Danni da precipitazioni atmosferiche
I cambiamenti climatici che caratterizzano i nostri giorni e che notoriamente sono responsabili di quelle intense precipitazioni, alle quali sempre più spesso assistiamo in una condizione di impotenza e, nello stesso tempo, di coscienza della loro acquisita normalità, possono avere una decisiva incidenza nell’escludere il caso fortuito o la forza maggiore, nel contesto di quell’accertamento volto a riconoscere o meno la responsabilità del custode ex art.2051cc.
Come è noto, il caso fortuito va inteso come mancanza di colpa del custode, pur sussistendo il nesso causale, laddove la forza maggiore va intesa come impedimento che derivi da cause esterne e che non sia imputabile all’agente.
Caso fortuito e forza maggiore costituiscono fattori idonei a recidere il nesso causale fra la condotta del custode e l’evento dannoso provocato dalla cosa che il custode stesso ha l’obbligo di mantenere e controllare ex art. 2051 CC.: ma essi non possono dirsi integrati da un intensa ed improvvisa precipitazione atmosferica che, allagando una strada comunale , ha provocato gravi danni a terzi
Tale conclusione si ricava dal contenuto di una recente sentenza della Cassazione del 28/07/2017 n° 18856 Sez. VI, Presidente Raffaele Frasca, Relatore L. A. Scarano, la quale ha ritenuto in pratica responsabile il Comune per non aver adempiuto agli obblighi di custodia in un caso in cui l’autorimessa di un Tizio era stata inondata da acqua e fango, provocando ingenti danni, a seguito di un allagamento della strada dovuto ad un forte temporale del 30/07/2002, considerandosi non più un fatto imprevedibile ed eccezionale tale da poter integrare l’ipotesi della esimente del caso fortuito o della forza maggiore.
La decisione della S.C., ha il pregio di ricostruire, attraverso un percorso motivazionale asciutto ma efficace, il c.d. stato dell’arte in materia di responsabilità per danni causati dalla cosa in custodia ex art. 2051 cc ed in particolare per quei pregiudizi provocati dalla omessa o insufficiente manutenzione delle strade, sia pubbliche che private e loro pertinenze, di cui rispondono non solo il proprietario, ma anche il possessore, il detentore o il concessionario, in ragione del particolare rapporto con la cosa che ai medesimi deriva, tenuto conto degli obblighi di manutenzione su di loro gravanti: gestione e pulizia, controllo tecnico di efficienza, apposizione e manutenzione della segnaletica prescritta.
Ed invero, viene sottolineato, nella pronuncia de qua, che chi invoca la responsabilità deve provare che i danni subiti derivano dalla cosa, ossia che essi sono stati provati “per il fatto della cosa”, laddove quest’ultima non deve rappresentare una mera occasione del processo produttivo del danno, ma essa stessa deve essere causa o concausa sia per sua intrinseca natura, ovvero per l’insorgenza in essa di agenti dannosi (cfr Cass. 5031/1998, Cass. 4480/2001, Cass. 3651/2006, Cass. 3662/2013).
L’onere probatorio
In questo senso, la prova consiste nella dimostrazione del verificarsi dell’evento dannoso e del suo rapporto di causalità con la cosa in custodia.
Tale onere probatorio può essere assolto anche per mezzo di presunzioni , considerato che “la prova del danno è di per sé indice della sussistenza di un risultato anomalo e cioè della obiettiva deviazione dal modello di condotta improntato ad adeguata diligenza che normalmente evita il danno”(v. anche Cass. 3651/2006).
