La Corte Costituzionale ha salvato le c.d. “cartelle mute”

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La Corte Costituzionale, con l’allegata sentenza n. 58/2009 depositata oggi 27 febbraio 2009 (******************* – Relatore *******), ha dichiarato manifestamente inammissibile nonché non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 36, comma 4 ter, del D.L. 31 dicembre 2007 n. 248 (proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla Legge 28 febbraio 2008 n. 31 sollevata con riferimento agli artt. 2, 3, 23, 24, 97 e 111 della Costituzione.
La suddetta normativa, come a tutti noto, ha ritenuto nulle tutte le cartelle esattoriali prive del responsabile del procedimento successive al 1° giugno 2008, salvando in tal modo tutte le cartelle notificate in precedenza.
Secondo la Corte Costituzionale, la normativa impugnata è da salvare in quanto lo Statuto del Contribuente all’art. 7 non prevede alcuna nullità in caso di mancata indicazione del responsabile del procedimento né la nullità, in mancanza di una espressa previsione normativa, può dedursi dai principi di cui all’art. 97 della Costituzione o da quelli del diritto tributario e dell’azione amministrativa.
Sempre secondo la succitata sentenza della Corte Costituzionale, la legge impugnata non contiene una norma retroattiva, in quanto essa dispone per il futuro, comminando la nullità per le cartelle di pagamento prive delle indicazioni del responsabile del procedimento; stabilisce, poi, un termine a partire dal quale opera la nullità e chiarisce che essa non si estende al periodo anteriore.
Dunque, sempre secondo la Corte Costituzionale, la nuova disposizione non contiene neppure una sanatoria di atti già emanati, perché la loro nullità doveva essere esclusa già in base al diritto anteriore.
In definitiva, la Corte Costituzionale ritiene corretta la normativa impugnata in quanto non sarebbe stato violato:
          l’art. 3 della Costituzione, perché non è manifestamente irragionevole prevedere, a partire da un certo momento, un effetto più grave, rispetto alla disciplina previgente, per la violazione di una norma;
          l’art. 23 della Costituzione, perché non viene imposta una nuova prestazione e, comunque, come più volte affermato dalla stessa Corte Costituzionale, non esiste un principio di irretroattività della legge tributaria fondato sull’evocato parametro, né hanno rango costituzionale, neppure come norme interposte, le previsioni dello Statuto del Contribuente;
          gli artt. 24 e 111 della Costituzione, in quanto la disposizione impugnata non incide sulla posizione di chi abbia ricevuto una cartella di pagamento anteriormente al termine da essa indicato;
          l’art. 97 della Costituzione, il quale non impone la scelta di un particolare regime di invalidità per gli atti privi dell’indicazione del responsabile del procedimento.
Tutte le suddette considerazioni della Corte Costituzionale, indubbiamente, richiedono un’approfondita riflessione e meditazione, tenuto conto che la sentenza è stata depositata oggi 27 febbraio 2009, per cui si rinvia a successivi scritti per approfondire ed analizzare meglio le motivazioni costituzionali.
In ogni caso, seppur con la brevità del tempo a disposizione, non ritengo accoglibili le tesi della Corte Costituzionale, basate sostanzialmente sul fatto che la norma dello Statuto del Contribuente non prevede tassativamente la nullità della mancata indicazione del responsabile del procedimento.
A tal proposito, mi preme rammentare che la stessa Corte Costituzionale, con l’ordinanza n. 377 del 09 novembre 2007 (relatore lo stesso ********************), aveva stabilito e precisato “che l’obbligo imposto ai concessionari di indicare nelle cartelle di pagamento il responsabile del procedimento, lungi dall’essere un inutile adempimento, ha lo scopo di assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa, la piena informazione del cittadino (anche ai fini di eventuali azioni nei confronti del responsabile) e la garanzia del diritto di difesa, che sono altrettanti aspetti del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione predicati dall’art. 97, primo comma, Costituzione (si veda, ora, l’art. 1, comma 1, della legge n. 241, del 1990, come modificato dalla Legge 11 febbraio 2005, n. 15 recante “Modifiche ed integrazioni alla Legge 7 agosto 1990 n. 241 concernenti norme generali sull’azione amministrativa”); che, del resto, fin da epoca precedente l’entrata in vigore della legge n. 212 del 2000 recante lo Statuto dei diritti del contribuente, la Corte ha ritenuto l’applicabilità ai procedimenti tributari della legge generale sul procedimento amministrativo n. 241 del 1990 (ordinanza n. 117 del 2000, relativa all’obbligo di motivazione della cartella di pagamento)”.
