1. La definizione di parti interessate. La trasparenza delle procedure – 2.1 La distinzione tra i cittadini e le parti interessate – 2.2 Le differenze che discendono dalla diversa disciplina – 3.1 La nozione di parte interessata e di cittadino nella giurisprudenza comunitaria – 3.2 I diritti e doveri delle parti interessate – 3.3 Le finalità della disciplina sulle parti interessate
1. La definizione di parti interessate. La trasparenza delle procedure
Il Considerando n. 40 del Regolamento n. 178 del 2002 (d’ora in avanti, il Regolamento istitutivo) nel definire “fiduciario” il rapporto che – chiarisce la disposizione – è necessario si instauri tra la collettività degli amministrati e l’Efsa, l’autorità europea per la sicurezza degli alimenti, fa richiamo all’indipendenza, all’elevata qualità scientifica, all’efficienza e alla trasparenza. A ben vedere, mentre le prime due sono, rispettivamente, una prerogativa della rete ed un postulato dell’efficienza, la trasparenza non è a quella riconducibile, se non indirettamente.
Il concetto di trasparenza utilizzato dal Legislatore europeo si presenta in due forme diverse, ma collegate, cui il Regolamento istitutivo dedica un’intera sezione: la seconda. In senso generale, opera l’articolo 10
[1], che garantisce la diffusione delle (e l’accesso alle) informazioni. L’articolo 9, invece, disciplina le procedure consultive vere e proprie. A seconda che si consideri l’ambito di applicazione della prima o della seconda disposizione cambiano i destinatari, le garanzie, le procedure, gli obiettivi e i limiti.
2.1 La distinzione tra i cittadini e le parti interessate
Quanto ai destinatari, è bene precisare, anzitutto, che la normativa distingue tra due categorie: i cittadini e le parti interessate. Il primo termine opera un generico riferimento alla collettività degli individui residenti in Europa e in possesso della cittadinanza di uno degli Stati membri. La definizione di “parte interessata”, invece, è più circoscritta: si definisce tale ogni individuo o ente direttamente o indirettamente interessato all’operato dell’Efsa nell’ambito della valutazione scientifica del rischio
[2].
A loro volta, poi, le parti interessate sono distinte in due categorie: la prima è quella delle “parti interessate della società civile”, con cui si fa riferimento a gruppi di consumatori, organizzazioni non governative e operatori di mercato (agricoltori, imprese alimentari, rivenditori, industrie per la lavorazione dei prodotti agro-alimentari ed esperti in ambito scientifico)
[3]. Dunque, le parti interessate della società civile comprendono tutti i gruppi organizzati portatori degli interessi dei cittadini.
La seconda categoria è quella delle “parti interessate istituzionali”: definizione, questa, con cui si fa riferimento alle parti con le quali l’Efsa ha l’obbligo legale di cooperare in base alle regole comunitarie. Tali sono, ad esempio, le istituzioni comunitarie come la Commissione o il Parlamento europei. Ma, anche, gli esecutivi degli Stati membri, le Autorità indipendenti che operano nel settore della sicurezza alimentare a livello domestico, nonchè, fuori dall’Europa, tutte le organizzazioni governative e non governative che sono coinvolte nella tutela della salute e della sicurezza degli alimenti.
2.2 Le differenze che discendono dalla diversa disciplina
L’appartenenza all’una o all’altra categoria comporta l’applicazione di procedure e garanzie consultive differenti. Per meglio dire: esiste un nucleo centrale di garanzie, per lo più informative, uguali per tutti i cittadini e le parti interessate. Questo si fonda nell’articolo 42 del Regolamento istitutivo, per cui: «L’Autorità stabilisce contatti efficienti con i rappresentanti dei consumatori e dei produttori, con gli operatori delle industrie di trasformazione e con tutte le altre parti interessate». Invece, con riguardo alle procedure consultive vere e proprie – di cui si dirà più avanti – le differenze che discendono dalla presenza degli uni o delle altre si fanno più marcate. In questo caso, a seconda che si tratti di forme di consultazione diretta o indiretta, che vengano ascoltati i cittadini o le parti interessate, gli obiettivi delle procedure – e, dunque, le garanzie ed i limiti – possono essere anche molto diversi tra loro.
3.1 La nozione di parte interessata e di cittadino nella giurisprudenza comunitaria
La distinzione cui ricorre il Regolamento istitutivo non è nuova al diritto comunitario. La necessità di qualificare gli interessi rilevanti, al fine di garantire un accesso “mirato” alle procedure decisionali, ricorre tanto nei testi normativi, di cui il Regolamento istitutivo è un esempio, quanto nella giurisprudenza della Corte di giustizia
[4].
