La bozza del decreto ministeriale che attua l’articolo 111 TUB sul microcredito

§ 1) La bozza del Decreto ministeriale di attuazione dell’art. 111 TUB sul microcredito.

 

Con tempi lunghissimi, dopo più di tre anni dalla riforma dell’articolo 111 del Testo Unico Bancario (Decreto Legislativo n° 385 del 1993) che ha disciplinato per la prima volta l’attività di microcredito, è stata resa pubblica una bozza del Decreto del Ministero dell’Economia che, come prevede il comma 5° della norma citata, deve contenere le norme di attuazione della stessa.

Avverto, pertanto, che quanto dirò sulla Bozza di Decreto potrebbe essere modificato nella versione definitiva di esso. Ciò nonostante, mi sembra di poter dire che questa bozza è fatta abbastanza bene e che mi auguro venga modificata poco, cioè solo per ciò che è strettamente necessario, perché essa dà al microcredito un assetto coerente col suo obbiettivo fondamentale di venire incontro, per quanto possibile, alle esigenze di credito dei soggetti non bancabili.

Esaminiamo i contenuti della bozza di Decreto.

 

 

§ 2) Il microcredito per lo sviluppo di attività imprenditoriali.

 

Gli artt. 1 – 4 di essa contengono le norme attuative dell’attività di microcredito finalizzata all’avvio od allo sviluppo di iniziative imprenditoriali ed all’inserimento nel mercato del lavoro (in primo luogo nel mercato del lavoro autonomo, per quanto riguarda il lavoro dipendente, invece, come vedremo tra poco, attraverso la frequenza di corsi di formazione pagati con microcrediti) di cui al 1° comma dell’art. 111 TUB.

L’art. 1°, comma 1°, della bozza di Decreto prevede che i soggetti finanziabili siano gli imprenditori individuali, le associazioni, le società di persone e le società cooperative. Non sono menzionate le società a responsabilità limitata semplificate, ma, essendo queste espressamente previste dalla norma primaria (il 1° comma dell’art. 111 TUB), anch’esse possono ricevere microcrediti di questo tipo. Anche i lavoratori autonomi, in primo luogo i liberi professionisti, non sono menzionati in questa disposizione ma lo sono successivamente nella bozza di Decreto, per cui sono senz’altro soggetti finanziabili.

In particolare, per quanto che riguarda le associazioni (sia riconosciute che non), riteniamo che ad esse possa venire finanziata un’attività commerciale, cioè di impresa, finalizzata all’autofinanziamento delle loro attività istituzionali senza scopo di lucro e purché non sia l’attività principale o quella prevalente su queste ultime (altrimenti l’associazione diventa un’impresa dal punto di vista fiscale) ai sensi dell’art. 149, 1° e 2° comma, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR).

Per far sì che i destinatari dei microcrediti siano soltanto imprese piccole e giovani, cioè in fase di avvio o poco oltre, sono esclusi dai finanziamenti di questo tipo (art. 1°, 2° comma, della bozza di Decreto):

  1. I lavoratori autonomi e le imprese titolari di partita IVA da più di tre anni, ove si tratti della loro prima domanda di finanziamento nella forma di microcredito;

  2. lavoratori autonomi e imprese titolari di partita IVA da più di cinque anni, nel caso in cui abbiano già beneficiato di un microcredito per iniziative imprenditoriali (e non lo abbiano restituito, se il nuovo microcredito è richiesto allo stesso operatore e se il primo raggiungeva i limiti di 25.000 o 35.000 Euro, ai sensi del 2° comma dell’art. 3);

  3. lavoratori autonomi e imprese individuali con più di cinque dipendenti;

  4. società di persone e società cooperative con un numero di dipendenti non soci superiore alle dieci unità;

  5. imprese che al momento della richiesta di microcredito hanno, contemporaneamente, questi requisiti: un totale dell’attivo dello stato patrimoniale annuo superiore a 300.000 Euro, ricavi annui lordi superiori a 200.000 Euro ed un livello di indebitamento superiore a 100.000 Euro. Siccome per i primi due requisiti la bozza di Decreto fa riferimento all’art. 1°, comma 2, lettere a) e b), della Legge Fallimentare (Regio Decreto n° 267 del 1942), riteniamo che essi, come prevede questa norma, vadano riferiti ai valori dei bilanci degli ultimi tre esercizi o, se l’impresa opera da un tempo inferiore, a quelli dall’inizio dell’attività (i limiti valgono per ciascuno di questi anni e non come media dei valori degli esercizi considerati). Sarebbe opportuno che il testo definitivo del Decreto specificasse questo punto.

