Con la sentenza n. 23397 del 2016 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono pronunciate sancendo che la mancata e/o tardiva impugnazione di una cartella esattoriale non determina da sola l’effetto della c.d. conversione del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello lungo decennale. Tale conversione opera solo in presenza di un titolo derivante da sentenza passata in giudicato.
Leggi il testo della sentenza delle Sezioni Unite n. 23397/2016.
Il problema rimesso alle Sezioni Unite
Il problema rimesso alla decisione delle Sezioni Unite era se la decorrenza del termine per opporsi ad una cartella esattoriale produca solo l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito oppure determini anche la conversione, ex art. 2953 c.c., dell’eventuale termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale.
Prima che intervenisse la sopra citata pronuncia delle Sezioni Unite, sul tema erano stati espressi dalla Suprema Corte due orientamenti, non coincidenti.
Secondo l’orientamento maggioritario e più risalente[1], infine confermato dalle Sezioni Unite, si può verificare la conversione della prescrizione da breve a decennale, ex art. 2953 c.c., solo per effetto di una sentenza passata in giudicato[2].
Secondo l’opposto orientamento, invece, in caso di mancata e/o tardiva proposizione di opposizione ad una cartella esattoriale, la pretesa contributiva o tributaria ad essa sottesa diverrebbe intangibile e non più soggetta a prescrizione, potendosi solo prescrivere l’azione diretta all’esecuzione del titolo definitivo formatosi, per la quale si applicherebbe proprio il termine di prescrizione decennale ordinario, conformemente alla actio judicati ex art. 2953 c.c.
La decisione delle Sezioni Unite
Tale ultimo orientamento, spiegano le Sezioni Unite, è stato frutto di un equivoco trascinatosi per inerzia nel tempo, che va sconfessato.
Il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite sancisce pertanto che la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma non determina anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale ex art. 2953 c.c. Sia la cartella di pagamento sia gli altri titoli che legittimano la riscossione coattiva di crediti dell’Erario e/o degli Enti previdenziali e così via sono infatti atti amministrativi, non idonei ad acquistare l’efficacia di giudicato.
Il suesposto principio si applica riguardo a tutti gli atti, comunque denominati, di riscossione, mediante ruolo o coattiva, di crediti sia fiscali che previdenziali[3].
Occorre dunque prestare attenzione a quali siano i termini di prescrizione sostanziale previsti per i vari crediti, in base alla loro natura. Ove la cartella/titolo esecutivo abbia ad oggetto crediti per i quali si applichi la prescrizione breve (ad esempio triennale o quinquennale[4]), anche in mancanza di valida impugnazione del titolo esecutivo si continuerà ad applicare tale termine breve. Solo nel caso in cui invece intervenga una sentenza definitiva che accerti il credito contestato, il termine breve si “converte” in quello ordinario decennale.
[1] Conforme Cass, S.U., n. 25790/2009 e, più recenti, tra le altre, Cass. n. 12704/2016, Cass. n. 21623/2015 e Cass. n. 842/2014.
[2] Oppure di decreto ingiuntivo con efficacia di giudicato, di un decreto o di una sentenza penale di condanna divenuti definitivi.
[3] Più specificamente si estende ai crediti previdenziali ovvero ai crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie o extratributarie, nonché ai crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali nonché alle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via.
[4] E’ ad esempio quinquennale, come confermato proprio dalle Sezioni Unite nella sentenza in commento, la prescrizione dei crediti contributivi, ex art. 3, commi 9 e 10, L. n. 335/1995.
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