Indice
1. nozione e funzione economica-giuridica
2. distinzione dall’assicurazione e dalla riassicurazione
3. conclusione del contratto di coassicurazione
4. forma e prova del contratto di coassicurazione
5. clausola di delega: nozione e funzione
6. compagnia delegataria: posizione giuridica sostanziale
7. compagnia delegataria: posizione giuridica processuale
8. elenco degli autori
1.nozione e funzione economica-giuridica.
Il contratto di coassicurazione appartiene al più ampio genus del contratto di assicurazione (ed infatti, la relativa disciplina si inserisce nel capo XX, del titolo III del libro IV del codice civile, intitolato «dell’assicurazione») e trova la propria fonte normativa nell’art. 1911 c.c..
Secondo tale articolo «qualora la medesima assicurazione o l’assicurazione di rischi relativi alle stesse cose sia ripartita tra più assicuratori per quote determinate, ciascun assicuratore è tenuto al pagamento dell’indennità assicurata soltanto in proporzione della rispettiva quota, anche se unico è il contratto sottoscritto da tutti gli assicuratori»
[1].
Allo stato attuale, l’ordinamento positivo conosce due forme di coassicurazione: quella nazionale, disciplinata, appunto, dall’art. 1911 c.c., e quella afferente alla disciplina comunitaria di cui alla legge 11 novembre 1986, n. 772 (significativamente modificata dal D.L.vo 15 gennaio 1992, n. 49) e caratterizzata, tra i vari aspetti, dal carattere comunitario delle compagnie che prendono parte al contratto in questione
[2]. La variante comunitaria del negozio di coassicurazione è esclusa dal presente contributo.
Il fine specifico della coassicurazione è la ripartizione e l’omogeneizzazione del rischio attraverso il preventivo accordo tra le parti e quindi l’esclusione della sovrapposizione delle garanzie assicurative; le ipotesi di più frequente applicazione del negozio in questione si riscontrano nei casi in cui si intendono coprire i rischi nuovi di cui non si conosce con sufficiente approssimazione la probabilità di accadimento (ad es. assicurazioni fideiussorie in campo cinematografico,
et similia), ovvero quando si tratta di rischi particolarmente gravosi per l’accentuata probabilità del verificarsi del sinistro o, infine, quando si tratta di interessi di fortissimo valore economico, quali ad esempio l’assicurazione di grosse navi
[3].
Nella coassicurazione il rischio viene ripartito tra gli assicuratori secondo quote predeterminate e ciascuno di essi risponde solo della quota personalmente assunta, anche quando è unico il contratto sottoscritto da tutti gli assicuratori
[4]. In buona sostanza si ha a che fare con rapporti assicurativi separati nei quali ciascun coassicuratore è titolare di distinte posizioni giuridiche soggettive.
Per ciò che riguarda la natura giuridica dell’obbligazione scaturente dal contratto di coassicurazione, secondo l’insegnamento della giurisprudenza
[5] non è applicabile la disposizione dell’art. 1310 c.c. dettata in tema di obbligazione solidale, perché, per effetto della norma contenuta nell’art. 1911 c.c., ciascun assicuratore è tenuto al pagamento dell’indennità assicurativa soltanto in proporzione della rispettiva quota, anche se il contratto sottoscritto da tutti gli assicuratori è unico
[6]. Quindi, l’obbligazione scaturente dal contratto di coassicurazione va distinta dallo schema dell’obbligazione solidale.
Infatti, mentre nell’ipotesi dell’obbligazione solidale il totale che si deve pagare al fine di liberarsi dal vincolo non è coincidente con la somma delle singole prestazioni, tanto che la prestazione è una sola, a carico di ciascuno dei debitori o per ogni creditore (ancorché assunta con pluralità di vincoli soggettivi), con il contratto di coassicurazione la prestazione coincide con la somma delle singole quote risarcitorie spettanti all’assicurato in ragione del rischio assunto dai singoli coassicuratori. Inoltre, a differenza di ciò che accade nelle obbligazioni solidali nelle quali i rapporti tra il debitore e i creditori solidali devono essere identici e quindi in base ai principi che reggono l’identificazione delle obbligazioni devono avere la stessa causa e uguale contenuto, nei rapporti di coassicurazione ogni coassicuratore è titolare di un’obbligazione di diversa estensione.
Alla luce di quanto detto, sembra più opportuno affermare che lo schema obbligatorio adottato dal contratto di coassicurazione è quello proprio delle obbligazioni parziarie
[7]; quindi, sembra fondato ritenere che la regola individuata dall’art. 1314 c.c. sulla divisibilità delle obbligazioni, operi inalterata nello schema negoziale dell’art. 1911 c.c..
In termini generali, l’obbligazione parziaria si distingue da quella solidale in quanto (pur essendo la prima abbinata alla seconda nel più ampio genus delle obbligazioni soggettivamente complesse), nella prima il dovere dell’adempimento incide sopra ciascuno degli obbligati pro rata e non pro toto.
In buona sostanza, l’obbligazione si chiama parziaria quando l’obbligo o il diritto di ciascuno è proporzionale alla sua partecipazione al vincolo obbligatorio. A conferma di ciò, l’ipotesi negoziale di cui all’art. 1911 c.c. determina la formazione di separati rapporti, i quali, anche se convergenti in un atto formalmente unico (il più delle volte frutto del mandato conferito dai coassicuratori ad uno di essi al fine della stipulazione della polizza e della sua successiva fase di gestione del contratto – trattasi dello schema ricorrente nella c.d. clausola di delega limitatamente alla quale si rimanda al paragrafo 5), non valgono a creare un’obbligazione solidale a carico della compagnia stipulante
[8].
Il fatto per cui ciascun assicuratore è contrattualmente obbligato nei limiti della quota di sua pertinenza esclude il ricorso all’istituto del litisconsorzio necessario di cui all’art. 102 c.p.c.
[9].
Da ciò consegue che non è necessario integrare il contraddittorio a tutti gli assicuratori, ove la domanda sia stata proposta nei confronti di uno solo di essi.
2.distinzione dall’assicurazione e dalla riassicurazione.
Dai brevi tratti introduttivi offerti nel paragrafo precedente, emergono agevolmente gli elementi caratteristici del negozio della coassicurazione, che ci permettono di distinguere il contratto in questione dalle altre figure negoziali che rispondono all’esigenza della ripartizione del rischio assunto tra una pluralità di imprese assicuratrici: come, ad esempio, l’assicurazione cumulativa, disciplinata dall’art. 1910 c.c.
[10], e la riassicurazione di cui all’art. 1928 c.c.
L’assicurazione plurima o cumulativa trova la propria base normativa nell’art. 1910 c.c. il cui primo comma stabilisce che «per il medesimo rischio sono contratte separatamente più assicurazioni presso diversi assicuratori»; trattasi dell’ipotesi in cui per il medesimo rischio risultano contratte separatamente più assicurazioni presso diversi assicuratori; tale schema contrattuale trova applicazione sia quando le assicurazioni siano state contratte dallo stesso soggetto assicurato, sia quando le assicurazioni siano state contratte da soggetti diversi e solo successivamente si accerti che beneficiaria di esse è la stessa persona.
In termini riassuntivi, si può affermare che nell’ipotesi di assicurazione plurima vengono conclusi più contratti diretti a tutelare lo stesso interesse contro il medesimo rischio; in tali ipotesi più assicuratori sono contemporaneamente obbligati a pagare l’indennità a favore della stessa persona ed in seguito al verificarsi di un unico evento.
