La dichiarazione di nomina del difensore di fiducia effettuata ai sensi dell’art. 123 c.p.p. dall’imputato o dall’indagato detenuto ha efficacia immediata

(Annullamento con rinvio)

(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 123)

Il fatto

La Corte d’appello di Bologna aveva confermato la sentenza del tribunale di Parma che a sua volta aveva affermato la responsabilità dell’imputato in ordine al reato di tentata estorsione in danno della società B. G e R fratelli, con sede in (…).

In particolare si addebitava a C. di avere inoltrato missive alla detta società intimando il pagamento di Euro 500.000 e prospettando la contaminazione di prodotti industriali di largo consumo commercializzati dalla stessa mediante l’inserimento di sostanze tossiche e l’ampia divulgazione della notizia.

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I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso la detta pronunzia proponeva ricorso l’imputato deducendo: 1) violazione del diritto di difesa dell’imputato e vizio di motivazione poiché, nonostante la nomina dell’avv. F. C. quale difensore di fiducia fosse stata formalizzata dall’imputato all’ufficio Matricola del carcere, la Corte di Appello, aprendo l’udienza del 10 aprile 2018, non aveva considerato tale designazione, nonostante là sollecitazione ricevuta in tal senso dal difensore di ufficio, e aveva proceduto alla celebrazione del processo alla presenza di quest’ultimo così compromettendo il diritto di difesa dell’imputato e violando l’art. 6 della Corte EDU e i principi costituzionali che regolano il giusto processo; 2) violazione di legge e in particolare dell’art. 533 c.p.p., comma 1, art. 546 c.p.p., comma 3, art. 125 c.p.p., comma 3, ed art. 6 della CEDU e art. 111 Cost. per avere negato la partecipazione personale dell’imputato all’udienza in quanto, nonostante il difensore avesse comunicato alla corte che l’imputato non aveva rinunziato a comparire, il giudice non aveva tenuto conto di questa comunicazione e aveva proceduto in assenza del ricorrente; 3) violazione dell’art. 56 c.p., comma 1, art. 629 c.p. ed erronea qualificazione giuridica e violazione dell’art. 49 c.p., comma 2, nonché vizio di motivazione giacché, nel caso in esame, avrebbe dovuto essere riconosciuta la desistenza volontaria in quanto l’agente aveva volontariamente interrotto l’azione delittuosa alla quale aveva dato inizio; 4) violazione degli artt. 56, comma 4, c.p. ed erronea qualificazione giuridica della condotta poiché la corte aveva escluso la sussistenza dell’attenuante del recesso attivo sebbene il ricorrente avesse positivamente agito per impedire le conseguenze della propria azione; 5) violazione degli artt. 81, 99 e 133, c.p. e art. 442, comma 2, c.p.p. stante l’illegittimità della dosimetria della pena nonché omesso riconoscimento dell’attenuante ex art. 62 c.p., n. 6, e vizio di motivazione poiché la condotta posta in essere dal ricorrente era stata unitaria e configurava in ogni caso un’unica tentata violazione di legge sicché risultava illegittimo l’aumento di pena applicato dai giudici di merito fermo restando altresì che, alla stregua del casellario giudiziario, poiché i precedenti procedimenti erano stati definiti con riti o misure alternative positivamente conclusa con conseguente estinzione di ogni effetto penale, avrebbe dovuto essere esclusa la recidiva ed ancora riconosciuta l’attenuante dell’art. 62 c.p., n. 6 poiché C. si era adoperato spontaneamente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Corte di Cassazione

Il primo motivo di ricorso veniva stimato fondato e rendeva quindi superfluo l’esame di tutte le altre censure.

Si osservava prima di tutto che l’art. 123 c.p.p. mira ad impedire che lo stato di detenzione si traduca in una menomazione processuale, accordando al soggetto detenuto o internato la facoltà di presentare impugnazioni, dichiarazioni e richieste direttamente all’amministrazione penitenziaria o ad un ufficiale di polizia giudiziaria, con efficacia corrispondente alla presentazione diretta all’autorità giudiziaria tanto è vero che le Sezioni Unite (Cass., Sez. Un. 26 marzo 1997, omissis) avevano espressamente postulato, in accordo con la lettera e la ratio della disposizione in esame, l’immediata efficacia della nomina di un difensore di fiducia evidenziando “l’iniquità di far ricadere sull’imputato (o sull’indagato) le conseguenze dell’inefficienza dell’apparato burocratico…e la negligenza del personale“.