Quest’ultima ha utilizzato, talora, la definizione di “parte interessata” per fare riferimento ai soggetti portatori di interessi rilevanti all’interno delle procedure decisionali comunitarie o nazionali. Si possono citare, limitandosi alle sentenze più recenti e significative, le pronunce del 12 febbraio 2008, nel procedimento C-199/06, causa
Centre d’exportation du livre français e
Ministre de la Culture et de la Communication contro
Société internationale de diffusion et d’édition, e del 5 ottobre 2006, nel procedimento C-368/04, causa
Transalpine Ölleitung in Österreich, in cui la Corte ribadisce l’opportunità di tutelare le parti interessate dalle distorsioni della concorrenza che provoca la concessione di un aiuto illegittimo
[5]. Nella sentenza del 19 gennaio 2006, nella causa C-240/03 P, Comunità montana della Valnerina contro Commissione, invece, la Corte di giustizia sottolinea l’esigenza di tutelare gli interessi economici delle parti interessate allo stanziamento di fondi comunitari
[6].
Talora, la Corte di giustizia ha distinto la nozione di parte interessata da categorie ad essa assimilabili ma non identiche. Valga, su tutti, l’esempio della distinzione dalla nozione di singolo consumatore, cui fa cenno la sentenza del 19 settembre 2006, nel procedimento C-356/04, in causa
Lidl Belgium[7].
3.2 I diritti e doveri delle parti interessate
In altre pronunce, la Corte ha riconosciuto, talora in modo implicito, talora esplicitamente, l’esistenza di diritti (in particolare: all’informazione) e doveri propri delle parti interessate dalle norme, sia a livello comunitario che nazionale. Gli esempi sono numerosi. É possibile citare, quanto ai diritti, le sentenza del 22 novembre 2007, relativa, la prima, alla causa C-260/05 P
[8]Carl Kühne e altri, che fa riferimento al tema della consultazione delle parti interessate da parte dei governi nazionali nell’attuazione del regolamento 2081/92[10]Boehringer Ingelheim e altri, relativa ai marchi[11] .. Quanto alle pronunce relative ai doveri che vincolano le parti interessate valga, su tutte, la sentenza del 23 aprile 2002, nel procedimento C-143/00, causa ,
Sniace S.A. contro Commissione; e, la seconda, al procedimento C-525/04 P, Regno di Spagna contro
Lenzig A.G.
[9] É interessante anche il contenuto della sentenza del 6 dicembre 2001, in causa
3.3 Le finalità della disciplina sulle parti interessate
Infine, in altre circostanze, la Corte ha chiarito quali sono le finalità che si prefigge una norma che coinvolge o si indirizza alle parti interessate. É il caso, ad esempio, della sentenza dell’8 novembre 2007, relativa al procedimento C-20/05, nella causa
Schwibbert[12].
Meno frequenti, ma altrettanto interessanti, sono i riferimenti alla definizione di cittadini europei contenuti nella giurisprudenza comunitaria. In genere, infatti, le pronunce della Corte di giustizia hanno interessato la corretta interpretazione della definizione utilizzata dal Legislatore comunitario (da ultimo, nella decisione 1094 del 2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, che istituiscono la cittadinanza europea attiva
[13]) ed i rapporti con lo
status di cittadino a livello nazionale
[14].
[1] L’articolo 10 (Informazione dei cittadini) stabilisce che:
«Fatte salve le pertinenti disposizioni comunitarie e degli Stati membri sull’accesso ai documenti, nel caso in cui vi siano ragionevoli motivi per sospettare che un alimento o mangime possa comportare un rischio per la salute umana o animale, in funzione della natura, della gravità e dell’entità del rischio le autorità pubbliche adottano provvedimenti opportuni per informare i cittadini della natura del rischio per la salute, identificando nel modo più esauriente l’alimento o mangime o il tipo di alimento o di mangime, il rischio che può comportare e le misure adottate o in procinto di essere adottate per prevenire, contenere o eliminare tale rischio».
[2] L’articolo 3 del Regolamento n. 178 del 2002, contiene una serie di definizioni di parti interessate. In particolare, vengono definite l’impresa alimentare (punto n. 2), l’operatore nel settore alimentare (punto n. 3), l’impresa nel settore dei mangimi (punto n. 5), l’operatore nel settore dei mangimi (punto n. 6) ed il consumatore finale (punto n. 18). Tuttavia, esistono nozioni differenti di parti interessate a seconda del contesto giuridico nel quale operano. Un’analisi complessiva della nozione di parti portatrici di interessi nel diritto comunitario è svolta da
P. Schmitter, Participation in Governance Arrangements: Is there any reason to expect it will achieve ’sustainable and innovative policies in a multi-level context’?, in J. Grote, B. Gbikpi, ParticipatoryGovernance: political and societal implications, Leske, Budrich, Opladen, 2002, pagg. 51 ss. Si veda anche Weber F.R., Individual Rights and Group Rights in the European Community’s Approach to Minority Languages, in Duke Journal of Comparative and International Law, 2007, 17:361, pagg. 383 ss., il quale chiarisce in modo approfondito la differenza tra gli interessi collettivi e gli interessi individuali ed argomenta la prevalenza dei secondi sui primi.
