La vicenda
Nel caso esaminato dalla Cassazione, i genitori di un minore avevano adito il Tribunale di Taranto per chiedere, in proprio e in qualità di esercenti la potestà genitoriale del figlio, il risarcimento dei danni subiti dal minore e dalla madre a seguito del parto avvenuto qualche anno prima. In particolare, gli attori avevano convenuto in giudizio la struttura sanitaria dove era stato effettuato il parto e i medici che lo avevano compiuto, lamentando la responsabilità di questi ultimi nella causazione delle lesioni permanenti che aveva subito il figlio e chiedendo conseguentemente il risarcimento dei danni patrimoniali, fra i quali il danno per l’inabilità permanente del figlio e quello per la sua perdita di possibilità lavorative, nonché i danni non patrimoniali, fra i quali il danno biologico e quello morale soggettivo e alla vita di relazione.
Il Tribunale di primo grado rigettava la domanda avanzata dagli attori, i quali la impugnavano dinanzi alla Corte di Appello di Napoli.
La Corte di seconde cure, invece, accoglieva la richiesta dei genitori e condannava la struttura sanitaria e i medici al risarcimento dei danni richiesti nonché la compagnia assicurativa della struttura a tenere indenne e manlevare la struttura sanitaria stessa.
Non soddisfatta della decisione, la compagnia assicurativa ricorreva in Cassazione denunciando – per quanto di interesse in questa sede – che la sentenza impugnata sarebbe stata viziata per avere la Corte di Appello di Napoli determinato il danno non patrimoniale, applicando la personalizzazione del danno stesso senza che vi ricorressero i presupposti necessari.
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La decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha accolto entrambi i motivi di Ricorso e conseguentemente ha cassato la sentenza impugnata, rimettendo la decisione nuovamente alla Corte di Appello di Napoli che, in diversa composizione, dovrà decidere nuovamente la controversia tenendo in considerazione i due principi espressi dai Giudici Supremi relativamente ai due motivi di ricorso lamentati dai ricorrenti.
La Cassazione torna sui presupposti in presenza dei quali deve essere concessa la personalizzazione del danno a seguito di un danno alla salute.
Per quanto attiene il primo motivo, gli Ermellini hanno ritenuto di confermare l’orientamento ormai dominante in Cassazione secondo cui, in presenza di una lesione permanente alla salute, riconoscere una somma di denaro a titolo di danno biologico e un’ altra somma a titolo di vari pregiudizi che sono comunque espressione della invalidità subita dal danneggiato (come il pregiudizio alla vita di relazione o allo svolgimento delle attività quotidiane), costituisce una duplicazione del risarcimento danno. Secondo i giudici di legittimità, infatti, la quantificazione del risarcimento come stabilita dalla legge oppure dalle tabelle giurisprudenziali può essere aumentata soltanto se nel caso di specie sussistono delle conseguenze dannose che sono peculiari di quella fattispecie concreta: c.d. personalizzazione del risarcimento. Di converso, quelle conseguenze dannose che rientrano nella normalità e che hanno tutte le persone che subiscono quel tipo di lesione della salute non permettono di aumentare il risarcimento.
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In altri termini, il fatto che il danneggiato abbia perso la capacità di continuare a svolgere una qualsiasi attività della propria vita può o non può essere risarcita con la personalizzazione in aumento del risarcimento a seconda del fatto che l’incapacità sia propria di ogni soggetto che subisce la lesione alla salute di cui è causa oppure riguardi la peculiare situazione di quel danneggiato: nel caso in cui la perdita della capacità di svolgere quella attività riguarda tutti coloro i quali abbiano subito una menomazione identica a quella del danneggiato che chiede il risarcimento, il danno sarà integralmente risarcito come danno biologico, secondo i criteri di cui alle tabelle legali o giurisprudenziali; nel caso in cui, invece, la incapacità di continuare a svolgere quella attività di vita o relazionale riguarda soltanto il danneggiato che chiede il risarcimento, il danno biologico dovrà essere aumentato attraverso la sua personalizzazione.
Sul punto la Cassazione richiama un proprio precedente, Sentenza n. 17219 del 2014, con cui gli Ermellini si erano già espressi negli stessi termini.
Il fatto che il danno alla salute subito dal danneggiato incida sulla sua vita quotidiana oppure sugli aspetti dinamico – relazionali non determina un diritto all’ aumento del quantum del risarcimento stabilito dalle tabelle legali o giurisprudenziali, se gli stessi aspetti di vita quotidiana o dinamico – relazionali sarebbero incisi anche nei confronti di tutti gli altri soggetti che subiscono la stessa lesione della salute. Invece, sono indennizzabili con l’aumento personalizzato quelle incisioni nella vita quotidiana o negli aspetti dinamico – relazionali che sono state subite soltanto dal danneggiato nel caso concreto oggetto di esame da parte del giudice.
Secondo la Suprema Corte, quindi, la decisione se applicare o meno la personalizzazione del danno non deve essere collegata al fatto che sia stato inciso o meno un aspetto dinamico – relazionale del danneggiato, bensì al fatto che tale incisione sia generale per tutti i soggetti che subiscono quella lesione della salute oppure sia straordinaria (nel senso di non generale): solo in questo ultimo caso il risarcimento è personalizzabile.
Nel caso di specie, la Corte suprema ha ritenuto erronea la sentenza di seconde cure nella misura in cui aveva accolto la domanda di personalizzazione del risarcimento avanzata dagli attori, liquidando una personalizzazione elevata (pari al 40% del danno biologico accertato), a fronte di una lesione da invalidità permanente modesta (pari al 13%), senza però indicare in maniera specifica quali siano stati i motivi che hanno indotto il Collegio di secondo grado a ritenere che le conseguenze dannose alla vita di relazione del danneggiato non fossero generali (secondo i principi prima indicati).
Gli ermellini, infine, concludono su tale aspetto indicando al giudice di rinvio che dovrà decidere sulla applicabilità o meno della personalizzazione del danno, applicando i principi sopra espressi e tenendo in mente il fatto che dovranno essere gli attori ad allegare nonché a provare l’esistenza dei presupposti della personalizzazione (in quanto trattasi di fatto costitutivo della domanda di risarcimento dagli stessi promossa) e che tale prova potrà essere fornita con qualsiasi mezzo probatorio previsto dall’ ordinamento, ivi compreso l’allegazione di fatti notori, di massime di comune esperienza e di presunzioni semplici (elementi probatori questi, che già le Sezioni Unite della Cassazione avevano ritenuto utilizzabili per provare la personalizzazione del danno con la sentenza n. 26972 del 2008).
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