La cittadinanza digitale è un’estensione della cittadinanza “tradizionale”, dovuta all’ampliamento dei mezzi a disposizione del cittadino per l’esercizio di alcuni suoi diritti (come la partecipazione, l’informazione e l’interazione) e dei suoi doveri. Quindi è comprensibile che questa nuova tipologia di cittadinanza non è un’alternativa opposta a quella classica, ma, invece, la “cittadinanza digitale” è quell’insieme di diritti/doveri che, grazie al supporto di una serie di strumenti (l’identità, il domicilio, le firme digitali) e servizi, mira a semplificare il rapporto tra cittadini, imprese e pubblica amministrazione tramite le tecnologie digitali.
Le ultime novità in fatto di cittadinanza digitale si sono avute con il D.lgs. n. 217 del 13 dicembre 2017, pubblicato in Gazzetta ufficiale il 12 gennaio 2018 con il quale sono state emanate le disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 179, concernente modifiche ed integrazioni al codice dell’amministrazione digitale, risalente al 2005, ai sensi dell’articolo 1 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, chiamato proprio Carta della cittadinanza digitale.
La Carta della cittadinanza digitale sancisce il diritto di cittadini e imprese, “anche attraverso l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione…di accedere a tutti i dati, i documenti e i servizi di loro interesse in modalità digitale…al fine di garantire la semplificazione nell’accesso ai servizi alla persona” e “riducendo la necessità dell’accesso fisico agli uffici pubblici”.
La prima versione del Codice dell’amministrazione digitale risale al 2005. Il CAD era stato concepito come un corpus di disposizioni volte, da un lato a stabilire il diritto di cittadini e imprese a relazionarsi con la PA attraverso le tecnologie digitali e, dall’altro il dovere delle amministrazioni pubbliche di dotarsi degli strumenti adeguati per consentire ai cittadini di esercitare questo loro diritto.
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Il processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione ha avuto di recente una brusca accelerazione a causa dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Dopo una prima fase di digitalizzazione forzata di alcune attività amministrative – che si è resa necessaria in seguito all’adozione da parte del Governo italiano di misure di contenimento della pandemia – nel corso dei mesi è emersa con evidenza l’esigenza di giungere, in prospettiva futura, alla conclusione del percorso di trasformazione digitale avviato oltre quindici anni fa ma ancora, in larga parte, incompiuto. Il Decreto Legge “Semplificazioni” (D.l. n. 76/2020) contiene alcune disposizioni molto rilevanti in materia di digitalizzazione dell’attività amministrativa: si tratta di uno dei provvedimenti normativi più importanti degli ultimi anni. La parola chiave è “switch off”, cioè “spegnere”, ovvero abbandonare le modalità di lavoro ed erogazione dei servizi diverse da quelle indicate dal Legislatore. Dopo una lunga convivenza forzata con la carta, la modalità digitale diventa (obbligatoriamente) l’unica modalità di gestione dei procedimenti amministrativi e di erogazione di servizi pubblici a cittadini e imprese. Due le novità rispetto al passato. Da un lato il termine assai breve dato alle amministrazioni per organizzarsi e una scadenza ravvicinatissima: il 28 febbraio 2021. Dall’altro, l’obbligo di ricorrere a soluzioni, sistemi e piattaforme unici per tutte le amministrazioni (SPID, CIE, pagoPA, appIO). Il segnale è chiaro: non ci sono più scuse per rimandare la trasformazione digitale che diventa, quindi, una vera e propria urgenza per tutte le amministrazioni. La presente analisi si propone di mettere in fila le prossime scadenze per provare a stimolare un approccio alla trasformazione digitale in cui i singoli adempimenti, non più trattati come monadi, siano considerati, in una prospettiva unitaria, come una parte di una strategia complessiva. La scelta di realizzare una guida agli switch off trova ragion d’essere proprio nella necessità per le amministrazioni di avere, alla luce dei recenti interventi legislativi, un quadro sistematico e aggiornato delle norme vigenti. Questo testo – almeno nelle intenzioni e anche attraverso il tono discorsivo dell’esposizione – vuole essere utile non solo alle amministrazioni, ma anche ai loro fornitori e consulenti che vogliano approfondire in modo agevole le attività da porre in essere per concludere il processo di trasformazione digitale. La trattazione, che non ha pretesa di esaustività, mira a fornire una sintetica ma puntuale guida alle principali scadenze che vengono analizzate criticamente con l’indicazione di tutte le risorse utili per un ulteriore approfondimento. Siamo sempre più convinti, infatti, che la crescente complessità delle regole dell’amministrazione