E’ precluso al contribuente, che ha aderito alla sanatoria fiscale di cui all’art. 7 della l. n. 289 del 2002 , il conseguimento del rimborso dell’eccedenza d’imposta versata ( Irap) tramite la presentazione di apposita istanza e la successiva impugnazione del silenzio-rifiuto dell’ufficio . Il perfezionamento della chiusura del contenzioso tributario non è limitato alla vicenda processuale; infatti, la natura pseudo-transattiva della definizione, spiega efficacia latu sensu estintiva delle pretese sostanziali dell’Amministrazione finanziaria e del contribuente in ordine al rapporto tributario dedotto in giudizio. Siffatta efficacia del condono, la cui portata è rilevabile d’ufficio dal giudice in virtù dell’operatività ex lege, concerne sia l’esercizio del potere di accertamento che le sorti delle domande giudiziali riguardanti il rimborso.
Tali importanti principi sono stati statuiti dalla sentenza n. 25240 del 22 novembre 2007 (dep. il 3 dicembre 2007) della Corte Cass. sez. tributaria.
In particolare l’iter logico giuridico adottato da tale pronuncia si e’ così sviluppato:
- Le questioni relative all’applicazione del condono, pur non risolvendosi interamente nei problemi processuali, partecipano anche di tale natura e sono, perciò, rilevabili d’ufficio, senza che occorra una specifica proposizione ad opera della parte interessata a farle valere;
- la facoltà di ottenere la chiusura delle liti fiscali pendenti, pagando una somma correlata al valore della causa, produce un effetto estintivo del giudizio sicché si realizza, come riflesso processuale, l’estinzione del giudizio, anche se esso non si esaurisce in un evento del processo, perché configura vicenda più complessa che elide la pretesa impositiva unitamente all’impugnazione del contribuente, nel concorso di condizioni ed adempimenti prestabiliti(Cassazione sentenza n. 15995 del 2000);
- tale principio, in costanza, realizza un effetto latamente estintivo delle opposte pretese e, quindi, di riflesso, anche del processo, palesandosi come questione ufficiosa, di ordine pubblico, che s’impone al giudice, ove rilevata o rilevabile in via ufficiosa, prima di ogni altra;
- il perfezionamento di tale procedura, ha una pluralità di effetti, per quanto differenziati nell’ambito delle diverse fattispecie, tra i quali quello (art. 9, comma 10) di precludere gli accertamenti tributari (a), di estinguere le sanzioni (b), di escludere la punibilità per i reati tributari (c), e di (art. 7, comma 11) inibire l’esercizio di alcuni poteri stabiliti nei D.P.R. n. 600 del 1973 e 633 del 1972 o l’operare di alcune presunzioni;
- tale regime di inderogabilità ne rende rilevabile d’ufficio la sua operatività; esso, pertanto, opera non sole riguardo alle liti relative agli accertamenti dell’obbligazione tributaria ed alla debenza dell’imposta, quale che sia, così giovando alla parte privata (in ogni fase e grado della lite), ma anche in relazione alle domande giudiziali riguardanti le richieste di rimborso d’imposta, siccome afferenti alla nascita dell’obbligazione di rimborso per l’indebito versamento di somme non dovute da parte del contribuente, in tali casi giovando all’ente impositore; il suo operare officioso, pertanto, si estende anche alle liti da rimborso, pur non realizzandosi lo stesso tipo di effetto estintivo del processo, che caratterizza l’altro tipo di lite, incentrato sull’accertamento dell’obbligazione tributaria (sentenza n. 6216 del 2006);
- in entrambi i tipi di giudizi, tuttavia, l’operare officioso si connette ai riflessi di ordine pubblico nascenti dall’elisione della pretesa impositiva, realizzata in virtù dall’adesione al condono (nell’ambito delle cui condizioni ed adempimenti vanno, ovviamente, regolati i residui rapporti di dare ed avere tra l’ente impositore ed il contribuente, il quale abbia versato l’imposta – che si assume non dovuta – ove questa, in ipotesi, corrisponda a più del dovuto secondo le prescrizioni solutorie della specifica legge di condono);
- quanto al merito delle condizioni ostative o preclusive del condono, alla presunta violazione dell’art. 7 della legge n. 289 del 2002,la Corte di Cassazione ha stabilito (nella sentenza n. 3682 del 2007) il principio a termini del quale, con riferimento alla definizione automatica prevista dall’art. 9 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, la presentazione della relativa istanza preclude al contribuente ogni possibilità di rimborso per le annualità d’imposta definite in via agevolata, ivi compreso il rimborso di imposte asseritamene inapplicabili per assenza del relativo presupposto (nella specie, IRAP): il condono, intatti, in quanto volto a definire transattivamente la controversia in ordine all’esistenza di tale presupposto, pone il contribuente di fronte ad una libera scelta tra trattamenti distinti e che non si intersecano tra loro, ovverosia coltivare la controversia nei modi ordinari, conseguendo se del caso il rimborso delle somme indebitamente pagate, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata, ma senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto eventualmente già corrisposto in via ordinaria;
- tale principio enunciato non già sulla base della incompatibilità assoluta tra l’istanza di rimborso e la domanda di condono, ma sulla specifica previsione secondo cui “la definizione automatica non modifica l’importo degli eventuali rimborsi e crediti derivanti dalle dichiarazioni presentate”, anche ai fini Irap (art. 7 comma 13, alt. parte e 9, comma 9, ultima parte, di identico tenore), con tali dichiarazioni intendendosi solo quelle contenenti la specifica indicazione del credito richiesto;
- la Corte costituzionale ha affermato (ordinanza n. 340 del 2005) che “il condono non influisce di per sé sull’ammontare delle somme chieste a rimborso, non impone al contribuente la rinuncia al credito e non impedisce all’erario di accogliere tali richieste, allorché la pretesa al rimborso sia riscontrata fondata; non impedisce l’accertamento dell’inesistenza dei crediti posti a base delle richieste di rimborso, data la natura propria del condono, che incide sui debiti tributari dei contribuenti e non sui loro crediti
di Angelo Buscema
Dirigente AGENZIA ENTRATE DR LAZIO
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