Così recita l’art. 52, comma 1 del codice penale, modificato dall’art. 1 della legge n. 36 del 26 aprile 2019 e rubricato “Difesa Legittima”.
Tale legge, si è posta, quale obiettivo primario, quello di ridurre la discrezionalità tipicamente impiegata dall’Organo Giudicante nella valutazione, caso per caso, del requisito richiesto dalla norma penale affinchè la difesa possa considerarsi “legittima”: la proporzionalità tra l’offesa subita e la difesa approntata dall’aggredito.
Considerando le possibili e differenti interpretazioni semantiche e concettuali insite nel testo giuridico, la ridetta operazione di verifica risulta assai complessa, ben potendo, anche una minima sfumatura di significato, capovolgere l’attribuzione della responsabilità, come la qualificazione del soggetto-vittima, da aggredito ad aggressore.
Un simile risvolto non potrebbe che ingarbugliare le fila della già delicata questione, così inducendo il “legislatore della Riforma” ad introdurre la c.d. presunzione assoluta di legittimità della difesa, di cui all’art. 52 c.p., comma 2, secondo cui:
“Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste sempre il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo, se taluno, legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati, usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere la propria o la altrui incolumità o i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione”.
Quanto ai commi successivi, il terzo stabilisce che: “le disposizioni di cui al secondo e al quarto comma si applicano anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale” e il quarto che: “nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone”.
LE NOVITA’ INTRODOTTE DALLA LEGGE N° 36 DEL 26.04.2019
La nuova legge citata, in rinnovazione della esposta disciplina, statuisce che «chi compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere» nel proprio domicilio, «agisce sempre in stato di legittima difesa», essendo «sempre» sussistente il rapporto di proporzionalità tra la difesa e l’offesa.
Sinteticamente, l’articolo 2, modificando l’articolo 55 del codice penale, ora rubricato “eccesso colposo”, esclude, nelle varie ipotesi di legittima difesa domiciliare, la punibilità di chi, «trovandosi in condizioni di minorata difesa o in stato di grave turbamento derivante dalla situazione di pericolo, commette il fatto per la salvaguardia della propria o altrui incolumità».
L’articolo 3, prevede che nei casi di condanna per furto in appartamento la sospensione condizionale della pena sia subordinata al pagamento integrale dell’importo dovuto per il risarcimento del danno alla persona offesa.
Quindi, quando si è aggrediti nel proprio domicilio la legittima difesa è sempre proporzionata all’offesa.
Si può respingere l’intrusione violenta o minacciosa, senza essere punibili per avere agito in situazione di minorata difesa, o in stato di grave turbamento da pericolo in atto.
Chi è assolto penalmente non avrà neppure l’obbligo di risarcimento del danno. In buona sostanza, i parenti del ladro non potranno chiedere risarcimenti!!
Con dichiarazione accompagnatoria alla promulgazione della Legge, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha rimarcato che il nuovo provvedimento «si propone di ampliare il regime di non punibilità a favore di chi reagisce legittimamente a un’offesa ingiusta» considerato che il «fondamento costituzionale è rappresentato dall’esistenza di una condizione di necessità».
Relativamente al “rilievo decisivo” attribuito allo stato di «grave turbamento», «è evidente che la nuova normativa presuppone, in senso conforme alla Costituzione, una portata obiettiva del grave turbamento e che questo sia effettivamente determinato dalla concreta situazione in cui si manifesta».
In ogni caso, perché la difesa sia legittima deve continuare a sussistere la necessità di difendersi da un pericolo attuale (ossia in atto, contemporaneo) di un’offesa ingiusta e il concetto di «grave turbamento» non potrà essere invocato “soggettivamente” da chi ha sparato, altrimenti chiunque giustificherebbe l’azione asserendo di essersi trovato in stato di grave turbamento, così da evitare il processo per eccesso di legittima difesa.
Bisogna invece che questo stato di cose venga riconosciuto in maniera obiettiva.
A ben guardare, dopo la riforma e fuori dal proprio domicilio, in tema di legittima difesa ed eccesso colposo, l’accertamento relativo alla scriminante della legittima difesa reale o putativa e dell’eccesso colposo continua ad essere effettuato con un giudizio “ex ante” calato all’interno delle specifiche e peculiari circostanze concrete che connotano la fattispecie da esaminare, tramite una valutazione di carattere relativo e non assoluto ed astratto, rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, cui spetta esaminare, oltre che le modalità del singolo episodio in sé considerato, tutti gli elementi fattuali antecedenti all’azione, anche in relazione a quelli che possano aver avuto concreta incidenza sull’insorgere dell’erroneo convincimento di dover difendere sé o altri da un’ingiusta aggressione.
È bene precisare come, nella ponderazione degli elementi a disposizione del Giudice, non potranno influire gli stati d’animo e i timori personali.
Dunque si delinea una fondamentale distinzione.
