L’assistenza sociale comprende l’insieme di compiti della pubblica amministrazione consistenti nella fornitura di prestazioni, normalmente gratuite, dirette all’eliminazione delle disuguaglianze economiche e sociali all’interno della società.
1. Il sistema integrato dell’assistenza
Il diritto all’assistenza sociale è previsto dall’art. 38 Cost., secondo cui “Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”[1].
Il sistema dell’assistenza sociale è stato oggetto di un complesso processo di riforma[2] conclusosi con l’emanazione della legge n. 328 del 2000, legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali[3].
In particolare, l’art. 1, comma 1, della citata legge n. 328 del 2000 dispone che “la Repubblica “assicura alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali, promuove interventi per garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione e diritti di cittadinanza, previene, elimina o riduce le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia, in coerenza con gli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione”.
Allo Stato è attribuita la definizione degli obiettivi, dei servizi, delle priorità, delle modalità attuative e dei livelli essenziali, previsti espressamente nell’art. 22, comma 2[4]; alle Regioni, la definizione dei piani regionali, l’organizzazione dei servizi sul territorio; ai Comuni l’integrazione tra sistema sanitario e sociale attraverso i piani di zona, adottati di intesa con le ASL.
Tuttavia, la successiva riforma del Titolo V[5], solo un anno dopo la legge quadro, modifica radicalmente questo sistema, circoscrivendo la competenza statale alla sola definizione dei livelli essenziali concernenti i diritti civili e sociali (art. 117, comma 2, lett. m.), priva lo Stato del potere di programmazione, attribuisce in via residuale la competenza in materia socioassistenziale alle Regioni, rendendo la legge n. 328 del 2000 una norma cedevole rispetto alle sopravvenienti normative regionali[6].
Allo Stato compete, altresì, la definizione e la ripartizione di diversi Fondi speciali, come il Fondo nazionale per le politiche sociali, il Fondo per le politiche della famiglia, il Fondo per le non autosufficienze, il Fondo nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, il Fondo per le politiche giovanili, nonché l’erogazione di pensioni e assegni sociali ed indennità assistenziali varie per gli invalidi civili, sordi e ciechi civili[7].
Le Regioni disciplinano con proprie leggi, i principi, gli indirizzi, l’organizzazione e l’erogazione, tramite i comuni, dei seguenti beni e servizi sociali[8]:
– servizio sociale professionale e segretariato sociale per informazione e consulenza al singolo e ai nuclei familiari; servizio di pronto intervento sociale per le situazioni di emergenza personali e familiari; assistenza domiciliare; strutture residenziali e semiresidenziali per soggetti con fragilità sociali e centri di accoglienza residenziali o diurni a carattere comunitario.
La Regione, oltre a ripartire i finanziamenti statali agli enti locali, programma nel Piano sociale gli obiettivi di settore.
Le prestazioni socio-sanitarie si distinguono, come indicato dal D.P.C.M. 14 febbraio 2001, in prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, erogate contestualmente ad interventi sociali, finalizzate al contenimento di esiti degenerativi, a carico dell’Azienda sanitaria locale; prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, finalizzate a sostenere la persona disabile o emarginata la cui condizione potrebbe avere esiti negativi sulla salute, a carico del Comune o del cittadino; prestazioni socio-sanitarie integrate per le aree materno infantile, disabili, anziani e non autosufficienti, dipendenze, patologie psichiatriche e da HIV, pazienti terminali, a carico delle ASL, garantite nell’allegato 1 C del D.P.C.M. 29 novembre 2001 sui livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA)[9].
Ai Comuni, che sono titolari della gestione, esercitata singolarmente o in forma associata, degli interventi e dei servizi socio-assistenziali, spetta la definizione del piano di zona, a cui partecipano soggetti istituzionali, terzo settore e, per gli interventi socio-sanitari, ASL, per individuare:
– la programmazione e la realizzazione del sistema locale dei servizi sociali a rete; l’erogazione dei servizi e delle prestazioni economiche; le autorizzazioni e gli accreditamenti degli enti erogatori e la vigilanza dei servizi sociali e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale a gestione pubblica e privata.
Considerando quanto detto fino a qui, è importante evidenziare alcuni principi fondamentali per le professioni sanitarie:
– Coerenza: ricerca del bene altrui e del proprio bene tramite l’etica professionale; Responsabilità: occuparsi di chi è in difficoltà, Solidarietà: aiutare concretamente l’altro rendendolo consapevole delle proprie doti e della propria fragilità e l’Uguaglianza: creare, per ogni uomo, tutte le possibili opportunità che gli consentono la possibilità di esprimere la propria personalità e i propri desideri.