La ratio a cui presiede la figura negoziale in questione è quella di permettere, attraverso la stipula di diverse assicurazioni singolarmente considerate, il regolare adempimento della funzione indennitaria a cui è preordinata la disciplina assicurativa, evitando la trasformazione dell’assicurazione in una mera fonte di lucro
[11]. In tal senso si esprime la seconda parte del terzo comma dell’art. 1910 (il quale richiama a sua volta il principio dedotto dal primo comma dell’art. 1908 c.c.), e che stabilisce che nel caso di assicurazione plurima l’assicurato può chiedere a ciascun assicuratore l’indennità dovuta in luogo delle pattuizioni contrattuali purché le somme non superino l’ammontare del danno.
Inoltre, la disposizione di cui all’art. 1910 c.c. non è subordinata alla circostanza che i diversi contratti siano stipulati dalla stessa persona, poiché a tal fine assume rilievo solo l’identità dell’assicurato (vale a dire di colui che beneficia della garanzia assicurativa) e non anche quella del contraente (e cioè di chi ha stipulato il relativo contratto). Pertanto, in caso di identità della persona assicurata, l’art. 1910 c.c. è applicabile anche quando uno dei contratti di assicurazione sia stato stipulato con la clausola “per conto di chi spetta” da un soggetto diverso da colui che beneficia della copertura assicurativa
[12]. In forza del primo comma dell’art. 1910 c.c. è previsto l’obbligo di dare avviso di tutte le assicurazioni contratte a ciascun assicuratore.
Se l’assicurato non ha provveduto alla comunicazione di cui sopra e se tale omissione sia imputabile a titolo di dolo, gli assicuratori sono sollevati dall’obbligo di corrispondere l’indennità
[13].
Inoltre, il quarto comma quarto dell’articolo 1910 c.c. trattando la disciplina del regresso, introduce, nell’ipotesi assicurativa in questione, lo schema dell’obbligazione solidale (richiamandosi al modello di cui all’art. 1299 c.c. rubricante il «regresso tra i condebitori»), contemplando un’azione di regresso da parte dell’assicuratore che ha provveduto a pagare al fine di ripartire le indennità dovute secondo i vincoli contrattuali e quindi in base ai rapporti di forza tra i diversi assicuratori
[14].
In termini schematici, la figura della assicurazione plurima si distingue, essenzialmente, da quella della coassicurazione in quanto:
– mentre l’assicurazione cumulativa muove di solito dall’iniziativa dell’assicurato, la coassicurazione muove, generalmente, dall’iniziativa dell’assicuratore;
–
nella assicurazione cumulativa (a differenza della coassicurazione) manca il previo accordo tra tutti gli assicuratori (elemento necessario ed indispensabile nell’ipotesi prevista dall’art. 1911 c.c.)[15].
Passando ora a trattare la riassicurazione di cui all’art. 1928 c.c. si precisa che questo è un contratto attraverso il quale l’assicuratore si copre del rischio assunto nei confronti dell’assicurato. Le modalità attraverso le quali la riassicurazione può compiersi si distinguono a seconda che il suddetto contratto abbia per oggetto singoli rischi individuati volta per volta o generalità di rischi o categorie di rischi individuati sulla scorta dei c.d. “trattati di riassicurazione” (art. 1928 c.c.).
La riassicurazione può essere sussunta alla categoria delle assicurazioni danni, in quanto tende a coprire l’assicuratore da quella diminuzione patrimoniale che deriva dall’obbligo del pagamento della somma assicurata quando l’evento si verifichi. Inoltre, il contratto di riassicurazione non crea rapporti tra l’assicurato ed il riassicuratore bensì soltanto tra il riassicurato ed il riassicuratore; da ciò consegue che l’assicurato non può vantare alcuna pretesa nei confronti del riassicuratore in quanto non esiste nei confronti di quest’ultimo alcun vincolo obbligatorio.
Una delle differenze tra la coassicurazione e la riassicurazione è che mentre nella prima è richiesto il consenso di tutte le parti, nella seconda non rileva il consenso dell’assicurato; quindi nella seconda ipotesi si assiste ad una ripartizione “verticale” (e non orizzontale come avviene nell’ipotesi della coassicurazione) del rischio attraverso un suo trasferimento successivo dall’assicuratore al riassicuratore, fenomeno a cui resta estraneo l’assicurato.
A suggello della autonomia negoziale che contraddistingue la posizione dell’assicurato e quella del riassicuratore (posizione di indipendenza sancita, claris verbis, dall’art. 1929 c.c. secondo il quale «il contratto di riassicurazione non crea rapporti tra l’assicurato e il riassicuratore») si rammenta che il diritto del riassicurato nei confronti del riassicuratore non si origina al verificarsi dell’evento previsto nel contratto di assicurazione, ma trova la sua genesi nel momento in cui il riassicurato è tenuto a corrispondere l’indennità di riassicurazione. Inoltre, non essendovi alcun rapporto giuridico tra riassicuratore e assicurato e dipendendo l’obbligo del riassicuratore dall’insorgere dell’obbligo del riassicurato nei confronti dell’assicurato ne deriva che, in caso di dissesto del riassicurato, mentre questi è tenuto a corrispondere la somma dovuta all’assicurato in percentuale, il riassicuratore è tenuto a pagare al riassicurato la somma integrale, salva la compensazione con i premi e gli altri crediti (in tal senso art. 1930 c.c.).
L’art. 1929 c.c., pur ribadendo
apertis verbis l’inidoneità del contratto di riassicurazione a creare rapporti tra l’assicurato e il riassicuratore, fa salve le disposizioni delle leggi speciali sul privilegio a favore della massa degli assicurati; ed infatti, a tal proposito trovano applicazione: l’art. 85, ultimo comma, del D.P.R. 449/1959, l’art. 74, quinto comma della L. 295/1978, e l’art. 71, ottavo comma della L. 742/1986
[16].
Alla luce dei brevi tratti ricostruttivi del contratto di coassicurazione emerge che il discrimine sostanziale tra la coassicurazione e la riassicurazione è che mentre nella prima ipotesi il rischio viene distribuito sullo stesso livello tra più soggetti vincolati nei confronti del medesimo assicurato, nella riassicurazione il rischio viene ripartito nei confronti di un unico soggetto il quale ripete lo schema contrattuale espandendolo verso l’alto e dando origine ad un negozio indipendente dal primo.
3.conclusione del contratto di coassicurazione.
Il contratto di coassicurazione può essere concluso essenzialmente in due modi:
–
mediante un unico contratto al quale intervengano tutti gli assicuratori e con rilascio di un’unica polizza (trattasi, come ha fatto notare anche la Suprema Corte[17], della conclusione di un contratto solo formalmente unico ma che, come già accertato, contempla una poliedricità di vincoli obbligatori e quindi di autonomi rapporti giuridici);
– mediante più contratti, uno per ciascun assicuratore, con polizze diverse ma unificate dall’eadem causa obligandi.
Tuttavia, il sistema maggiormente seguito in Italia è quello della polizza unica, con partecipazione pro quota dei vari assicuratori e conclusa da uno solo di essi per conto di tutti (per il mezzo della c.d. clausola di delega sulla quale vedasi più avanti). Per ciò che riguarda la somma assicurata, questa può essere stabilita per ciascun assicuratore pro quota del totale (a quota variabile: ad es. l’assicuratore A, 20%; assicuratore B, 15%; assicuratore C, 30% ecc.; ovvero a quota fissa: un quarto, un mezzo per ciascuno, ecc.) ovvero per singole somme fisse (ad es. assicuratore A, lire 15 milioni, assicuratore B, lire 5 milioni ecc.).
4.forma e prova del contratto di coassicurazione.
