Il fatto
La Corte di appello di Firenze dichiarava inammissibile l’istanza di ricusazione del giudice del Tribunale di Siena che, a dire della ricorrente, avrebbe manifestato indebitamente, alle udienze del 24/09/2018 e del 26/11/2018, il proprio convincimento sul processo in corso di celebrazione in cui la stessa era imputata per il reato di simulazione di reato.
La Corte di appello aveva in particolare ritenuto inammissibile l’istanza di ricusazione: a) perché meramente ripropositiva di una precedente istanza già dichiarata inammissibile senza la prospettazione di elementi nuovi; b) perché, nel caso di specie, non vi sarebbe stata nessuna manifestazione indebita da parte del giudice sul merito del processo essendo stata emessa solo un’ordinanza istruttoria.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso questa ordinanza veniva proposto ricorso per Cassazione.
In particolare, dopo essere stato rilevato che l’indebita manifestazione del convincimento sarebbe risieduta nell’avere il Giudice disposto d’ufficio, e successivamente non revocato, una perizia psichiatrica sulla persona dell’imputata senza che, nel corso della istruttoria, fossero emerse questioni sul tema e senza consentire il deposito “della sentenza che rappresentava come assolutamente attendibile, credibile la donna e non affetta da psicologia psichiatrica“, venivano formulati i seguenti motivi: 1) vizio di motivazione posto che il provvedimento sarebbe stato viziato per non essersi la Corte territoriale soffermata su alcuni elementi oggettivi relativi alla prova della insussistenza della simulazione di reato e, in questo senso, la decisione di disporre la perizia avrebbe avuto, ad avviso della difesa, un intento meramente persecutorio; 2) la decisione della Corte di appello di condannare la ricorrente al pagamento della somma di 500 Euro in favore della Cassa delle Ammende sarebbe stata illegittima in quanto l’imputata era ammessa al patrocinio a spese dello Stato.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso veniva dichiarato inammissibile per le seguenti ragioni.
Quanto al primo motivo, si osservava come la Corte di appello avesse innanzitutto spiegato come la richiesta di ricusazione fosse meramente reiterativa di altra già in precedenza valutata mentre, ad avviso del Supremo Consesso, sul punto nulla era stato dedotto dal ricorrente non potendosi certo considerare per la Corte di legittimità “elementi nuovi” quelli sinteticamente indicati dal difensore quali la conclusione dell’attività istruttoria e l’assunto, relativo al merito del processo, secondo cui il processo avrebbe dimostrato che “i fatti sono accaduti“.
Premesso ciò, si faceva presente come, quanto al merito, dall’esame dei molteplici interventi della Corte costituzionale, emerge un progressivo adattamento del concetto di incompatibilità del giudice determinata da ragioni interne allo svolgimento del procedimento finalizzate ad evitare che condizionamenti, anche solo apparentemente tali, possano pregiudicare o fare apparire pregiudicata l’attività di giudizio rilevandosi al contempo come i termini della relazione di incompatibilità siano due: l’attività pregiudicante e la sede pregiudicata.
Si evidenziava infatti come l’attività pregiudicante possa essere costituita da qualunque attività implicante una valutazione sul merito dell’accusa mentre essa, per contro, non può essere ravvisata in qualsiasi attività processuale precedentemente svolta dallo stesso giudice nel medesimo o in un altro procedimento penale coinvolgente lo stesso soggetto bensì nella valutazione di merito espressa in ordine alla sussistenza del fatto- reato ovvero alla riconducibilità della responsabilità di tale fatto alla medesima persona.
Non può essere, quindi, ragione di pregiudizio la mera conoscenza degli atti non accompagnata da una valutazione contenutistica di merito, nè possono esserlo precedenti determinazioni che abbiano riguardato lo svolgimento del processo ma non il merito dell’accusa, sia pure in seguito ad una valutazione delle risultanze processuali, dato che la sede pregiudicata è quella giudiziale, per tale dovendosi intendere ogni sequenza processuale che, in base ad un esame delle risultanze probatorie, pervenga ad una decisione di merito.
Qualora invece la valutazione di merito sia stata espressa in altro procedimento ovvero nello stesso procedimento ma mediante un atto che non presupponga necessariamente una tale valutazione, l’effetto pregiudicante di una eventuale valutazione sul merito dell’accusa deve essere accertata in concreto e devono trovare applicazione, ove ne ricorrano i presupposti, gli istituti dell’astensione e della ricusazione posto che in tali casi è configurabile l’astensione per gravi ragioni di convenienza a norma dell’art. 36 c.p.p., lett. h), potendo la stessa trovare applicazione non solo per ragioni extraprocessuali, ma anche in relazione all’attività giurisdizionale, comunque svolta in precedenza dal giudice.