Alla luce delle suddette chiare e significative frasi era logico dedurre che la nullità era insita nella disposizione dello Statuto del Contribuente, tanto è vero che la stessa Corte non lo ha ritenuto “un inutile adempimento”, per cui sembra strano che oggi si rigettino tutte le eccezioni di incostituzionalità, ben prospettate dai giudici di merito rimettenti, sulla base di un generico formalismo che è contrario allo spirito della norma.
In sostanza, non si riesce a comprendere le recondite motivazioni giuridiche che hanno spinto la Corte a rigettare tutte le succitate eccezioni di incostituzionalità, se non forse la preoccupazione di creare un serio e grave danno erariale allo Stato, il quale, in ogni caso, deve rispettare le norme così come le deve rispettare il cittadino-contribuente.
Se lo scopo di indicare il responsabile del procedimento era quello di assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa, la piena informazione del cittadino e la garanzia del diritto di difesa, che sono altrettanti aspetti del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione predicati dall’art. 97, primo comma, della Costituzione, non si riesce a comprendere come, oggi, a distanza di oltre un anno dalla prima ordinanza della stessa Corte n. 377/2007, lo stesso art. 97 non sarebbe stato più violato in quanto non imporrebbe la scelta di un particolare regime di invalidità per gli atti privi dell’indicazione del responsabile del procedimento.
Infatti, delle due l’una, proprio in riferimento al succitato art. 97 della Costituzione:
          o l’indicazione del responsabile del procedimento sulle cartelle per assicurare tutte le finalità esposte dalla stessa Corte con l’ordinanza n. 377/2007 era necessaria e, di conseguenza, anche implicitamente, prevedeva un’ipotesi di nullità; altrimenti non si giustificherebbe la necessità dell’indicazione stessa proprio per raggiungere gli scopi più volte ribaditi dalla stessa Corte Costituzionale;
          oppure, se l’art. 97 non impone la scelta di un particolare regime di invalidità degli atti privi del responsabile del procedimento, non si capisce per quale motivo sia stata scritta la precedente ordinanza n. 377/2007.
In conclusione, riservandomi maggiori approfondimenti sulla questione, oggi, la delusione non solo mia ma di tutti i contribuenti mi spingono a dire che le scelte politiche della Corte Costituzionale sono in netta contrapposizione con le scelte giuridiche fatte con la precedente ordinanza n. 377 del 09 novembre 2007 e, forse, in futuro, il tanto declamato rapporto di collaborazione tra fisco e contribuente subirà un notevole pregiudizio.
 
 
Patrocinante in Cassazione
 
 
Di seguito la sentenza n. 58/2009 della Corte Costituzionale depositata il 27 febbraio 2009
 
 
          
 
ANNO 2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
– *********                  ********                Presidente
– ***                           *********                   Giudice
– *****             *********                                   "
– *****              ***********                                 "
– *******                      QUARANTA                          "
– Franco                       GALLO                                              "
– *****              ********                           "
– *******                     *********                             "
– Sabino                       *******                               "
– **********      ******                                 "
– ********                    *******                              "
– ********                    *****                                    "
– **********     *********                          "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 36, comma 4-ter, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, promossi con ordinanze del 9 giugno 2008 dalla Commissione tributaria provinciale di Isernia, del 26 maggio e del 9 giugno 2008 dal Giudice di pace di Genova e del 15 luglio 2008 dalla Commissione tributaria provinciale di Lucca rispettivamente iscritte ai nn. 292, 339, 340 e 341 del registro ordinanze 2008 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 41 e 45, prima serie speciale, dell’anno 2008.
    Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    udito nella camera di consiglio del 28 gennaio 2009 il Giudice relatore **************.