[3] Si tratta delle categorie di soggetti definite dal Considerando n. 56, per il quale: «(…) l’Autorità dovrebbe ssere un’organizzazione aperta ai contatti con i consumatori e con altri gruppi interessati», nonché dall’articolo 42, che recita: «L’Autorità stabilisce contatti efficienti con i rappresentanti dei consumatori e dei produttori, con gli operatori delle industrie di trasformazione e con tutte le altre parti interessate».
[4] Per un’analisi complessiva del ruolo della Corte di giustizia si veda V. Truchet, Le concept du “consommateur informé” en droit européen, in Swiss Papers on European Integration, Staempfli Editions SA, Schultess Juristische Medien AG, Berne, Zurich, 2000.
[5] Ad esempio, nella seconda delle sentenze citate, il punto 46 dispone che: «Secondo la natura dei mezzi di ricorso previsti dal diritto nazionale è pertanto possibile proporre un’istanza al giudice nazionale al fine di ottenere l’adozione di misure provvisorie, quali la sospensione delle misure controverse, per la salvaguardia degli interessi dei singoli e, in particolare, per la tutela delle parti interessate dalla distorsione della concorrenza provocata della concessione dell’aiuto illegittimo».
[6] Cfr. il punto 25, in cui si riportano le opinioni del Tribunale di I grado: «(…) secondo il Tribunale, occorreva tener conto del fatto che un eventuale obbligo di rimborso di un contributo finanziario poteva comportare conseguenze gravi per le parti interessate. Pertanto, il principio di certezza del diritto esigeva che le norme applicabili all’esecuzione del contratto fossero sufficientemente chiare e precise affinché gli interessati potessero conoscere con certezza i loro diritti e i loro obblighi e adottare di conseguenza le loro disposizioni, vale a dire, nella fattispecie, accordarsi prima della concessione del contributo su strumenti di diritto privato adeguati, che permettessero loro di proteggere i propri interessi finanziari l’uno nei confronti dell’altro».
[7] Si veda il punto n. 65, in cui la Corte afferma che: «(…) gli obiettivi perseguiti dalla direttiva non consentono di considerare che la verifica dell’esattezza delle caratteristiche oggetto di raffronto dovrebbe essere accessibile più specificamente al consumatore che alle altre parti interessate, in particolare i concorrenti interessati dal raffronto».
[8] Nella sentenza si riportano le procedure informative rivolte alle parti interessate. Si vedano in particolare i punti 7: «Gli altri Stati membri dell’Unione europea e le parti interessate venivano informati dell’avvio di tale procedimento e venivano invitati a presentare le loro eventuali osservazioni mediante la pubblicazione di detta lettera nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee 13 gennaio 1999 (GU C 9, pag. 6). Il governo austriaco comunicava le sue osservazioni con lettere 15 marzo e 16 e 28 aprile 1999. Il Regno Unito e alcuni terzi interessati, fra cui la ricorrente – con lettera 12 febbraio 1999 – presentavano del pari le loro osservazioni», e 9: «Mediante la pubblicazione di una seconda comunicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee 4 settembre 1999 (GU C 253, pag. 4), la Commissione informava gli altri Stati membri e le parti interessate dell’estensione del procedimento formale di esame e li invitava a presentare le loro eventuali osservazioni. Con lettere 4 ottobre 1999, la ricorrente e il governo austriaco presentavano rispettivamente le loro osservazioni. Altri terzi interessati nonché il governo del Regno Unito presentavano anch’essi osservazioni».