Oltre a ciò, veniva rilevato che, non potendo le situazioni che danno luogo alla astensione-ricusazione avere carattere astratto, esse devono essere sempre oggetto di un puntuale apprezzamento che consenta, previa verifica in concreto dell’eventuale effetto pregiudicante derivante da una valutazione del merito dell’accusa, di rendere operante la tutela del principio del giusto processo.
Si denotava per di più che il quadro complessivo si completa con il richiamo all’istituto della ricusazione nel senso che gli istituti dell’incompatibilità, dell’astensione e della ricusazione condividono tutti la finalità di assicurare i mezzi per garantire l’imparzialità del giudice rendendo possibile la rimozione degli ostacoli che, secondo una valutazione astratta e generale, mal si conciliano con la serenità e con la obiettività della decisione.
Orbene, l’art. 37 c.p.p., comma 1, lett. a), prevede la ricusazione solo per il caso previsto dall’art. 36, comma 1, lett. g) – che richiama i casi di incompatibilità indicati all’art. 34 -, e non invece per la lett. h), e cioè qualora sussistano gravi ragioni di convenienza fermo restando che, con sentenza n. 283 del 2000 la Corte costituzionale ha, tuttavia, dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 37 c.p.p., comma 1, nella parte in cui non prevede che possa essere ricusato dalle parti il giudice che, chiamato a decidere sulla responsabilità di un imputato, abbia espresso in altro procedimento, anche non penale, una valutazione di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto ma le eventuali valutazioni sul merito della responsabilità penale, idonee a determinare un effetto pregiudicante, devono essere oggetto però di una valutazione caso per caso, che tenga conto dello specifico contenuto dell’atto, ai fini di verificarne la possibile incidenza sull’imparzialità del giudice, rimuovendo il pregiudizio mediante il ricorso agli istituti dell’astensione e della ricusazione.
Inoltre, attraverso le sentenze n. 306 – 307 – 308 del 1997, n. 113 – 283 del 2000, la Corte costituzionale ha ricostruito sistematicamente degli strumenti di tutela del principio dell’imparzialità – terzietà del giudice con la necessaria sottolineatura della permanenza di una situazione di non coincidenza tra i casi di astensione e quelli previsti come motivi di ricusazione dall’art. 37, comma 1, lett. a), in quanto le altre ragioni di convenienza, come intese dalla sentenza n. 113 del 2000, non costituiscono automaticamente anche ragioni di ricusazione.
Si osservava a tal proposito come le ragioni di questa scelta andassero individuate nella consapevolezza di sottrarre al potere di ricusazione delle parti una situazione atipica che potrebbe essere utilizzata in modo strumentale e dilatorio.
In tale contesto, osservavano gli Ermellini nella pronuncia qui in commento, la Corte di cassazione ha costantemente avuto modo di pronunciarsi con riferimento all’applicabilità dell’istituto della ricusazione nell’ipotesi di indebita manifestazione del convincimento del giudice evidenziando come l’operatività dell’istituto sia legata esclusivamente alle ipotesi in cui il giudice, anche nell’esercizio delle sue funzioni giurisdizionali, manifesti indebitamente il proprio pensiero sui fatti oggetto del procedimento e cioè esprima opinioni sulla colpevolezza o innocenza dell’imputato (indiziato, indagato) senza alcuna necessità e fuori da ogni collegamento o legame con l’attività giurisdizionale così come al tempo stesso è consolidato il principio secondo cui tra i casi di ricusazione non rientra quello dell’opinione espressa dal magistrato nella qualità di giudice in quanto estensore di provvedimento previsto dalla legge in via provvisoria trattandosi di facoltà espressamente concessa dal legislatore (per quanto riguarda la legittimazione ad emettere il provvedimento) e di obbligo di legge (per quanto concerne l’opinione espressa attraverso la motivazione del provvedimento stesso) e, in tal senso, le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno specificato come l’indebita manifestazione del convincimento da parte del giudice espressa con la delibazione incidentale di una questione procedurale, anche nell’ambito di un diverso procedimento, rilevi come causa di ricusazione solo se il giudice abbia anticipato la valutazione sul merito della res iudicanda ovvero sulla colpevolezza dell’imputato senza che tale valutazione sia imposta o giustificata dalle sequenze procedimentali nonché quando essa anticipi in tutto o in parte gli esiti della decisione di merito, senza che vi sia necessità e nesso funzionale con il provvedimento incidentale adottato (così Sez. U, n. 41263 del 27/9/2005 che hanno ritenuto immune da vizi la decisione della Corte d’appello che aveva respinto l’istanza di ricusazione in una fattispecie in cui il richiedente deduceva che il giudice avesse espresso valutazioni sul merito del processo, negando l’ammissione d’ufficio di nuove prove per superfluità delle medesime) fermo restando che il carattere indebito della manifestazione del convincimento del giudice sui fatti oggetto dell’imputazione richiede che l’esternazione venga espressa senza alcuna necessità funzionale e al di fuori di ogni collegamento con l’esercizio delle funzioni esercitate nella specifica fase procedimentale.
