L’ indebito oggettivo nel diritto tributario: rassegna normativa e note

Redazione 27/05/01
di Maria Bonanno

Il comma 2 dell’art.21 Dlgs.546/1992 come mod. dall’art. 69, d.l. 30 agosto 1993, n.
331, conv. in l. 29 ottobre 1993, n. 427 dispone:

“2. Il ricorso avverso il rifiuto tacito della restituzione di cui all’articolo 19, comma 1, lettera g), può essere proposto dopo il novantesimo giorno dalla domanda di restituzione presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d’imposta e fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto. La domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione.”

La norma (che trovava spazio anche nel previgente art.16 DPR 636/1972, con esclusione del termine biennale) ha dunque carattere residuale. Vediamo quindi quali termini speciali di decadenza prevedono le singole leggi d’imposta:

I. IMPOSTA DI REGISTRO: l’art.77 DPR n.131/1986 dispone:

1. Il rimborso dell’imposta, della soprattassa, della pena pecuniaria e degli interessi di mora deve essere richiesto, a pena di decadenza, dal contribuente o dal soggetto nei cui confronti la sanzione è stata applicata entro tre anni dal giorno del pagamento ovvero, se posteriore, da quello in cui è sorto il diritto alla restituzione.
2. Per i contratti a prezzo indeterminato, se la restituzione dipende dalla misura dell’imponibile il termine decorre dal giorno in cui ne è stato definitivamente stabilito il minore ammontare. Nei casi di cui alla lettera a) dell’art.56 il termine decorre dalla data di notificazione della decisione.
3. La domanda di rimborso deve essere presentata all’ufficio che ha eseguito la registrazione, il quale deve rilasciarne ricevuta, ovvero essere spedita a mezzo plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento.
4. Per gli interessi di mora spettanti al contribuente sulle somme rimborsate si applicano le disposizioni della legge 26 gennaio 1961 n. 29, della legge 28 marzo 1962 n.147, e della legge 18 aprile 1978 n. 130.

II. INVIM: l’art.31 comma 1 DPR 643/1972 rinvia integralmente alla norma sopra riportata.

III. IMPOSTE IPOTECARIE E CATASTALI: l’art.17 comma 5 DPR 347/1990 dispone:

5. La restituzione delle imposte e sanzioni amministrative indebitamente pagate deve essere richiesta, a pena di decadenza, entro tre anni dal giorno del pagamento ovvero, se posteriore, da quello in cui è sorto il diritto alla restituzione.

IV. IMPOSTA DI SUCCESSIONE E DONAZIONE: l’art.42 commi 2,3,4 Dlgs.346/1990 dispone:

2. Il rimborso, salvo il disposto dell’art.40, commi 1 e 3, deve essere richiesto a pena di decadenza entro tre anni dal giorno del pagamento o, se posteriore, da quello in cui è sorto il diritto alla restituzione. La domanda deve essere presentata all’ufficio competente, che deve rilasciarne ricevuta, ovvero essere spedita mediante plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento.
3. Dalla data di presentazione della domanda di rimborso decorrono gli interessi di mora di cui all’articolo 37, comma 2.
4. Non si fa luogo al rimborso per gli importi, comprensivi di interessi e soprattasse, non superiori a lire ventimila; gli importi superiori sono rimborsati per l’intero ammontare.

V. IMPOSTE DIRETTE: con riferimento ai soli pagamenti effettuati per ritenuta diretta (art.37) e per versamento diretto (art.38) il DPR 602/1973 dispone:

art.37: Il contribuente assoggettato a ritenuta diretta può ricorrere all’intendente di finanza della provincia nella quale ha il domicilio fiscale, per errore materiale, duplicazione o inesistenza totale o parziale dell’obbligazione tributaria entro il termine previsto dall’art.2946 del codice civile chiedendo il rimborso.
Avverso la decisione dell’intendente di finanza, ovvero trascorsi novanta giorni dalla data di presentazione del ricorso senza che sia intervenuta la decisione dell’intendente di finanza, il contribuente può ricorrere alla commissione di primo grado secondo le disposizioni
del D.P.R. 26 ottobre 1972, n.636.
Al rimborso l’intendente di finanza provvede mediante ordinativo di pagamento entro il termine di trenta giorni dalla data in cui il provvedimento di accoglimento del ricorso si è reso definitivo.

