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Premesso che la presente riflessione concerne le regioni a statuto ordinario, rileviamo che la durata del consiglio regionale deve essere individuata nell’ambito della legislazione statale, secondo le previsioni esplicite contenute nel novellato art.122 cost.
L’art.3 della legge 17 febbraio 1968, n. 108 ha già stabilito, come è noto, la durata quinquennale dei consigli regionali ed ha statuito il principio di discontinuità degli stessi (principio attenuato nella prassi a seguito dell’interpretazione fornita, nei vari anni, dalla Corte costituzionale). Anche se, in vigenza dell’originario testo dell’art.122 Cost., “prima che fossero costituite le regioni di diritto comune, era stato affermato in dottrina che gli statuti ordinari avrebbero potuto regolare non solo l’assetto ma anche la durata del consiglio regionale sicché sarebbero stati ammissibili secondo le varie regioni, diversi momenti di scadenza dell’organo rappresentativo” (Paladin,in Diritto regionale,Cedam 1997, pag. 320 e ss.).
In particolare, la citata normativa ha stabilito quanto segue:
I consigli regionali si rinnovano ogni cinque anni e il quinquennio decorre per ciascun consiglio dalla data delle elezioni;
I consigli regionali esercitano le loro funzioni fino al 46° giorno antecedente alla data delle elezioni per la loro rinnovazione.
Il comma 2, del citato art.3, della legge n.108/1968 ha introdotto, a ben vedere, una sorta di reductio potestatis per i consigli regionali nei 45 giorni antecedenti la data delle elezioni.
Successivamente, la legge statale 2 luglio 2004, n. 165, recante “Disposizioni di attuazione dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione”, all’articolo 5, ha disposto quanto segue: “Gli organi elettivi delle regioni durano in carica per cinque anni, fatta salva, nei casi previsti, l’eventualità dello scioglimento anticipato del Consiglio regionale. Il quinquennio decorre per ciascun Consiglio dalla data della elezione.“
Premettiamo che il novellato art. 122 cost., ha scorporato, all’interno della materia “forma di governo”, affidata alla competenza regionale statutaria (123 cost.), “il sistema elettorale”, ed ha attribuito alla legge regionale, precisamente, il sistema di elezione, i casi di ineleggibilità ed incompatibilità del Presidente, dei componenti della Giunta nonché dei consiglieri regionali, nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge dello Stato che fissa, anche, la durata degli organi elettivi. Il sistema elettorale ricade, quindi, nella competenza concorrente regionale.
Ciò premesso, la citata legge n. 165/2004, nel confermare la durata quinquennale del consiglio, già prevista dall’articolo 3 della legge n. 108 del 1968, ed estenderla a tutti gli organi elettivi, non ha, però, richiamato la deroga ivi contenuta, e, precisamente, quella prevista al comma 2, del citato art.3, secondo il quale, i consigli regionali esercitano le loro funzioni fino al 46° giorno antecedente alla data delle elezioni per la loro rinnovazione.
Pertanto appare fondato ipotizzare, da parte di qualche autore, che il mancato richiamo della citata deroga, abbia comportato l’abrogazione implicita dell’art.3, comma 2, della legge n.108/1968. Tale abrogazione, però, non produce effetti immediati in quanto l’articolo 5 della legge costituzionale n.1/1999 (Olivetti, in “Giornale di diritto amministrativo” n.1/2005, pag.12 e ss.), ha costituzionalizzato, in via transitoria e fino all’adozione dei nuovi statuti e delle leggi elettorali, il sistema elettorale introdotto con la legge n. 43 del 1995 di modifica della legge n. 108 del 1968.
La stessa Corte costituzionale, nella sentenza n.196/2003 dà atto che l’articolo 5 della legge costituzionale n.1/1999, ha in qualche misura irrigidito in via transitoria le disposizioni di legge ordinaria vigenti in materia di elezioni dei consigli regionali.
