La clausola claims made dopo la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 9140/2016

Redazione 14/11/17

La partizione claims made pura e impura accolta dalla Corte di Cassazione a SS.UU. 2016

Come noto, nell’assicurazione della responsabilità civile si riscontra- no essenzialmente due modelli di determinazione del sinistro: il sinistro come verificazione dell’evento dannoso (loss occurence) e il sinistro come richiesta di risarcimento.

si tratta di due modelli che rispondono a diverse esigenze assicurative. più precisamente, in base al regime loss occurrence, instaurato dall’art. 1917 c.c., la garanzia viene limitata ai fatti illeciti avvenuti in dipendenza del contratto. tale sistema appare adatto alle ipotesi in cui, in tema di responsabilità civile, l’illecito generatore della responsabilità consiste in un atto ovvero in una serie di atti ben individuati sia nella tipologia che nel momento di verificazione (1). non si può fare un discorso analogo in termini di adeguatezza del regime loss occurrence in tutte quelle cir- costanze in cui sussista incertezza in merito al fatto ovvero ai fatti che hanno cagionato il danno, al tempo di verificazione degli stessi, nonché alla distanza temporale tra il fatto generatore e la verificazione del danno stesso. per tali tipologie di illeciti, detti “lungolatenti” (“long tail claims”), la prassi contrattuale ha dunque sviluppato le clausole claims made, al fine di fornire una tutela adeguata. la diffusione si è verificata dapprima nei sistemi di common law, manifestandosi solo successivamente nei si- stemi di civil law, tra cui anche l’italia (2).

ssSondo la tradizione anglosassone, la principale distinzione tra polizze “occurrence” e polizze “claims made” costituisce la differenza tra il rischio assicurato. in particolare, nelle prime il rischio assicurato è la verificazione (“occurrence”) dell’evento, diversamente nelle polizze claims made l’evento e il rischio da assicurare sono la richiesta (“claim”) del soggetto danneggiato (3).

La claims made nella storia della assicurazione della responsabilità civile in Italia

La Suprema Corte riapre il dibattito precedente al codice del 1942 sull’individuazione del sinistro nell’assicurazione della responsabilità civile (20), dibattito che vedeva contrapposte due scuole di pensiero: da un lato coloro che identificavano il sinistro con la richiesta di risarcimento del danno da parte del terzo, perché è solo in quel momento che si determina il detrimento nel patrimonio dell’assicurato, dall’altro lato coloro che considerano che il sinistro sia il fatto dannoso, perché è col suo determinarsi che sorge la pretesa risarcitoria oggetto della garanzia assicurativa (21).

La questione pareva risolta dal dettato normativo contenuto nell’art. 2952 in base al quale il diritto all’indennizzo dell’assicurato nell’assicurazione contro la responsabilità civile si prescrive a far data dalla richiesta risarcitoria del terzo.

Sembrava così che il legislatore avesse individuato nella richiesta del terzo il fatto su cui si fonda il diritto all’indennizzo dell’assicurato nell’assicurazione contro la responsabilità civile.

Per contro la dottrina pronunciatasi sul testo dell’art. 2952 ha osserva- to che la ragione per cui la norma in esame fa riferimento alla richiesta del terzo è che prima di quel momento l’assicurato non sarebbe in grado di avanzare pretese verso l’assicuratore perché non sa se e quanto il terzo pretenderà da lui (22).

 

Le conseguenze della sentenza delle Sezioni Unite n. 9140/2016 sui compiti e le responsabilità degli intermediari 

Elevata incertezza è stata lasciata dalla sentenza della cassazione sulla nullità della clausola claims made in presenza di determinate condizioni per difetto di meritevolezza.

La Suprema Corte ribadisce come l’art. 1932 c.c. non menzioni tra le norme inderogabili l’art. 1917 c. 1 c.c. e, quindi, rientra nella piena disponibilità dei contraenti modulare l’obbligo di garanzia con le modalità che ritengano più opportune. il punctum dolens consiste nell’individuare il limite oltre il quale le parti non possono spingersi senza snaturare l’essenza del contratto di assicurazione.

In particolare, la clausola claims made in presenza di determinate con- dizioni, può essere dichiarata nulla per difetto di meritevolezza ovvero, laddove sia applicabile la disciplina di cui al codice del consumo, per il fatto di determinare, a carico del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.

Tale valutazione deve essere fatta in base al caso concreto, ossia alle condizioni in cui si trova ogni singolo contraente e non può essere pre- determinata, se non conoscendo a fondo le esigenze assicurative di quel determinato cliente che intende stipulare una polizza.

Nel campo dell’assicurazione della responsabilità professionale il caso è di difficile applicazione, in quanto sono esclusi per definizione dal no- vero dei consumatori sia le società che i professionisti, a meno che il professionista non dimostri di essere sguarnito di esaustive informazioni sui meccanismi che governano il sistema della responsabilità civile e della sua assicurazione.

 

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