La disciplina della forma nel contratto di assicurazione, trova la propria base normativa nel primo comma dell’art. 1888 c.c. secondo il quale: «Il contratto di assicurazione deve essere provato per iscritto (…)»; da ciò si deduce che la disciplina richiesta espressamente dalla litera legis è quella della forma scritta ad probationem con la manifesta conseguenza che il difetto di questo requisito non determina l’invalidità del contratto.
La disciplina qui esposta trova, in assenza di norme specifiche, applicazione anche alla
species della coassicurazione. Una conseguenza diretta di quanto fin qui esposto, subito desumibile dal secondo comma dell’art. 1888 c.c. (il quale
expressis verbis, parla anche «di altro documento sottoscritto» dall’assicuratore) è che la coassicurazione può essere provata anche mediante atti scritti diversi dalla polizza
[18].
In termini conformi si esprime la Suprema Corte, secondo la quale la validità del contratto di coassicurazione «non può essere esclusa per il solo fatto che la relativa polizza sia stata sottoscritta da uno soltanto di detti assicuratori, atteso che, come già affermato, vertendosi in tema di rapporto soggetto alla forma scritta
ad probationem (non
ad substantiam), a norma dell’art. 1888 c.c., deve riconoscersi la possibilità di dimostrare la suddetta coassicurazione anche mediante atti scritti diversi dalla polizza»
[19].
Come già esaminato nel paragrafo precedente, il contratto di coassicurazione può essere stipulato, con la sottoscrizione di tutti i coassicuratori congiuntamente (é questo il caso dell’assicuratore che ha ricevuto la proposta di assicurazione e che intende ripartire il rischio con altri assicuratori e che quindi, prima di accettare la proposta, si assicura la partecipazione di altri assicuratori ed in tal senso il contratto viene sottoscritto da tutti), oppure con la sottoscrizione di uno solo di essi, il quale agisce in veste di rappresentante sulla base, come si vedrà oltre, di un’apposita delega.
Il ricorso alla c.d. clausola di delega non implica una diversa disciplina delle forme e delle prove; infatti nella pratica è ricorrente la coassicurazione stipulata con un unico contratto dal quale emerge sia la ripartizione dello stesso rischio per quote fra tutti gli assicuratori, sia la designazione della c.d. impresa delegata (o delegataria) alla quale i coassicuratori conferiscono un mandato con poteri rappresentativi per il compimento di determinati atti nell’interesse comune, quali la trattativa, la stipula del contratto, la riscossione dell’intero premio con gli effetti che vedremo tra breve. Questa scelta semplifica notevolmente il «fine ripartitorio che giustifica e qualifica la coassicurazione, conciliando una tale finalità con la concentrazione dello svolgimento del rapporto nei confronti di un solo assicuratore, come si trattasse, a questi effetti, di un unico assicuratore»
[20].
5.clausola di delega: nozione e funzione.
Come già emerso, il contratto di coassicurazione previsto
dall’art. 1911 c.c. consiste in una particolare ipotesi assicurativa in cui uno stesso rischio viene assunto, con le medesime modalità e per lo stesso tempo, da più assicuratori che ripartiscono tra loro la quota dei rischi e dell’indennità, secondo lo schema della obbligazione parziale.
Conseguenza di ciò è che il contratto in questione dà luogo a separati rapporti giuridici, in ordine ai quali ciascun coassicuratore è titolare di singole posizioni giuridiche soggettive, sostanziali e processuali, relative al proprio rapporto giuridico.
A rigore di logica, i singoli rapporti assicurativi così posti in essere danno luogo alla predisposizione e conclusione di singoli atti negoziali in numero coincidente ai rapporti assicurativi contratti. Pur tuttavia, manifeste ed intuibili esigenze di economicità e di efficienza, suggeriscono il ricorso ad un particolare strumento negoziale qual’è quello della clausola di delega
[21].
Trattasi di una figura già conosciuta da vari ordinamenti giuridici, tra i quali quello tedesco nel quale la clausola di delega o appunto di guida è appellata con il termine di “fuehrungsklausel”
[22], ma non espressamente prevista dal diritto positivo nazionale, ad eccezione dell’ipotesi di cui all’art. 2 della L. 772/1986 in materia di coassicurazione comunitaria.
In termini più generali, la clausola di delega può essere qualificata come una clausola di polizza prevista dai coassicuratori nella fase di formazione del contratto ed attraverso la quale questi conferiscono ad uno di essi (l’impresa delegata o anche delegataria) un mandato con poteri rappresentativi per il compimento di atti determinati nell’interesse comune, quali la trattativa, la stipula del contratto, la riscossione dell’intero premio, la determinazione del danno risarcibile ed eventualmente il pagamento dell’indennizzo
[23].
La clausola di delega dà luogo ad un rapporto di gestione rappresentativa nascente da un mandato conferito
ad hoc; quindi nell’ipotesi della coassicurazione con clausola di delega si è di fronte ad un mandato collettivo ovvero ad uno conferito da più persone con unico atto ed allo stesso tempo ad un mandato in
rem propriam ovvero stipulato per la realizzazione di un affare di comune interesse
[24].
Pur tuttavia, l’unicità dell’elemento negoziale che viene in essere non incide nella pluralità di rapporti assicurativi, sia sotto il profilo sostanziale che sotto quello processuale
[25]; ed infatti è opinione diffusa, tanto in dottrina
[26], quanto in giurisprudenza
[27], quella secondo la quale la clausola di delega non elimina la caratteristica essenziale del contratto di coassicurazione e cioè l’assunzione pro quota del rischio secondo lo schema delle obbligazioni parziali.
Come la stessa Corte di Cassazione ha più volte ribadito
[28], la clausola di delega, riguarda esclusivamente la fase di conclusione e di gestione del contratto e non incide sulla struttura genetica dello stesso.
Quindi l’innesto della clausola in questione nel contratto di coassicurazione non porta certamente quest’ultimo ad aderire allo schema della obbligazione solidale in quanto ciascuno dei coassicuratori continua ad essere vincolato verso l’assicurato nei limiti della rispettiva quota.
Pur tuttavia su tali argomenti il dibattito giurisprudenziale e dottrinale non si è dimostrato sterile
[29]. Ed infatti, in una significativa sentenza del Tribunale di Milano
[30] resa nota dalle attenzioni della dottrina
[31] si affermò che «nella coassicurazione con clausola di delega non sussiste vincolo di solidarietà tra i coassicuratori, ma chi fra essi assume il compito di delegatario è responsabile in proprio della intera indennità, data la sostituzione che, in virtù della delega, si è operata nel lato soggettivo passivo dell’obbligazione assicurativa».
Pertanto, la compagnia delegataria, che è la sola passivamente legittimata nel giudizio promosso dall’assicurato per il pagamento dell’indennità risponde anche delle quote degli altri assicuratori (deleganti), i quali, se chiamati nel processo, vanno estromessi.
Come è evidente, la sentenza in questione non affermò esplicitamente l’appartenenza del contratto di coassicurazione al modello delle obbligazioni solidali (anzi lo negò espressamente) ma formulò delle affermazioni sia sul piano sostanziale sia su quello processuale (esclusiva legittimazione passiva ed addirittura estromissione del coassicuratore non delegatario) che fecero apparire probabile quello che era stato espressamente negato, ovvero il richiamo di alcuni profili dell’obbligazione solidale.
