precedenti giurisprudenziali: Cass., Sez. 2, Sentenza n. 3925 del 11/02/2019; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 1853 del 25/01/2018; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 10199 del 20/06/2012; Trib. Bari 8/04/2019
La vicenda
Un condomino impugnava una delibera assembleare eccependo l’esistenza di un conflitto di interessi tra il condominio ed un condomino che era stato nominato direttore dei lavori per le opere di rifacimento del tetto e responsabile della sicurezza con il concorso del suo voto e di quello dei suoi deleganti. Secondo l’attore la delibera era anche invalida, sempre per conflitto di interessi, determinato dal fatto che una collaboratrice dell’amministratore di condominio (anch’essa presente in assemblea e portatrice di deleghe) aveva votato per approvare l’ammontare del compenso straordinario richiesto dall’amministratore per seguire l’esecuzione delle opere sulle parti comuni.
Si costituiva il condominio convenuto che nel merito contestava integralmente le domande dell’attore e ne chiedeva il rigetto.
La questione
Si può configurare il conflitto di interessi per il semplice fatto che un condomino venga nominato direttore dei lavori e responsabile della sicurezza per le opere straordinarie di rifacimento del tetto e delle facciate condominiali, con il concorso del suo stesso voto e dei condomini che gli hanno conferito delega o nel caso in cui l’assemblea riconosca un compenso aggiuntivo per i lavori straordinari condominiali all’amministratore con i voti di una sua collaboratrice presente in assemblea e portatrice di deleghe?
La soluzione
Il Tribunale ha respinto la domanda in quanto, con riferimento all’eccepito conflitto di interessi tra il condomino che aveva ricevuto incarichi professionali ed il condominio, l’attore non ha provato come il voto espresso dallo stesso condomino incaricato sia stato determinante per l’approvazione della delibera impugnata. Non è stata provata neppure la circostanza, eccepita dall’attore, che i deleganti del condomino nominato direttore dei lavori non fossero a conoscenza dell’asserito conflitto di interessi. Del resto non è stato provato neppure come l’asserito conflitto di interessi o la sua mancata conoscenza abbiano reso invalido il rapporto tra delegato e deleganti. Queste stesse osservazioni critiche sono state poi formulate anche in relazione a quella parte della delibera che aveva riconosciuto un compenso straordinario all’amministratore con il voto favorevole di una sua collaboratrice, portatrice di deleghe. Si è notato infatti che, in mancanza di prove, non può farsi discendere l’esistenza di un conflitto di interessi dal solo rapporto di collaborazione tra un delegato e l’amministratore.
In ogni caso il Tribunale ha aderito pienamente al recente orientamento giurisprudenziale secondo cui in tema di condominio le maggioranze necessarie per approvare le delibere sono inderogabilmente quelle previste dalla legge e i condòmini in potenziale conflitto di interesse con il condominio possono (e non debbono) astenersi dall’esercitare il diritto di voto, ferma la possibilità per ciascun partecipante di ricorrere all’autorità giudiziaria in caso di mancato raggiungimento della maggioranza necessaria per impossibilità di funzionamento del collegio (Cass., sez. II, 25/01/2018, n. 1853).
Del resto, nel procedimento di impugnazione delle delibere assembleari, di cui all’articolo 1137 c.c., il Tribunale nota come non gli siano consentite valutazioni di merito in ordine alla scelte operate dall’assemblea circa il soggetto più idoneo a ricoprire il ruolo del direttore dei lavori e del responsabile della sicurezza, nonché circa eventuali compensi aggiuntivi a favore dell’amministratore.
In altre parole, il sindacato del giudice sulle delibere condominiali deve pur sempre limitarsi al riscontro della legittimità di esse, e non può estendersi alla valutazione del merito, ovvero dell’opportunità, ed al controllo del potere discrezionale che l’assemblea esercita quale organo sovrano della volontà dei partecipanti (si veda, ad esempio, Cass., sez. II, 20/06/2012, n. 10199).