 
Ritenuto in fatto
    1. – La Commissione tributaria provinciale di Isernia, con ordinanza del 9 giugno del 2008 (r.o. n. 292 del 2008), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 36, comma 4-ter, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, per violazione dell’articolo 97 della Costituzione, nonché dell’articolo 23 e dello stesso articolo 97 Cost. in relazione, rispettivamente, all’art. 3, comma 1, e all’art. 7, comma 2, della legge 27 luglio del 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente).
    La disposizione impugnata stabilisce che «la cartella di pagamento di cui all’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, contiene, altresì, a pena di nullità, l’indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e di quello di emissione e di notificazione della stessa cartella. Le disposizioni di cui al periodo precedente si applicano ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1° giugno 2008; la mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti nelle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati prima di tale data non è causa di nullità delle stesse».
    1.1. – La Commissione tributaria rimettente riferisce che la società ricorrente nel giudizio principale ha chiesto l’annullamento di una cartella di pagamento, emessa dall’Agenzia delle entrate, deducendone la nullità, o comunque la illegittimità, per diversi motivi, fra cui l’omessa indicazione del responsabile del procedimento, eccependo anche l’illegittimità costituzionale dell’art. 36, comma 4-ter, del d. l. n. 248 del 2008.
    1.2. – La Commissione rimettente ritiene non priva di fondamento la censura, preliminare e assorbente rispetto alle altre, relativa alla omessa indicazione del responsabile del procedimento, atteso che tale indicazione è richiesta «tassativamente» dall’art. 7, comma 2, della legge n. 212 del 2000 e, secondo la Corte costituzionale, rappresenta un obbligo che si applica anche ai concessionari della riscossione e che, «lungi dall’essere un inutile adempimento, ha lo scopo di assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa, la piena informazione del cittadino (anche ai fini di eventuali azioni nei confronti del responsabile) e la garanzia del diritto di difesa, che sono altrettanti aspetti del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione predicati dall’art. 97, primo comma, Cost.» (ordinanza n. 377 del 2007). Osserva, tuttavia, il collegio rimettente che, successivamente alla citata ordinanza della Corte costituzionale, è intervenuta la disposizione legislativa censurata, la quale, se da un lato impone, a pena di nullità, l’indicazione, nella cartella di pagamento, del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e di quello di emissione e notificazione della cartella stessa, dall’altro lato limita l’ambito di applicazione di tali disposizioni ai soli ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1° giugno 2008, specificando invece che «la mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti nelle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati prima di tale data non è causa di nullità delle stesse». Da ciò deriva, secondo il giudice a quo, la rilevanza della prospettata questione di legittimità costituzionale, dal momento che «il suo eventuale accoglimento determinerebbe il conseguenziale accoglimento del ricorso» nel giudizio principale.
    1.3. – In punto di non manifesta infondatezza, il giudice rimettente prospetta sia il contrasto diretto della disposizione legislativa censurata con l’art. 97, primo comma, Cost., sia, in via subordinata, il contrasto della medesima disposizione legislativa con alcune norme contenute nella legge n. 212 del 2000 (c.d. Statuto del contribuente), cui andrebbe riconosciuta la natura di fonte interposta fra la Costituzione e le leggi ordinarie.
