La cooperazione nel delitto colposo ex art.113 cp si verifica quando più persone pongono in essere una condotta nella reciproca consapevolezza di contribuire all’azione od omissione altrui, cagionando, infine, l’evento non voluto.
La definizione del presente istituto può essere resa anche in forma negativa, ponendo un confronto tra il medesimo e il concorso ex art.110 cp: possiamo affermare, cioè, che rispetto al concorso doloso deve assolutamente mancare la volontà di concorrere, con la propria condotta, alla realizzazione di un reato doloso. Ciascun cooperante ex art.113, difatti, deve essere unicamente consapevole dell’esistenza di quell’ azione altrui, che leda ,in concomitanza con la propria condotta, un bene giuridico penalmente rilevante. In particolare, la condotta colposa, causativa dell’evento, a cui partecipano consapevolmente più persone, può consistere in fatti omissivi o commissivi.
Si osserva, per completezza, che le condotte poste in essere dagli agenti, ex art. 43 cp, devono violare la prudenza, intesa come criterio di astensione dai pericoli della fattispecie concreta, la diligenza, intesa come adozione di misure concretamente necessarie, e la perizia, intesa come padronanza doverosa delle leges artis.
Con la previsione dell’art 113 il legislatore intese dirimere ogni controversia sulla configurabilità del concorso nei delitti colposi tenendolo distinto, anche sul piano linguistico, dalla figura del concorso doloso.
Può essere utile, ai fini dell’approfondimento, riportare le dispute dottrinali di cui in Breviaria Iuris. “sulla funzione incriminatrice della cooperazione colposa non (v’era) consenso: taluni ritenevano la norma del tutto inutile ( Caraccioli, R. it. D proc pen 71, 958; Spasari, Profili di teoria generale del reato in relazione al concorso di persone nel reato colposo, 79, da ult., cfr. Angioni, A. pen. 83, 93ss). Altri, rilevando che tutte le fattispecie colpose sono causalmente orientate, attribuiscono alla norma solo una funzione di disciplina (M. Gallo, Lineamenti di una teoria sul concorso di persone nel reato, 113s), non corrispondente alla realtà di fatto e di diritto. un diverso orientamento, oggi prevalente, riconosce invece all’art. 113 una funzione incriminatrice rispetto alle fattispecie colpose a forma vincolata, come ad esempio alcuni reati colposi di comune pericolo ( Dassano, R. it. d. proc. Pen. 77, 411 ; Fiandaca-Musco, pt. Gen., 460); un ulteriore (ma non condivisibile) indirizzo estende tale funzione incriminatrice alle fattispecie causalmente orientate, facendo leva sull’elemento psicologico (Latagliata, Cooperazione nel delitto colposo, Enc. D., 615; Id., I principi del concorso di persone nel reato, 166s.)”
La seconda ipotesi da tenere ben distinta dall’istituto in esame è il concorso di cause indipendenti.
In tema di reati colposi l’elemento differenziante tra l’ipotesi di cooperazione e quella di mero concorso di cause indipendenti tra loro è dato dal collegamento delle volontà dei diversi soggetti agenti. Nell’ipotesi di cooperazione colposa ex art.113 si verifica un’unità di reato con pluralità di soggetti, a differenza dell’ipotesi di concorso di cause ex art. 41 cp, nel quale si realizza una pluralità di reati, nonostante l’unità dell’evento.
Per propria natura, infatti, la reciproca consapevolezza da parte dei cooperanti ha per oggetto la convergenza delle rispettive condotte verso un identico scopo: per esempio, due agenti di pubblica sicurezza, eccedendo nell’uso legittimo delle armi, esplodono entrambi dei colpi verso un’auto in fuga, ferendo un occupante della medesima.
Altro esempio, a fortiori, è ricavabile dall’art. 449, I comma cp : Tizio invita Caio a gettare la sigaretta accesa dal finestrino, e quest’ultimo agisce materialmente.
In tema di reati colposi, dunque, l’elemento differenziante tra l’ipotesi di cooperazione e quella di mero concorso di cause indipendenti tra loro è dato dal collegamento delle volontà dei diversi soggetti agenti.