[9] Si veda, ad esempio, il punto 16: «Con lettera in data 7 novembre 1997 la Commissione comunicava al governo spagnolo la sua decisione di avviare il procedimento di cui all’art. 93, n. 2, del Trattato CE (divenuto art. 88, n. 2, CE) in relazione a taluni presunti aiuti di Stato denunciati dalla [Lenzing], fra cui gli accordi del 5 novembre 1993 e del 31 ottobre 1995 e la “mancata riscossione dei contributi a titolo della previdenza sociale a partire dal 1991”, invitandolo a presentare le sue osservazioni. Mediante la pubblicazione di tale lettera nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 14 febbraio 1998 (GU C 49, pag. 2), gli altri Stati membri e le parti interessate venivano informati dell’avvio di tale procedimento e invitati a far valere le proprie eventuali osservazioni. Il governo spagnolo comunicava le sue osservazioni con lettera in data 19 dicembre 1997. Alcuni terzi interessati, tra cui la [Lenzing] con lettera in data 27 marzo 1998, presentavano le loro osservazioni, che il governo spagnolo commentava con lettera del 24 giugno 1998. Con lettera in data 16 aprile 1998, quest’ultimo rispondeva a talune domande formulate dalla Commissione con lettera del 23 febbraio 1997». Si veda anche la sentenza del 1 giugno 2006, nel procedimento C-442/03 P, in causa &O European Ferries (Vizcaya) contro Commissione.
[10] Si veda, in particolare, il punto 33: «Tale interpretazione dell’art. 17 del regolamento n. 2081/92 è peraltro corroborata, come sostenuto, in particolare, dal governo austriaco, dal fatto che storicamente gli Stati membri del nord Europa non avevano registri di denominazioni protette, in quanto la protezione veniva assicurata dalle normative relative alle pratiche ingannevoli. Solamente con l’entrata in vigore del regolamento n. 2081/92 in questi Stati membri è divenuto necessario redigere un elenco di denominazioni esistenti e determinare se si trattasse di DOP o di IGP. Sarebbe stato poco realistico esigere che tali Stati membri fornissero alla Commissione, nei sei mesi seguenti l’entrata in vigore del regolamento n. 2081/92, tutte le informazioni e le documentazioni indispensabili per decidere sulla registrazione, in particolare se si considera il tempo necessario affinché le parti interessate possano esercitare a livello nazionale le garanzie procedurali loro riconosciute».
[11] Cfr. il punto 62: «Le condizioni ricordate al punto precedente mirano a salvaguardare i legittimi interessi dei titolari del marchio. Come rilevato dalle attrici nelle cause principali, il rispetto di tali condizioni non pone alcun problema pratico reale agli importatori paralleli purché i titolari reagiscano entro termini ragionevoli al preavviso. Infatti un funzionamento adeguato del sistema di preavviso presuppone che ciascuna delle parti interessate si sforzi lealmente di rispettare i legittimi interessi dell’altra».
[12] Si veda il punto 21: «Va rammentato che le informazioni fornite nelle decisioni di rinvio pregiudiziale devono non solo consentire alla Corte di fornire risposte utili, ma altresì dare ai governi degli Stati membri nonché alle altre parti interessate la possibilità di presentare osservazioni ai sensi dell’art. 20 dello Statuto della Corte di giustizia». Di portata analoga le affermazioni contenute nella sentenza della Corte di giustizia del 28 giugno 2007, nel procedimento C-467/05, nella causa Dall’Orto, punto n. 42: «Le informazioni fornite nelle decisioni di rinvio servono non solo a consentire alla Corte di fornire soluzioni utili, ma altresì a dare ai governi degli Stati membri, nonché alle altre parti interessate, la possibilità di presentare osservazioni ai sensi dell’art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia». Si vedano anche le sentenze del 5 marzo 2007, nel procedimento C-303/05, in causa Advocaten voor de Wereld;del 3 giugno 2007, nel procedimento C-388/04, in causa Placanica; del 9 luglio 2006, e nel procedimento C-470/04, in causa N. contro Inspecteur van de Belastingdienst Oost/kantoor Almelo.
[13] Si veda, per maggiori approfondimenti, G. Sgueo, La direttiva 1094/2006/CE e gli strumenti volti a promuovere la cittadinanza europea attiva dell’Unione europea, in Giornale di diritto amministrativo, XII, 2007;
[14] Tra le sentenze più interessanti vi sono le seguenti: la pronuncia del 12 maggio 1998, relativa al procedimento C-85/96, nella causa Martìnez Sala; la pronuncia del 19 gennaio 1999, relativa al procedimeno C-348/96, nella causa Calfa; la sentenza del 20 settembre 2001, relativa al procedimento C-184/99, nella causa Grzelczyk; la sentenza del 6 febbraio 2003, relativa al procedimento C-92/01, nella causa Stylianakis; la sentenza del 2 ottobre 2003, relativa al procedimento C-148/02, nella causa Garcia Avello; oppure, più recentemente, le sentenze del 11 settembre 2007, relative, la prima, al procedimento C-287/05, nella causa Hendrix, e la seconda al procedimento C-76/05, nella causa Schwarz e Gootjes-Schwarz.
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