Le riflessioni conclusive
Il conflitto di interessi ricorre qualora risulti dimostrata una sicura divergenza tra l’interesse istituzionale del condominio e specifiche ragioni personali di determinati singoli partecipanti, i quali non si siano astenuti ed abbiano, perciò, concorso con il loro voto a formare la maggioranza assembleare, la deliberazione approvata sarà invalida.
L’invalidità della delibera discende, quindi, non solo dalla verifica del voto determinante dei condomini aventi un interesse in conflitto con quello del condominio (e che, perciò, abbiano abusato del diritto di voto in assemblea), ma altresì dalla dannosità, sia pure soltanto potenziale, della stessa deliberazione.
Il vizio della deliberazione approvata con il voto decisivo dei condomini in conflitto ricorre, in particolare, quando la stessa sia diretta al soddisfacimento di interessi extracondominiali, cioè di esigenze lesive dell’interesse condominiale all’utilizzazione, al godimento ed alla gestione delle parti comuni dell’edificio.
È onere di colui che impugna la delibera per l’esistenza di un conflitto fornire la c.d. prova di resistenza, ovvero che la decisione sarebbe stata diversa escludendo il voto del soggetto in conflitto (Cass., sez. II, 11/02/2019, n. 3925).
Si deve tenere conto in particolare che in tema di condominio, le maggioranze necessarie per approvare le delibere sono inderogabilmente quelle previste dalla legge in rapporto a tutti i partecipanti ed al valore dell’intero edificio, sia ai fini del “quorum” costitutivo sia di quello deliberativo, compresi i condomini in potenziale conflitto di interesse con il condominio, i quali possono (e non debbono) astenersi dall’esercitare il diritto di voto.
È noto come tale orientamento discenda dal presupposto dell’ammissibilità, nella disciplina delle assemblee di condominio, di una “interpretazione estensiva” (o meglio, del ricorso ad un’applicazione analogica) dell’art. 2373 c.c., norma riguardante il conflitto di interessi del socio nelle deliberazioni della società per azioni.
Nel testo dell’art. 2373 c.c., conseguente alla riformulazione operatane dal d. Igs. n. 6 del 2003, è venuta meno la disposizione che portava a distinguere, in caso di conflitto di interesse, tra quorum costitutivo dell’assemblea e quorum deliberativo della stessa, e si afferma unicamente che la deliberazione approvata con il voto determinante di soci, che abbiano un interesse in conflitto con quello della società, è impugnabile, a norma dell’art. 2377 c.c., qualora possa recarle danno.
Questo significa che solo se risulti dimostrata una sicura divergenza tra l’“interesse istituzionale del condominio” e specifiche ragioni personali di determinati singoli partecipanti, i quali non si siano astenuti ed abbiano, perciò, concorso con il loro voto a formare la maggioranza assembleare, la deliberazione approvata sarà invalida.
Non è tanto il conflitto di interesse in sé, quindi, ad essere sanzionato o il vantaggio del singolo votante quanto le ricadute sul condominio stesso.
Ad esempio, se si dovesse decidere di agire in tribunale contro un condomino moroso sicuramente questi non potrebbe votare in quanto l’eventuale decisione potrebbe arrecare un danno economico al condominio; stesso discorso per l’azione di responsabilità nei confronti di un condomino che ha esercitato il ruolo di amministratore macchiandosi di gravi colpe.
L’invalidità della delibera discende, quindi, non solo dalla dannosità, sia pure soltanto potenziale, della stessa decisione assembleare ma anche dalla verifica del voto determinante dei condomini aventi un interesse in conflitto con quello del condominio (e che, perciò, abbiano abusato del diritto di voto in assemblea).
Alla luce di quanto sopra risulta evidente come il condomino in conflitto di interessi abbia comunque diritto a partecipare all’assemblea con all’ordine del giorno la questione che ha generato il conflitto e, pertanto, debba essere convocato anche a tale adunanza assembleare.
Del resto l’articolo 1136 c.c. non prevede alcuna deroga alla partecipazione di ogni condomino, tanto è vero che viene espressamente previsto come l’assemblea non possa deliberare se non venga appurato che tutti gli aventi diritto siano stati regolarmente convocati (Trib. Bari 8/04/2019).
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