 

I microcrediti per attività imprenditoriali sono finalizzati a finanziare, congiuntamente o singolarmente, solo queste tipologie di spesa (art. 2):

  1. l’acquisto di beni o servizi strumentali all’attività svolta, comprese le operazioni di leasing e le polizze assicurative. Fra i beni rientrano in primo luogo quelli di investimento (macchinari, impianti, attrezzature, ecc. Sarebbe opportuno escludere l’acquisto di beni immobili che non è sostenibile con un microcredito e fare lo stesso per il leasing immobiliare) ma sono compresi anche le materie prime, i semilavorati ed i prodotti finiti anche da rivendere;

  2. la retribuzione di nuovi dipendenti o soci lavoratori (riteniamo non solo di soci di società cooperative di produzione e lavoro ma anche di soci di società di persone e di Srl semplificate che prestano la loro attività lavorativa per la società);

  3. il pagamento di corsi di formazione per il lavoratore autonomo, l’imprenditore individuale, i dipendenti ed i soci lavoratori (di cui al numero precedente), finalizzati ad elevare le qualità professionali e le capacità tecniche e gestionali di queste persone;

  4. il pagamento di corsi di formazione anche di natura universitaria (crediamo che ci si riferisca ai master ed ai corsi di specializzazione e non ai normali corsi di laurea) volti ad agevolare l’inserimento nel mercato del lavoro di persone fisiche.

 

L’operatore di microcredito deve verificare l’effettiva destinazione dei finanziamenti alle finalità elencate richiedendone apposita attestazione al soggetto finanziato.

I punti 1) e 2) dell’elenco precedente ci fanno capire che con i microcrediti per le piccole imprese si può finanziare l’attività operativa delle stesse (rientrando quindi nel c.d. “capitale circolante” o “working capital”), che, di solito, viene finanziata con affidamenti a breve più costosi (oggi, in media, ad un tasso di interesse annuo del 12 – 14%) di quelli a medio – lungo termine che si utilizzano per l’acquisto di beni di investimento (oggi, in media, ad un tasso annuo del 4 – 5%: è il c.d. “capitale fisso”) e dei leasing (oggi, in media, ad un tasso annuo del 7 – 8%). Questo è, senz’altro un punto di forza (e di convenienza finanziaria) di questa tipologia di microcredito che, come vedremo, dovrebbe oggi avere dei tassi di interesse annui fra il 3 ed il 4%.

Diciamo questo perché il tasso di interesse effettivo globale (TAEG), comprensivo di interessi, commissioni e spese di ogni genere, a cui devono essere concessi questi microcrediti è determinato dal comma 6° dell’art. 5 della bozza di Decreto come non superiore al “tasso effettivo globale medio (TEGM) rilevato per la categoria omogenea di operazioni risultante dall’ultima rilevazione trimestrale effettuata ai sensi della Legge n° 108 del 1996 (la legge sull’usura) moltiplicato per un coefficiente pari a 0,8”. Ricordiamo che tale rilevazione viene pubblicata trimestralmente con un Decreto del Ministero dell’Economia. Dal momento che questi finanziamenti non possono avere una durata superiore a 5 anni (art. 4, comma 4°, della bozza di Decreto), essi sono assimilabili chiaramente a dei mutui a tasso fisso o variabile che, nell’ultima rilevazione (quella di Settembre 2013) avevano dei tassi effettivi globali medi di 5,11% e 3,88%. Per cui, applicando ad essi il coefficiente 0,8 si ottengono dei tassi (TAEG) dei microcrediti pari a 4,09% per il tasso fisso e 3,10% per il tasso variabile, abbastanza vantaggiosi.