digitale sia una delle ragioni della loro scarsa attuazione. Il primo capitolo è dedicato all’introduzione alla normativa e alla strategia nazionale sulla trasformazione digitale. Il secondo capitolo contiene una ricostruzione complessiva degli obblighi in capo alle amministrazioni e dei diritti digitali di cittadini e imprese. Il terzo capitolo approfondisce gli switch off del 28 febbraio 2021 e le attività da effettuare entro tale data. Il quarto capitolo, infine, ricostruisce le sanzioni e le responsabilità per gli Enti che non ottemperano al dettato normativo. L’obiettivo, ambizioso, è quello di aiutare le amministrazioni in questo delicato passaggio, fondamentale per renderle sempre meno distanti dai cittadini e sempre più orientate al servizio della comunità. Ernesto BelisarioAvvocato cassazionista, è specializzato in diritto amministrativo e scienza dell’amministrazione. Si occupa da anni di diritto delle tecnologie e innovazione nel settore pubblico, assistendo imprese e pubbliche amministrazioni in questioni relative al diritto delle tecnologie e del diritto amministrativo in ambito stragiudiziale e giudiziale. È stato Consigliere del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e componente del Tavolo permanente per l’innovazione e l’Agenda digitale italiana. È il curatore di lapadigitale.it, progetto di informazione e formazione di Maggioli Editore.Francesca RicciulliAvvocato. Assiste pubbliche amministrazioni, imprese e società pubbliche in questioni relative al diritto amministrativo e al diritto delle tecnologie, con particolare riferimento alla trasparenza dell’attività amministrativa, ai contratti pubblici e alle varie implicazioni del processo di digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni.Stelio PagnottaICT e communication consultant. Si occupa di comunicazione istituzionale, con particolare riferimento al settore della digitalizzazione della pubblica amministrazione. Giornalista pubblicista, è autore di articoli e pubblicazioni in materia di diritto delle nuove tecnologie e innovazione nella PA.
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Cosa sono i diritti digitali dei cittadini?
Il codice dell’amministrazione digitale (CAD) li identifica chiaramente:
– il diritto all’uso di soluzioni e di tecnologie per potere colloquiare in modalità digitale con le Amministrazioni (art.3,CAD);
– il diritto alla identità digitale (art. 3,1-quinquies);
– il diritto di accesso telematico ai dati, alle informazioni e ai documenti (art. 52, CAD);
– il diritto di conoscere in rete la situazione relativa alle proprie istanze (art. 3, 1-quater, CAD);
– il diritto all’amministrazione digitale ( art.2, 3 e ss.;12, 40, 41, 53, 64 e 65, CAD);
– il diritto alla sicurezza informatica dei propri dati personali e del patrimonio informativo pubblico (d.lgs. 196/2003; art. 51,CAD);
– il diritto alla qualità dei servizi erogati in rete (art. 7,CAD);
– il diritto alla partecipazione democratica elettronica (art. 9,CAD).
Non si tratta quindi di una legge sull’informatica nelle P.A.
Il CAD è un provvedimento che prevede per le P.A. un cambio del loro modello organizzativo volto a creare un’amministrazione pubblica digitale.
Un’amministrazione digitale si caratterizza, quindi, per essere un’amministrazione semplificata e trasparente, un’amministrazione accessibile in rete, un’amministrazione che eroga servizi in rete, un’amministrazione che corrisponde quindi ad un nuovo modello di relazione con i cittadini e le imprese. La realizzazione dell’amministrazione digitale non si esaurisce nell’acquisizione di tecnologie, ma determinante diventa il ruolo e l’ apporto diretto e continuo sia degli Organi politico-amministrativi sia della dirigenza e/o degli apicali, finalizzato ad una modifica radicale dell’organizzazione e dei servizi.
Il CAD raccoglie ormai non solo diritti e doveri che già contraddistinguono il rapporto tra cittadini, imprese e pubblica amministrazione, ma individua e getta le basi giuridiche per nuovi strumenti e servizi volti a rafforzare quelli esistenti, sulla scia anche di quanto previsto nel Piano Triennale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione.
Tra i diritti di cittadinanza digitale previsti dall’ultimo correttivo del CAD, quello di eleggere un proprio domicilio digitale presso cui ricevere le comunicazioni della PA per via telematica.
Viene fornita quindi una definizione più precisa del domicilio digitale: “un indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica certificata o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato”, che potrà essere attivato entro l’estate di quest’anno. Per attivarlo occorrerà dotarsi di un’identità digitale SPID e di un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) o di un altro indirizzo equivalente come il servizio elettronico recapito certificato.
