La Cassazione fa il punto in materia di onere della prova e prescrizione nelle cause di natura bancaria

Andrea Romano 16/03/20
(Orientamento confermato)

(Riferimento normativo: art. 2697 c.c.; art. 2935 c.c.)

Con recente ordinanza la Corte di cassazione (Cass. 4 febbraio 2020, n. 2435) ha avuto modo di riassumere in modo esaustivo l’orientamento di legittimità in merito ai temi dell’onere della prova e della prescrizione nelle cause di natura bancaria relative alla rideterminazione del saldo del conto corrente.

Il fatto

La Corte d’Appello dell’Aquila, con sentenza n. 5/2018, confermava parzialmente la sentenza emessa dal Tribunale di Lanciano, con la quale la Banca convenuta era stata condannata al pagamento, in favore degli attori della complessiva somma di Euro 998.490,99, in relazione a due conti corrente, in conseguenza della declaratoria di nullità parziale delle clausole inserite nelle condizioni generali di contratto di conto corrente, relative alla determinazione degli interessi ultralegali, alla capitalizzazione trimestrale degli interessi ed alla determinazione della commissione di massimo scoperto e all’illegittimità del meccanismo di calcolo dei giorni di valuta, il tutto oltre interessi legali a partire dal giorno di chiusura dei due rapporti di conto corrente, rispettivamente, nel 1997 e nel 1998.

Si veda la videolezione sul tema:”L’onere della prova del credito vantato dalla banca”

La Corte di merito respingeva i motivi di appello relativi sia alla intervenuta prescrizione del diritto a richiedere quanto indebitamente pagato, rilevando che, da un lato, di norma, anche laddove un rapporto di conto corrente sia funzionale ad un rapporto di apertura di credito, i versamenti effettuati dal correntista comportano non un pagamento – atto solutorio idoneo a far decorrere la prescrizione dal giorno dell’annotazione – ma una mera operazione di ripristino della provvista e la banca non aveva individuato, nel formulare l’eccezione di prescrizione, le rimesse solutorie, sia alla incompleta produzione degli estratti conto, mancando gli estratti conto relativi ad alcuni trimestri, in quanto tali lacune non avevano reso inattendibili le appostazioni a debito e credito e la ricostruzione delle movimentazioni operata dal consulente.

Avverso siffatta sentenza, proponevano ricorso per cassazione gli eredi del correntista e resisteva con controricorso e ricorso incidentale, la Banca. In particolare quest’ultima lamentava la violazione degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c., dal momento che i giudici del gravame avevano considerato provata la ricostruzione dell’andamento dei rapporti di conto corrente, nonostante quanto eccepito in ordine ad alcune lacune, di rilievo, negli estratti conto prodotti da parte attrice in ripetizione di indebito. Deduceva, inoltre, la violazione degli artt. 2697, 2935 e 2946 c.c., per aver la Corte d’Appello erroneamente riversato sulla Banca l’onere di comprovare la natura solutoria delle rimesse in conto corrente, ai fini della decisione sulla decorrenza della prescrizione decennale, e, da ultimo, l’omesso esame su un fatto decisivo, rappresentato, nello specifico, dalla mancata ammissione di un rinnovo della consulenza tecnica contabile, come richiesta dallo stesso Istituto, al fine di dare prova delle rimesse solutorie.

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La decisione

Come anticipato la decisione – in merito al ricorso incidentale – ribadisce l’excursus giurisprudenziale finora percorso dal giudice di legittimità relativamente a due punti fondamentali nelle cause bancarie: l’onere della prova e la prescrizione circa la domanda di ripetizione di indebito.

In particolare, in relazione all’onere della prova ex art. 2697 c.c. gravante sul correntista e sulla banca ha distinto le seguenti differenti ipotesi, già ampiamente note, riassumendole secondo i seguenti passaggi:

  1. una volta che sia stata esclusa la validità, per mancanza dei requisiti di legge, della pattuizione di interessi ultralegali a carico del correntista, la ricostruzione dei movimenti di dare – avere deve avvenire attraverso i relativi estratti, a partire dalla data dell’apertura del conto corrente con applicazione del tasso legale, “sulla base di dati contabili certi in ordine alle operazioni ivi registrate, inutilizzabili, invece, rivelandosi, a tal fine, criteri presuntivi od approssimativi[1];
  2. ove sia il correntista ad agire giudizialmente per l’accertamento giudiziale del saldo e la ripetizione delle somme indebitamente riscosse dall’istituto di credito, essendo attore in giudizio, egli dovrà farsi carico della produzione dell’intera serie degli estratti conto[2]: con tale produzione, difatti, il correntista assolve all’onere di provare sia gli avvenuti pagamenti che la mancanza di causa debendi;
  3. qualora poi il cliente limiti l’adempimento del proprio onere probatorio soltanto ad alcuni aspetti temporali dell’intero andamento del rapporto, versando la documentazione del rapporto in modo lacunoso e incompleto”, il giudice può integrare la prova carente “anche con altri mezzi di cognizione disposti d’ufficio, in particolare con la consulenza contabile, utilizzando, per la ricostruzione dei rapporti di dare e avere, il saldo risultante dal primo estratto conto, in ordine di tempo, disponibile e acquisito agli atti”[3];
  4. tale situazione peraltro non causa il rigetto de plano della domanda di restituzione dell’indebito da parte del correntista, ma è possibile procedere alla ricostruzione anche attraverso altre prove documentali o argomenti di prova desunti dalla condotta processuale tenuta dal correntista o dalla banca[4];
  5. diversamente, si devono elaborare i conteggi partendo dal primo saldo debitore documentato, cosicché per l’ipotesi in cui sia il correntista ad agire per la ripetizione dell’indebito e la banca a resistere in giudizio, in mancanza di elementi utili che consentano di affermare che il debito del cliente, nel periodo non documentato, fosse inesistente o inferiore o che addirittura, in quel periodo, fosse maturato un credito per il cliente, dovrà assumersi come dato di partenza per le rielaborazioni delle successive operazioni il saldo iniziale, a debito e quindi sfavorevole allo stesso attore, risultante dal primo degli estratti conto acquisiti in giudizio;
  6. laddove viceversa sia la banca che agisce in giudizio per il pagamento delle somme portate dal saldo di conto corrente, salvo quanto affermato in merito all’estratto-conto che non costituisce l’unico mezzo di prova attraverso cui ricostruire le movimentazioni del rapporto, sarà la banca a doversi far carico della produzione dell’intera serie degli estratti conto, cosicché, in difetto, i conteggi vengano rielaborati considerando pari a zero il saldo iniziale del primo degli estratti conto prodotti[5] (principio del cd. saldo zero).

In merito alla prescrizione dell’azione, pacificamente decennale[6], nel contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, ove il cliente agisca nei confronti della banca per la ripetizione d’importi relativi ad interessi non dovuti, è necessario distinguere:

  1. per i versamenti ripristinatori della provvista, operati cioè nel limite dell’affidamento concesso al cliente, il termine prescrizionale decorre dall’estinzione del conto;
  2. per quelli solutori, ossia quando siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti del fido (cd. sconfino) ovvero eseguiti su un conto in passivo cui non accede alcuna apertura di credito a favore del correntista (cd. scoperto di conto), ai fini della decorrenza della prescrizione si computa la data (precedente) dei singoli versamenti[7].

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Note

[1] Cass. n. 21597/2013 e Cass. n. 20693/2016; sulla stessa linea: Cass. n. 9365/2018).

[2] Cfr. Cass. 7 maggio 2015, n. 9201; Cass. 13 ottobre 2016, n. 20693; Cass. 23 ottobre 2017, n. 24948

[3] Cfr. Cass. 31187/2018, in motivazione

[4]  Cass. n. 9526/2019; V. anche Cass., I, n.11543/2019, secondo cui alla mancata produzione degli estratti conto si può sopperire diversamente a seconda che il correntista sia convenuto o attore. Nella prima ipotesi può impiegare ulteriori mezzi di prova volti a fornire indicazioni certe e complete.

[5] Cass. 11543/2019

[6] Per tutte cfr. Corte di cassazione, sez. I civ., ord. 26.09.2019, n.24051 laddove si afferma che l’azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale.

[7] Per tutte, Cass., sez. un., 2 dicembre 2010, n. 24418; La Cassazione, con la successiva sentenza n. 4518/2014, ha precisato che il principio enunciato con la sentenza a sezioni unite n. 24428/2010, relativo alla distinzione tra rimesse solutorie e rimesse ripristinatorie, può essere applicato anche alla ripetizione degli addebiti a titolo di commissioni di massimo scoperto (e per analogia ad altre voci indebitamente versate alla banca) e dunque non solo alla ripetizione di addebiti di interessi anatocistici.

Sentenza collegata

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