La disciplina della competenza per territorio del Giudice Civile e la sua applicazione nel procedimento di mediazione dopo il Decreto-Legge 69/2013

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Esaminiamo brevemente la disciplina della competenza per territorio che si applica anche al procedimento di mediazione dopo il c.d. “Decreto del fare”, il Decreto-Legge n° 69 del 2013 (per la precisione, l’articolo 84 di questo Decreto), convertito in Legge n° 98 del 2013.

Questo criterio di competenza giurisdizionale, disciplinato dagli articoli da 18 a 30-bis del Codice di Procedura Civile, si basa sul rapporto tra territorio e Giudice che vi esercita la propria giurisdizione e costituisce il criterio di ripartizione delle cause fra i Giudici dello stesso tipo, anche al fine di rendere più agevole, dal punto di vista logistico, la difesa delle parti. Essendo stabilita nell’interesse di queste ultime, la competenza per territorio è generalmente derogabile per mezzo di un accordo fra le parti che deve riferirsi ad uno o più affari determinati e risultare da atto scritto. Questo principio, fissato dagli artt. 28 e 29 c.p.c., riteniamo che valga anche per il procedimento di mediazione.

La competenza territoriale non può essere derogata, anche nella mediazione, nelle ipotesi tassativamente elencate dall’art. 28 c.p.c., vale a dire:

  • nei procedimenti di esecuzione forzata (quindi quando una parte dà esecuzione al verbale di conciliazione omologato dal Giudice ai sensi dell’art. 12 del Dlgs 28/2012. Ricordiamo che per l’esecuzione su cose mobili o immobili è competente il Giudice del luogo dove le cose si trovano, per l’espropriazione di crediti è competente il Giudice dove risiede il terzo debitore, per l’esecuzione degli obblighi di fare e di non fare è competente il Giudice del luogo dove l’obbligo deve essere adempiuto, ai sensi dell’art. 26 c.p.c.) e di opposizione alla stessa (per la quale è competente sempre il Giudice del luogo dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 27 c.p.c.);

  • nei procedimenti cautelari e possessori;

  • nei procedimenti in camera di consiglio;

  • nei casi in cui l’inderogabilità sia espressamente prevista dalla legge, per esempio ed in primo luogo per l’importanza dei rapporti di consumo come materia di mediazione, l’art. 63 del Decreto Legislativo n° 206 del 2005, il “Codice del consumo”, che prevede la competenza territoriale inderogabile del Giudice del luogo di residenza e di domicilio del consumatore, se ubicati nel territorio dello Stato, per le controversie relative ai contratti a distanza ed a quelli stipulati fuori dai locali commerciali tra un consumatore ed un professionista (cioè un operatore economico professionale, impresa o libero professionista)1;

  • in secondo luogo nelle cause in materia di locazione o comodato di immobili urbani e di affitto di aziende (artt. 21 e 447-bis, 2° comma, c.p.c.).

 

Gli uffici giudiziari territorialmente competenti (c.d. “fori”) e, di conseguenza, gli organismi di mediazione competenti si distinguono in:

  1. foro generale che è quello davanti al quale un qualsiasi soggetto può essere convenuto per qualsiasi controversia che non sia espressamente assegnata dalla legge ad un altro foro. Per esso si distingue tra:

  • foro generale delle persone fisiche che è quello dove il convenuto ha la residenza, il domicilio o la dimora. Se questi sono sconosciuti, è competente il Giudice dove risiede l’attore (art. 18 c.p.c.);

  • foro generale delle persone giuridiche che è quello dove si trova la sede legale o uno stabilimento o un rappresentante autorizzato a stare in giudizio (che ha, cioè, la rappresentanza processuale dell’ente) della persona giuridica convenuta. Per gli enti che non hanno personalità giuridica (associazioni non riconosciute, comitati, società di persone) il foro competente è quello dove l’ente svolge la sua attività in modo continuativo (c.d. “sede effettiva”) (art. 19 c.p.c.);

 

  1. fori speciali, che valgono solo per le controversie in determinate materie previste dalla legge e precisamente:

  • foro facoltativo per le cause relative a diritti di obbligazione: è quello del luogo dove è sorta o deve eseguirsi una obbligazione. L’attore ha, quindi, la facoltà di citare il convenuto, oltre che nel foro generale, anche in quello dove è sorta o deve eseguirsi l’obbligazione (art. 20 c.p.c.);

  • foro esclusivo delle cause relative a diritti reali immobiliari e/o azioni possessorie: è, rispettivamente, quello del luogo in cui è ubicato l’immobile e quello sempre del luogo dove è avvenuto il fatto denunciato con l’azione possessoria (art. 21 c.p.c.). Non si applica il foro generale di cui sopra ed il foro speciale è derogabile dall’accordo delle parti, salvo le eccezioni di cui all’art. 28 c.p.c.;

  • foro esclusivo per le cause ereditarie: è quello del luogo in cui si ha l’apertura della successione (art. 22 c.p.c.);

  • foro esclusivo per le cause tra soci e condomini: è quello del luogo dove ha sede la società o dove si trova la maggior parte dei beni condominiali (art. 23 c.p.c.);

  • foro esclusivo delle gestioni tutelari e patrimoniali: è quello del luogo dove è esercitata la tutela o l’amministrazione patrimoniale (art. 24 c.p.c.);

  • foro della Pubblica Amministrazione: è quello del luogo dove ha sede l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato nel cui distretto si trova il Giudice che sarebbe territorialmente competente secondo le regole ordinarie. Quando l’Amministrazione è convenuta tale distretto si determina con riguardo al Giudice del luogo in cui è sorta o deve essere eseguita l’obbligazione o quello in cui si trova la cosa mobile o immobile oggetto della domanda (o istanza di mediazione) (art. 25 c.p.c.).

 

1 A questo proposito segnaliamo pure che, ai sensi dell’art. 33, 2° comma, lettera u) del Dlgs 206/2005, nei giudizi tra consumatore e professionista e, di conseguenza, anche nei procedimenti di mediazione tra questi due soggetti, il foro esclusivamente competente è quello in cui il consumatore ha la sua residenza o il domicilio elettivo. Tale foro può essere volontariamente derogato dalle parti se queste, nel contratto che stipulano, inseriscono una clausola che abbia costituito l’oggetto di una specifica trattativa tra loro (4° comma dell’art. 34 del Dlgs 205/2006). In caso contrario la clausola è ritenuta vessatoria ai sensi dell’art. 33 e quindi nulla ai sensi dell’art. 36 dello stesso Decreto. La prova che vi sia stata questa trattativa specifica incombe sempre sul professionista.

Visconti Gianfranco

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