In questo modo, l’operatore deve essere in grado di:
– accogliere per intero la persona; ascoltare attentamente le vicende umane; scoprire l’unicità della persona che si ha di fronte, massima discrezione e disponibilità alla collaborazione.
In materia, tuttavia, occorre considerare che nei principi fondamentali[10] della legge n. 328 del 2000, è sancita all’art.1, comma 3, la sussidiarietà verticale già indicata nel decreto legislativo n. 112 del 1998, dove alla programmazione[11] e all’organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali provvedono prima gli enti locali, poi le Regioni e infine lo Stato.
Mentre la suissidiarietà orizzontale[12] viene contemplata nei commi 4 e 5 dell’art.1 e consiste nel fatto che le istituzioni “riconoscono e agevolano il ruolo” dei soggetti del terzo settore operanti nella programmazione, organizzazione, gestione del sistema integrato dei servizi.
Inoltre, si ribadisce che alla “gestione e all’offerta dei servizi provvedono soggetti pubblici nonché, in qualità di soggetti attivi nella progettazione e realizzazione concertata degli interventi” i soggetti del terzo settore[13]. Dove il “nonché” indica che il terzo settore si aggiunge ai soggetti pubblici, non appare soggetto con parì dignità[14].
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2. L’operatore socio sanitario
L’operatore Socio-Sanitario (OSS) è una figura professionale, istituita dall’Accordo Stato-Regioni del 22 febbraio 2001, un decreto che ha unificato le precedenti professionalità ausiliarie che operavano in ambito socio-sanitario.
Lo scopo dell’istituzione di suddetta figura è quello di formare personale in grado di collocarsi in modo professionalmente utile sia nella struttura del SSN[15] che negli ampi settori dell’assistenza sociale e socio-sanitaria, riunendo e sostituendo le figure dell’ADEST e dell’OTA[16].
L’Operatore Socio-Sanitario svolge un’attività indirizzata a soddisfare i bisogni primari della persona, nell’ambito delle proprie aree di competenza, in un contesto sia sociale che sanitario, ed a favorire il benessere e l’autonomia dell’utente.
L’OSS è stato inserito nell’area delle professioni socio-sanitarie ai sensi dell’art. 5, comma 5, della legge n. 3/2018[17].
L’attività professionale dell’OSS si sviluppa sia nel settore sociale che in quello sanitario, considerato che la nascita di questa figura professionale si era posta anche nell’ottica di unificare i distinti profili professionali del personale d’assistenza in ambito sociale (variamente denominato nelle Regioni) e l’operatore tecnico addetto all’assistenza in ambito sanitario[18].
L’Accordo Stato-Regioni precisa anche che l’OSS lavora in collaborazione con gli altri professionisti specializzati nell’assistenza sanitaria e sociale, secondo il criterio del lavoro multiprofessionale.
Le attività dell’operatore socio-sanitario sono rivolte alle persone e al suo ambiente di vita e si concreta in:
• assistenza diretta ed aiuto domestico alberghiero;
• intervento igienico-sanitario e di carattere sociale;
• supporto gestionale, organizzativo e formativo.
Lo stesso Accordo individua le competenze che è possibile raggruppare in tre grandi macroaree: tecnica, professionale, relazionale[19].
Il giusto mezzo che l’operatore dovrebbe usare nei confronti dell’utente è quello dell’empatia (capacità di comprendere a pieno lo stato d’animo altrui, sia che si tratti di gioia, che di dolore), tramite essa si può capire la vita dell’altro, per aiutarlo a comprendere meglio ciò che gli succede, senza però, cosa fondamentale, interferire sui sentimenti, sulle ideologie, sulle emozioni e sui vissuti[20].
3. La formazione
La formazione dell’operatore socio-sanitario è di competenza delle Regioni e Province autonome, che provvedono alla organizzazione dei corsi e delle relative attività didattiche. Esse possono delegare la formazione ad istituti pubblici o ad aziende private che operano nel settore sanitario.
Infatti, esse sulla base del proprio fabbisogno annualmente determinato, accreditano le ASL, le aziende ospedaliere e le istituzioni pubbliche e private, che rispondono ai requisiti minimi specificati dal Ministero della Salute con apposite linee guida, alla effettuazione dei corsi di formazione.
Ogni corso di formazione, di durata annuale, comprende un modulo di base, un modulo professionalizzante e con frequenza obbligatoria.
Il percorso include un tirocinio guidato presso le strutture accreditate e al termine, gli allievi sono sottoposti ad una prova teorica e ad una prova pratica da parte di una apposita commissione d’esame ed infine all’allievo che supera le prove, è rilasciato dalla Regione e dalla Provincia autonoma, un attestato di qualifica valido su tutto il territorio nazionale, e spendibile nelle strutture, attività e servizi sanitari, socio-sanitari e socio-assistenziali.
