Il danno risarcibile per il tramite della class action
Giova, prima di analizzare la tipologia di danno risarcibile mediante l’azione di classe, operare un distinguo tra interesse diffuso e interesse collettivo.
Secondo autorevole dottrina, “il concetto di interesse collettivo ha trovato nella legislazione italiana una caratterizzazione specifica; si tratta di quegli interessi, non attribuibili a nessun individuo in particolare, che, in mancanza dell’investitura a favore di alcuni enti esponenziali della legittimazione a farli valere sarebbero adespoti e verrebbero qualificati come interessi diffusi; essi assurgono a rango di interesse collettivo quando la legge attribuisce appunto all’ente esponenziale, di solito ad un’associazione, il compito di tutelare quelle
posizioni e di farle valere in giudizio”.
La chiarificazione appena svolta si rende necessaria in considerazione del fatto che, per tramite delle modifiche dell’art. 140-bis del codice del consumo, il novero delle situazioni passibili di tutela mediante l’esperimento dell’azione di classe risulta essersi dilatato anche agli interessi collettivi, superandosi così
la previgente limitazione ai soli rapporti giuridici stipulati ai sensi dell’art. 1342 c.c., spaziandosi ora alla (senz’altro più ampia) categoria dei diritti contrattuali di una molteplicità di utenti/consumatori, accomunati da una medesima posizione nei confronti di un’impresa.
Ricomprese nell’ambito di operatività della norma in esame anche le situazioni che vedano un detrimento della posizione del potenziale consumatore a causa di condotte precontrattuali non conformi ovvero anche solo di informative fuorvianti e distorte nell’ambito delle condizioni generali rivolte indistintamente ai consumatori complessivamente considerati, dovendosi porre l’accento sulla circostanza che non sia più richiesta l’esistenza di un rapporto diretto di natura contrattuale (nel senso che legittimati al promovimento
dell’azione di classe sono non soltanto i soggetti che abbiano la qualifica di acquirenti – per esempio – di un determinato prodotto, bensì anche chiunque si sia imbattuto, venendone a contatto seppur occasionalmente, con il prodotto di cui si controverte).
L’orientamento giurisprudenziale in materia di class action
Con pronuncia del 30 giugno 2016 la Corte di Appello di Torino, in materia bancaria, è giunta alla declaratoria di nullità delle clausole relative a commissioni di massimo scoperto di un Istituto di credito in danno ai correntisti, con conseguente condanna alla restituzione di quanto indebitamente da questi ultimi corrisposto, caso tuttavia parimenti connotato da una reiezione di plurime richieste avanzate da potenziali aderenti alla classe in ragione di ritenuta non conformità formale delle relative domande.
Più recente è, infine, la pronuncia della Corte di Appello di Milano n. 3756 del 25 agosto 2017.
Con questa sentenza per la prima volta nel nostro Paese una class action, proposta a tutela di oltre tremila soggetti appartenenti a una classe e versanti in condizione omogenea (preziosi gli spunti offerti, a tal ultimo precipuo riguardo, dalla Corte meneghina), ha incontrato positivo e integrale avallo ad opera del Collegio giudicante.
Il caso in menzione concerne la vittoria (pur a distanza di molti anni e in totale riforma della sentenza di prime cure) da parte della categoria dei pendolari che sul limitare dell’anno 2012, in ragione di un guasto tecnico prolungatosi per oltre dieci giorni al nuovo software di turnazione del personale, subirono disservizi da una società operante nel settore del trasporto regionale ferroviario passeggeri.
Coinvolti per tanti giorni, come evidenzia la Corte di Appello nel percorso motivazionale, in gravi ritardi condizionanti la vita quotidiana di ciascuno di essi, in soppressioni inopinate di corse, in totale mancanza di informazione, in trasbordi da un convoglio all’altro, in modifiche di tratte e itinerari, in condizioni di sovraffollamento e senza la minima assistenza, furono centinaia di migliaia di persone nel periodo ricompreso tra il 9 e il 17 dicembre 2012.
In forza di tale sentenza la società ferroviaria, oltre agli indennizzi automatici previsti dal regolamento e già corrisposti (non ritenuti congrui e satisfattivi nelle istanze attoree), è stata condannata alla corresponsione dell’ulteriore somma di euro cento per ciascuno dei pendolari aderenti all’iniziativa di classe proposta da un’associazione italiana di consumatori.
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