Per le operazioni di leasing vale la stessa procedura di calcolo del tasso, mentre nel caso di microcrediti con un ammortamento di breve durata, per esempio uno o due anni, riteniamo che non sia possibile identificare un’altra categoria omogenea di operazioni, cioè di prestiti, che non sia sempre quella dei mutui, perché le aperture di credito in conto corrente o gli scoperti di conto corrente hanno tendenzialmente una durata indeterminata, mentre il microcredito non può che avere una durata determinata, ai sensi del citato art. 4, comma 4°, della bozza di Decreto. Anche in questo caso una precisazione del Ministero dell’Economia sarebbe opportuna.

 

Oltre alla concessione del finanziamento, l’attività di microcredito comporta l’erogazione, da parte dell’operatore, sia nella fase istruttoria che nel periodo di ammortamento del prestito, di almeno due dei seguenti servizi ausiliari di assistenza e monitoraggio dei soggetti finanziati:

  1. supporto alla definizione della strategia di sviluppo dell’attività finanziata;

  2. formazione sulle tecniche di amministrazione dell’impresa, sotto il profilo della gestione finanziaria, di quella contabile e di quella del personale;

  3. formazione all’uso delle tecnologie più avanzate per innalzare la produttività dell’attività;

  4. supporto alla definizione dei prezzi e delle strategie di vendita, con l’effettuazione di studi di mercato;

  5. informazioni sui servizi disponibili sul mercato per la soluzione dei problemi legali, fiscali e amministrativi (art. 3, 1° comma).

 

Le modalità con cui l’operatore di microcredito fornisce al soggetto finanziato i servizi ausiliari di assistenza sono disciplinati dal contratto di concessione del finanziamento. Tali servizi possono essere erogati da una struttura interna dell’organizzazione dell’operatore di microcredito oppure possono essere da questo affidati ad operatori del terzo settore o ad altri soggetti specializzati sulla base di un contratto che obbliga questi ultimi a riferire periodicamente all’operatore di microcredito sull’andamento delle attività svolte e sui risultati conseguiti dai soggetti finanziati (2° e 3° comma).

Siccome questi servizi non possono avere un prezzo a parte distinto dagli interessi del prestito (il TAEG onnicomprensivo) in cui si sostanzia il microcredito, l’erogazione di essi è destinata ad essere un’attività non profit di volontariato o pressoché tale. Lasciando stare il fatto che non credo ci siano operatori del terzo settore specializzati nella consulenza alle imprese, per quanto piccole, credo che sarà quasi inevitabile la specializzazione degli operatori nei servizi di cui alle lettere a) ed e) dell’elenco precedente che non mi sembra pongano grossi problemi di costi ulteriori agli operatori, cosa che invece si può facilmente prevedere per gli altri. Il legislatore, in questo caso, auspica delle ottime cose con le risorse che gli operatori privati non hanno o non possono ricavare dall’attività che svolgono, proprio per i limiti (giusti, peraltro) che esso gli pone.

 

Le altre caratteristiche di questa tipologia di microcrediti sono previste dall’art. 4 della bozza di Decreto che ribadisce che essi non possono essere assistiti da garanzie reali (pegno e ipoteca) quindi lasciando la possibilità di garanzie personali (fidejussione). A nostro parere, proprio per non snaturare il microcredito, sarebbe opportuno specificare che le garanzie personali possono essere prestate solo dalla persona fisica che riceve il microcredito oppure dai soci o dagli associati se a riceverlo è una società o una associazione escludendo le fideiussioni prestate da terzi.