Nella Conferenza Stato/Regione del 16/01/2003 è stato previsto, che all’operatore socio sanitario che ha conseguito con successo un percorso di formazione complementare di assistenza sanitaria di 300 ore di cui 150 di tirocinio, è consentito collaborare con l’infermiere o con l’ostetrica; nonché di svolgere alcune attività assistenziali, in base all’organizzazione dell’unità funzionale di appartenenza, e conformemente alle direttive del responsabile dell’assistenza infermieristica e/o ostetrica.
A conclusione, di questa breve dissertazione va brevemente rammentato che l’Operatore sociosanitario è un profilo inquadrato in categoria B, livello economico Bs., che ha fatto la sua apparizione nelle aziende sanitarie nel 2001 con l’art. 4 del CCNL del 20.9.2001 come evoluzione del profilo di Operatore tecnico addetto all’assistenza (Otaa) – istituito dall’art. 40, comma 3 del DPR 384/1990 – che venne contestualmente posto ad esaurimento.
L’art. 5 della cosiddetta legge Lorenzin[21] (n. 3 del 2018) che ha istituito formalmente l’area delle professioni sociosanitarie, con anni 18 anni di ritardo rispetto a quanto previsto dall’articolo 3-octies del d.lgs. 502/1992.
Per riassumere l’attuale quadro di insieme, il personale del S.S.N. è oggi articolato in: 5 ruoli = sanitario, professionale, tecnico, amministrativo e sociosanitario.
I primi risalenti all’art. 1 del DPR 761/1979 e il quinto istituito con l’art. 34, comma 9-ter della legge n. 106 del 2021[22].
Per quanto concerne l’OSS la legge n. 106 del 2021 stabiliche che “il personale dipendente del Servizio sanitario nazionale appartenente ai profili professionali di assistente sociale, di sociologo e di operatore sociosanitario, già collocato nel ruolo tecnico di cui all’ articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, in attuazione di quanto previsto dall’ articolo 5 della legge 11 gennaio 2018, n. 3, è collocato nel ruolo sociosanitario istituito dal presente comma, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.
Finalmente queste figure, indispensabili per l’integrazione socio-sanitaria, vengono valorizzate con il giusto riconoscimento giuridico e a tal fine occorre lavorare ancora per la categoria degli operatori sociosanitari/sanitari affinché il percorso formativo sia univoco, superando l’attuale frammentarietà di insegnamento a livello regionali.
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- [1]
L’art. 38 Cost., garantisce l’assistenza e la previdenza sociale. Gli artt. 3, 2 e 38 sono stati attuati con la legge 328 del 2000 rubricata “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”.
- [2]
Prima dell’approvazione della legge n. 328 del 2000, sull’assistenza sociale, il settore era ancora disciplinato dalla legge 17 luglio 1890, n. 6972, e successive modificazioni, cosiddetta “legge Crispi”;
Cfr. La legge 833/78, con la quale è stato istituito il Sistema Sanitario Nazionale, che ha come obiettivo la tutela della salute fisica e psichica del Cittadino; Il Decreto Legge 502/92 regola la programmazione sanitaria nazionale e definisce dei livelli uniformi di assistenza in tutto il Paese.Viene delineato il Piano sanitario nazionale, di durata triennale. Questo deve essere adottato dal Governo entro il 31 luglio dell’ultimo anno di vigenza del piano precedente e può essere modificato nel corso del triennio, anche per quanto riguarda i limiti ed i criteri di erogazione delle prestazioni e le eventuali forme di partecipazione alla spesa da parte degli assistiti in relazione alle risorse stabilite dalla legge finanziaria.
L’art. 2 del decreto indica le competenze regionali: in particolare stabilisce che le funzioni legislative ed amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera siano di responsabilità delle Regione e delle Provincie Autonome. Importante anche l’art. 3 del Decreto Legge 502/92, poiché definisce l’organizzazione delle Unità Sanitarie Locali.
Sono definiti dal punto di vista legislativo anche i LEA, ovvero i Livelli Essenziali di Assistenza, ovvero le prestazioni e i servizi che il SSN è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o in compartecipazione, grazie alle risorse raccolte attraverso la fiscalità generale. Sui i LEA si veda F.G., CUTTAIA, Entrati in vigore i nuovi LEA, in Astridsanità, 2017. - [3]
Il sistema integrato di interventi e servizi sociali si realizza mediante politiche e prestazioni coordinate nei diversi settori della vita sociale, integrando servizi alla persona e al nucleo familiare con eventuali misure economiche, e la definizione di percorsi attivi volti ad ottimizzare l’efficacia delle risorse, impedire sovrapposizioni di competenze e settorializzazione delle risposte.
