Lucia Nacciarone
L’articolo 599 del codice penale prevede due cause di non punibilità applicabili specificamente al reato di ingiuria di cui all’art. 594: la ritorsione (il caso in cui le offese siano reciproche) e la provocazione (che giustifica il comportamento di chi agisce in stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso).
Con la sentenza n. 40344 del 30 settembre 2013 i giudici di legittimità hanno negato l’applicabilità dell’esimente della provocazione, respingendo il ricorso dell’imputata e confermando la condanna a carico della stessa per il reato di ingiuria alla multa di euro 300.
Nel caso di specie la donna aveva gridato alla rivale: «mi hai imbrogliata» davanti a tutti i clienti dell’esercizio gestito dalla parte offesa, accusandola di aver occupato una casa che suo padre aveva affittato ad una zia dell’ingiuriata, nonostante il divieto di sublocazione.
Ad avviso degli ermellini non ha rilievo il fatto che l’offesa ingiusta si sarebbe rivolta principalmente contro il padre dell’autrice delle pesanti accuse, cioè il vero titolare dell’immobile, bensì lo avrebbe il fatto che l’invocata esimente deve essere parametrata alla conformità della condotta dell’ingiuriato alle ordinarie regole del vivere civile. E in effetti l’illegittima permanenza in casa non costituisce una condotta intrinsecamente ingiusta cha fa scattare un moto nell’animo dell’agente, ma piuttosto denota un’illegalità non meglio precisata, che non è sufficiente a configurare la provocazione.
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