Il microcredito per le attività imprenditoriali non può eccedere, come importo, il limite di 25.000 Euro per ciascun beneficiario. Tale limite può essere aumentato di 10.000 Euro qualora il contratto di finanziamento preveda l’erogazione frazionata della somma prestata subordinando i versamenti successivi (di almeno 10.000 Euro, anche in più tranches, a quanto ci sembra di capire) al verificarsi delle seguenti condizioni:

  1. il pagamento puntuale di almeno le ultime sei rate pregresse,

  2. lo sviluppo del progetto finanziato, attestato dal raggiungimento dei risultati intermedi stabiliti dal contratto di finanziamento e verificati dall’operatore di microcredito,

  3. l’affidabilità del beneficiario attestata dall’assenza di inadempienze pregresse sia nei confronti di operatori di microcredito, sia di altri creditori (fornitori, banche, ecc.).

 

Raggiunti i limiti di importo di cui al capoverso precedente, l’operatore di microcredito non concede allo stesso soggetto un nuovo finanziamento prima che sia estinto il precedente (1° e 2° comma). Ciò lascia impregiudicata la possibilità di ottenere un altro microcredito da un operatore diverso da quello da cui si è ottenuto il primo.

La durata massima del finanziamento non può essere superiore a cinque anni (tranne quello che ha per scopo la frequenza corsi di formazione anche di natura universitaria volti ad agevolare l’inserimento nel mercato del lavoro di persone fisiche che può avere una durata massima di dieci anni e comunque coerente col piano di formazione finanziato) ed il rimborso di esso deve avvenire sulla base di un piano di ammortamento con rate a scadenza non superiore a un mese (4° e 3° comma). Comprendiamo la necessità di seguire con attenzione il debitore di un microcredito, ma pensiamo che si sarebbe potuta adottare anche la rata trimestrale prevista per il c.d. “prestito d’onore” o misura sul lavoro autonomo disciplinata dagli artt. 17 e 18 del Decreto Legislativo n° 185 del 2000 e gestito da Invitalia Spa.

Infine, gli operatori di microcredito curano direttamente la promozione e conclusione di questi contratti di finanziamento oppure si avvalgono dei soggetti che forniscono i servizi ausiliari di assistenza ai beneficiari dei prestiti, che abbiamo esaminato in precedenza (5° comma).

 

 

§ 2) Il microcredito per l’inclusione sociale e finanziaria di persone fisiche.

 

L’art. 5 della bozza di Decreto ministeriale disciplina, ai sensi del 3° comma dell’art. 111 TUB, i microcrediti finalizzati a promuovere progetti di inclusione sociale e finanziaria destinati a persone fisiche che si trovino in una delle seguenti condizioni di particolare vulnerabilità economica o sociale:

  1. stato di disoccupazione;

  2. perdita del posto di lavoro, sospensione o riduzione dell’orario di lavoro per cause non dipendenti dalla propria volontà;

  3. sopraggiungere di condizioni di non autosufficienza propria o di un componente del nucleo familiare;

  4. improvvisa, imprevista e significativa contrazione del reddito o aumento delle spese non derogabili per il nucleo familiare (1° comma).

 

Questi microcrediti sono destinati all’acquisto di beni o servizi necessari al soddisfacimento di bisogni primari del soggetto finanziato o di un membro del suo nucleo familiare (per esempio: spese mediche, canoni di locazione, istruzione, bollette di pagamento di servizi pubblici di rete, ecc.) (2° comma).

L’operatore di microcredito deve verificare, anche richiedendo apposite prove documentali, la sussistenza delle condizioni di vulnerabilità e l’effettivo utilizzo delle somme erogate per le finalità di cui sopra (3° comma).

I microcrediti di questa seconda tipologia non possono eccedere l’importo di 10.000 Euro per ciascun beneficiario, non possono essere assistiti da garanzie reali ed hanno una durata massima di cinque anni rinnovabili per altri cinque anni qualora le condizioni di cui sopra continuino a sussistere (4° comma). Anche in questo caso occorrerebbe, secondo noi, escludere se non del tutto anche le garanzie personali (fidejussione), almeno quelle prestate da terzi. La scadenza delle rate del piano di ammortamento del prestito non è specificata, per cui riteniamo possa essere liberamente fissata dalle parti.

