La sentenza del TAR Lombardia n. 5230/2008 del 31.10.2008 ci dà lo spunto per chiarire la competenza ad adottare provvedimenti in materia di “polizia amministrativa” e in materia di “ordine e sicurezza pubblica”, anche alla luce della L. Cost. n. 3/2001 e delle ultime novità legislative ( D.L. 23.05.2008 n. 92 conv. in L. 24.07.2008 n. 125 facente parte del cd. pacchetto sicurezza ).
Il caso sottoposto al vaglio dei giudici milanesi riguardava la richiesta di annullamento di un provvedimento adottato dal Direttore del Settore Commercio del Comune di Milano, avente ad oggetto la riduzione dell’orario di apertura serale di un esercizio pubblico rispetto all’orario prescelto dal titolare.
Il provvedimento era stato adottato sulla base di una nota della locale Questura, che aveva segnalato che il locale in questione era abituale ritrovo di persone dedite all’abuso di bevande alcoliche e responsabili di gesti di intemperanza.
La questione principale affrontata dai Giudici milanesi riguardava la verifica della legittimità o meno del potere esercitato attraverso l’atto impugnato.
La norma di riferimento – art. 50, comma 7, del D.L.vo 267/2000 – prevede che il Sindaco coordini e organizzi, con atti a carattere generale, gli orari dei pubblici esercizi, al fine di armonizzare l’espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti.
Dal canto suo, l’art. 54 del D.L.vo citato, nell’elencare le attribuzioni del Sindaco nei servizi di competenza statale, prevede che il Sindaco quale ufficiale di governo, adotta, con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, provvedimenti contingibili ed urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini.
Quindi, al comma successivo, aggiunge che, in casi di emergenza, connessi con il traffico e/o con l’inquinamento atmosferico o acustico, ovvero quando a causa di circostanze straordinarie si verifichino particolari necessità dell’utenza, il sindaco può modificare gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici.
Il TAR lombardo ha affermato che il provvedimento impugnato non è sussumibile in nessuna delle fattispecie sopra descritte, sia in quanto si tratta di provvedimento adottato dal Direttore comunale anziché dal Sindaco, sia in quanto il provvedimento non evidenzia le ragioni eccezionali di necessità ed urgenza, o comunque di emergenza, tali da giustificare la misura adottata in concreto.
Né – secondo il Tribunale – è possibile sostenere che il dirigente comunale sia legittimato, in ragione dei motivi addotti di ordine e sicurezza pubblica, all’adozione del provvedimento impugnato, in conseguenza del trasferimento, attuato con il D.P.R. 616/1977, tra l’altro, dei compiti di polizia amministrativa..
Ciò in quanto dalla ricostruzione del significato che l’espressione “polizia amministrativa” ha assunto, in dottrina ed in giurisprudenza, dal decreto citato ( 616/1977 ) sino alla riforma costituzionale del 2001 per arrivare, quindi, alle recenti modifiche ( D.L. 23.05.2008 n. 92 conv. in L. 24.07.2008 n. 125 ), è sempre stata affermata la prerogativa statuale sulle materie dell’ordine e della sicurezza pubblica e, ciò, sia sul piano della disciplina che sul piano organizzativo.
Sul piano della disciplina normativa è significativo notare come, nelle previsioni contenute negli artt. 4, 9, 17 e ss. del D.P.R. 616/1977, emerga un quadro composito, in cui appare evidente la scelta del legislatore di tenere distinta la sicurezza ( quale settore in stretta correlazione con quello dell’ordine pubblico ) dalla polizia amministrativa.
Ciò sulla base di un criterio contenutistico che fa leva sulla specialità dei vari rami della polizia amministrativa, cosicchè mentre la polizia di sicurezza mira a tutelare in generale la collettività contro i pericoli e le turbative generiche che minacciano la sicurezza e l’ordine pubblico, invece la polizia amministrativa è intesa a tutelare la collettività contro i pericoli e le turbative specifiche che minaccino la collettività stessa in particolari settori della vita sociale e, quindi, esistono tante branche della polizia amministrativa, quanti sono i servizi e i beni che, nell’interesse della collettività, richiedono un’apposita tutela.
