La promulgazione della legge 27 gennaio 2012, n. 3 e della successiva legge 17 dicembre 2012, n. 221 di conversione del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, sulla composizione della crisi da sovraindebitamento, segna una importante tappa nel percorso di modernizzazione dell’ordinamento del diritto concorsuale che, in precedenza, non prevedeva alcuna regolamentazione della cosiddetta insolvenza civile.
La legge del 27 gennaio 2012, n. 3, così come modificata dal d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, ha lo scopo principale di offrire una nuova opportunità alle famiglie e alle piccole imprese, che si trovano colpite da un indebitamento eccessivo rispetto alle loro capacità patrimoniali o reddituali, consentendo l’esdebitazione, ossia la liberazione dal debito.
Il legislatore ha inteso introdurre misure strutturali dedicate a soggetti non fallibili che, anche in dipendenza delle attuali emergenze economiche, vengono a trovarsi in una situazione di grave squilibrio patrimoniale e finanziario, riconoscendo loro l’opportunità, in presenza di determinate condizioni, di avere rimessi i propri debiti per ripartire da zero e di riacquistare un ruolo attivo nell’economia senza restare schiacciati dal carico dell’indebitamento preesistente.
In particolare la legge 3/2012 prevede tre distinte procedure (il piano del consumatore, l’accordo di ristrutturazione dei debiti e la liquidazione del patrimonio) che permettono ai soggetti che non rientrano nelle categorie di coloro che possono essere sottoposti a procedure esecutive concorsuali, e versino in una condizione caratterizzata da “perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente”, di usufruire di riduzioni della loro esposizione debitoria e/o di dilazionare i pagamenti.
L’art. 6, comma 1, della l. n. 3/2012 prevede che, al fine di porre rimedio alle situazioni di sovra indebitamento, è consentito al debitore di concludere un accordo con i creditori nell’ambito della procedura di composizione della crisi disciplinata dalla medesima legge, mentre il consumatore può proporre anche un piano fondato sulle medesime previsioni ed avente il medesimo contenuto dell’accordo da sovraindebitamento.
Per accedere alle procedure previste dalla l. n. 3/2012 il debitore deve trovarsi in stato di sovraindebitamento che, ai sensi dell’art. 6, comma 2, s’intende:
1) la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte dal debitore ed il suo patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni;
2) ovvero la definitiva incapacità ad adempierle regolarmente.
I soggetti esclusivamente legittimati ad adire le procedure previste per la composizione della crisi da sovraindebitamento sono:
- il debitore che proponga un accordo ai creditori soggetto al vaglio giudiziale, laddove per debitore deve intendersi una categoria residuale di soggetti che non siano assoggettabili alle procedure concorsuali in quanto non dotati dei requisiti dimensionali di cui all’art. 1 della legge fallimentare. Dal 2011 l’imprenditore agricolo, storicamente escluso dalla disciplina delle procedure concorsuali, può ricorrere alla procedura di cui all’art. 182 bis l. fall., oltre agli imprenditori agricoli, alle associazioni professionali ed alle start up innovative. Le start up innovative sono considerate soggetti non fallibili, anche qualora superino i parametri dimensionali di cui all’art. 1 l. fall. e pertanto saranno assoggettabili alla sola procedura di sovraindebitamento di cui al capo II della legge n. 3/2012 (art. 6, comma primo);
- il consumatore (o debitore civile) che proponga un piano ai propri creditori. Per consumatore deve intendersi “il debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni prevalentemente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta” (cfr. art. 6, comma secondo, lett. b)). Una recentissima sentenza della Cassazione (n. 1869/2016) ha definito la nozione di “consumatore” come intesa dalla legge sul sovraindebitamento: egli “non è necessariamente una persona priva, dal lato attivo, di relazioni di impresa o professionali, sia pregresse che attuali, essendo richiesto soltanto che dette relazioni non abbiano dato vita ad obbligazioni residue, atteso che nello stato di insolvenza finale del consumatore non possono comparire obbligazioni assunte per scopi relativi alle predette attività di impresa o professionali”.
Pertanto, è “consumatore” ai sensi della legge citata, soltanto il debitore persona fisica, che risulti aver contratto obbligazioni per far fronte ad esigenze personali o familiari o della più ampia sfera attinente agli impegni derivanti dall’estrinsecazione della propria personalità sociale, dunque anche a favore di terzi, ma senza riflessi diretti in una attività di impresa o professionale propria.
Il consumatore può accedere alternativamente:
– al piano del consumatore (art. 6, secondo periodo: “il consumatore può anche proporre un piano fondato sulle previsioni di cui all’articolo 7, comma 1, ed avente il contenuto di cui all’articolo 8”);
– all’accordo da sovraindebitamento (art. 7, comma 1 bis: “fermo il diritto di proporre ai creditori un accordo ai sensi del comma 1, il consumatore in stato di sovraindebitamento […]”);
– alla liquidazione dei beni con possibile “esdebitazione” (art. 14 ter: “in alternativa alla proposta per la composizione della crisi, il debitore […], può chiedere la liquidazione di tutti i suoi beni”): l’esdebitazione è possibile solo se il debitore è una persona fisica (art. 14 terdecies: “il debitore persona fisica è ammesso al beneficio della liberazione dei debiti residui […]”).
Tutti gli altri soggetti diversi dal consumatore (imprenditori sotto-soglia, liberi professionisti, enti non commerciali, ecc. che hanno debiti contratti nell’esercizio impresa e/o professione o debiti misti) possono accedere alternativamente:
– all’accordo da sovraindebitamento;
– alla liquidazione dei beni con possibile esdebitazione.
Il presupposto oggettivo della procedura consiste nello stato di sovraindebitamento che risulta essere “la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità ad adempierle regolarmente” (art. 6, comma secondo, lett. a)).
