1. Gli obblighi coniugali previsti dall’art. 143 c.c. – 2.1 Il regime patrimoniale della famiglia: la separazione legale dei beni – 2.2 Segue. La comunione legale dei beni – 2.3 La comunione convenzionale dei beni
1. Gli obblighi coniugali previsti dall’art. 143 c.c.
Il codice civile, dopo aver disciplinato le modalità attraverso le quali si costituisce il vincolo matrimoniale, si sofferma sulla disciplina del vincolo. A tale proposito l’
art. 143 prevede 6 obblighi coniugali: anzitutto, l’obbligo di fedeltà[1]; l’obbligo di assistenza (ciascun conouge è obbligato ad assistere moralmente e materialmente l’altro); l’obbligo di collaborazione (i coniugi sono obbligati a collaborare nell’interesse della famiglia, ciascuno secondo le proprie sostanze e capacità, sacrificando i propri interessi individuali a favore delle esigenze del nucleo familiare); l’obbligo di coabitazione (dopo aver fissato, di comune accordo, la residenza della famiglia, entrambi i coniugi sono tenuti a convivervi)[2]; infine, l’obbligo di mantenimento della prole (così come per l’obbligo di collaborazioe, anche in questo caso è previsto che ciascun coniuge vi contribuisca secondo i propri mezzi economici e le proprie capacità).
2.1 Il regime patrimoniale della famiglia: la separazione legale dei beni
L’altro aspetto di grande interesse legato al regime del vincolo è quello del regime patrimoniale della famiglia. In proposito, esistono 3 tipologie di regime: separazione legale, comunione legale e comunione convenzionale.
Il regime di separazione legale era quello in vigore prima della riforma del diritto di famiglia. In base ad esso ciascun coniuge rimaneva esclusivo titolare dei beni di sua pertinenza e di ogni acquisto effettuato dopo il matrimonio, con diritto di amministrare il proprio patrimonio senza ingerenze da parte dell’altro coniuge.
Poiché dopo la riforma del diritto di famiglia il regime automatico è quello della comunione, se i coniugi intendono ricorrere a questo tipo di regime devono ricorrere ad una convenzione matrimoniale, in cui dichiarano espressamente per mezzo di atto pubblico di voler applicare questa disciplina.
2.2 La comunione legale dei beni
La nuova disciplina del diritto di famiglia, entrata in vigore nel 1975, ha previsto che il regime che si applica automaticamente ai coniugi sia quello della comunione.
La comunione legale non è una comunione universali di tutti i beni che appartengono ai coniugi. Ma, invece, distingue tra 3 categorie di beni: i
beni in comunione immediata (sono quei beni che diventano oggetto di comunione immediatamente, sin dal momento in cui vengono acquistati)[3]; i beni in comunione de residuo (sono quei beni che cadono in comunione soltanto al momento dello scioglimento della comunione stessa)[4]; i beni personali (sono quei beni che non entrano mai in comunione)[5].
L’amministrazione dei beni in comunione spetta disgiuntamente ad entrambi i coniugi. Esistono tuttavia alcune ipotesi in cui è necessaria l’amministrazione congiunta (es. ati che eccedono l’ordinaria amministrazione).
Gli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell’altro, e da questo non convalidati, subiscono due conseguenze: sono annullabili, se riguardano beni immobili o beni iscritti in pubblici registri; obbligano inoltre alla ricostituzione della comunione, qualora si tratti di beni mobili. Se non è possibile avere lo stesso bene mobile, allora si deve ricostituire la comunione per l’equivalente.
Infine, è possibile che si abbia scioglimento della comunione, nei casi menzionati dall’art. 191 cc: morte di uno dei coniugi; sentenza di divorzio; dichiarazione di assenza o morte presunta; annullamento del matrimonio; separazione personale legale tra i coniugi; fallimento di uno dei coniugi; convenzione matrimoniale per passare al regime di separazione; separazione giudiziale dei beni. Quest’ultima ipotesi la pronuncia il tribunale, su richiesta di uno dei coniugi, in alcuni casi particolari. Ad es. quando uno dei coniugi viene interdetto o inabilitato, oppure quando la condotta del coniuge è tale da arrecare danno ai beni in comunione.
2.3 La comunione convenzionale dei beni
Si è detto che con la convenzione matrimoniale i coniugi possono decidere di passare dal regime di comunione a quello di separazione. In realtà però nulla li obbliga a convenire non l’esclusione del regime di comunione, ma di predisporre una diversa disciplina. Questa è la ragione per cui si parla di comunione convenzionale.
Tuttavia, questo tipo di scelta non sarebbe valida allorquando: derogasse al principio per cui le quote di ciascun coniuge devono essere uguali; ovvero, derogasse al principio che l’amministrazione della comunione spetta ad entrambi i coniugi; oppure, ancora, ricomprendesse in comunione alcuni beni di uso strettmente personale (quelli destinati all’esercizio della professione ad esempio).
Gianluca Sgueo
[1] in passato l’infedeltà coniugale era sanzionata penalmente. Dopo la riforma del diritto di famiglia invece è un obbligo giuridico che, se viene infranto, può legittimare la richiesta di separazione
[2] L’interruzione della convivenza non costituisce una violazione dell’obbligo solamente se dipende da giusta causa, cioè quando la convivenza è divenuta intollerabile.
[3] gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio (esclusi i beni personali). Es. i mobili di casa. le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio gli utili e gli incrementi di aziende gestite da entrambi i coniugi, ma appartenenti ad uno solo di essi anteriormente al matrimonio
[4] Si tratta, più precisamente, dei redditi personali dei coniugi. Se questi redditi non sono consumati al momento in cui la comunione si scioglie, allora sono considerati oggetto della comunione e vanno divisi
[5] Il codice ne prevede numerosi, i più importanti sono: i beni di cui il coniuge era titolare prima del matrimonio; i beni acquisiti da un coniuge dopo il matrimonio per effetto di donazione o successione testamentaria (salvo che non siano stati attribuiti espressamente alla comunione); i beni di uso strettamente personale; i beni che servono all’esercizio della professione del coniuge.
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