La diversa qualificazione giuridica dei fatti già acquisiti al processo non ostacola accoglimento in appello

Non sussiste violazione né del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, stabilito dall’art. 112 cod. proc. civ., né del principio del divieto del ius novorum in appello, stabilito dall’art. 345 dello stesso codice, nell’ipotesi in cui il giudice di appello, nel rispetto dei termini della controversia delineati in primo grado, accolga la domanda sulla base di una diversa qualificazione giuridica dei fatti, già implicitamente o esplicitamente acquisiti al processo.

Decisione: Ordinanza n. 1244/2019 Cassazione Civile – Sezione VI

Il potere – dovere del giudice di qualificare giuridicamente l’azione e di attribuire il nomen iuris al rapporto giuridico sostanziale dedotto in giudizio, anche in difformità rispetto alle deduzioni delle parti, trova un limite – la cui violazione determina il vizio di ultrapetizione – nel divieto di sostituire l’azione proposta con una diversa, perché fondata su fatti diversi o su una diversa “causa petendi”, con la conseguente introduzione di un diverso titolo accanto a quello posto a fondamento della domanda, e di un nuovo tema di indagine.

Non sussiste violazione né del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, stabilito dall’art. 112 cod. proc. civ., né del principio del divieto del ius novorum in appello, stabilito dall’art. 345 dello stesso codice, nell’ipotesi in cui il giudice di appello, nel rispetto dei termini della controversia delineati in primo grado, accolga la domanda sulla base di una diversa qualificazione giuridica dei fatti, già implicitamente o esplicitamente acquisiti al processo.

Osservazioni

Il caso oggetto di ricorso riguardava una controversia contrattuale, in cui il compratore aveva esercitato il recesso unilaterale (che comportava il pagamento di una somma come corrispettivo, oltre al risarcimento del danno), e in primo grado il Tribunale dichiarava risolto il contratto per inadempimento dell’acquirente..

Il Giudice di appello confermava la sentenza di primo grado, ma riqualificava l’azione proposta non come inadempimento, ma come domanda intesa a far valere il pagamento della multa penitenziale stabilita per il recesso convenzionale unilaterale.

Per la Suprema Corte, la Corte d’Appello, attenendosi a quelle che erano le richieste avanzate dall’attrice, e tenuto conto dell’allegazione dei fatti operata in citazione, con la soluzione raggiunta nella sentenza gravata non ha in realtà introdotto nel giudizio nuovi elementi di fatto, ma si è limitata ad offrire una diversa qualificazione giuridica a quei fatti che erano stati appunto posti a fondamento della domanda, dovendo quindi escludersi la ricorrenza del dedotto vizio di extra petizione.

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Giurisprudenza rilevante

  1. Cass. 8082/2005
  2. Cass. 4744/2005
  3. Cass. 3337/1981

Disposizioni rilevanti.

Codice di procedura civile

Vigente al: 02-02-2019

Art. 112 – Corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato

Il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa; e non può pronunciare d’ufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti.

Art. 345 – Domande ed eccezioni nuove

Nel giudizio d’appello non possono proporsi domande nuove e, se proposte, debbono essere dichiarate inammissibili d’ufficio. Possono tuttavia domandarsi gli interessi, i frutti e gli accessori maturati dopo la sentenza impugnata, nonché il risarcimento dei danni sofferti dopo la sentenza stessa.

Non possono proporsi nuove eccezioni, che non siano rilevabili anche d’ufficio.

Non sono ammessi i nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile. Può sempre deferirsi il giuramento decisorio.

Graziotto Fulvio

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