art.38: Il soggetto che ha effettuato il versamento diretto può presentare all’intendente di finanza nella cui circoscrizione ha sede il concessionario presso il quale è stato eseguito il versamento, istanza di rimborso, entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento stesso, nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento.
L’istanza di cui al primo comma può essere presentata anche dal percipiente delle somme assoggettate a ritenuta entro il termine di decadenza di diciotto mesi dalla data in cui la ritenuta è stata operata.
L’intendente di finanza, sentito l’ufficio delle imposte, provvede al rimborso mediante ordinativo di pagamento.
Si applicano il secondo e terzo comma dell’articolo precedente.
Quando l’importo del versamento diretto effettuato ai sensi del primo comma, n.3), o del secondo comma, lettera c), dell’art. 3 è superiore a quello dell’imposta liquidata in base alla dichiarazione ai sensi dell’art.36-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n.600, l’intendente di finanza provvede al rimborso della differenza con ordinativo di pagamento, su proposta dell’ufficio.

VI. IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO: la disciplina sui rimborsi è regolata dal combinato disposto degli artt.30 e 38-bis DPR 633/1972 come modif., da cui si evince che il termine di decadenza è di 18 mesi dalla data del versamento.

L’elencazione sopra riportata è, con tutta evidenza, solo esemplificativa. Fra le normative indicate quella che appare più organica in materia è quella dell’imposta di successione e donazione (artt.40-42), dove sono espressamente previste le fattispecie che danno diritto al rimborso, i termini e le modalità di presentazione dell’istanza, gli interessi moratori applicabili e i minimi rimborsabili.

Nella pratica, come ben sappiamo, l’individuazione della normativa applicabile può essere molto complessa.
Si pensi, ad exemplum tantum, alla richiesta di rimborso delle somme pagate a titolo di chiusura delle liti fiscali pendenti (artt.9-bis DL.28.3.1997 n.79 conv. in L.28.5.1997 n.140) nella sfortunata ipotesi in cui, dopo il versamento della cd. oblazione, la Commissione abbia omesso di procedere alla declaratoria di intervenuta estinzione del giudizio, mandando la causa in decisione: sarebbe applicabile la normativa istitutiva della chiusura liti fiscali in quanto posta a fondamento dello specifico versamento oppure la legge speciale del tributo per cui pendeva giudizio? E quid iuris qualora queste prevedessero termini di decadenza diversi per eventuali richieste di rimborso? E qualora non ne prevedessero invece nessuno?

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Ciò premesso, mi sembra importante focalizzare l’attenzione sul titolo a fondamento della pretesa di rimborso.
Capita spesso infatti, nella prassi operativa, di domandarsi quale sia la causa pretendi della domanda giudiziale avanzata avanti il Giudice Tributario in presenza di un diniego espresso dell’Amministrazione di provvedere al rimborso oppure, più frequentemente, dell’intervenuto decorso dei 90 giorni e del conseguente formarsi del silenzio-rigetto che legittima il ricorso ai sensi degli artt.19 lett.g) e 21 comma 2 sopra cit.
Ritengo infatti che il ricorso alla Commissione Tributaria fondato sulla semplice ricostruzione del fatto e sulla constatazione del decorso del termine di cui sopra, dovrebbe aversi per inammissibile per violazione dell’art.18 comma 2 lett.e) e comma 4, mentre una lettura superficiale della giurisprudenza che andiamo a riportare in massima ha fatto erroneamente ritenere che il compimento del termine previsto per la formazione del silenzio-rifiuto possa rendere irrilevanti le ragioni a fondamento della richiesta di rimborso.