Queste valutazioni non sono sconosciute ad una parte della dottrina; infatti, taluni, ebbero a dire a commento della clausola di delega che «il sistema della delega raggiunge, in pratica, gli effetti del sistema della solidarietà»; in sostanza, costoro, tendono ad accostare la disciplina della solidarietà a quella della coassicurazione con clausola di delega, limitatamente all’ipotesi di riscossione del premio, sostenendo «che il mandato ad esigere il premio nell’interesse di tutti gli assicuratori conferisce al delegatario un potere analogo a quello che esercita
[32] il concreditore solidale nei confronti dell’unico debitore».
Pur tuttavia, a fronte di queste posizioni minoritarie della giurisprudenza di merito e di alcuna parte della dottrina, non si ravvisano nel contratto di coassicurazione con clausola di delega alcuni dei profili della obbligazione solidale.
Questa, così come conosciuta dagli artt. 1292 e ss. c.c., ha come caratteristica principale il fatto per cui l’intera prestazione può essere chiesta da ognuno dei creditori (solidarietà attiva). In tal senso si esprime la dottrina prevalente
[33]. Alla luce di quanto detto, la clausola di delega o di guida, lungi dall’alterare i termini del rapporto contrattuale principale, si risolve nel conferimento ad uno dei coassicuratori dell’incarico di gestire la polizza con l’attribuzione di un potere di rappresentanza nel compimento di determinati atti giuridici – quali la trattativa, la stipula del contratto e la riscossione dei premi – ed eventualmente, nel pagamento dell’indennizzo.
Conseguenza logica e diretta di quanto detto, è che, tendenzialmente, la clausola di delega come non può incidere sui profili sostanziali del contratto di coassicurazione, così non può alterare i termini processuali derivanti dall’eventuale contenzioso (su tali temi si rimanda al paragrafo 7). In questi termini, tutti i coassicuratori debbono essere intesi come parte processuale, nulla incidendo, ai fini di questo profilo, il fatto che l’assicuratore delegato possa esercitare la rappresentanza processuale degli altri coassicuratori
[34], ipotesi questa del tutto eventuale; con la conseguenza che il primo, come non può essere convenuto in giudizio per l’intero pagamento dell’indennità, così non può agire in giudizio in via di surroga, ex art. 1916 c.c. per ottenere dal danneggiante il pagamento dell’intera indennità essendo il suo diritto limitato alla quota su di lui gravante
[35].
6.compagnia delegataria: posizione giuridica sostanziale.
Alla luce di quanto fino a qui detto, ciascun assicuratore è titolare delle sole posizioni soggettive, sostanziali e processuali, relative al proprio rapporto, anche nell’ipotesi in cui gli assicuratori demandino ad uno solo fra essi (attraverso la cosiddetta “clausola di delega”) la conclusione e la successiva gestione del contratto che apparirà così formalmente unico.
La clausola di delega si limita a conferire alla compagnia delegataria un fascio di facoltà attinenti alla stipula del contratto di coassicurazione e alla gestione dello stesso.
Il contenuto di codeste facoltà è generalmente rimesso alla volontà delle parti all’atto della stipula del mandato con il quale la delegataria si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto delle compagnie deleganti; ciò non toglie che, sulla portata e sui limiti della clausola di delega si è sviluppato un ricco dibattito soprattutto di ordine giurisprudenziale (dibattito che tocca i due profili della questione in esame ovvero il rapporto interno tra le varie compagnie assicurative e quello esterno che lega queste ultime all’assicurato).
La giurisprudenza di legittimità
[36] distingue il profilo interno della clausola di delega che attiene alla gestione del rapporto contrattuale, da quello esterno avente ad oggetto la trattazione diretta delle questioni contrattuali con l’assicurato e che riguarda (oltre alle ipotesi di comunicazioni contrattuali e di pagamento dell’indennità), anche la fase contenziosa
[37]. È frequente il caso in cui, limitatamente ai poteri sostanziali “esterni”, la clausola di delega possa attribuire alla compagnia delegataria la legittimazione attiva e passiva con riguardo all’emissione e alla ricezione di tutte le comunicazioni e decisioni inerenti all’esecuzione del contratto
[38].
Il carattere esclusivo della legittimazione della delegataria comporta che tutte le dichiarazioni che debbano essere rese in pendenza di rapporto dall’una all’altra parte ed, in particolare la cessazione del rischio, la sua diminuzione, il suo aggravamento (artt.1896-1898 c.c.), la richiesta di riduzione del premio per l’avvenire in caso di sovrassicurazione non dolosa (secondo comma dell’art. 1909 c.c.), l’avviso di sinistro (art. 1913 c.c.), la comunicazione dell’avvenuta alienazione delle cose assicurate (art. 1918 c.c.), come anche le dichiarazioni che di volta in volta competano ai coassicuratori ai sensi di queste previsioni dal secondo comma dell’art. 1892 o dal primo comma dell’art. 1893 c.c., debbano essere indirizzate alla delegataria medesima ovvero venire effettuate da essa anche in nome dei restanti coassicuratori. Il carattere esclusivo della legittimazione della delegataria comporta anche una seconda conseguenza di grande rilievo.
Nei casi dedotti nello stesso contratto di mandato, le diverse comunicazioni e dichiarazioni dell’assicurato si considerano ricevute da ciascuno dei coassicuratori nel momento stesso in cui pervengono alla delegataria.
A conferma di ciò la stessa Suprema Corte ha ribadito che se, in una polizza coassicurativa stipulata attraverso la clausola di delega si attribuisce il potere di ricevere tutte le “comunicazioni contrattuali” al coassicuratore delegatario, si conferisce a quest’ultimo anche il potere di ricevere la denuncia del sinistro e la richiesta di indennizzo. Da ciò consegue che la ricezione di quest’atto interrompe la prescrizione del diritto di indennizzo anche nei confronti di tutti i coassicuratori
[39] (39).
Per ciò che riguarda il rapporto interno, la delegataria esercita il potere di guida (nell’ordinamento tedesco la clausola di delega è indicata con il termine “fuehrungsklausel” che letteralmente significa clausola di guida) o di gestione del contratto. L’ambito entro il quale si svolge il potere gestorio è variabile a seconda delle singole disposizioni contrattuali e a ragione dei singoli settori assicurativi.
In termini generali, i poteri conferiti alla delegataria si evincono alla luce dei comuni criteri vigenti in tema di interpretazione dei contratti ed, in particolare, uniformando il risultato interpretativo al comportamento generalizzato dei soggetti operanti nell’ambito della pratica assicurativa.
Quindi l’individuazione dei poteri del delegatario pone evidentemente un problema interpretativo, richiedendo un’esegesi del contenuto della clausola e, quindi, della volontà delle parti secondo le norme di cui agli artt. 1362 ss. c.c.
[40]. Inoltre, secondo l’insegnamento del giudice di merito, nel settore marittimo, qualora manchi una precisa delimitazione contrattuale, l’adozione di criteri ermeneutici di tipo oggettivo e, in particolare, il riferimento all’esigenza di uniformare il risultato interpretativo alle pratiche generali del settore assicurativo, consente di formulare e applicare la regola secondo cui l’impresa delegata può compiere tutti gli atti che rientrino nell’ambito dell’ordinaria amministrazione
[41] e non anche quelli di straordinaria amministrazione (quali, ad esempio quelli di disposizione dei diritti delle altre compagnie assicuratrici).
7.compagnia delegataria: posizione giuridica processuale.
La clausola di “delega” o di “guida”, come risulta dai paragrafi precedenti, ha per oggetto l’incarico conferito dai coassicuratori, ad uno solo di essi di compiere gli atti relativi allo svolgimento del rapporto assicurativo ma non conferisce, salvo patto contrario, al delegatario la rappresentanza processuale degli altri coassicuratori; su tale punto si è formata una casistica giurisprudenziale ormai consolidata
[42].