Sotto il primo profilo, la Commissione tributaria rimettente richiama la citata ordinanza n. 377 del 2007 di
questa Corte, secondo cui l’indicazione del responsabile del procedimento nella cartella di pagamento risponde ai precetti di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione predicati dall’art. 97, primo comma, Cost. La Commissione rimettente esclude che il legislatore possa imporre il rispetto di tali precetti costituzionali solo a partire da una certa data e ritiene, in particolare, illegittima la disposizione legislativa censurata, in quanto nega il rispetto di tali principi «per il periodo compreso fra la data di entrata in vigore della legge n. 212 del 2000 ed il 31 maggio del 2008». Sotto il secondo profilo, la Commissione rimettente muove dall’art. 1, comma 1, della legge n. 212 del 2000, secondo cui «le disposizioni della presente legge, in attuazione degli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione, costituiscono princìpi generali dell’ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali». Sulla base di tale norma, nonché di alcune pronunce della Corte di cassazione, che riconoscono fra l’altro alle disposizioni dello Statuto del contribuente il valore di «orientamento ermeneutico ed applicativo vincolante nell’interpretazione del diritto», il collegio rimettente perviene alla conclusione che le norme della legge n. 212 del 2000 hanno natura di norme interposte, che quindi prevalgono su norme di legge ordinaria successive, come la disposizione impugnata. Quest’ultima si porrebbe, pertanto, in contrasto con due previsioni dello Statuto del contribuente: da un lato, in quanto norma retroattiva, essa violerebbe il principio di irretroattività delle leggi fiscali previsto dall’art. 3, comma 1, della legge n. 212 del 2000, il quale a sua volta «si interporrebbe a quello di cui all’art. 23 Cost., nel senso che […] nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta in base ad una legge retroattiva»; d’altro lato, la disposizione censurata violerebbe «il principio relativo alla indicazione del responsabile del procedimento di cui all’art. 7, comma 2, della legge n. 212 del 2000», che «si interporrebbe a quello di cui all’art. 97 Cost., nel senso […] che detta indicazione è necessaria al fine di assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione».
    1.4. – È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale venga dichiarata inammissibile e comunque infondata.
    1.4.1. – Secondo la difesa erariale, la questione è inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza, perché la censura relativa alla omessa indicazione del responsabile del procedimento è stata proposta tardivamente dal ricorrente nel giudizio principale, mediante una memoria illustrativa prodotta oltre il termine di decadenza di sessanta giorni, decorrenti dalla data di notifica della cartella di pagamento. Pertanto il rimettente – ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato – avrebbe dovuto preliminarmente verificare, dandone conto in motivazione, se la censura dedotta fuori termine potesse essere comunque proponibile «in quanto determinante, non la asserita nullità (deducibile solo nel termine di legge), ma addirittura la inesistenza dell’atto impugnato».
    1.4.2. – Nel merito, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, la questione è infondata.
    Premette al riguardo l’interveniente che, in base alla disciplina generale dell’azione amministrativa, la mancata indicazione del responsabile del procedimento costituisce, secondo la prevalente giurisprudenza amministrativa, «una mera irregolarità, insuscettibile di determinare l’invalidità dell’atto, alla quale è possibile supplire considerando responsabile del procedimento il funzionario preposto all’unità organizzativa competente». Con specifico riguardo alla materia tributaria, poi, l’Avvocatura generale dello Stato esclude che le disposizioni del cosiddetto Statuto del contribuente possano assurgere al rango di fonti interposte fra la Costituzione e la legge ordinaria. La giurisprudenza della Corte di cassazione, citata dal rimettente, chiarisce infatti che le norme tributarie devono essere interpretate nel senso più conforme ai principi dello Statuto, ma non afferma che questi ultimi siano «principi inderogabili da rispettare a pena di illegittimità costituzionale».
    In secondo luogo, ad avviso della stessa Avvocatura generale dello Stato, il problema non è stato correttamente impostato dal giudice rimettente, atteso che l’art. 7 della legge n. 212 del 2000 individua una serie di elementi, fra cui l’indicazione del responsabile, che gli atti dell’amministrazione finanziaria devono contenere, «ma non prevede in alcun modo la nullità quale conseguenza dell’omissione di tali elementi». Da ciò deriva, secondo la difesa erariale, che la disposizione legislativa censurata non contrasta con la regola prevista dallo Statuto del contribuente, bensì la integra e la completa, disponendo, naturalmente solo per il futuro, e cioè a far data dai ruoli consegnati a partire dal 1° giugno 2008, che la omessa indicazione del responsabile comporta la sanzione della nullità della cartella di pagamento.
    2. – La Commissione tributaria provinciale di Lucca, con ordinanza del 15 luglio 2008 (r.o. n. 341 del 2008), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 36, comma 4-ter, del decreto legge n. 248 del 2007, convertito dalla legge n. 31 del 2008, per violazione degli articoli 3, 24, 97, 101, 102, 108 e 111 della Costituzione.