L’art.5 della legge n.165/2004 spiegherebbe, allora, i suoi effetti, al momento, solo a favore delle regioni che hanno già approvato i nuovi statuti e che, in ragione di ciò, non devono conformarsi al regime giuridico transitorio stabilito dall’art.5 della legge cost. n.1/1999.
Con riferimento al citato articolo 5 della legge costituzionale n.1/1999, si è giustamente precisato che “si è in presenza di una formulazione barocca che viene a costituzionalizzare il vigente sistema elettorale regionale(…)una delle caratteristiche delle leggi costituzionali è la loro resistenza a modifiche che si volessero introdurre con la legislazione ordinaria e la loro conseguente modificabilità solo ad opera di leggi costituzionali(…)In questo senso si afferma nella fattispecie innanzi indicata che il vigente sistema elettorale delle regioni a statuto ordinario è stato costituzionalizzato. Esso infatti, fino alla data di entrata in vigore dei nuovi statuti regionali e della nuova legge regionale non può essere modificato con legge ordinaria”(Saporito – Napolitano in “Istituzioni di diritto regionale”, Cedam, 2001, pag. 43 ss).
Appare anche lecito, comunque, dubitare circa la collocazione della norma relativa all’anticipato depotenziamento del Consiglio, nella materia ”sistema elettorale”. Infatti, la citata norma, a ben vedere, non costituisce una norma di dettaglio del sistema elettorale, in quanto disciplina il contenuto dei poteri di un organo elettivo. In ragione di ciò, dovrebbe essere estranea al corpus normativo ingessato dal regime transitorio sopra indicato e dovrebbe ritenersi caducata per le ragioni anzidette.
Da altra angolazione, si osserva che “ il passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento – secondo lettura risalente agli albori del controllo di costituzionalità – è regolato dal principio di continuità. Di conseguenza la disciplina statale elettorale (come, del resto, tutta – o quasi tutta – la legislazione statale e regionale esistente) resta in vigore sino a quando le regioni non avranno adottato le leggi elettorali” (Morrone in Sistema elettorale e “prorogatio” degli organi regionali, Le Regioni, numero 6, novembre-dicembre 2003, pp. 1269-1279).
E’ interessante verificare, a questo punto, se, ed eventualmente con quali modalità, le Regioni dotate dei nuovi statuti e delle nuove leggi elettorali, hanno affrontato questa problematica.
Alcune Regioni nell’ambito della legge elettorale hanno già risolto definitivamente la questione qui accennata, prevedendo espressamente la non applicabilità, nell’ambito regionale, dell’art.3, comma 2, della legge n.108/1968 in materia di anticipata cessazione delle funzioni consiliari.
In questo senso, si sono mosse già alcune leggi regionali. L’art. 17 della legge elettorale della Regione Toscana del 23 dicembre 2004, n. 74 ha stabilito la “cessazione” del secondo comma dell’articolo 3 della legge 108/1968. La legge elettorale della Regione Puglia (approvata il 26 gennaio 2005) e quella della Regione Lazio (legge n.2/2005) hanno parimenti sostituito il secondo comma dell’articolo 3 della legge 108/1968, con diversa disposizione.
Queste regioni, al fine di prevenire incertezze interpretative hanno inteso, probabilmente applicare le regole discendenti dal principio di continuità secondo il quale le leggi statali mantengono la loro efficacia fino a quando non sono sostituite da leggi regionali. Intendiamo alludere, qui alle leggi statali previgenti rispetto alla riforma costituzionale, in quanto lo Stato nelle materie di competenza regionale concorrente, quale quella relativa al sistema elettorale,non può più emanare legislazione di dettaglio cedevole rispetto alla futura normazione regionale. Il presidente Ciampi, ricorda Tucciarelli, (in “L’insostenibile leggerezza della legge (statale). Note a margine della legge 2 luglio 2004, n. 165, “I Comuni” n.10/2004, Maggioli, pag. 43) in un messaggio di rinvio alle Camere di una proposta di legge in materia elettorale, evidenziava che “lo Stato non può invadere competenze legislative regionali neppure attraverso la clausola di cedevolezza”.