I contratti di concessione di questo tipo di microcredito devono specificare la destinazione dei fondi erogati e le modalità di svolgimento dei servizi ausiliari di assistenza dei soggetti finanziati nella gestione del bilancio familiare. Tali servizi devono fornire a queste persone informazioni utili a migliorare la gestione dei flussi delle entrate e delle uscite e realizzarsi durante l’intero durata del piano di rimborso del finanziamento e possono essere svolti direttamente dall’operatore di microcredito oppure da questo affidati ad operatori del terzo settore o ad altri soggetti specializzati sulla base di un contratto che obbliga questi ultimi a riferire periodicamente all’operatore di microcredito sull’andamento delle attività svolte e sui risultati conseguiti dai soggetti finanziati (5° comma). Anche per questi servizi vale l’osservazione che essi sono remunerati esclusivamente dagli interessi sul prestito (il TAEG onnicomprensivo).

Anche in questo caso il tasso di interesse effettivo globale (TAEG), comprensivo di interessi, commissioni e spese di ogni genere, a cui devono essere concessi questi microcrediti non può essere superiore al “tasso effettivo globale medio (TEGM) rilevato per la categoria omogenea di operazioni risultante dall’ultima rilevazione trimestrale effettuata ai sensi della Legge n° 108 del 1996 moltiplicato per un coefficiente pari a 0,8”. Dal momento che questi finanziamenti hanno una durata massima di 5 anni prorogabile per altri cinque anni, essi sono assimilabili chiaramente a dei mutui a tasso fisso o variabile che, nell’ultima rilevazione (quella di Settembre 2013) avevano dei tassi effettivi globali medi di 5,11% e 3,88%. Per cui, applicando ad essi il coefficiente 0,8 si ottengono dei tassi (TAEG) dei microcrediti pari a 4,09% per il tasso fisso e 3,10% per il tasso variabile, abbastanza vantaggiosi (6° comma).

Infine, l’ammontare complessivo dei microcrediti per le persone fisiche in condizione di particolare vulnerabilità economica o sociale concessa dagli operatori di microcredito iscritti nell’elenco di cui al 1° comma dell’art. 111 TUB non può superare il 49% del valore di tutti i finanziamenti da loro concessi (7° comma).

 

L’importo massimo dei microcrediti per l’inclusione sociale e di quelli per le attività imprenditoriali potranno essere aumentati in futuro dal Ministero dell’Economia per adeguarli alla perdita di valore dovuta all’inflazione (3° comma dell’art. 13 della bozza di Decreto).

 

 

§ 3) I requisiti per l’iscrizione nell’elenco degli operatori di microcredito.

 

L’art. 6 della bozza di decreto disciplina poi i requisiti per l’iscrizione dell’elenco degli operatori di microcredito istituito dal 1° comma dell’art. 111 TUB e tenuto dalla Banca d’Italia ai sensi del 1° comma dell’art. 113 TUB. I requisiti citati sono i seguenti:

  1. l’oggetto sociale deve contemplare esclusivamente l’attività di concessione dei finanziamenti contemplati nella bozza del Decreto (quelli per lo sviluppo di attività imprenditoriali o l’inserimento nel mercato del lavoro e quelli per l’inclusione sociale e finanziaria di persone fisiche in condizione di vulnerabilità che abbiamo esaminato neo paragrafi precedenti) e l’erogazione dei servizi ausiliari si assistenza e monitoraggio dei soggetti finanziati;

  2. forma giuridica di società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata o di società cooperativa;