    2.1. – La Commissione rimettente riferisce che la società ricorrente nel giudizio principale ha impugnato una cartella esattoriale, notificata dalla S.R.T. Lucca e Cremona s.p.a., deducendo tra l’altro che la cartella esattoriale doveva ritenersi nulla per la mancata indicazione del responsabile del procedimento.
    2.2. – In punto di rilevanza, la Commissione tributaria rimettente ritiene che la decisione del ricorso debba essere preceduta dalla soluzione della questione di legittimità costituzionale della disposizione legislativa censurata. Secondo la rimettente, infatti, questa Corte, nel disporre che l’indicazione del responsabile del procedimento nella cartella di pagamento, prevista dall’art. 7 dello Statuto del contribuente, risponde ai principi di imparzialità e buon andamento predicati dall’art. 97 della Costituzione (ordinanza n. 377 del 2007), avrebbe «implicitamente conferma[to] che la violazione del detto obbligo determina la nullità della cartella, o comunque incide sulla legittimità dell’atto». Osserva tuttavia il giudice a quo che la disposizione impugnata, nell’«intento di sanare le violazioni anteriori», prevede invece che la mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti nelle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati prima del 1° giugno 2008 non è causa di nullità delle stesse. Da ciò deriva, secondo la Commissione tributaria, la rilevanza della questione di legittimità costituzionale di tale disposizione, dal momento che «ove si applicasse la norma oggetto del dubbio di costituzionalità, il ricorso dovrebbe essere rigettato».
    2.3. – In punto di non manifesta infondatezza, detta Commissione ritiene che la disposizione censurata contrasti con diversi parametri costituzionali.
    In primo luogo, essa violerebbe l’art. 3 Cost., sia perché introdurrebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra i contribuenti, in ragione della data di consegna del ruolo cui si riferisce la cartella di pagamento, sia perché irragionevolmente riconoscerebbe e sanzionerebbe un vizio di nullità per il futuro e, al contempo, lo sanerebbe per il passato. In secondo luogo, la disposizione impugnata violerebbe il diritto alla difesa e al giusto processo, di cui rispettivamente agli articoli 24 e 111 Cost. di coloro che, avendo ricevuto una cartella di pagamento priva dell’indicazione del responsabile prima del 1° giugno 2008, vedono ridursi le possibilità di difendersi efficacemente dalla pretesa tributaria. In terzo luogo, si profilerebbe un contrasto con l’art. 97 Cost., «nella misura in cui il contribuente non viene posto in condizioni di conoscere l’autore dell’atto impositivo, al fine di proporre contestazioni e porre in rilievo eventuali responsabilità, per le procedure adottate fino al giugno del 2008». Infine, incidendo su fattispecie sub judice, la disposizione censurata risulterebbe lesiva delle attribuzioni del potere giudiziario, con conseguente violazione degli articoli 101, 102 e 108 della Costituzione.
    3. – Il Giudice di pace di Genova, con due ordinanze distinte ma sostanzialmente analoghe, rispettivamente del 26 maggio 2008 (r.o. n. 339 del 2008) e del 9 giugno 2008 (r.o. n. 340 del 2008), ha sollevato questione di legittimità costituzionale, con riferimento agli articoli 2, 3, 24 e 97 Cost., dell’articolo 36, comma 4-ter, della legge n. 31 del 2008 (recte: del decreto legge n. 248 del 2007, convertito dalla legge n. 31 del 2008), nella parte in cui dispone che «la mancata indicazione dei responsabili del procedimento nelle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati prima di tale data non è causa di nullità delle stesse».
    3.1. – Riferisce il giudice rimettente, con riferimento a ciascuno dei giudizi principali, che al ricorrente è stata notificata una cartella di pagamento priva dell’indicazione dell’identità del responsabile del procedimento.