L’assicuratore delegato, salvo patto contrario, non può essere convenuto in giudizio per l’intero pagamento dell’indennità, così come non può agire in giudizio in via di surroga, ex art. 1916 c.c. per ottenere dal danneggiante il pagamento dell’intera indennità, essendo il suo diritto limitato alla quota su di lui gravante
[43]. Inoltre, l’impresa delegata non è, correlativamente, legittimata ad agire in giudizio per conto delle coassicuratrici contro il debitore moroso per la condanna di quest’ultimo al pagamento dei premi di assicurazione scaduti e non corrisposti
[44]; alla stessa stregua, la citazione in giudizio del delegatario per il pagamento dell’intero indennizzo non interrompe la prescrizione al diritto all’indennità nei confronti degli altri
coassicuratori
[45].
In questo contesto, la clausola di delega che conferisce al delegatario l’espresso potere di “trattare direttamente” le controversie con l’assicurato, indipendentemente dalla formulazione letterale prescelta, va interpretata nel senso che si sia attribuita una legittimazione processuale al coassicuratore delegatario. Ne consegue che quest’ultimo è legittimato a resistere all’eventuale pretesa dell’assicurato che lo citi in giudizio anche per il pagamento dell’indennità di pertinenza dell’altro coassicuratore
[46].
Inoltre, l’eventuale attribuzione di poteri di rappresentanza processuale al delegatario non inciderà sul frazionamento del rischio (in quanto come già detto la clausola di delega non elimina la caratteristica saliente della coassicurazione che è quella dell’assunzione dell’obbligo di pagare pro quota l’indennità) distribuito tra i coassicuratori, dato che anche il delegatario potrà essere condannato in proprio solo limitatamente alla quota da lui assunta.
Un’accertata assenza di poteri di rappresentanza processuale in capo al delegatario ha portato coerentemente ad escludere che la citazione in giudizio dell’assicurato per il pagamento dell’intero indennizzo, interrompa la prescrizione del diritto all’indennità nei confronti degli altri coassicuratori
[47].
Da ciò consegue che per le quote di spettanza degli altri coassicuratori non citati l’assicurato dovrà procedere alla notificazione della citazione in giudizio per ciascuno di essi (attesa la pluralità di rapporti processuali già illustrata), pena la prescrizione del diritto di azione.
Elenco autori:
Buttaro Assicurazione contro i danni, voce in Enc. Diritto, Milano, 1958, III;
Candian Forma e assicurazione, Milano, 1988;
Castellano- Le assicurazioni private, Torino,
Scarlatella 1987;
Cosentino Danno e responsabilità, I, 1997;
De Marco Questioni in tema di assicurazioni plurime e coassicurazioni, Assicurazioni, Milano, II, 1955;
De Marco Questioni in tema di "fuhrungsklausel" nella coassicurazione, in Assicurazioni, Milano;
Di Nanni L’assicurazione plurima: brevi note sulla distinzione fra assicurazione cumulativa e coassicurazione; Cass. civ., 13 febbraio 1980, n. 1037, in Mass. Giur. Ital., 1980, col. 250;
Donati – Manuale di diritto
Volpe Putzolu delle assicurazioni,Milano, 1995;
Fanelli Saggi di diritto delle assicurazioni, Milano, 1971;
Fanelli Le assicurazioni, in Trattato dir civ, e comm. diretto da Cicu e Messinco, Milano, 1973;
Fanelli Assicurazione, voce in Enc. Diritto, Milano, 1981, III;
Ferrarini Le assicurazioni marittime, Milano, 1971;
Gasperoni Le assicurazioni, in Trattato dir. Civ. diretto da Grosso e Santoro Passarelli, Milano, 1966;
La Torre Scritti di diritto assicurativo, Milano, 1979;
La Torre Diritto delle Assicurazioni, I, La disciplina giuridica dell’attività assicurativa, Milano, 1987;
Persico La cosiddetta clausola di delega nella coassicurazioni,in Assicurazioni, 1960, II, 94;
Pizzotti La coassicurazione con clausola di delega e l’art. 1720 c.c.,in Resp. civ., 1994, 730; La responsabilità del “falsus procurator” nella coassicurazione con clausola di delega, in Resp. Civ. prev., 1996, 709;
Putzolu Le assicurazioni – produzione e distribuzione, Bologna, 1992,
Ricolfi La coassicurazione, Milano, 1997;
Scalfi Manuale delle assicurazioni private, Milano, 1994;
Scalfi Assicurazione, contratto di, voce in Dig. Comm., Torino, 1987;
Sotgia Diritto delle Assicurazioni – appunti di lezione, Padova, 1986;
Volpe Putzolu Le assicurazioni. Produzione e distribuzione, Bologna, 1991;
Volpe Putzolu L’assicurazione, in Trattato, Rescigno, Obbligazioni e contratti, V, Milano, 1971;
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[1] Sulla coassicurazione in generale Volpe Putzolu,
L’assicurazione, in Trattato Rescigno,
Obbligazioni e contratti, V, Torino, 1985, pp. 1979-80; Fanelli,
Saggi di diritto delle assicurazioni, Milano, 1971, p. 484; De Marco,
Questioni di tema di assicurazioni plurime e coassicurazioni,
Assicurazioni, 1955, II, p. 72.
Per Donati, Trattato del diritto delle assicurazioni private, Milano, II, 1954, p. 274 «Si ha coassicurazione quando contro lo stesso rischio, sullo stesso interesse e per lo stesso tempo sono concluse più assicurazioni presso diversi assicuratori per la determinazione delle quote d’accordo tra i vari assicuratori»; per Fanelli, voce Assicurazione contro i danni, Enc. Diritto, Milano, 1981, III,p. 14, «Poiché il fine specifico della coassicurazione è la ripartizione del rischio nelle sue conseguenze economiche e, quindi, l’esclusione della sovrapposizione delle garanzie assicurative, essa comporta necessariamente, da un lato, un accordo fra i coassicuratori e, dall’altro, il consenso dell’assicurato che accetti la ripartizione medesima ed il conseguente frazionamento dell’indennità fra tutti gli assicuratori in proporzione della quota di rischio assunta da ciascuno di essi»; per Cosentino, in Danno e responsabilità, I, 1997, p. 56 «La coassicurazione realizza l’interesse di più imprese di assicurazione alla ripartizione e omogenizzazione del rischio attraverso un preventivo accordo tra le parti, dal quale scaturisce un rapporto tra assicurato e tutti gli assicuratori avente ad oggetto l’assunzione da parte di ciascuno di essi di un rischio pro quota verso l’assicurato»; per Castellano-Scarlatella, Le assicurazioni private, Torino, 1987, p. 102«Alla coassicurazione si ricorre generalmente nel caso in cui, data l’entità del valore assicurabile, il rischio ben difficilmente potrebbe essere per intero assunto da un solo assicuratore. Nella coassicurazione il rischio viene ripartito tra tutti gli assicuratori secondo quote predeterminate e ciascuno di essi risponde solo della quota personalmente assunta e ciò persino se è unico il contratto sottoscritto da tutti gli assicuratori».
[2] La L. 772/1986, (e successive modifiche) prevede tra i requisiti applicativi quello per cui le imprese assicuratrici che prendono parte al contratto di coassicurazione debbono avere la sede legale in uno degli Stati membri.
[3] In questo caso, al contratto di coassicurazione si ricorre nel caso in cui, data l’entità del valore assicurabile, il rischio ben difficilmente potrebbe per intero essere assunto da un solo assicuratore.