  3. capitale sociale versato non inferiore a cinque volte quello previsto per la costituzione delle società per azioni, quindi pari a 600.000 Euro. A questa norma è collegata quella dell’art. 14 della bozza di Decreto che prevede che gli operatori iscritti nell’elenco citato possono acquisire risorse a titolo di finanziamento per un ammontare non superiore a 16 volte il patrimonio netto (capitale sociale + riserve + utili) risultante dall’ultimo bilancio approvato. Ciò significa che se, per esempio, il patrimonio netto dell’operatore è pari a 700.000 Euro esso può acquisire finanziamenti fino a 11.200.000 Euro ulteriori con cui esercitare l’attività di microcredito. Per “finanziamenti” si intendono, a nostro parere: prestiti obbligazionari, prestiti da altri intermediari finanziari, prestiti sociali se l’operatore è una cooperativa, ma non raccolta di risparmio tra il pubblico perché questo configurerebbe attività bancaria ai sensi degli artt. 10 e 11 TUB e, quindi, esercizio abusivo del credito (sanzionato penalmente dagli artt. 130 e ss. TUB) dato che un operatore di microcredito non è un intermediario finanziario autorizzato ai sensi degli artt. 13 e ss. e degli artt. 106 e ss. TUB;

  4. possesso da parte dei partecipanti al capitale dei requisiti di onorabilità previsti dall’art. 7 della bozza di Decreto;

  5. possesso da parte dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo dei requisiti di onorabilità e professionalità previsti dagli artt. 8 e 9 della bozza di Decreto e insussistenza delle situazioni impeditive di cui all’art. 10 dello stesso (su questi requisiti e situazioni non ci soffermeremo, ma sono tali da garantire abbastanza bene la serietà delle persone che devono svolgere le funzioni citate);

  6. presentazione di un programma di attività che indichi le caratteristiche dei prestiti che l’operatore intende erogare, sotto il profilo delle condizioni economiche, delle finalità, dei segmenti o target di clientela, le modalità di erogazione e di monitoraggio dei finanziamenti concessi e l’indicazione dei soggetti interni o degli operatori esterni di cui gli operatori intendono avvalersi per l’erogazione dei servizi ausiliari di assistenza e consulenza ai soggetti affidati e le modalità di controllo dell’operato degli stessi.

 

La procedura di iscrizione nell’elenco e la gestione di questa è disciplinata dalla Banca d’Italia che prevede, altresì, gli obblighi informativi periodici che gli operatori di microcredito hanno nei suoi confronti (art. 15 della bozza di Decreto).

La vigilanza sugli operatori di microcredito iscritti nell’elenco è effettuata dalla stessa Banca d’Italia, come prevede il 2° comma dell’art. 113 TUB. Questo finché il numero degli operatori di microcredito iscritti nell’elenco non sarà tale da permettere, con un Decreto del Ministero dell’Economia, la costituzione dell’Organismo di tenuta dell’elenco e di vigilanza sull’attività di essi previsto dai commi 4° e 5° dell’art. 113 TUB che sarà a sua volta vigilato dalla Banca d’Italia e dal Ministero dell’Economia.

 

Gli operatori di microcredito iscritti nell’elenco citato hanno l’obbligo di fornire al cliente, prima della stipula del contratto, le informazioni necessarie a consentirgli una decisione informata e consapevole in merito alla conclusione dello stesso. Le informazioni sono fornite in gratuitamente su supporto cartaceo o su altro supporto durevole (per esempio su un file pdf) in forma chiara e concisa. Esse includono il TAEG del contratto, la durata di esso, le altre condizioni economiche (se il tasso è fisso o variabile e l’importo della rata) e le conseguenze a cui può andare incontro il cliente in caso di mancato pagamento (art. 12 della bozza di Decreto). Sarebbe opportuno estendere quest’obbligo anche agli operatori di microcredito non iscritti nell’elenco.

 

Infine, segnaliamo che il 1° comma dell’art. 13 della bozza di Decreto stabilisce che non rientrano nell’attività degli operatori di microcredito (sia quelli iscritti che quelli non iscritti nell’elenco di cui al 1° comma dell’art. 111 TUB, compresi quelli di finanza mutualistica e solidale di cui parleremo nei due prossimi paragrafi):

  1. la concessione di crediti di firma anche nella forma di garanzie personali (cioè di avalli o fidejussioni che garantiscono obbligazioni del cliente verso uno o più creditori);

  2. la concessione di finanziamenti a fronte della cessione del quinto dello stipendio o della pensione oppure a fronte di delegazione di pagamento relativa a un credito retributivo.

