Con riferimento al conflitto di competenza in materia di impugnazione del respingimento della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato la I sez. Cass. si è pronunciata con ordinanza 28/04/2006, n. 10028, stabilendo la competenza a conoscere delle controversie nascenti dal diniego in capo ai tribunali dei circondari nei quali sono istituite le Commissioni Territoriali di cui al d.l. 416/1989 come modificato nel 2002.
In particolare la I sez. Cass. chiamata a decidere sul ricorso per regolamento di competenza fra il Tribunale di Crotone, giudice adito dal ricorrente straniero irregolarmente presente sul territorio nazionale al quale era stato negato il riconoscimento dello status di rifugiato, e il Tribunale distrettuale di Catanzaro, individuato come competente dal primo sull’assunto per il quale non avendo la Commissione alcuna legittimazione personale ed essendo essa mera articolazione del legittimato UTG di Crotone non esisteva una espressa deroga al Foro Erariale.
La Cassazione ha accolto il ricorso ed ha affermato la competenza del Tribunale di Crotone partendo dal confronto fra il quadro normativo previgente e quello, applicabile al caso di specie, risultante dalla acquisizione di efficacia delle norme di cui all’art. 32 l. 189/2002 che modificava il d.l. 416/1989 convertito in l. 39/1990, dopo il termine di 120 giorni dalla sua pubblicazione sulla gazzetta ufficiale.
In precedenza la Suprema Corte era già intervenuta sulla materia con le sentenze 11441/2004 e 11211/2005 nelle quali aveva affermato la competenza del Tribunale di Roma in quanto, stante la natura tecnica della Commissione Centrale, organo che, istituito ai sensi della previgente disciplina presso il Ministero dell’Interno e nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, non possedendo personalità giuridica, non si presupponeva alcuna deroga alla regola del foro del convenuto ex art. 19 cpc, né alla regola speciale del foro erariale ex art. 25 cpc.
A conclusione diversa, ad avviso della Corte, si deve ora pervenire con riferimento alla Commissioni territoriali. Esse, infatti, nominate con Decreto Ministeriale del Ministero dell’Interno sono istituite presso le Prefetture di Gorizia, Milano, Roma, Foggia, Siracusa, Crotone, Trapani, e sono competenti per le domande di riconoscimento presentate nelle Regioni così ripartite.
Ciò fa ritenere alla Suprema Corte che “a differenza che nel precedente regime accentrato, il legislatore ha inteso radicare la competenza in capo al Tribunale in c.m. territorialmente competente e quindi, evidentemente, ipotizzando più Tribunali competenti sul territorio nazionale. E la stessa scelta dell’espressione, prima facie tautologica, appare eloquente, sol che la si valuti attentamente, di una chiara voluntas legis”.
Le Commissioni Territoriali, come la Commissione Centrale, sono,per loro composizione, essenzialmente organi tecnici ad articolazione locale del Ministero dell’Interno in quanto di esse fanno parte un funzionario della Prefettura, uno della Polizia di Stato, un rappresentante dell’Ente locale e un membro designato dall’ACNUR. Il contraddittorio deve dunque instaurarsi non con la Commissione territoriale, bensì con l’Amministrazione dell’Interno.
Se dunque il legislatore ha voluto decentrare il potere della Commissione Centrale alle Commissioni Territoriali, non avrebbe senso lasciare la competenza unica ed esclusiva al Tribunale di Roma ma, per ragioni di concentrazione, immediatezza ed effettività del diritto alla difesa, diramarla a più Tribunali oggettivamente predeterminati, e segnatamente a quelli nel cui circondario la Commissione Territoriale competente ha affrontato la domanda dello straniero impugnata.
Tale scelta importa una evidente deroga alle regole del Foro Erariale, ma si tratta di una deroga che il legislatore ha più volte operato in materia di immigrazione.
Il Governo, ad esempio, come ricorda la Cassazione nell’ordinanza in esame, intervenendo a sanare la rimozione per incostituzionalità dell’art. 13 co. 5 bis del d.l. 51/2002, con riferimento al procedimento di convalida dell’accompagnamento coattivo alla frontiera dell’espulso, stabilì che la convalida spettasse al Giudice di Pace territorialmente competente a conoscere del rapporto civilistico fra Questore e straniero attinto alla misura coercitiva. In questo caso non si può neppure proporre l’ipotesi per la quale, in difetto di espressa deroga all’art. 6 del R.D. 1611/1933, la competenza possa spettare al Giudice di Pace del capoluogo del distretto.
Di Angela Allegria
Ricercatrice CS delle Migrazioni
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