[4] In altre parole il contratto di coassicurazione viene dunque ad essere caratterizzato da una struttura plurisoggettiva a causa della partecipazione al negozio dell’assicurato e di più assicuratori.
[5] A titolo puramente esplicativo Corte App. Firenze 13 ottobre 1986, Dir. e Prat. Assicuraz.,1987, pp. 323 e ss..
[6] In termini adesivi anche la dottrina prevalente; infatti per Donati-Volpe Putzolu,
Manuale di diritto delle assicurazioni, Milano, 1995, p. 143 «Ciascuno dei coassicuratori è tenuto al pagamento dell’indennità assicurata soltanto in proporzione della rispettiva quota. Questa regola si applica sia che la coassicurazione si realizzi con la stipulazione di contratti distinti sia che il contratto sia unico». In termini adesivi Castellano-Scarlatella
Le assicurazioni private, cit., p
. 509 «Nella coassicurazione il rischio viene ripartito fra tutti gli assicuratori secondo quote predeterminate e ciascuno di essi risponde solo della quota personalmente assunta e ciò persino se unico è il contratto sottoscritto da tutti gli assicuratori». Da ultimo La Torre,
Scritti di diritto assicurativo, Milano,1979, p. 316 secondo il quale «il concetto di coassicurazione, che si ha qualora la medesima assicurazione o l’assicurazione di rischi relativi alle stesse cose sia ripartita tra più assicuratori per quote determinate» (art. 1911); e la situazione giuridica di ciascun assicuratore, che «è tenuto al pagamento dell’indennità assicurata soltanto in proporzione della rispettiva quota».
[7] In tal senso si esprime la Corte App. Firenze, 11 luglio 1988, Riviste Arch. Civ.,1989, pp. 511 e ss. Conformemente alla ricostruzione che vede le obbligazioni scaturenti dal contratto di coassicurazione appartenenti alla
species delle obbligazioni parziarie, si esprime alcuna giurisprudenza di legittimità. In tali termini, Cass. civ. 9 febbraio 1987, n. 1372, Mass. 1987.
[8] Conforme la stessa Corte di Cassazione (sentenza del 26 gennaio 1988, n. 661, Mass. 1988) secondo la quale «Il contratto di coassicurazione ricorre, a norma dell’art. 1911 c.c., quando uno stesso rischio viene assunto con le medesime modalità e per lo stesso tempo da più assicuratori che ripartiscono fra loro la quota di rischi (…) con l’effetto di dare vita a separati rapporti assicurativi, ciascuno generato da un distinto contratto, in ordine ai quali ciascun assicuratore è titolare delle sole posizioni soggettive, sostanziali e processuali, relative al proprio rapporto, pur potendo gli assicuratori demandare ad uno solo fra essi la conclusione del contratto che apparirà così formalmente unico (…)».
[9] Cass. civ., 4 ottobre 1989, n. 3986, Mass. 1989.
[10] Una primitiva forma di assicurazione cumulativa era già presente nel codice di commercio del 1882 (abrogato); infatti gli artt. 426 e 427 C. comm. prevedevano due distinte ipotesi, quella di più assicurazioni successive e quella di più assicurazioni contemporanee; nella prima ipotesi le assicurazioni erano valide sino alla concorrenza dell’intero valore della cosa (o dell’interesse) assicurato, mentre erano nulle le successive, nella seconda si aveva invece una proporzionale riduzione di tutte le assicurazioni fino alla concorrenza del valore assicurabile. Nel codice abrogato non era invece sancito l’obbligo dell’assicurato di comunicare a ciascun assicuratore l’esistenza degli altri contratti, laddove tale comunicazione costituisce la sola forma efficace di controllo. Alla lacuna del codice ovviarono le polizze stabilendo, con una clausola la decadenza dell’assicurato dal diritto al pagamento nel caso dell’omessa comunicazione.
[11] Al riguardo Donati,
Trattato del diritto delle assicurazioni private cit, p. 268.
[12] Cass. civ., sez. I, 19 agosto 1995, n. 8947, Mass.,1995. Nella stessa direzione si era espressa la stessa Cassazione – sentenza del 23 dicembre 1993, n. 12763, Dir. ec. Assicuraz. 1994, p. 933 – secondo la quale «l’art. 1910 c.c. che disciplina l’ipotesi in cui per il medesimo rischio siano contratte separatamente più assicurazioni presso diversi assicuratori, si applica sia allorché le assicurazioni siano state contratte dallo stesso soggetto assicurato, sia allorché le assicurazioni siano state contratte da soggetti diversi, e solo successivamente si accerti che beneficiaria di esse è la stessa persona».
[13] In tal senso Cass. civ., 5 giugno 1985, n. 3357 Giust. Civ., 1986, I, p. 1450.
[14] È sempre fatta salva la possibilità dell’assicuratore che subisce il regresso di opporsi. Ad esempio la Cass. civ., sez. I, 23 dicembre 1993, n. 12763, cit. ha stabilito che l’assicuratore convenuto in via di regresso ai sensi dell’art. 1910, quarto comma, c.c., può opporre la inoperatività della propria garanzia assicurativa nei confronti dell’assicurato per mancato pagamento, da parte di costui, del premio. Inoltre il quarto comma dell’art. 1910 c.c. si conclude affermando che «se un assicuratore è insolvente, la sua quota viene ripartita fra gli assicuratori».
In termini additivi Cass. civ., 14 ottobre 1988, n. 5596, Mass., 1988, secondo la quale in tema di assicurazione presso diversi assicuratori, se uno di questi sia posto in liquidazione coatta amministrativa, l’assicurato, che intenda ottenere il pagamento della relativa quota di indennità dagli altri assicuratori a norma dell’art. 1910, terzo comma c.c., ha l’onere di far valere il proprio credito nella procedura di liquidazione, mancando in difetto, la dimostrazione della parziale e totale impossibilità di ottenerne il pagamento dall’assicuratore posto in liquidazione coatta.
[15] Più compiutamente Fanelli, voce
Assicurazione contro i danni, cit
., p. 14, secondo il quale «Se mancasse l’accordo fra gli assicuratori e la ripartizione del rischio fosse decisa dal solo assicurato come effetto oggettivo di una pluralità di distinti, autonomi e non collegati contratti di assicurazione, il fenomeno ricadrebbe, nell’ambito dell’art. 1910. Se viceversa, mancasse il consenso dell’assicurato e la ripartizione del rischio fosse il risultato di un accordo fra l’assicuratore che lo ha interamente assunto nei confronti dell’assicurato e gli altri assicuratori, si verificherebbe l’ipotesi disciplinata dall’art.1929 c.c. e non si avrebbe coassicurazione ma riassicurazione». Per Donati-Volpe Putzolu,
Manuale di diritto delle assicurazioni, cit., p. 143 «La coassicurazione come la riassicurazione risponde alla esigenza della ripartizione del rischio assunto fra una pluralità di imprese. La coassicurazione si basa però a differenza dell’assicurazione plurima su di un accordo tra gli assicuratori alla ripartizione, pro quota, del rischio assunto». Secondo Buttaro, voce
Assicurazione contro i danni, in
Enc. Diritto, Milano, 1958, III, p. 324 «Quanto agli effetti, mediante la coassicurazione – che può essere costituita con più contratti o con un contratto unico – ciascun assicuratore risponde in proporzione alla propria quota: è esclusa, cioè,
la solidarietà, prevista per l’assicurazione cumulativa» in tal senso anche Cass. civ. 28 giugno 1976, n. 2459,
Assicuraz. 1977, n, 2, p. 119, e in
Giust. Civ., 1976, 1, p. 1797; Trib. Napoli, 21 maggio 1975, Comp. Meridionale di Assicurazioni c. Iozzi, in
Dir. e Giur., 1978, pag. 199, con nota di Di Nanni,
L’assicurazione plurima: brevi note sulla distinzione fra assicurazione cumulativa e coassicurazione; Cass. civ., 13 febbraio 1980, n. 1037, in
Mass. Giur. Ital., 1980, col. 250.