    3.2. – Il rimettente ritiene che la disposizione censurata sia in contrasto con diversi parametri costituzionali. Essa, in particolare, violerebbe: l’art. 2 Cost., che rappresenta una «clausola aperta [..] che si sostanzia con il riempimento, e non con il toglimento, dalla Carta dei diritti, di una norma di protezione in capo al cittadino»; l’art. 3 Cost., che non consente un trattamento diversificato dei cittadini «in base al mero dato temporale»; l’art. 24 Cost., dal momento che la mancata indicazione del responsabile del procedimento nella cartella di pagamento e la non riferibilità dell’atto al suo autore rende estremamente difficile l’esercizio del diritto di difesa; l’art. 97 Cost., sotto il profilo del principio di buona amministrazione, che risulterebbe violato per l’irragionevole disparità di trattamento «tra destinatari di cartelle di pagamento redatte e/o consegnate in tempi diversi tra loro».
    3.3. – È intervenuto, in uno dei giudizi (r.o. n. 339 del 2008), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale venga dichiarata inammissibile e comunque infondata.
    3.3.1. – La difesa erariale eccepisce preliminarmente l’inammissibilità della questione per difetto di motivazione sulla rilevanza. Osserva infatti l’Avvocatura generale dello Stato che il giudice rimettente non fornisce alcuna indicazione concreta sull’oggetto del giudizio, non potendosi in tal modo comprendere per quale ragione la disposizione denunciata dovrebbe applicarsi al giudizio principale e, prima ancora, se il giudice adito abbia giurisdizione. Inoltre, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, il rimettente non ha indicato i motivi posti a base della domanda proposta nella causa principale, non potendosi in tal modo
 
valutare se siano state sollevate doglianze relative alla omessa indicazione del responsabile del procedimento.
    3.3.2. – In secondo luogo, la stessa Avvocatura generale dello Stato eccepisce l’inammissibilità della questione perché «lo svolgimento delle censure di illegittimità costituzionale e l’indicazione dei parametri costituzionali asseritamente violati sono esternati in un testo letteralmente incomprensibile».
    3.3.3. – Nel merito, secondo la difesa erariale, la questione è comunque infondata per le ragioni già esposte nell’atto di intervento relativo al giudizio di cui al r.o. n. 292 del 2008, che viene espressamente richiamato e testualmente riprodotto.
 
Considerato in diritto
    1. – La Commissione tributaria provinciale di Isernia, la Commissione tributaria provinciale di Lucca e, con due distinte ordinanze, il Giudice di pace di Genova hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 36, comma 4-ter, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31.
    La norma impugnata, nel prevedere che la cartella di pagamento, di cui all’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, debba contenere, a pena di nullità, l’indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e di quello di emissione e di notificazione della stessa cartella, stabilisce, tuttavia, che tali disposizioni si applicano ai soli ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1° giugno 2008, mentre esclude che la mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti nelle cartelle di pagamento, relative a ruoli consegnati prima di tale data, sia causa di nullità delle stesse. Tale esclusione della nullità per le cartelle prive di indicazione del responsabile relative a ruoli consegnati anteriormente al 1° giugno 2008, si pone in contrasto, secondo i rimettenti, con diversi parametri costituzionali e, in particolare, con gli artt. 2, 3, 23, 24, 97, 101, 102, 108 e 111 della Costituzione, nonché con le norme interposte di cui agli artt. 3, comma 1, e 7, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente).
    2. – Preliminarmente, deve essere disposta la riunione dei giudizi, in quanto concernenti la stessa disposizione e relativi a parametri in parte coincidenti.
    3. – La questione sollevata, con due distinte ordinanze, dal Giudice di pace di Genova, con riferimento agli artt. 2, 3, 24 e 97 della Costituzione, è manifestamente inammissibile in quanto il rimettente, oltre a formularla in modo estremamente confuso, non fornisce indicazioni sufficienti a consentire di valutarne la rilevanza nei giudizi principali.
    4. – Sono altresì inammissibili le censure sollevate dalla Commissione tributaria provinciale di Lucca con riferimento agli artt. 101, 102 e 108 Cost., perché non adeguatamente argomentate e, quindi, generiche.