 

Gli operatoti di microcredito possono avvalersi di consorzi o fondi di garanzia (Confidi) che coprano il rischio di credito dei microcrediti ma solo fino ad una percentuale del 75% di ogni finanziamento concesso (cioè del capitale erogato, esclusi gli interessi) (2° comma).

 

 

§ 4) Gli operatori di microcredito senza fine di lucro non iscritti nell’elenco.

 

Continuiamo l’esame della bozza del Decreto del Ministero dell’Economia attuativo del microcredito esaminando gli artt. 11 e 16 di essa che disciplinano, rispettivamente, i soggetti senza fine di lucro (o non profit) che erogano microcrediti ai sensi del comma 4° dell’art. 111 TUB e gli operatori di finanza mutualistica e solidale che rappresentano una importante novità che consente di costituire nuove “mutue di autogestione” o “MAG” dopo che il comma 7° dell’art. 112 TUB rinnovato dalla lettera m) del comma 1° dell’art 3 del Decreto Legislativo n° 169 del 2012 aveva legittimato quelle operanti alla data del 2 Ottobre 2012.

 

Partiamo dall’art. 11 della bozza di Decreto che prevede che nei confronti delle persone fisiche che presentino un Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a 35.000 Euro annui (sarebbe bene prevederne l’aggiornamento all’inflazione) l’attività di concessione di microcrediti finalizzati a promuovere l’inclusione sociale e finanziaria dei richiedenti può essere esercitata, senza l’iscrizione nell’elenco degli operatori di microcredito previsto dal 1° comma dell’art. 111 TUB, dai seguenti soggetti (enti) senza scopo di lucro:

  1. associazioni e fondazioni aventi personalità giuridica;

  2. società di mutuo soccorso disciplinate dalla Legge n° 3818 del 1886 (recentemente riformata dall’art. 23 del Decreto-Legge n° 179 del 2012);

  3. aziende pubbliche di servizi alla persona derivati dalla trasformazione delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB);

  4. cooperative a mutualità prevalente o non prevalente che abbiano ottenuto la qualifica tributaria di ONLUS – Organizzazioni non lucrative di utilità sociale ai sensi degli artt. 10 e 11 del Decreto Legislativo n° 460 del 1997;

  5. cooperative sociali (Legge n° 381 del 1991).

 

Questi enti sono ammessi a svolgere la sola attività di erogazione di microcrediti finalizzati a promuovere l’inclusione sociale e finanziaria di persone fisiche alle seguenti condizioni:

  1. il possesso, da parte di chi è responsabile della gestione (cioè dell’amministratore, del direttore generale e del sindaco) dell’ente dei requisiti di onorabilità di cui al 1° comma dell’art. 8 della bozza di Decreto, vale a dire di non trovarsi nelle situazioni di cui al 1° comma dell’art. 7 della stessa bozza e di non essere nelle condizioni di ineleggibilità o decadenza previste dall’art. 2382 del Codice Civile;

  2. che l’atto costitutivo dell’ente preveda l’esercizio dell’attività di microcredito citata a titolo esclusivo o congiuntamente all’esercizio di (almeno) un’altra attività che abbia obbiettivi di inclusione sociale e finanziaria;

  3. che l’atto costitutivo o lo statuto dell’ente preveda un organo di controllo composto da tre membri (quindi un collegio sindacale) in possesso dei requisiti di onorabilità di cui al 1° comma dell’art. 8 della bozza di Decreto e per cui non ricorrano le condizioni di ineleggibilità o decadenza di cui all’art. 2399 c.c.