Le comunicazioni elettroniche inviate al domicilio digitale hanno gli stessi effetti giuridici delle “comunicazioni a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno ed equivalgono alla notificazione per mezzo della posta salvo che la legge disponga diversamente”, spiega l’art. 7 .
Il principale obiettivo di questa normativa sembra essere quello di una pubblica amministrazione semplificata e finalmente “a portata di mano”, grazie anche a una sorta di pannello di controllo centrale da cui i cittadini possono gestire i rapporti con la PA.
Vediamo ora nel dettaglio i principali elementi che contraddistinguono la Cittadinanza Digitale e che hanno subito alcune modifiche nell’ultimo correttivo del CAD:
Il Difensore Civico Digitale Unico
Al fine di garantire che ai cittadini vengano riconosciuti i diritti di cittadinanza digitale, l’ultima versione del CAD prevede inoltre l’istituzione della figura del Difensore Civico Digitale Unico invece dei moltissimi difensori civici digitali che avrebbero dovuto essere istituiti in tutte le Amministrazioni dello Stato. Il Difensore Civico Digitale Unico dovrà intervenire presso le amministrazioni o i concessionari di pubblici servizi inadempienti, su segnalazione di cittadini e imprese, per invitarli a rimuovere gli ostacoli che impediscono l’esercizio dei diritti di cittadinanza digitale.
Pagamenti digitali
La Carta della cittadinanza digitale prevede il diritto per i cittadini di utilizzare i pagamenti digitali ed elettronici effettuati con qualsiasi modalità di pagamento, (incluso l’utilizzo per i micropagamenti del credito telefonico) quale mezzo principale per i pagamenti verso la pubblica amministrazione e gli esercenti servizi di pubblica utilità.
La firma digitale
La firma digitale consente di scambiare in rete documenti con piena validità legale, garantendone l’autenticità, l’integrità e la non ripudiabilità. La firma digitale utilizza una coppia di chiavi digitali asimmetriche una privata e una pubblica. La prima è conosciuta solo dal titolare ed è usata per generare la firma digitale da apporre al documento. La seconda è usata per verificare l’autenticità della firma.
Firma digitale, firma qualificata e firma elettronica avanzata integrano la forma scritta e hanno l’efficacia della scrittura privata prevista dall’articolo 2702 del Codice civile.
SPID
Il Sistema Pubblico per la gestione dell’Identità Digitale di cittadini e imprese (SPID) permette ai cittadini di accedere ai servizi online offerti dalle pubbliche amministrazioni con un’unica identità digitale (username e password) utilizzabile da computer, tablet e smartphone.
Come definita dalla carta della cittadinanza digitale, l’identità digitale è “la rappresentazione informatica della corrispondenza tra un utente e i suoi attributi identificativi, verificata attraverso l’insieme dei dati raccolti e registrati in forma digitale”.
Attualmente le identità digitali sono poco più di 2 milioni rilasciate da 8 provider e consentono l’accesso ai servizi di circa 3.800 amministrazioni.
CIE
La nuova Carta di identità elettronica è un documento personale dotato di sofisticati elementi di sicurezza e di un microchip a radiofrequenza (RF) che memorizza i dati del titolare, attestandone l’identità. Può essere utilizzata anche come documento di viaggio in tutti i paesi appartenenti all’Unione europea e per richiedere una identità SPID. Si può richiedere alla scadenza della propria carta d’identità o in caso di smarrimento o furto di quella cartacea e arriva a casa entro sei giorni dalla richiesta al Comune di residenza.
ANPR
L’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR) viene istituita dall’articolo 2 del decreto-legge n.179/2012, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n.221 (che ha sostituito l’art 62 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n.82), con l’obiettivo di far confluire tutte le anagrafi comunali in un’unica infrastruttura telematica che diventerà il sistema anagrafico di riferimento per l’intero Paese.
L’ANPR subentrerà all’Indice Nazionale delle Anagrafi (INA), all’Anagrafe della Popolazione Italiana Residente all’Estero (AIRE), nonché alle anagrafi della popolazione residente e dei cittadini italiani residenti all’estero tenute dai comuni e, oltre a semplificare operazioni quali il cambio di residenza, emigrazioni, immigrazioni e censimenti, permetterà altresì di evitare duplicazioni di comunicazione con le Pubbliche Amministrazioni; garantire maggiore certezza e qualità al dato anagrafico.
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