La distinzione tra organi politici e apparato burocratico nell’illecito amministrativo

Recentemente una sentenza della I sezione civile della Corte di Cassazione ha chiarito gli effetti del principio di distinzione tra politica e gestione, che pervade almeno dal 1990 la pubblica amministrazione, ed i suoi effetti nell’ambito dell’imputabilità delle sanzioni amministrative (ma il principio è uguale per le sanzioni penali). Si tratta della sentenza n. 21010 del 27 settembre 2006 con la quale si è cassata la sentenza del Tribunale di Alessandria del 1° giugno 2001 che rigettava, a sua volta, cinque ricorsi in opposizione ad ordinanze ingiunzione dell’ASL n. 20 del Piemonte irrogatrici di sanzioni pecuniarie a carico dell’assessore ai lavori pubblici del Comune di Alessandria per violazione dell’articolo 29 del D.P.R. 26 marzo 1980, n. 327 (precetto) e articolo 17 della legge 30 aprile 1962 n. 283 (clausola sanzionatoria) in materia di igiene degli alimenti. In sostanza il Nucleo Anti Sofisticazione dei Carabinieri accertava a carico dell’assessore ai lavori pubblici di avere tollerato che il servizio di refezione scolastica presso alcune scuole venisse effettuato ancorché i locali a ciò adibiti presentassero evidenti carenze igienico sanitarie (scrostature e annerimenti delle pareti, difetto di idonea tinteggiatura, mancanza di alcune piastrelle nei rivestimenti, presenza di lavelli da sostituire, ecc.). Presentato, secondo le procedure della legge 24 novembre 1981, n. 689 il rapporto ex articolo 17 alla competente Azienda Sanitaria Locale, quest’ultima irrogava le sanzioni pecuniarie con 5 diverse ordinanze ingiunzioni. Come si è visto, presentati i ricorsi al Tribunale di Alessandria, quest’ultimo rigettava le opposizioni ritenendo corretta l’individuazione dell’assessore quale soggetto a cui imputare le omissioni in virtù della delega attribuitagli dal sindaco non soltanto “di firma” ma anche di “funzioni” e pertanto idonea, secondo il Tribunale, a trasferire ogni responsabilità al delegato.
Tra i quattro motivi di ricorso ci si soffermerà su quello che interessa, ovvero il terzo. In base a tale motivo di ricorso il Tribunale avrebbe violato o falsamente applicato l’articolo 51 della legge 8 giugno 1990, n. 142 e alcune norme dello Statuto del Comune di Alessandria per avere ritenuto che della carente manutenzione degli edifici scolastici dovessero essere chiamati a rispondere gli organi elettivi e di vertice del Comune e segnatamente il sindaco o, a seguito di delega di funzioni, l’assessore. Con la sentenza in esame la Cassazione, anche richiamando proprie precedenti pronunce della giurisprudenza penale, coglie l’occasione per “colpire” un tipico malcostume degli organi accertatori di sanzioni: l’individuazione aprioristica e priva di ogni analisi critica del trasgressore quando una determinata fattispecie contenente un illecito amministrativo vada in qualche modo fatta ricadere su una persona fisica da individuarsi nell’ambito di una persona giuridica. Il caso tipico è proprio quello in esame. Rilevato che la manutenzione e quindi la buona tenuta igienico sanitaria di plessi scolastici spetta al comune, e posto che l’illecito amministrativo va imputato ad una persona fisica per i principi generali della legge 24 novembre 1981, n. 689 (recante “Modifiche al sistema penale”) modellata sul sistema penalistico della responsabilità personale, si trattava di individuare il responsabile delle omissioni. Nulla di più semplice di individuare il sindaco o comunque l’assessore delegato a quella particolare materia o funzione (nella fattispecie i lavori pubblici).
In verità gli organi accertatori e le autorità che emanano le ordinanze ingiunzioni spesso non tengono conto del principio di separazione tra compiti degli organi politici (indirizzo e controllo) e compiti dei dirigenti (gestione). La Cassazione ribadisce bene il concetto rilevando come “le funzioni degli organi politici di governo dell’ente locale sono tendenzialmente destinate a muoversi negli ambiti esclusivi, da un lato, dell’indirizzo politico – amministrativo (tramite fissazione degli obiettivi, delle priorità e ei piani di massima) e, dall’altro, del controllo dei risultati; mentre la concreta gestione amministrativa – attuata mediante organizzazione delle risorse umane, finanziarie e materiali   in vista del conseguimento delle finalità e degli obiettivi indicati dagli organi di direzione politica – rimane riservata, con connotati di autonomia e di piena assunzione di responsabilità, all’apparato burocratico, che vede al suo vertice le figure dirigenziali”.