Non costituisce invece motivo di ricusazione l’avere il giudice deciso questioni di carattere processuale rispetto alle quali non sia stato manifestata alcuna ingiustificata valutazione anticipata in ordine alla responsabilità dell’imputato (Sez. 4, n. 42024 del 06/07/2017; Sez. 6, n. 22112 del 27/02/2014).
Orbene, declinando siffatti criteri ermeneutici rispetto al caso di specie, i giudici di piazza Cavour osservavano come il giudice si fosse limitato ad disporre una perizia volta ad accertare la imputabilità della ricorrente cioè, per certi versi, un presupposto rispetto al reato contestato ed a rigettare la domanda di revoca del mezzo istruttorio e, dunque, a provvedere su questioni incidentali o procedurali che, al di là della loro correttezza giuridica, non rivelavano affatto il convincimento del giudice sul merito della imputazione, nè rivelano l’esistenza di un pregiudizio.
Ciò posto, anche il secondo motivo di ricorso veniva dichiarato inammissibile atteso il chiaro disposto del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 107, che non prevede, tra gli effetti dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, la impossibilità di condannare l’imputato alla dazione di somme di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni
La decisione in esame è assai interessante in quanto in essa si forniscono diversi chiarimenti in merito all’istituto della ricusazione.
Difatti, in questa pronuncia, la Cassazione ha avuto modo di precisare quanto segue: a) gli istituti dell’incompatibilità, dell’astensione e della ricusazione condividono tutti la finalità di assicurare i mezzi per garantire l’imparzialità del giudice rendendo possibile la rimozione degli ostacoli che, secondo una valutazione astratta e generale, mal si conciliano con la serenità e con la obiettività della decisione; b) l’operatività della ricusazione è legata esclusivamente alle ipotesi in cui il giudice, anche nell’esercizio delle sue funzioni giurisdizionali, manifesti indebitamente il proprio pensiero sui fatti oggetto del procedimento e cioè esprima opinioni sulla colpevolezza o innocenza dell’imputato (indiziato, indagato) senza alcuna necessità e fuori da ogni collegamento o legame con l’attività giurisdizionale; c) tra i casi di ricusazione non rientra quello dell’opinione espressa dal magistrato nella qualità di giudice in quanto estensore di provvedimento previsto dalla legge in via provvisoria trattandosi di facoltà espressamente concessa dal legislatore (per quanto riguarda la legittimazione ad emettere il provvedimento) e di obbligo di legge (per quanto concerne l’opinione espressa attraverso la motivazione del provvedimento stesso); d) l’indebita manifestazione del convincimento da parte del giudice espressa con la delibazione incidentale di una questione procedurale, anche nell’ambito di un diverso procedimento, rileva come causa di ricusazione solo se il giudice abbia anticipato la valutazione sul merito della res iudicanda ovvero sulla colpevolezza dell’imputato senza che tale valutazione sia imposta o giustificata dalle sequenze procedimentali nonché quando essa anticipi in tutto o in parte gli esiti della decisione di merito, senza che vi sia necessità e nesso funzionale con il provvedimento incidentale adottato; e) l’indebita manifestazione del convincimento da parte del giudice espressa con la delibazione incidentale di una questione procedurale, anche nell’ambito di un diverso procedimento, rileva come causa di ricusazione solo se il giudice abbia anticipato la valutazione sul merito della res iudicanda ovvero sulla colpevolezza dell’imputato e senza che tale valutazione sia imposta o giustificata dalle sequenze procedimentali nonché quando essa anticipi in tutto o in parte gli esiti della decisione di merito, senza che vi sia necessità e nesso funzionale con il provvedimento incidentale adottato; f) il carattere indebito della manifestazione del convincimento del giudice sui fatti oggetto dell’imputazione richiede che l’esternazione venga espressa senza alcuna necessità funzionale e al di fuori di ogni collegamento con l’esercizio delle funzioni esercitate nella specifica fase procedimentale; g) non costituisce motivo di ricusazione l’avere il giudice deciso questioni di carattere processuale rispetto alle quali non sia stato manifestata alcuna ingiustificata valutazione anticipata in ordine alla responsabilità dell’imputato.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta pronuncia, proprio perché spiega molti risvolti applicativi di questo istituto, dunque, non può che essere positivo.
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