La pretesa di restituzione si fonda nella maggior parte dei casi sul principio dell’indebito oggettivo e cioè sul diritto soggettivo di ottenere la restituzione di quanto pagato senza giusta causa, con interessi moratori, consacrato nel codice civile all’art.2033.

Ma questa disposizione è applicabile al diritto tributario?

La giurisprudenza di legittimità si è espressa in senso sostanzialmente negativo, fondando il proprio convincimento sull’ovvia considerazione della specialità della normativa tributaria:

“L’azione di ripetizione di indebito prevista in via generale dall’art.2033 c.c. non e’ applicabile ai tributi di cui all’art.1 del d.P.R. n. 636 del 1972 per i quali la “condictio indebiti” e’ stata compiutamente regolata dall’art.16 dello stesso d.P.R. e dalle singole leggi di imposta e, in particolare, per i tributi diretti, dagli artt.37 e 38 del d.P.R. n.602 del 1973. Conseguentemente ogni ipotesi di indebito correlato all’adempimento dell’obbligazione tributaria e’ soggetta, per quanto riguarda l’azione di ripetizione di versamenti diretti, di cui all’art.38 del d.P.R. n.602 del 1973, al termine di decadenza di diciotto mesi dalla data del versamento.”
Cassazione civile sez. I, 24 novembre 1989 n. 5076, Giur. imp. 1990, 759.

“Le controversie aventi ad oggetto i rimborsi di versamenti di imposte non dovute, anche quando si faccia valere l’esistenza di un semplice errore materiale, sono affidate in via esclusiva alle commissioni tributarie (salvo l’intervento della corte d’appello o della corte di
cassazione, nei casi e con le modalità previste dal d.p.r. 26 ottobre 1972, n.636) senza che residui alcuna possibilità, per le imposte previste dall’art.1, d.p.r. cit., di una controversia comune di indebito, né rilevi l’atteggiamento concretamente tenuto dall’amministrazione in ordine alle ragioni della mancata restituzione della somma pretesa dal contribuente.”
Cass. civ., sez. un., 4 dicembre 1991, n. 13026

Si deve pertanto ritenere che in concreto e nell’ipotesi di mancanza di disposizione speciale per il singolo tributo, l’obbligo dell’Amministrazione di restituire le somme indebitamente percepite debba comunque fondarsi sul principio dell’indebito oggettivo esplicitato nell’art.2033 C.C., non in quanto norma civilistica applicabile estensivamente, ma quale “principio generale normativo” richiamato e fatto proprio anche dall’ordinamento tributario con la disposizione frammentata di cui agli artt.19 lett.g) e 21 comma 2 D.lgs 546/1992.
E’ evidente infatti che nell’annoverare fra le fattispecie oggetto di ricorso avanti le Commissioni Tributarie anche il silenzio avverso le istanze di rimborso, il legislatore abbia inteso esplicitare il divieto per l’Amministrazione Finanziaria di percepire e trattenere importi non dovuti.
La previsione si inquadra pienamente nel processo di adeguamento ai principi di trasparenza dell’azione amministrativa espressi dalle L.241/1990 e L.212/2000 con i rispettivi decreti di attuazione.
Nulla purtroppo ha previsto il legislatore per gli interessi moratori, che pure devono ritenersi dovuti.

Nella pratica è comunque consigliabile, nei casi “più oscuri”, proporre in via subordinata alternativa anche l’azione generale e residuale di arricchimento senza causa.

Quanto al termine di decadenza per la presentazione dell’istanza di rimborso, sopravviene residualmente il termine biennale di cui alla norma citata in premessa, per tutte le fattispecie che non trovano diversa previsione nelle singole leggi d’imposta. Il tutto con salvezza del termine generale di prescrizione del diritto al rimborso.

Sotto questo aspetto il citato comma 2 dell’art.21 ha portata innovativa ed effetto semplificativo di buona parte del contenzioso in materia.

Redazione

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