Il riferimento normativo risale, in origine, al 1990, anno di profonda innovazione (o meglio rivoluzione) della pubblica amministrazione. L’articolo 51 della legge n. 142 del 1990 recante l’ordinamento degli enti locali, fissava infatti il principio per cui “i poteri di indirizzo e controllo spettano agli organi elettivi mentre la gestione amministrativa è attribuita ai dirigenti” (comma 2). Il comma 3 disponeva poi che “spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l’adozione di atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, che la legge o lo statuto espressamente non riservano agli organi di governo dell’ente”. Il comma 4, infine, disponeva che “i dirigenti sono direttamente responsabili, in relazione agli obiettivi dell’ente, della correttezza amministrativa della gestione”. Tale principio venne poi ripreso nel d.lgs 3 febbraio 1993, n. 29 (sulla cosiddetta “privatizzazione del pubblico impiego”). L’articolo 3 del decreto legislativo, intitolato “Indirizzo politico-amministrativo; funzioni e responsabilità dei dirigenti” temperato con l’introduzione del principio civilistico della responsabilità in solido (articolo 6) introducendo una sorta di figura di garante dell’adempimento della prestazione pecuniaria sanzionatoria (l’obbligato in solido) con diritto di rivalsa nei confronti del trasgressore. Ricorrendo la casistica, da considerarsi tassativa, dell’articolo 6 della legge n. 689/81 il comune, quale persona giuridica, potrebbe trovarsi indicato quale obbligato in solido con l’autore della violazione al pagamento della somma dovuta a titolo di sanzione amministrativa.disponeva infatti che”1. Gli organi di direzione politica definiscono gli obiettivi ed i programmi da attuare e verificano la rispondenza dei risultati della gestione amministrativa alle direttive generali impartite. 2. Ai dirigenti spetta la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa, compresa l’adozione di tutti gli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane e strumentali e di controllo. Essi sono responsabili della gestione e dei relativi risultati.” Tali principi sono poi refluiti nell’articolo 107 del d.lgs 18 agosto 2000, n. 267 recante il testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali. Il comma 1 infatti dispone che “Spetta ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai regolamenti. Questi si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo”. Dai principi sopra riportati la Cassazione fa correttamente discendere la conseguenza che non si possa acriticamente e automaticamente imputare agli organi di politici di governo (in specie sindaco ed assessori) di un comune qualsiasi violazione di norme sanzionata penalmente o per via amministrativa verificatasi nell’ambito dell’attività dell’ente locale qualora esista una struttura burocratica dotata di autonomia decisionale e potere di spesa. La Cassazione va però oltre rilevando che una responsabilità dell’organo politico sarebbe configurabile solamente qualora le violazioni da cui scaturisce la sanzione fossero riconducibili proprio a quei compiti di indirizzo e programmazione appartenenti all’organo politico. E’ cioè evidente che, per tornare al caso del comune di Alessandria, se l’organo politico non avesse provveduto in nessun modo a mettere a disposizione dei fondi di bilancio per la voce di spesa relativa alle manutenzioni   dei plessi scolastici, il dirigente si sarebbe trovato impossibilitato a provvedere e pertanto la responsabilità correttamente sarebbe ricaduta sull’organo politico. Oppure, prosegue la Cassazione, la responsabilità del politico sarebbe configurabile se avvertito e sollecitato ad intervenire su quella specifica problematica dalla quale scaturisce la violazione (penale o amministrativa) questi, pur essendo in potere di intervenire, se ne astiene. O ancora, dimostrato che l’organo politico era a conoscenza delle inadempienze dell’apparato burocratico, non interviene nell’ambito dei suoi poteri di vigilanza. Al di fuori di situazioni che possono direttamente essere imputabili all’organo politico vale il principio che la gestione tecnico- amministrativa dell’ente spetta al dirigente competente che ha potere di firma e di spesa. Naturalmente questo tipo di accertamento di individuazione della responsabilità può essere difficoltoso per un organo accertatore ma certamente la difficoltà di dovere risalire al dirigente competente o di compiere un’ulteriore istruttoria sul soggetto a cui imputare l’infrazione amministrativa (o il reato) non può essere aprioristicamente superata individuando sindaco o assessore quale soggetto trasgressore. Si ricorderà infatti che in materia di illeciti amministrativi, come di sanzioni penali, è sempre necessario l’elemento soggettivo della colpa o del dolo per il perfezionamento di fattispecie da cui scaturiscono sanzioni amministrative o penali. Se mai, anche se la sentenza di Cassazione in esame tace sul punto, può essere verificata l’applicabilità al singolo caso di specie dell’articolo 6 della legge n. 689/81. Come noto, infatti, il legislatore del 1981 ha scelto la strada della responsabilità personale in chiave simil-penalistica anche per le sanzioni pecuniarie amministrative evitando di introdurre a quel tempo il diverso principio della responsabilità delle persone giuridiche. Tale rigoroso principio venne però
 
Torino, 23 maggio 2007
 
 
Roberto Gandiglio 
Dirigente Settore Regolamentazione Sanzioni Contenzioso Sanità
Città di Torino
 

Gandiglio Roberto

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