Tal che si perveniva alla conclusione secondo la quale l’efficacia della dichiarazione è indipendente dall’osservanza dell’obbligo di immediata comunicazione all’autorità procedente che può essere rispettato con qualsiasi mezzo di comunicazione, perfino, nei casi speciali di urgenza ex art. 44 disp. att. e coord., la semplice telefonata (cfr. in tal senso Cass., Sez. Un. cit.; Sez. 2, n. 402 del 25/01/2000 – dep. 02/03/2000).

Oltre a ciò, si faceva presente come sempre in sede nomofilattica fosse stato precisato che la dichiarazione di nomina del difensore di fiducia effettuata ai sensi dell’art. 123 c.p.p. dall’imputato o dall’indagato detenuto ha efficacia immediata indipendentemente dall’osservanza dell’obbligo di comunicazione della stessa all’autorità giudiziaria procedente a nulla rilevando che detta dichiarazione, immediatamente efficace ai sensi dell’art. 123 c.p.p., non pervenga all’autorità procedente (ex plurimis Sez. 1, n. 40495 del 04/10/2007; Sez. 1, n. 50443 del 04/10/2018).

Si rilevava infine come l’immediata efficacia della nomina effettuata in carcere assicuri effettività alle previsioni contenute nell’art. 9, p. 3 del Patto Internazionale per i diritti civili e politici e all’art. 5, p. 3 della C.E.D.U..

Orbene, declinando tali criteri ermeneutici rispetto alla fattispecie in esame, gli Ermellini denotavano come, dall’esame degli atti, emergesse, da un lato, che l’udienza dinanzi al collegio di appello era stata celebrata alla presenza del difensore di ufficio nonostante quella stessa mattina, circa tre ore prima dell’udienza, l’imputato detenuto avesse provveduto a nominare come difensore l’avv. F. C., dall’altro, che il difensore di ufficio, presente in udienza, aveva comunicato al collegio che l’imputato quel giorno avrebbe nominato il difensore di fiducia ma il Presidente affermava che non era pervenuta alcuna nomina fiduciaria sebbene tale dichiarazione fosse stata resa all’Ufficio Matricola della Casa circondariale dall’imputato la mattina della medesima giornata con cui costui nominava l’avv. C..

Tal che, alla luce dei principi già illustrati, il Supremo Consesso, ritenendo come la costituzione del rapporto processuale nell’ambito del giudizio di secondo grado e conseguentemente la sentenza impugnata fossero affette da nullità assoluta ex art. 178 c.p.p., lett. e), e art. 179 c.p.p. per omessa assistenza dell’imputato, disponeva l’annullamento della sentenza impugnata e il rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Bologna per nuovo giudizio.

Conclusioni

La sentenza in questione è sicuramente condivisibile.

Difatti, avvalendosi di una consolidata giurisprudenza elaborata in subiecta materia, si afferma in tale decisione che la dichiarazione di nomina del difensore di fiducia effettuata ai sensi dell’art. 123 c.p.p. dall’imputato o dall’indagato detenuto ha efficacia immediata indipendentemente dall’osservanza dell’obbligo di comunicazione della stessa all’autorità giudiziaria procedente, e ciò al fine di evitare, come fatto presente nell’arresto giurisprudenziale succitato, l’iniquità di far ricadere sull’imputato (o sull’indagato) le conseguenze dell’inefficienza dell’apparato burocratico e la negligenza del personale.

Tal che, ove dovesse verificarsi il caso in cui tale efficacia immediata non venga riconosciuta in sede giudiziale, ben potrà eccepirsi tale lesione del diritto di difesa nei modi e nelle forme previsto dal codice di procedura penale.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta pronuncia, dunque, proprio perché fa chiarezza su tale tematica processuale, non può che essere positivo.

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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