Ne deriva, che nella sistematica del D.P.R. 616/1977, la linea di demarcazione risulta tracciata facendo leva sulla titolarità delle materie, nelle quali le varie attività risultano svolte, ma sempre che non risultino lesi o messi in pericolo i beni o gli interessi tutelati in nome dell’ordine pubblico, ricadenti nella trasversale ed incondizionata competenza dello Stato in tema di polizia di sicurezza.
La stessa Corte Costituzionale, a partire dalla sentenza n. 77/1987, si è espressa per la sufficienza del criterio offerto dall’art. 4 del D.P.R. n. 616/1977, ai fini della predetta delimitazione, in quanto criterio volto alla verifica che la funzione di polizia presa in esame attenga a materie di competenza regionale e non inerisca alla pubblica sicurezza, in ragione dell’interesse ( ordine pubblico ) che si vuole tutelare.
Autorevole dottrina ha sottolineato l’inutilità stessa del concetto di polizia amministrativa, posto che essa raggruppa una serie di funzioni amministrative ( autorizzative, di controllo sull’attività privata, sanzionatorie ), che non hanno motivo per essere qualificate di polizia ( sia pure amministrativa ) se non per ragione storica, cioè per essere state attribuite in passato ( e in parte tuttora ) all’autorità di pubblica sicurezza, nell’ambito di una concezione pervasiva del controllo pubblico sulle attività private che oggi contrasta col quadro costituzionale.
Però, proprio la riscrittura del Titolo V della Costituzione, intervenuta nel 2001 con la citata legge n. 3, ha in parte modificato i termini della questione, ribadendo l’attualità della materia “polizia amministrativa”, posto che l’art. 117, comma 2°, lett. f, fra le competenze statali esclusive, ricomprende la materia dell’ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa e locale.
E’ fuori dubbio, comunque, che si tratta di settori distinti in cui appare irrinunciabile garantire che il bene sicurezza – senza il quale non è possibile godere dell’esercizio dei diritti – venga prodotto in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale.
Altrettanto irrinunciabile appare, allora, il rispetto delle diverse competenze stabilite dalla legge in ordine alle funzioni ed ai compiti di tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica.
Da quanto detto, appare chiaro che ciò che spetta ai Comuni – nella materia de qua – è la sola attività di controllo e, più in generale, di polizia amministrativa connessa, come tale, al rispetto delle specifiche prescrizioni stabilite nell’autorizzazione assentita all’esercizio pubblico.
Restano fuori da tale ambito le misure che si giustificano per ragioni di pubblica sicurezza, atteso che, l’adozione di tali atti, rimane attratta nella sfera di competenza dei vari organi di cui si compone il Dipartimento per la sicurezza pubblica, a cui è preposto il Capo della Polizia.
Quanto agli organi periferici di pubblica sicurezza, assumono particolare rilievo, com’è noto, il Prefetto, quale autorità provinciale di pubblica sicurezza, il Questore e d il Sindaco.
Ma, quanto al Sindaco, è necessario evidenziare come egli assuma la qualità di autorità di p.s. (quale ufficiale di governo) soltanto nei comuni nei quali non siano stati istituiti commissariati di polizia.
Non v’è dubbio, poi, che la tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza, rimessa come tale allo Stato, interagisca con quelle affidate alle amministrazioni locali, cosicchè si impone l’attivazione di adeguati modelli collaborativi, in attuazione dei principi costituzionali di sussidiarietà e leale collaborazione.
La giurisprudenza che più si è occupata della tematica in questione è quella formatasi attorno alla questione concernente l’individuazione dell’Autorità competente ad adottare i provvedimenti di sospensione e revoca delle licenze degli esercizi pubblici di somministrazione, ai sensi dell’art. 100 del R.D. n. 773/1931 ( T.U.L.P.S. ).
