultaneo e concorrente ad una medesima gara d’appalto, senza lasciare loro la possibilità di dimostrare che il rapporto suddetto non ha influito sul loro rispettivo comportamento nell’ambito di tale gara.
La motivazione della citata sentenza comunitaria si snoda in particolare lungo i seguenti passaggi:
“è giocoforza constatare che la normativa nazionale di cui trattasi nella causa principale, nella misura in cui estende il divieto di partecipazione ad una medesima procedura di aggiudicazione alle situazioni in cui il rapporto di controllo tra le imprese interessate rimane ininfluente sul comportamento di queste ultime nell’ambito di siffatte procedure, eccede quanto necessario per conseguire l’obiettivo di garantire l’applicazione dei principi di parità di trattamento e di trasparenza” (punto 29);
“una tale normativa, basata su una presunzione assoluta secondo cui le diverse offerte presentate per un medesimo appalto da imprese collegate si sarebbero necessariamente influenzate l’una con l’altra, viola il principio di proporzionalità, in quanto non lascia a tali imprese la possibilità di dimostrare che, nel loro caso, non sussistono reali rischi di insorgenza di pratiche atte a minacciare la trasparenza e a falsare la concorrenza tra gli offerenti” (punto 30);
“a tale riguardo va sottolineato che i raggruppamenti di imprese possono presentare forme e obiettivi variabili, e non escludono necessariamente che le imprese controllate godano di una certa autonomia nella gestione della loro politica commerciale e delle loro attività economiche, in particolare nel settore della partecipazione a pubblici incanti. Del resto, come rilevato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, i rapporti tra imprese di un medesimo gruppo possono essere disciplinati da disposizioni particolari, ad esempio di tipo contrattuale, atte a garantire tanto l’indipendenza quanto la segretezza in sede di elaborazione di offerte che vengano poi presentate contemporaneamente dalle imprese in questione nell’ambito di una medesima gara d’appalto” (punto 31);
“in tale contesto, il compito di accertare se il rapporto di controllo in questione abbia esercitato un’influenza sul contenuto delle rispettive offerte depositate dalle imprese interessate nell’ambito di una stessa procedura di aggiudicazione pubblica richiede un esame e una valutazione dei fatti che spetta alle amministrazioni aggiudicatrici effettuare. La constatazione di un’influenza siffatta, in qualunque forma, è sufficiente per escludere tali imprese dalla procedura di cui trattasi. Per contro, la semplice constatazione dell’esistenza di un rapporto di controllo tra le imprese considerate, risultante dall’assetto proprietario o dal numero dei diritti di voto che possono esercitarsi nelle assemblee ordinarie, non è sufficiente affinché l’amministrazione aggiudicatrice possa escludere automaticamente tali imprese dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto, senza verificare se un tale rapporto abbia avuto un impatto concreto sul loro rispettivo comportamento nell’ambito di questa procedura”.
Nel caso di specie, non risulta che l’amministrazione abbia attivato un sub-procedimento in contraddittorio con le imprese al fine di accertare che le stesse erano reciprocamente condizionate nella formulazione dell’offerta; non risulta accertato, in altri termini, che il collegamento, dimostrato a livello strutturale, abbia poi avuto un impatto concreto sul loro rispettivo comportamento nell’ambito della gara, con l’effetto di determinare la presentazione di offerte riconducibili ad un unico centro decisionale.
Ne discende, alla luce dei principi espressi dalla citata sentenza della Corte di Giustizia, un difetto di istruttoria che (come ritenuto dai primi giudici ancor prima della pronuncia della Corte di Giustizia, ma sulla base di considerazioni sostanzialmente convergenti) giustifica l’annullamento dei provvedimenti impugnati (cfr., in termini, la decisione, assunta dalla Sezione alla pubblica udienza del 1° dicembre 2009, n. 247 del 25 gennaio 2010).
4) – Per tali motivi l’appello in epigrafe appare infondato e, per l’effetto, deve essere respinto.
Riportiamo qui di seguito il testo della decisione numero 6329 del 30 novembre 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato.
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