[16] Generalmente la prassi ci insegna che i rapporti intercorrenti tra riassicuratore e riassicurato vengono affidati ad un conto di gestione (il quale può estrinsecarsi o in un mero rapporto contabile o, in termini di maggiore frequenza in un vero e proprio conto corrente) nel quale vengono annotate le voci attive (somme dovute a titolo di premio) e quelle passive (somme dovute a titolo di indennità).
In ogni caso, a mente dell’art. 1931 c.c., è disposta una compensazione ope legis in caso di liquidazione coatta amministrativa del riassicuratore o del riassicurato, applicandosi anche in questa ipotesi il principio già conosciuto in ambito fallimentare (art. 56 l. fall.).
[17] Cass. civ., 26 gennaio 1988, n. 661, Mass. 1988.
[18] A tal proposito, in tal senso Cass. civ. 9 maggio 1996, n. 4398, Giust. Civ. 1996, II p. 2935 e Cass. Civ. 26 gennaio 1988, n. 661, Mass. 1988 e Cass. Civ. 23 agosto 1985, n. 4500, Mass. 1985.
[19] In tal senso Cass. civ. 23 agosto 1985 , n. 4500, Mass. 1985.
[20] Così Donati,
Trattato del diritto delle assicurazioni, cit., p. 277.
[21] In termini generali sulla clausola di delega Buttaro, voce
Assicurazione contro i danni, in
Enc. Diritto, Milano, 1958 III, p. 324, secondo il quale «(…) allo scopo di semplificare i complessi rapporti che derivano dal contratto di coassicurazione, la pratica ha creato un sistema mediante il quale le varie società coassicuratrici affidano – con la cosiddetta clausola di delega o di guida (in tedesco Fuehrungsklausel) – ad una di esse, chiamata delegataria o indicataria, il potere di rappresentare le altre per effettuare la riscossione dei premi, per ricevere le dichiarazioni relative al contratto e anche per provvedere al pagamento dell’indennità»; ed inoltre Fanelli, voce
Assicurazione contro i danni, cit
., p. 14 afferma che «nella pratica prevale di gran lunga la coassicurazione attuata con un unico contratto, dal quale risulti sia la ripartizione percentuale delle quote di rischio, espresso dal valore assicurato, fra una pluralità di assicuratori determinati, sia la designazione della c.d. compagnia delegataria, alla quale, viene affidata, per così dire, la gestione del contratto nei confronti dell’assicurato e nell’interesse di tutti i coassicuratori. E questo, evidentemente, il modo più semplice per attuare nell’interesse sia dell’assicurato sia dei coassicuratori, il fine ripartitorio che qualifica e giustifica la coassicurazione, conciliando una tale finalità con la concentrazione dello svolgimento del rapporto (pagamento del premio, comunicazioni relative al rischio ed al sinistro, accertamento delle conseguenze dannose, ecc.) nei confronti di un solo assicuratore, come si trattasse, a questi effetti, di un unico assicuratore».
[22] Sul punto De Marco,
Questioni in tema di "fuhrungsklausel" nella coassicurazione, in
Assicurazioni, Milano, 1957, II, 2, pp. 20 e ss..
[23] In questi termini Putzolu,
Le assicurazioni –
produzione e distribuzione, Bologna, 1992, p. 99; Candian,
Forma e assicurazione, Milano, 1988, pp. 99 ss.; Scalfi, voce
Assicurazione (contratto di),
Dig. comm., Torino 1987,1, p. 354.
[24] Da segnalare anche la posizione di La Torre,
Scritti di diritto assicurativo, cit.
pp. 319 ss., il quale inquadra la clausola di delega nello schema della gestione rappresentativa, precisando che, l’obbligo della gestione può discendere da un mandato che sarà, allora, con rappresentanza, collettivo e in
rem propriam.
[25] Nel senso della necessità d’integrare il contradditorio nei confronti di tutti gli assicuratori Cass. Civ. 4 ottobre 1989, n. 3986, Mass. 1989.
[26] Vedi Fanelli, voce
Assicurazione contro i danni, cit
., p. 14.
[27] Su tal punto la giurisprudenza è costante fin dagli anni cinquanta Cass. 19 ottobre 1955, n. 3307, Mass. 1985; Cass. 28 giugno 1976, n. 2459 in Giust. Civ.,1976, I, p. 1797; Cass. 1° febbraio 1994, n. 1008, Giust. Civ., 1994, I, p. 2550.
[28] Cass. 23 novembre 1994, n. 9891; Mass. 1994. Cass. 1° febbraio 1994, n. 1008; Giust. Civ., 1994, I, p. 2550.
[29] In tal senso La Torre,
Scritto di diritto assicurativo, cit., p. 320 secondo il quale«Vi è una sostanziale e cospicua convergenza di opinioni sul punto che la coassicurazione (la cui struttura è quella di un rapporto giuridico unitario anche se risultante da più polizze; il cui scopo consiste nel frazionare fra diversi assicuratori il rischio assunto con riferimento allo stesso interesse e alla medesima durata; il cui tratto distintivo rispetto a figure affini – come l’assicurazione plurima o cumulativa e la riassicurazione – è data, appunto dall’accordo che intercorre fra l’assicurato e i vari assicuratori per la ripartizione fra costoro delle rispettive quote di rischio) non dà luogo a solidarietà fra condebitori (art. 1292 e 1294 c.c.), ma a tante obbligazioni parziarie e indipendenti quanti sono gli assicuratori: onde ciascuno di essi, a norma dell’art. 1911 c.c.», è tenuto al pagamento dell’indennità assicurata soltanto in proporzione della rispettiva quota, anche se unico è il contratto sottoscritto da tutti gli assicuratori.
Certo, non avendo l’art. 1911 c.c. natura di disposizione inderogabile ed essendo dettato a tutela dell’interesse degli assicuratori, nulla a priori esclude che costoro, rinunciando al favor legis, stabiliscano di obbligarsi in solido anziché in proporzione della rispettiva quota: ipotesi assai improbabile in pratica, ma la cui possibilità teorica sussiste e sembra anzi avvalorata da un riscontro normativo (cfr. art. 15 D.P.R. 973/70, regol. di esecuzione della legge sull’assicurazione obbligatoria r.c.a. n. 990 del 1969, il quale appunto prevede l’ipotesi, e dunque la possibilità, che i coassicuratori si siano obbligati in solido, anziché in proporzione della rispettiva quota). Si tratta però di una eventualità che se non porta addiritturaalla degradazione del particolare tipo contrattuale in quello invece disciplinato nell’art. 1910 c.c., dà luogo comunque ad una fattispecie anomala o, quanto meno, atipica di coassicurazione, che di per sé, come regola, esclude la solidarietà.
Sul punto v. specialmente Fanelli, Le assicurazioni, in Trattato dir. civ. e comm. diretto da Cicu e Messinco, Milano, 1973, p. 212 e nota 205, p. 213 e note 206 e 207, p. 215 e nota 212; ma vgs. anche Castellano, assicurazioni private, in Giur. sistematica civ. e comm. diretta da Bigiavi, Torino, 1970, pp. 267-268; Gasperoni, Le assicurazioni, in Trattato dir. civ. diretto da Grosso e Santoro Passarelli, Milano 1966, p. 104; Ferrarini, Le assicurazioni marittime, Milano, 1971, pp. 29-30.