    5. – Va disattesa, con riferimento alla questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di Isernia, l’eccezione di inammissibilità formulata dall’Avvocatura generale dello Stato, secondo la quale la censura relativa all’omessa indicazione del responsabile della cartella di pagamento è stata proposta tardivamente dal ricorrente nel giudizio principale e la Commissione rimettente non ha motivato sulla sua proponibilità. L’Avvocatura generale dello Stato non tiene conto, infatti, della circostanza che, come risulta anche dagli atti del giudizio principale, il ricorrente ha lamentato già con il ricorso introduttivo, e quindi tempestivamente, la mancata indicazione del nome del notificatore e, quindi, del responsabile del procedimento di notificazione.
    6. – Nel merito, la questione sollevata dalle Commissioni tributarie di Isernia e Lucca, con riferimento agli articoli 3, 23, 24, 97 e 111 della Costituzione, non è fondata.
    L’art. 7, comma 2, della legge n. 212 del 2000 stabilisce che gli atti dell’amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente indicare, tra l’altro, il responsabile del procedimento. Come affermato da questa Corte con l’ordinanza n. 377 del 2007, la previsione è volta ad assicurare la trasparenza amministrativa, l’informazione del cittadino e il suo diritto di difesa. La legge n. 212 del 2000, peraltro, non precisa gli effetti della violazione dell’obbligo indicato: essa, in particolare, a differenza di quanto fa con riferimento ad altre disposizioni, non commina la nullità per la violazione della disposizione indicata. Né la nullità, in mancanza di un’espressa previsione normativa, può dedursi dai principi di cui all’art. 97 Cost. o da quelli del diritto tributario e dell’azione amministrativa.
    Deve pertanto escludersi che, anteriormente all’emanazione della disposizione impugnata, alla mancata indicazione del responsabile del procedimento conseguisse la nullità della cartella di pagamento. Questa è stata infatti esclusa, a fronte di notevoli incertezze dei giudici di merito, dalla Corte di cassazione. La disposizione impugnata, di conseguenza, non contiene una norma retroattiva. Essa dispone per il futuro,
comminando la nullità per le cartelle di pagamento prive dell’indicazione del responsabile del procedimento. Stabilisce, poi, un termine a partire dal quale opera la nullità e chiarisce che essa non si estende al periodo anteriore. Dunque, la nuova disposizione non contiene neppure una sanatoria di atti già emanati, perché la loro nullità doveva essere esclusa già in base al diritto anteriore.
    Da quanto precede consegue che, con riferimento all’asserita natura retroattiva della norma, non è violato l’art. 3 Cost., perché non è manifestamente irragionevole prevedere, a partire da un certo momento, un effetto più grave, rispetto alla disciplina previgente, per la violazione di una norma. Non è violato l’art. 23 Cost., perché non viene imposta una nuova prestazione e, comunque, come più volte affermato da questa Corte, non esiste un principio di irretroattività della legge tributaria fondato sull’evocato parametro, né hanno rango costituzionale – neppure come norme interposte – le previsioni della legge n. 212 del 2000 (ordinanze n. 41 del 2008, n. 180 del 2007 e n. 428 del 2006). Non sono violati gli artt. 24 e 111 Cost., in quanto la disposizione impugnata non incide sulla posizione di chi abbia ricevuto una cartella di pagamento anteriormente al termine da essa indicato. Non è violato, infine, l’art. 97 Cost., il quale non impone la scelta di un particolare regime di invalidità per gli atti privi dell’indicazione del responsabile del procedimento.
 
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
    riuniti i giudizi,
    dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 36, comma 4 ter, del decreto legge 31 dicembre 2007, n. 248 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, sollevata, con riferimento agli articoli 2, 3, 24 e 97 della Costituzione, dal Giudice di pace di Genova, con le due ordinanze in epigrafe;
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale della stessa disposizione, sollevata, con riferimento agli artt. 101, 102 e 108 Cost., dalla Commissione tributaria provinciale di Lucca, con l’ordinanza in epigrafe;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale della stessa disposizione, sollevata, con riferimento agli artt. 3, 23, 24, 97 e 111 Cost., dalla Commissione tributaria provinciale di Isernia e dalla Commissione tributaria provinciale di Lucca, con le ordinanze in epigrafe.
    Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 febbraio 2009.
F.to:
******************, Presidente
**************, Redattore
*****************, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 27 febbraio 2009.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI *****

Avv. Villani Maurizio

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