Nel marzo di quest’anno, col Decreto Legislativo n° 24 / 2002, ha trovato attuazione nel nostro ordinamento l’importante Direttiva Europea 1999 / 44 / CE sulla “vendita e le garanzie dei beni di consumo”, attraverso l’introduzione nel Codice Civile, nel capo sul contratto di vendita del libro IV, dopo l’articolo 1519, degli articoli da 1519 – bis fino a 1519 – nonies.
Questi articoli, come di legge nel titolo del paragrafo che li racchiude, si riferiscono solo alla vendita di “beni di consumo”, intendendo per tali tutti i beni mobili, anche da assemblare, eccetto quelli oggetto di vendita forzata disposta dall’Autorità Giudiziaria, l’acqua, il gas e l’energia elettrica.
Questa Direttiva ed il suo provvedimento di attuazione, costituiscono un altro passo in avanti verso il completamento di un corpus di norme sulla tutela del consumatore, realizzato attraverso la ricezione nel nostro ordinamento di una serie di Direttive Europee, iniziato col DPR 224 / 1988 sulla responsabilità del produttore per danno da prodotti difettosi, proseguita coi Decreti Legislativi n° 50 / 1992 e 185 / 1999 sui contratti negoziati fuori dai locali commerciali e sulle vendite a distanza (in cui rientra anche il commercio elettronico), n° 74 / 1992 sulla pubblicità ingannevole, n° 111 / 1995 sulle vacanze “tutto compreso”, n° 115 / 1995 sulla sicurezza generale dei prodotti e le Leggi n° 52 / 1996 sulle clausole vessatorie nei contratti stipulati coi consumatori e n° 281 / 1998 sulla disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti.
Ad esse si aggiungeranno, presumibilmente entro un anno, i provvedimenti di attuazione delle Direttive 2000 / 31 / CE sul commercio elettronico e 1998 / 06 / CE sull’indicazione dei prezzi.
Torniamo ora ai contenuti del Decreto Legislativo n° 24 / 2002. In primo luogo, esso stabilisce (art. 1519 – ter) che il venditore (finale) ha l’obbligo di consegnare al consumatore (acquirente) “beni conformi al contratto di vendita”.
La cosa interessante è che è una delle prime volte, se non addirittura la prima, che viene utilizzato espressamente in un testo normativo italiano un concetto tipico della qualità dei prodotti e dei processi produttivi, quale quello di “conformità”, nel significato, in questo caso, “del bene al contratto di vendita”.
Come nelle norme volontarie (e quindi non giuridiche e cogenti) della qualità, l’articolo 1519 – ter, spiega che il bene di consumo è conforme al contratto se è idoneo all’uso a cui serve quel tipo di beni, è conforme alla descrizione fattane dal venditore (compresa quella delle sue prestazioni), anche attraverso l’esibizione di un campione o modello, presenta la qualità e le prestazioni che ci si può ragionevolmente aspettare dalla natura del bene o dalle dichiarazioni riportate su di esso e sulle sue qualità e prestazioni dagli strumenti o dai supporti della comunicazione aziendale (per esempio, in uno spot pubblicitario o su un depliant illustrativo o assicurate verbalmente dal venditore).
Il difetto di conformità comprende anche quello dell’installazione quando quest’ultima è compresa nel contratto di vendita ed è stata effettuata dal venditore o sotto la sua responsabilità.
L’articolo 1519 – quater stabilisce che “il venditore (finale) è responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene”. In caso di difetto di conformità il consumatore ha diritto al ripristino di essa, senza spese ed in un congruo (breve) termine, mediante riparazione o sostituzione del bene (salva l’impossibilità o l’eccessiva onerosità del rimedio rispetto al valore del bene) od alla riduzione del prezzo od alla risoluzione del contratto (esclusa, quest’ultima, solo nel caso di lieve entità del difetto).
L’articolo 1519 – quinquies prevede il diritto di regresso a favore del venditore finale, responsabile nei confronti del consumatore, qualora il difetto di conformità del bene sia imputabile ad uno o più altri soggetti della catena distributiva (il canale commerciale) o produttiva del bene (per esempio, il grossista, l’importatore od il produttore) entro un anno dall’esecuzione della prestazione dovuta per la garanzia a favore del consumatore – acquirente del bene difettoso.
La garanzia prevista dalla legge vale solo se il difetto di conformità del bene si manifesta entro il termine di due anni dalla consegna di esso (articolo 1519 – sexies).
Il consumatore ha l’obbligo di denunciare al venditore finale il difetto entro due mesi dalla sua scoperta, pena la decadenza della garanzia. La prescrizione dell’azione di garanzia è, pertanto, di ventisei mesi dalla consegna del bene.
Nel caso di beni usati, le parti possono limitare la durata della garanzia per un periodo di tempo non inferiore ad un anno (articolo 1519 – octies).
Oltre alla garanzia obbligatoria per legge, il venditore può offrire al o può concordare col consumatore una “garanzia convenzionale ulteriore” (articolo 1519 – septies) più ampia, che deve risultare per iscritto o su altro supporto duraturo ed accessibile al consumatore.
Infine, l’articolo 1519 – octies prevede la “nullità di qualsiasi patto, anteriore alla comunicazione al venditore del difetto di conformità, volto ad escludere o limitare, anche in modo indiretto, i diritti riconosciuti da queste norme”. Inoltre, “questa nullità può essere fatta valere solo dal consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal giudice”.
La nullità vale anche per quelle clausole contrattuali che, “prevedendo l’applicabilità al contratto della legislazione di un paese extracomunitario, privi il consumatore di questa garanzia, laddove il contratto presenti uno stretto collegamento col territorio di uno Stato membro dell’Unione Europea”, essenzialmente, quindi, nel caso in cui la consegna del bene venga fatta ad un consumatore (cittadino o meno di un paese comunitario) che in esso risieda, per un periodo abbastanza lungo (esclusi, quindi, i turisti), anche se non in via definitiva (classici i casi dello studente o del lavoratore temporaneo in un paese dell’Unione).
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