 

A questi microcrediti si applica la disciplina prevista dall’art. 5 della bozza di Decreto, che abbiamo esaminato nel precedente articolo con la differenza che in questo caso il tasso di interesse effettivo globale (TAEG), comprensivo di interessi, commissioni e spese di ogni genere, a cui devono essere concessi questi microcrediti non può essere superiore al “tasso effettivo globale medio (TEGM) rilevato per la categoria omogenea di operazioni risultante dall’ultima rilevazione trimestrale effettuata ai sensi della Legge n° 108 del 1996 moltiplicato per un coefficiente pari a 0,2”. Dal momento che anche questi finanziamenti hanno una durata massima di 5 anni prorogabile per altri cinque anni, essi sono assimilabili a dei mutui a tasso fisso o variabile che, nell’ultima rilevazione (quella di Settembre 2013) avevano dei tassi effettivi globali medi di 5,11% e 3,88%. Per cui, applicando ad essi il coefficiente 0,2 si ottengono dei tassi (TAEG) annui pari a 1,22% per il tasso fisso e 0,78% per il tasso variabile, davvero molto vantaggiosi (4° comma).

Inoltre, è vietato finalizzare la concessione di questi microcrediti all’acquisto di beni o servizi forniti dal soggetto erogatore del prestito (3° comma).

 

 

§ 5) Gli operatori di finanza mutualistica e solidale: le nuove MAG (“Mutue di autogestione”).

 

Da ultimo, l’art. 16 della bozza di decreto identifica gli “operatori di finanza mutualistica e solidale” in quei soggetti, iscritti nell’elenco di cui al 1° comma dell’art. 111 TUB e costituiti in forma di società cooperativa a mutualità prevalente il cui statuto preveda che:

  1. i partecipanti al capitale, dipendenti e collaboratori siano esclusivamente soci;

  2. l’assemblea dei soci abbia la competenza esclusiva di deliberare in ordine alle scelte strategiche e gestionali;

  3. siano resi pubblici i nominativi dei partecipanti al capitali e i finanziamenti (cioè i microcrediti) concessi e quindi, riteniamo, i nominativi dei beneficiari;

  4. la società non abbia scopo di lucro (ma questo è normale in una cooperativa), nel senso che non possano essere distribuiti dividendi in misura superiore al tasso di inflazione dell’anno (esercizio) di riferimento. Restano validi tutti gli altri requisiti previsti per gli statuti delle cooperative a mutualità prevalente dall’art. 2514 c.c. e quelli che gli operatori di microcredito devono rispettare per potersi iscrivere all’elenco citato nonché quelli dell’attività di microcredito che abbiamo esaminato nei paragrafi precedenti;

  5. per ogni finanziamento sia condotta una istruttoria socio – ambientale alla quale deve essere attribuito lo stesso valore di quella economica ai fini dell’erogazione (comma 1°).

 

Gli operatori di finanza mutualistica e solidale, cioè le nuove MAG, possono concedere sia i microcrediti per le attività imprenditoriali che quelli per favorire l’inclusione sociale e finanziaria di persone fisiche che abbiamo esaminato nei precedenti articoli. In particolare, però, essi possono concedere microcrediti per le attività imprenditoriali di un importo massimo di 75.000 Euro il cui tasso di interesse effettivo globale (TAEG) non può eccedere la somma dei costi di gestione della struttura e del costo di remunerazione del capitale che non deve essere superiore al tasso di inflazione (commi 2° e 3°). Sarebbe stato meglio determinare il TAEG come negli altri casi.

Questi microcrediti possono essere concessi anche a lavoratori autonomi e ad imprese titolari di partita IVA da più di tre anni, ove si tratti della loro prima domanda di finanziamento nella forma di microcredito, ed a lavoratori autonomi e imprese titolari di partita IVA da più di cinque anni, nel caso in cui abbiano già beneficiato di un microcredito per iniziative imprenditoriali, in deroga alle lettere a) e b) del comma 2° dell’art. 1° della bozza di Decreto.

Infine, il fatto che questi operatori debbano avere la forma giuridica di società cooperativa a mutualità prevalente implica, secondo noi, che più del 50% del valore totale di tutti i microcrediti erogati debba essere concesso a soci della cooperativa stessa, proprio per garantire la mutualità prevalente dell’attività della società, ai sensi degli artt. 2512 e 2513 c.c.

Visconti Gianfranco

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