[30] Sentenza 26 settembre 1961, in
Assicurazioni, 1962, II, pp. 280 e ss..
[31] Tale sentenza venne annotata da La Torre, in
Assicurazioni, Milano,1962, II, pp. 281 e ss..
[32] In tal senso Donati,
Trattato del diritto delle assicurazioni private, cit., II, p. 276.
[33] A conforto di questa tesi si rimanda
sic et simpliciter all’elencazione della dottrina a favore dedotta nella nota (6) di La Torre
, Scritto di diritto assicurativo, cit., p. 318.
[34] Per uno scenario processuale diverso nel quale, pur in presenza di una clausola di delega, tutti i coassicuratori sono tenuti a costituirsi in giudizio Cass. Civ. 4 ottobre 1989, n. 3986.
[35] Tali concetti sono distintamente espressi dalla Cass. civ., 11 giugno 1990, n. 5673, Mass.,1990.
[36] In tal senso Cass. Civ. 27 luglio 1993, n. 8400 in Resp. Civ. e Prev., 1994, pp. 332 e ss..
[37] Ad esempio, il caso della citazione in giudizio della delegataria da parte dell’assicurato per il pagamento della quota dell’indennità di pertinenza dell’altro coassicuratore; il primo, se munito di appositi poteri attraverso la clausola di delega, è legittimato a resistere in giudizio per il pagamento dell’indennità corrispondente alla quota di un delegante in rappresentanza dello stesso e, quindi, ha diritto di rivalersi nei confronti di quest’ultimo della corrispondente quota delle spese processuali, ai sensi dell’art. 1720, primo comma c.c., trattandosi di spese occorrenti per l’esecuzione di quel mandato.
[38] Su tale punto La Torre,
Scritti di diritto assicurativo, cit., p. 320.
[39] Così Cass. civ., sez. I, 5 agosto 1993, n. 8551, Dir. Ec. Assicuraz.,1993, p. 518. Nella stessa pronuncia la Suprema Corte affermava che l’atto scritto, con cui l’assicurato dà notizia del verificarsi dell’evento coperto dalla garanzia e reclama il pagamento dell’indennità, è riconducibile fra le comunicazioni inerenti al contratto, in quanto esprime la volontà di esercitare i diritti in esso previsti, sul presupposto del determinarsi delle relative condizioni; pertanto, in ipotesi di coassicurazione, l’espressa attribuzione ad uno dei coassicuratori, in aggiunta ai compiti di gestione della polizza conferiti con “clausola di delega”, anche della rappresentanza dell’altro coassicuratore in ordine a tutte le “comunicazioni contrattuali”, è idonea a comprendere, in assenza di deroghe o limitazioni, l’abilitazione alla ricezione del suddetto atto, con la conseguenza che l’atto medesimo interrompe la prescrizione pure con riferimento alla quota dell’indennizzo a carico di quell’altro coassicuratore.
[40] Vedi La Torre,
Scritti di diritto assicurativo, cit., p. 327-328, riassume con completezza l’orientamento giurisprudenziale e il dibattito dottrinale sul punto: «Individuata nei sensi su esposti la natura giuridica della delega ed escluso che la compagnia delegataria risponda in proprio e per l’intero, resta ancora aperto il problema circa i limiti dei poteri gestori e rappresentativi di quest’ultima. Si tratta in larga misura di una
quaestio facti, legata all’interpretazione della volontà delle parti quale in concreto è dato desumere dalla singola clausola di delega, il cui contenuto, di regola, risulta specificamente indicato. Le difficoltà sorgono allorché essa è formulata in termini poco chiari o in modo troppo generico: come quando, ad esempio, si limiti a designare la compagnia per <la gestione della polizza> o per <compiere gli affari relativi alla polizza> o per <svolgere tutte le pratiche e trattative con l’assicurato> e simili ovvero parli genericamente di <gestione o amministrazione della polizza e del sinistro>. Soccorrono allora i normali criteri di ermeneutica (artt. 1362 e ss. c.c.) integrati dai <princìpi dell’interpretazione dei negozi di attuazione e cooperazione assicurativa>, il contenuto della delega potendo risultare <oltre che dallo scritto, dall’esame specifico dei comportamenti di fatto e degli atti intervenuti a proposito della formulazione della clausola>». Sotgia,
Diritto delle Assicurazioni – appunti di lezione, Padova,1946, p.132; v. anche Cass. 6 novembre 1976, n. 4040, Mass. 1976.
In una sentenza della Corte d’Appello di Genova (App. Genova 30 dicembre 1961, in Assicurazioni, 1962, Il, 2, p. 156, con nota di Favara, Ancora intorno ai poteri, del delegatario nella coassicurazione, e in Dir. e prat. assic., 1962, p. 117, con nota di Geri, Osservazioni in tema di coassicurazione) il generico incarico di compiere quanto occorre per la gestione della polizza è stato interpretato estensivamente, intendendosi con ciò conferiti alla delegataria i più ampi poteri gestori e rappresentativi, compresa la facoltà di liquidare l’indennità all’assicurato anche in via transattiva e con efficacia direttamente vincolante per le imprese coassicuratrici. Ma questo precedente non è in sintonia con altre decisioni, nelle quali invece si è affermato – con specifico riferimento all’assicurazione marittima – che, salvo espressa attribuzione di più ampi poteri, il mandato conferito alla compagnia delegataria non può estendersi al compimento di atti di straordinaria amministrazione e di disposizione di diritti delle compagnie coassicuratrici, come la rinuncia alla prescrizione in favore dell’assicurato o il riconoscimento del diritto di costui all’intera indennità (così App. Genova 12 gennaio 1965, in Temi gen., 1965, p. 50: Cass. 8 febbraio 1969 n. 426, in Assicurazioni, 1969, Il, 2, p. 137 e in Riv. dir. nav., 1970, I, p. 241 con nota di Lordi).
[41] In tal senso App. Genova 28 ottobre 1992, in Giur. comm., 1995, II, 384, con nota di Siri.
[42] Quindi, per ciò che riguarda i poteri dell’impresa delegata è pacifico che, in assenza di una previsione espressa, questi non si estendano alla rappresentanza processuale: v. Cass. 1° febbraio 1994, n. 1008; cit., Cass. 22 maggio 1992, n. 6147; Giur. It., 1993, I, p. 821; App. Milano 20 luglio 1982, in Assicurazioni, 1983, II, 2, 29, con nota di Ferrarini, In tema di assicurazione merci con clausola di delega; Trib. Genova 6 giugno 1990, in Foro it. Rep., 1991, voce Assicurazione, (contratto di), n.114.
[43] Cass. 11 giugno 1990, n. 5673, Mass. 1990.
[44] In questi termini si è espresso il Gasperoni, Assicurazioni private, Padova, 1972, p. 265.
[45] In tal senso Cass. civ., sez. I, 22 maggio 1992, n. 6147 in Resp. Civ. e Prev., 1995, 333, con nota di Pizzotti.
[46] Secondo la Suprema Corte (sentenza del 27 luglio 1993, n. 8400 in Dir. Economia Assicuraz., 1993, p. 515), il delegatario ha diritto di rivalersi nei confronti dell’altro coassicuratore della corrispondente quota delle spese processuali ai sensi dell’art. 1720 c.c. primo comma trattandosi di spese occorrenti per l’esecuzione di quel mandato.
[47] Cass. 22 maggio 1992, n. 6147, cit.; ed anche Cass. 13 febbraio 1980, n. 1038, in Foro it., 1981, 226.
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