Per le regioni sopra menzionate, da subito, il consiglio (il presidente e la giunta) non subirà alcuna reductio potestatis nei 45 giorni antecedenti alla data delle elezioni.
La legge elettorale della Regione Marche (legge n.27/2004),invece, non contiene riferimenti in merito, ma il nuovo statuto regionale, all’art 29, dispone che il consiglio esercita poteri limitati agli atti indifferibili e urgenti a partire dal quarantacinquesimo giorno antecedente alla data delle elezioni conseguenti alla scadenza naturale della legislatura. La limitazione dei poteri è estesa anche al presidente e alla giunta.
Al momento, la Regione Marche è l’unica regione, tra quelle che hanno promulgato lo statuto, che in controtendenza con le scelte compiute dalle altre regioni, autolimita le funzioni consiliari, presidenziali e giuntali, nelle more della competizione elettorale.
La Regione Marche, probabilmente, ha ritenuto, diversamente dalle altre regioni, che il depotenziamento anticipato del consiglio debba riguardare la forma di governo regionale e, coerentemente a questo assunto, ha normato la fattispecie in sede statutaria.
Non si può non osservare, tenuto conto del rigido riparto di competenze tra statuto e legge elettorale, ribadito più volte dalla stessa Corte costituzionale, che le richiamate opzioni di politica legislativa compiute dalle predette regioni, forse, non dovrebbero essere tutte ugualmente ammissibili; nel senso che, se la materia dell’anticipato depotenziamento del consiglio, è inerente al sistema elettorale, la previsione statutaria della Regione Marche potrebbe, a rigore, non essere legittima per violazione del criterio di riparto tra le fonti regionali ex articolo 122 cost.
Al contrario, se la materia, invece, è inerente alla forma di governo regionale ( come noi pensiamo) la Regione Marche ha ben operato, e la norma statale, a questo punto, dovrebbe ritenersi estranea al sistema elettorale.
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In conclusione, nelle more della competizione elettorale, si registra, nella materia de qua un regime differenziato tra le regioni a statuto ordinario:
le regioni che hanno approvato il nuovo statuto e la nuova legge elettorale, dovranno applicare la legge n.165/2004, quale disposizione attuativa dell’art.122 cost.; i relativi consigli regionali, non dovranno subire conseguentemente l’anticipato depotenziamento nei 45 giorni antecedenti la data delle elezioni, in quanto tale reductio potestatis non è più contemplata dalla legge n.165/2004 (tesi dell’abrogazione implicita). Alcune regioni hanno preferito invece, espressamente, disporne l’inapplicabilità in ambito regionale (tesi che recepisce il principio di continuità delle norme statali di dettaglio previgenti rispetto alla riforma del titolo V), fatta eccezione per la regione Marche che l’ha sostanzialmente confermata in sede statutaria;
le regioni a statuto ordinario che non hanno ancora approvato il nuovo statuto e la nuova legge elettorale, dovranno applicare, invece, il regime transitorio ex art.5 della legge costituzionale n.1/1999 e non potranno tener conto della legge n.165/2004; i relativi consigli dovranno subire l’anticipato depotenziamento nei 45 giorni antecedenti la data delle elezioni, in quanto previsto dalla legge n.108/1968.
In altri termini, fino a quando le regioni non approvano la legge elettorale (prima tesi) o il nuovo statuto (seconda tesi) trova applicazione quanto previsto dalla legge n.108/1968, art.3, secondo comma.
Le regioni che ancora non hanno approvato i nuovi statuti e le nuove leggi elettorali, per esigenza di certezza giuridica, dovrebbero cogliere l’occasione offerta dal rinnovo delle fonti regionali per disciplinare con chiarezza la fattispecie in esame
* Consulente giuridico presso la Pubblica Amministrazione
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