Sotto tale profilo, la fattispecie di cui all’art. 2051 CC, integra una ipotesi di responsabilità presunta che, facendo eccezione alla regola generale di cui al combinato disposto dagli artt. 2043 e 2697 CC, la connota di un criterio di inversione dell’onere probatorio imponendo al custode, presunto responsabile, di dare eventualmente la prova liberatoria , costituita dal fortuito nel quale viene ricompreso anche il fatto del danneggiato. Ma questa di per sé sola non è sufficiente ad escludere la responsabilità ex art. 2051 CC. Detta presunzione deriva al custode in ragione dei poteri che la particolare relazione con la cosa gli attribuisce, cui fanno riscontro corrispondenti obblighi di vigilanza, controllo e diligenza (quest’ultimi impongono al medesimo di adottare tutte le misure idonee a prevenire ed impedire la produzione di danni a terzi) ed adeguati in relazione alla natura e funzione delle cosa ed alle circostanze del caso concreto. Con la conseguenza che il custode è onerato di un carico probatorio senz’altro maggiore, consistente nel dover dimostrare l’espletamento di tutte le suddette attività idonee ad evitare il danno e non solo l’esistenza del caso fortuito, laddove quella del danneggiato, al contrario, è più agevole di quella del danneggiante, sul quale grava anche il rischio del fatto ignoto.
Tali conclusioni sono chiaramente enucleate in un’altra recente decisione della S.C. (Ordinanza 31/10/2017 n° 25837 Sez. III, Presidente Dr. Amato Sergio, Relatore Rossetti Marco) la quale-dopo aver definito il caso fortuito come espressione con cui si designa l’evento che non poteva in alcun modo essere previsto o se imprevedibile non poteva essere in alcun modo prevenuto (già presente nel diritto romano e poi in quello intermedio – secondo la formula casus fortuitus non est sperandus et nemo tenetur divinare – e da questo pervenuto immutato nella attuale codificazione)- chiarisce efficacemente (accogliendo il corrispondente motivo di ricorso in un caso in cui un Tizio, uscendo dall’ascensore condominiale inciampava, riportando lesioni personali, sul dislivello formatosi tra il pavimento della cabina dell’ascensore e quello del piano di arresto) che l’esclusione della responsabilità del custode, quando da quest’ultimo viene eccepita la colpa della vittima, esige una duplice indagine non essendo all’uopo sufficiente il solo accertamento di una condotta distratta, imprudente e negligente delle vittima.
Ossia: a) che il danneggiato abbia tenuto una condotta negligente; b) che quella condotta non fosse prevedibile.
In questo senso, vedasi anche Cass. 13222/2016, secondo cui la mera disattenzione della vittima non integra il caso fortuito per i fini di cui all’art. 2051 CC in quanto il custode, per superare la presunzione di colpa a proprio carico, è tenuto a dimostrare di aver adottato tutte le misure idonee a prevenire i danni derivanti dalla cosa.
Nel caso di specie, la Corte di Appello aveva fondato la propria decisione reputando che fosse sufficiente, per escludere la responsabilità del Condominio, la condotta disattenta della vittima, senza (erroneamente,quindi) indagare sul secondo elemento, ossia se quella condotta era prevedibile da parte del custode.
Ritornando alla prima delle due decisioni in esame, può dirsi che l’omessa manutenzione di una strada può avere una efficienza causale tale da consentire che l’evento (esempio caduta di un motociclista in una buca presente nella strada e non segnalata) venga imputato totalmente all’Ente proprietario o detentore della strada stessa o in concorso con la vittima a causa di un comportamento imprudente della stessa, senza escludersi una ipotesi di esonero del custode stesso che va verificata alla stregua di quanto appena ricordato.
Questo per dire che comuni sono le problematiche che possono prospettarsi in materia di responsabilità ex art. 2051 CC ancorché possono riscontrarsi delle peculiarità in fattispecie specifiche in relazione alle caratteristiche della cosa in custodia.