- [4]
V. FARGION, Geografia della cittadinanza sociale: ragioni e politiche assistenziali dagli anni Settanta agli anni Novanta, il Mulino, Bologna, 1997.
- [5]
Dopo la riforma costituzionale del 2001 (legge n. 3/2001), l’assistenza sociale è diventata una competenza residuale disciplinata dalle Regioni e amministrata dal Comune. Allo Stato rimane la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali (art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.), che devono essere emanati con modalità partecipative.
- [6]
G.M. NAPOLITANO, L’assistenza sociale da materia a politica multilevel, in Rivista giuridica on-line – ISSiRFA – CNR, 2, 2020
- [7]
Cfr. Temi dell’attività parlamentare, in Camera.it.
- [8]
Per servizi sociali, si intendono, ai sensi dell’art. 128 del D.Lgs. 112/1998, tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonché quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia.
- [9]
Cfr. P. Torretta La legge 328/2000 e i livelli essenziali di assistenza sociale.
- [10]
La programmazione e l’organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali compete agli enti locali, alle regioni ed allo Stato ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e della presente legge, secondo i princìpi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità ed unicità dell’amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare degli enti locali.
- [11]
G. Merlo, La programmazione sociale: principi, metodi e strumenti.
- [12]
4. Gli enti locali, le regioni e lo Stato, nell’àmbito delle rispettive competenze, riconoscono e agevolano il ruolo degli organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato, degli enti riconosciuti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese operanti nel settore nella programmazione, nella organizzazione e nella gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.
5. Alla gestione ed all’offerta dei servizi provvedono soggetti pubblici nonché, in qualità di soggetti attivi nella progettazione e nella realizzazione concertata degli interventi, organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di volontariato, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni, enti di patronato e altri soggetti privati. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali ha tra gli scopi anche la promozione della solidarietà sociale, con la valorizzazione delle iniziative delle persone, dei nuclei familiari, delle forme di auto-aiuto e di reciprocità e della solidarietà organizzata. - [13]
Si veda il Codice del Terzo settore (Decreto Legislativo 3 luglio 2017, n. 117 emanato a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106. Pubblicato in GU Serie Generale n.179 del 02-08-2017 – Suppl. Ordinario n. 43) entrato in vigore il 03/08/2017 e aggiornato con le modifiche apportate dal Dlgs correttivo 105/2018.
- [14]
S. DURONE, Sussidiarietà e solidarietà nel sistema dei servizi, in St. Zancan, 2, 2001.
- [15]
Cfr. G. Giarelli, V. Giovannetti, Il Servizio Sanitario Nazionale Italiano in prospettiva europea. Sul punto, va rammentato che il Servizio sanitario nazionale (SSN) è un sistema di strutture e servizi che hanno lo scopo di garantire a tutti i cittadini, in condizioni di uguaglianza, l’accesso universale all’erogazione equa delle prestazioni sanitarie, in attuazione dell’art.32 della Costituzione, che recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.
La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. I principi fondamentali su cui si basa il SSN dalla sua istituzione, avvenuta con la legge n.833 del 1978, sono l’universalità, l’uguaglianza e l’equità. - [16]
AA.VV., Corso OSS e OSSS, Edizioni Simone, Napoli, 2021.
- [17]
Sono compresi nell’area professionale di cui al presente articolo i preesistenti profili professionali di operatore socio-sanitario, assistente sociale, sociologo ed educatore professionale. Resta fermo che i predetti profili professionali afferiscono agli Ordini di rispettiva appartenenza, ove previsti.
- [18]
F. MANGANARO, V. MOLASCHI, R. MORZENTI PELLEGRINI, D. SICLARI, (a cura di), Manuale di legislazione dei servizi sociali, Giappichelli Editore, Torino, 2020.
- [19]
G. Recchia, La figura dell’oss e le sue competenze professionali; Cfr. P. DONATI, Introduzione alla sociologia relazionale, FrancoAngeli, Milano, 1993.
- [20]
F. FOLGHERAITER, Teoria e metodologia del servizio sociale. La prospettiva di rete, Franco Angeli, Milano, 1998.
- [21]
Con l’approvazione definitiva dell’area delle professioni sanitarie si aprono finalmente le porte della categoria C.
- [22]
S. SIMONETTI, Il Sostegni-bis battezza il ruolo sociosanitario dell’Oss: tutti i risvolti del nuovo profilo, in Sanità24, 2021; S. TOTAFORTI, F. PILOZZI (a cura di), Domande di salute. Significati, immaginari e prospettive multidisciplinari per comprendere il futuro del benessere, Rubettino, 2019.
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