Nella formulazione originaria dell’art. 86 del R.D. n. 773/1931, il rilascio delle licenze per l’apertura degli esercizi pubblici di somministrazione competeva al Questore che, in forza della previsione contenuta nel citato art. 100, disponeva sia del potere di sospendere la licenza, in caso di tumulti o gravi disordini, ovvero, laddove l’esercizio sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisca un pericolo per l’ordine pubblico, per la moralità pubblica o il buon costume o per la sicurezza dei cittadini, sia del potere di revocare la licenza stessa in caso di ripetizione dei fatti che avevano determinato la sospensione.
Con il D.P.R. 616/1977, tuttavia, la competenza al rilascio del titolo autorizzatorio è stata trasferita al Sindaco, senza null’altro aggiungere in merito alla sopravvivenza o meno, in capo al Questore, dei poteri di cui all’art. 100 T.U.L.P.S..
La mancanza di un esplicito coordinamento normativo ha favorito la formazione di diversi orientamenti giurisprudenziali.
Richiamando le posizioni prevalenti, secondo un primo orientamento, con il trasferimento ai Comuni delle competenze in materia di polizia amministrativa locale, doveva ritenersi decaduto il potere del Questore di adottare i provvedimenti di cui all’art. 100 T.U.L.P.S., trattandosi di potere che andava ormai attribuito al Sindaco.
Lo schieramento opposto, invece, difendeva la permanenza dell’esclusività della competenza del Questore, in relazione ai compiti di tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza.
In particolare, secondo il Consiglio di Stato, i poteri previsti dall’art. 100 T.U.L.P.S. non rientrano affatto tra i compiti di polizia amministrativa trasferiti alle Regioni ed ai Comuni ai sensi del D.P.R. 616/1977, venendo in considerazione competenze e funzioni relativi ad ambiti che erano rimasti riservati allo Stato in quanto attinenti alla salvaguardia dell’ordine e della sicurezza pubblici ( Cons. Stato, Sez. IV, 25.11.2003 n. 7777 )
Secondo l’Alto Consesso Amministrativo il potere di sospensione attribuito ai Comuni ai sensi dell’art. 19, comma 4, del D.P.R. 616/1977 deve ritenersi esercitabile nei soli casi in cui la sospensione della licenza trovi giustificazione in ragioni diverse da quella attinenti la tutela dell’ordine pubblico ( ancora Cons. Stato, Sez. IV, 25.11.2003 n. 7777; Cons. Stato, 06.04.2007 n. 1563; Cons. Stato, 07.02.2007 n. 505 ).
Anche la giurisprudenza di primo grado è orientata a favore di quest’ultima impostazione e, quindi, nel senso di ritenere che l’art. 100 T.U.L.P.S. debba essere interpretato come volto a ribadire la perdurante competenza del Questore ad adottare i provvedimenti di sospensione della licenza cd. di polizia, anche nella vigenza del D.L.vo n. 112/1998, che ha trasferito agli enti locali i compiti di polizia amministrativa.
Ciò sempreché sussistano ragioni di ordine pubblico e di sicurezza pubblica.
Da ultimo, però, occorre evidenziare come le recenti modifiche intervenute sull’art. 54 del D.L.vo n. 267/2000 (D.L. 23.05.2008 n. 92 conv. in L. 24.07.2008 n. 125 ), hanno inciso, tra l’altro, sul 2° comma della norma, prevedendo espressamente che il Sindaco adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili ed urgenti, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana e che con decreto del Ministero dell’Interno, adottato in data 05.08.2008 si è provveduto, all’art. 1, a definire le nozioni di incolumità pubblica e di sicurezza urbana e, all’art. 2, ad elencare i casi in cui è ammesso il potere di intervento del Sindaco.
Appare evidente come – a seguito delle suddette modifiche – risulti superato il problema del difetto di legittimazione del Sindaco ad adottare provvedimenti in materia di sicurezza pubblica e ordine pubblico anche in assenza dei presupposti del provvedimento contingibile ed urgente.
Con la riforma viene, quindi, attribuito al Sindaco un potere ordinario di intervento con caratteristiche di stabilità e di durata nel tempo.
Resta confermato, tuttavia, il profilo della competenza sindacale all’adozione degli atti in esame, in quanto atti spettanti al Sindaco in qualità di Ufficiale di Governo.
Avv. Sergio Boncoraglio
Avvocato del Comune di Ragusa
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