Difatti, nella cooperazione le volontà dei soggetti devono tutte confluire consapevolmente all’interno della condotta da cui derivi l’evento non voluto; nei casi, invece, di concorso di cause indipendenti l’evento consegue ad una mera coincidenza di azioni o omissioni, non collegate da alcun vincolo soggettivo (cfr. , ad es., sez. IV, 178.202/87). tipico caso di cooperazione colposa è quello ipotizzabile nel corso di attività medico-chirurgica d’èquipe: dottrina e giurisprudenza sono solite distinguere i casi a seconda della presenza o meno di un “capo” della medesima. Il “capo-èquipe”, titolare di una posizione di preminenza, ha il dovere “informativo” di rendere noto agli altri “operatori” tutto ciò che è venuto a sapere sulle patologie del paziente e che, se comunicato, potrebbe incidere sulla condotta degli altri medici con riguardo alle misure concrete da adottare nel corso dell’operazione.
Il chirurgo capo-equipe, una volta conclusa l’operazione, ha, altresì, l’obbligo di non allontanarsi dal luogo di cura, onde prevenire eventuali complicanze , attuare quelle cure e quegli interventi enucleati dalla diagnosi e vigilare sull’operato dei collaboratori. In caso di assenza del primario, invece, l’aspetto del potere di vigilanza di un unico soggetto eminente perde rilievo in confronto a quello del principio dell’affidamento tra gli specialisti intervenuti nella medesima operazione.
Secondo i principi generali, dunque, la responsabilità colposa di un componente dell’èquipe non può estendersi agli altri componenti, che abbiano posto in essere una condotta diligente e che, nel caso concreto, non abbiano potuto rimediare all’errore verificatosi in quanto imprevedibile secondo i parametri di diligenza, prudenza e perizia richiesti al resto dell’èquipe.
Interessante è, ora, esaminare la giurisprudenza in materia di cooperazione colposa, iniziando dalla sez. IV della Cass., 181.154/89: in questa fattispecie, dopo che un socio paritario di società semplice si è infortunato per carenza di presìdi imposti dalla normativa a tutela dei lavoratori, l’evento è stato addebitato agli altri soci, quali imputati, e alllo stesso infortunato, vittima, cooperante nella condotta causante l’evento.
Rilevante è, poi, la sez. I 200.095/94, per cui la cooperazione è riferibile anche alle contravvenzioni colpose : nella fattispecie, in tema di reato ex art.674 cp, è stata ritenuta la responsabilità del Sindaco e del legale rappresentante della ditta appaltatrice per le esalazioni maleodoranti provocate da un impianto di depurazione del Comune. Nel caso di cooperazione nel delitto di omicidio colposo, sono del tutto irrilevanti l’identificazione delle singole condotte e la ricerca di chi esplose il colpo mortale. La cooperazione ex art.113 cp, infatti, riguarda soltanto le condotte esteriori e la loro influenza coordinata e consapevole non investe l’evento, giacchè è proprio di questa figura giuridica il risultato non voluto. Inoltre, nella cooperazione colposa la convergenza delle condotte, a differenza che nel concorso, non implica la volontà di contribuire con il proprio operato alla realizzazione del crimine (vedi sez. VI 135.162/77: pronuncia ormai risalente, ma che denota una interpretazione costante nel tempo!). Interessante è pure una disamina della cooperazione in tema di incendio colposo, ai sensi degli artt. 449 e 423 cp (vedi sez IV 176.499/87) : l’aver accatastato circa seimila traverse di legno impermeabilizzate con sostanze oleose in due cumuli, la mancanza di zone di protezione, la vicinanza a case di abitazione, avevano favorito il popagarsi del fuoco, appiccato dolosamente da terzi, e quindi il verificarsi dell’incendio. Infine, si riportano i casi del comandante navale e del consulente fiscale.
Pur spettando al solo comandante della nave la direzione della navigazione in modo esclusivo, può ravvisarsi la cooperazione nell’insorgere del pericolo di naufragio colposo da parte di chi influisca direttamente sulle decisioni del comandante con consigli pressanti e coartazioni psicologiche inducendolo a prendere quelle stesse decisioni in ordine alla navigazione che, se libero da qualsiasi influenza, non avrebbe preso perchè avventate e tali da porre in pericolo la sicurezza del natante (vedi sez. IV 121.372/72). Chi affida ad un consulente fiscale l’incarico di effettuare adempimenti di natura tributaria non è esonerato da responsabilità in caso di inadempimento, sia perchè il contribuente si avvale dell’opera del consulente, sia perchè la legge considera come personale il relativo dovere. Peraltro è configurabile il concorso colposo quando la inosservanza degli adempimenti fiscali possa ricondursi a provata negligenza del professionista; infatti la responsabilità di quest’ultimo a titolo colposo non fa venire meno quella del contribuente (vedi sez. III 215.304/99) .
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