Se l’aggressione avviene nel proprio domicilio, rileverà lo stato di grave turbamento derivante dalla situazione di pericolo, il quale si ritiene sempre sussistente per il solo fatto dell’intrusione posta in essere, con la conseguenza che sarà scriminato chi commette un fatto in reazione ad un’aggressione ingiusta avvenuta all’interno del proprio domicilio, per la salvaguardia della propria o altrui incolumità.
Fuori dal domicilio, la scriminante della legittima difesa va esclusa non solo e non tanto per l’assenza di proporzione tra l’offesa e la reazione, ma soprattutto per la carenza del presupposto dell’ingiustizia dell’offesa, che non ricorre se l’azione criminosa è posta in essere ad esempio nell’ambito di un contesto di violenta contesa tra due gruppi. Così la legittima difesa non può essere invocata, quando il soggetto che si assume bisognevole di difesa si sia posto volontariamente con la sua stessa condotta in una posizione di pericolo per la sua incolumità, come nel caso di Tizio, che partecipa alla colluttazione fuori del locale con Caio e ne accetta la sfida. Nel caso in esame non è ravvisabile alcun errore scusabile della prevenuta sulla sussistenza delle condizioni legittimanti la legittima difesa, non può essere ravvisato neppure l’eccesso colposo, che può essere fondatamente invocato solo quando ricorrano i presupposti di effettiva sussistenza della scriminante di cui si eccedano colposamente i limiti.
Ciò perché la norma dell’art. 55 cod. pen. presuppone la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della scriminante.
Si è, infatti, ripetutamente affermato che l’eccesso colposo si verifica quando la giusta proporzione fra offesa e difesa venga meno per colpa, intesa come errore inescusabile, ovvero per precipitazione, imprudenza o imperizia nel calcolare il pericolo e i mezzi di salvezza, mentre si fuoriesce da esso tutte le volte in cui i limiti della necessità della difesa vengano superati in conseguenza di una scelta cosciente e volontaria, così trasformando la reazione in uno strumento di aggressione. I presupposti essenziali della legittima difesa sono costituiti quindi da un’aggressione ingiusta e da una reazione legittima: mentre la prima deve concretarsi nel pericolo attuale di un’offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocia nella lesione di un diritto (personale o patrimoniale) tutelato dalla legge, la seconda deve inerire alla necessità di difendersi, alla inevitabilità del pericolo e alla proporzione tra difesa e offesa.
L’eccesso colposo sottintende i presupposti della scriminante con il superamento dei limiti a quest’ultima collegati, sicché, per stabilire se nel fatto si siano ecceduti colposamente i limiti della difesa legittima, bisogna prima accertare la inadeguatezza della reazione difensiva, per l’eccesso nell’uso dei mezzi a disposizione dell’aggredito in un preciso contesto spazio temporale e con valutazione ex ante, e occorre poi procedere ad un’ulteriore differenziazione tra eccesso dovuto ad errore di valutazione ed eccesso consapevole e volontario, dato che solo il primo rientra nello schema dell’eccesso colposo delineato dall’art. 55 cod. pen., mentre il secondo consiste in una scelta volontaria, la quale comporta il superamento doloso degli schemi della scriminante.
Nemmeno è possibile, proprio in conseguenza della dinamica dell’azione criminosa, ritenere sussistenti i presupposti della legittima difesa putativa, alla luce dei parametri ermeneutici elaborati dalla Corte di legittimità, secondo la quale: «la legittima difesa putativa postula i medesimi presupposti di quella reale, con la differenza che nella prima la situazione di pericolo non sussiste obiettivamente ma è supposta dall’agente sulla base di un errore scusabile nell’apprezzamento dei fatti, determinato da una situazione obiettiva atta a far sorgere nel soggetto la convinzione di trovarsi in presenza del pericolo attuale di un’offesa ingiusta; sicché, in mancanza di dati di fatto concreti, l’esimente putativa non può ricondursi ad un criterio di carattere meramente soggettivo identificato dal solo timore o dal solo stato d’animo dell’agente» (Cass., Sez. 1, Sent. n. 3898 del 18/02/1997).
La giurisprudenza della Corte di Cassazione esclude quindi la sussistenza di un atteggiamento difensivo, ancorché putativo, sulla base di una ricostruzione corretta della dinamica dell’azione criminosa, osservando che tale esclusione discendeva dall’assenza di elementi dimostrativi di una reazione legittima dell’imputato conseguente all’aggressione ingiusta della persona offesa.
Per conseguenza, si ritiene che questo provvedimento, avendo introdotto la figura speciale della legittima difesa domiciliare nei limiti in cui opera un distinguo tra fatti di reato che si verificano all’interno del proprio domicilio e fatti che ne restano fuori, ed avendo specificato che solo all’interno del proprio domicilio rileva lo stato di grave turbamento, derivante sempre da una situazione di pericolo attuale, e non dalla convinzione di trovarsi in presenza di detta situazione, è sicuramente legittima e conforme alla legge e alla Costituzione.
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