Il debitore insolvente o il consumatore sovraindebitato che intendano tentare la sistemazione della propria situazione debitoria possono rivolgersi ad un organismo, appositamente istituito, di composizione della crisi (OCC) o, in alternativa, al Tribunale territorialmente competente perché nomini un professionista o una società tra professionisti in possesso dei requisiti di cui all’art. 28 l. fall. oppure un notaio.
Gli organismi di composizione della crisi, iscritti in un apposito registro tenuto presso il Ministero della giustizia, svolgono rilevanti funzioni di ausilio al debitore, ai creditori e al giudice e assumono tutte le iniziative dirette alla predisposizione del piano di ristrutturazione, del programma di liquidazione e alla relativa esecuzione.
I compiti e le funzioni dell’organismo di composizione della crisi possono essere svolti anche da un professionista o da una società tra professionisti che possieda i requisiti richiesti dall’articolo 28 della l. fall. per essere nominato curatore fallimentare ovvero da un notaio, nominati dal presidente del tribunale o dal giudice da lui delegato.
Gli organismi di composizione della crisi racchiudono in un unico soggetto competenze diverse, che nelle procedure concorsuali “classiche” vengono normalmente distribuite tra figure differenti. Infatti detti organismi:
i) potranno coadiuvare il debitore nella predisposizione del piano e della documentazione necessaria ai fini dell’ammissibilità dello stesso;
ii) attesteranno i dati nello stesso indicati (art. 15, sesto comma);
iii) fungeranno da ausiliari del giudice durante tutta la procedura ed, eventualmente, potranno gestire la fase della liquidazione (ove non sia stato diversamente deciso, ai sensi dell’art. 15, ottavo comma).
Inoltre, ai sensi dell’art. 15, comma quinto (come modificato dal d.l. 179/2012), gli organismi di composizione della crisi potranno assumere “ogni iniziativa funzionale alla predisposizione del piano di ristrutturazione e all’esecuzione dello stesso”.
Nel procedimento di composizione della crisi da sovraindebitamento è necessaria l’assistenza tecnica del debitore poiché:
1) la proposta è una domanda giudiziale con il fine di comporre una crisi finanziaria, e si è in presenza di interessi contrapposti;
2) il ricorso è introduttivo di una procedura;
3) la procedura si svolge davanti ad un tribunale;
4) la procedura presenta fasi potenzialmente contenziose.
Sulla necessità dell’assistenza tecnica si è espresso il Tribunale di Vicenza (decreto 29 aprile 2014). L’assistenza di un legale che assista il debitore può non essere necessaria se nell’OCC che concretamente presenta la domanda vi sia anche un legale che se ne faccia carico, curando tutti gli aspetti tecnici della stessa.
L’eventuale istanza del debitore di nomina da parte del presidente del tribunale di un professionista sostitutivo degli organismi di composizione della crisi ai sensi dell’art. 15, comma 9 l. n. 3 del 2012 deve necessariamente precedere il deposito della proposta di accordo o di piano, posta la funzione ausiliaria di tali organismi o del professionista sostituto e attesa la necessità dello svolgimento dei compiti assegnati dalla legge a detti soggetti, tra cui la verifica della veridicità dei dati di cui alla proposta stessa e l’attestazione di fattibilità di composizione della crisi, ai sensi degli artt. 9, comma 2 e 15, comma 6 l. cit., attestazione che deve corredare la proposta a pena della sua inammissibilità (Tribunale Cremona 17 aprile 2014).
Infine il legislatore precisa che i pagamenti e gli atti dispositivi, posti in essere nella fase dell’esecuzione, in violazione dell’accordo del debitore non fallibile o del piano del consumatore, sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori. Inoltre, qualora l’esecuzione dell’accordo/piano divenga impossibile per cause non imputabili al debitore, questi può modificare la propria proposta con l’ausilio dell’organismo di composizione della crisi e proporre una nuova domanda di ammissione alla relativa procedura di sovraindebitamento.
L’omologazione del piano del consumatore, invece, è più semplice, ma comporta anch’essa la convocazione dei creditori per la loro audizione, ma non per la raccolta di un voto o consenso. La proposta del piano, infatti, non richiede approvazione da parte dei creditori del consumatore. Tale procedura è contrassegnata dall’assenza di un procedimento volto ad acquisire l’adesione o il dissenso dei creditori rispetto al piano proposto, basandosi esclusivamente su di una valutazione giudiziale di fattibilità della proposta e di meritevolezza della condotta d’indebitamento del consumatore, ciò in forza della considerazione che non sia rintracciabile alcun interesse economico dei creditori ad operare il “sabotaggio” del soggetto di consumo (circolare Abi, Serie legale n. 3, 25 gennaio 2013).
La comunicazione della proposta del piano, pur se prevista dalla legge, non è funzionale al voto, ma solamente ad un’eventuale contestazione relativa alla convenienza della proposta rispetto all’ipotesi di liquidazione del patrimonio. Anche in ipotesi di contestazione da parte di uno o più creditori, il giudice potrà comunque approvare il piano quando ritenga quest’ultimo più conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria, ai fini della soddisfazione dei crediti (Tribunale di Catania, sez. VI civ. 18 giugno 2014 e 24 giugno 2014, Tribunale di Lucca 14 agosto 2014). I Tribunali di Catania e Lucca, riprendendo quanto sancito dall’art. 12 bis, comma 4 della legge n. 3/2012, hanno evidenziato che “quando uno dei creditori contesta la convenienza del piano il giudice lo omologa se ritiene che il credito può essere soddisfatto dall’esecuzione del piano in misura non inferiore all’ipotesi liquidatoria”, ed hanno provveduto in tal senso, omologando il piano.
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