Il fattore endogeno
Il principale fattore endogeno, è il ruolo del giudice che quest’ultimo ha assunto negli ultimi decenni nella creazione delle norme, nell’ambito soprattutto penalistico .
La Corte di Cassazione, congiuntamente alla Corte Europea dei diritti dell’uomo, ha ormai affermato in maniera indubbia il fatto che la giurisprudenza sia fonte del diritto, considerando l’origine giurisprudenziale come equipollente alla fonte legislativa. Difatti, il concetto di legalità è ormai da intendersi in senso più allargato, pertanto la giurisprudenza è ormai una fonte del diritto al pari della legge, invero l’elaborazione giurisprudenziale rappresenta anch’essa l’origine normativa del nostro ordinamento interno .
In senso opposto, si è mossa invece la Corte Costituzionale nostrana, la quale ha invece ribadito l’importanza del principio di legalità, quindi l’interpretazione del giudice e le sentenze emanate da una qualsiasi Corte, non possono essere considerati equivalenti, alle norme emanate dal nostro Parlamento, perché la nostra Costituzione, e l’intero “Stato di diritto” pone le proprie basi sul “principio di legalità” , e quindi sul concetto che il potere di normazione penale spetta esclusivamente all’organo legislativo, tutelando le garanzie che derivano dal detto principio, pertanto secondo la Corte Costituzionale è assolutamente negativo assegnare al potere giudiziario uno scopo che non gli spetta, quale la funzione legislativa, dato che tale direzione è in assoluto contrasto con i principi della nostra Costituzione, e dell’intera teoria illuministica .
La teoria della fonte giurisprudenziale, dal punto di vista costituzionale, non soltanto interno ma anche internazionale, non può essere accolta, in quanto i diritti dell’uomo e i principi fondamentali della collettività degli individui, possono essere sanciti e tutelati soltanto dalla legge.
Tuttavia, attualmente assistiamo in tutti i paesi europei ad una supremazia della giurisprudenza, la quale ha comportato inevitabilmente un indebolimento del principio di legalità e delle garanzie che derivano da esso. L’illecito deve essere identificato in maniera precisa e determinata dalla norma penale, difatti lo “Stato di diritto” è tenuto ad informare il cittadino su quali sono le condotte ritenute illegali dal proprio ordinamento, garantendo in questo modo la certezza del diritto, e la corretta informazione nei confronti della collettività. I parametri dell’irregolarità di una condotta, e le relative sanzioni possono essere stabilite esclusivamente dall’organo legislativo, in modo da evitare qualsivoglia deriva autoritaria, non consentendo al potere esecutivo e/o al potere giudiziario di legiferare in maniera del tutto autonoma ed arbitraria.
Giudice, “creatore” del diritto
La garanzia che deriva dal principio di legalità che a sua volta stabilisce il principio della riserva di legge, è fortemente minacciato quando la creazione giurisprudenziale, assume un ruolo di primo piano, difatti la conseguenza che ne deriva è la mancanza della determinatezza e tassatività dell’ordinamento interno, che a sua volta comporta la crisi della certezza del diritto dovuta ad un’eccessiva arbitrarietà interpretativa del giudice.
Tuttavia, è opportuno specificare che la funzione giurisdizionale, ha uno scopo ben preciso, cioè quello di alimentare la certezza del diritto, e quindi consolidare quei precetti che sono già stati espressi con il diritto sostanziale. Difatti, è con l’interpretazione giudiziaria che deve essere sempre adeguatrice all’ordinamento, che si può dare una maggiore compattezza al diritto. Il giudice, attraverso l’esercizio del proprio potere è sempre in qualche modo fonte del diritto.
Nello specifico, possiamo individuare quali sono i compiti che la Corte Costituzionale assegna al giudice: superare la indeterminatezza del precetto penale, attraverso la emanazione delle sentenze; elaborare decisioni che siano conformi alla Costituzione, in modo da garantire una maggiore certezza del diritto. Pertanto, è chiaro ed evidente lo scopo della funzione giurisdizionale che è quello di garantire la determinatezza del diritto, senza un’interpretazione autonoma ed arbitraria della norma, bensì attraverso decisioni che siano conformi alla legge.
Purtroppo, nell’epoca attuale, spesso avviene che il giudice attraverso il proprio potere interpretativo, manipola l’ambito della responsabilità penale stabilito dal legislatore, assumendo un ruolo di creatore normativo che disciplina nuovamente il precetto penale, in maniera di solito diversa rispetto a quanto già fatto precedentemente dal legislatore. Tale abitudine assunta dal potere giudiziario, determina in maniera preoccupante l’incertezza del diritto, che appunto deriva dal contrasto tra le norme sostanziali prodotte dal legislatore e l’interpretazione eccessivamente arbitraria dei giudici.
In considerazione di quanto sopraesposto, si deduce l’espansione del potere giudiziario, segnato dal passaggio illuministico del “giudice bocca della legge , al concetto di “giudice interprete della legge” fino all’attuale “giudice creatore del diritto penale” .
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