Orbene, nel caso delle abbondanti precipitazioni atmosferiche, che provocano gravi allagamenti della sede stradale invadendo le proprietà limitrofe – (nel caso deciso da Cass. 18856/17 una autorimessa interrata), astrattamente idonee, per la loro improvvisa violenza, ad integrare la sussistenza del caso fortuito o della forza maggiore laddove il fenomeno, di particolare forza ed intensità, sia in grado di uscire fuori dai canoni di normalità – l’attuale modificata condizione climatica e gli stessi dissesti idrogeologici che caratterizzano il nostro Paese, impongono l’adozione di tecniche di maggior rigore nello scrutinio circa la prevedibilità dell’evento idoneo ad integrare il fortuito o la forza maggiore, atteso che è indubbio come tutti quegli eventi atmosferici che prima potevano considerarsi imprevedibili oggi non lo sono più, per l’appunto a cagione dei ricordati cambiamenti climatici.
Ecco allora che il criterio della imprevedibilità di un evento alluvionale che appare sempre più frequente nell’attuale momento storico, non costituisce più, di per sé solo, una ipotesi di caso fortuito o forza maggiore dovendo il Giudice di merito, accertare, per escludere la responsabilità del custode, che il danno si è verificato per una causa sopravvenuta autonomamente sufficiente a determinare l’evento (così vedasi anche, ex multis, Cass. 5658/2010 e Cass. 5877/21016).
In altro senso, un temporale di forza ed intensità, protrattosi nel tempo e con modalità tali da uscire fuori dai normali canoni della meteorologia, può costituire un caso fortuito o forza maggiore ma non sempre e comunque, soprattutto laddove emergano (nel caso concreto) danni in direzione di una corresponsabilità del soggetto che invoca l’esimente. In buona sostanza, occorre che il custode non sia in colpa. Sullo stesso custode grava la prova di aver mantenuto una condotta diligente (nel caso di specie con riferimento alla manutenzione ed alla pulizia della strada) e che le piogge siano state talmente intense da determinare i conseguenti allagamenti nonostante le precauzioni di manutenzione del bene, regolarmente effettuate ed idonee ad evitare il danno.
L’eccezionalità dell’evento
Dunque, il carattere eccezionale di una intensa precipitazione atmosferica, lungi di per sé sola dall’integrare la fattispecie del caso fortuito diventa tale ed idonea ad escludere le responsabilità del custode allorché l’evento costituisca un quid di imponderabile che si inserisce improvvisamente nella serie causale come fattore determinante, in modo autonomo, dell’evento (v. Cass. 5877/2016).
In tale contesto, precisa la Cassazione nella sentenza 18856/2017, che in materia di danni cagionati da omessa manutenzione delle strade, ai fini della prova liberatoria della responsabilità presunta, è necessario distinguere tra le situazioni di pericolo connesse alla struttura od alle pertinenze della strada e quelle provocate da una repentina ed imprevedibile alterazione della cosa. Solo in quest’ultima ipotesi può configurarsi il caso fortuito, in particolare quando l’evento dannoso si sia verificato prima che l’Ente proprietario o gestore abbia potuto rimuovere – nonostante l’attività di contrasto espletato con la dovuta diligenza al fine di tempestivamente ovviarvi – la straordinaria ed imprevedibile situazione di pericolo determinatasi (v. anche in questo senso Cass. 4495/2011, Cass. 8935/2013).
È bene ricordare per concludere, che i suddetti principi trovano applicazione anche in relazione agli obblighi di manutenzione gravanti sulla P.A. (ad esempio per quanto riguarda le strade) considerato che la discrezionalità e conseguente insindacabilità, da parte del Giudice ordinario, dei criteri e mezzi con cui la P.A. realizzi e mantenga un’opera pubblica, trova un limite nell’obbligo di osservare, a tutela della incolumità dei cittadini e dell’integrità del loro patrimonio, le specifiche disposizioni di Legge e Regolamento disciplinanti detta attività nonché le comuni norme di diligenza e prudenza; con la conseguenza che dall’inosservanza di dette disposizioni e norme, deriva la configurabilità delle responsabilità della stessa P.A. per i danni arrecati a terzi (cfr in tal senso Cass. 23562/2011, Cass. 5877/2016).
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