La formazione come efficace strumento di anticorruzione

Indice:

1. La formazione nella pubblica amministrazione

La formazione nella pubblica amministrazione garantisce l’innovazione, il miglioramento delle competenze e della qualità dei servizi, nonché è un ottimo strumento di prevenzione della corruzione.

La formazione è oggi indispensabile e deve, inoltre, ridurre le resistenze interne al cambiamento che rappresentano un fattore di ostilità verso le innovazioni e la digitalizzazione. Quest’ultime, infatti, rappresentano due fattori che favoriscono, anche tramite la trasparenza e gli obblighi di pubblicazione, la prevenzione della corruzione.

La formazione è un elemento cruciale per tutti i servizi svolti dalla pubblica amministrazione e per coinvolgere e migliorare le competenze dei dipendenti all’erogazione di servizi sempre nuovi, competitivi e diversificati che la società richiede e che sono in continua evoluzione.

Dal punto di vista dell’anticorruzione, sono molteplici gli interventi che possiamo considerare al fine di prevenire la c.d. malamministrazione.

2. La formazione come prevenzione della corruzione

In primo luogo, è interessante notare come la formazione garantisce una maggiore consapevolezza dei dipendenti pubblici del fenomeno corruttivo e, pertanto, aiuta a contrastarlo, o meglio prevenirlo. In secondo luogo, la formazione improntata su logiche di etica pubblica e legalità garantisce quella base di conoscenze che favorisce, da una parte, l’individuazione di quei rischi che possono portare a fenomeni corruttivi e, dall’altra, il trattamento di tali rischi. La formazione, inoltre, aiuta a diffondere le best practices, nonché crea le basi culturali per la concreta attuazione delle misure di prevenzione della corruzione, sia esse generali che specifiche[1].

La legge 190 del 6 novembre 2012, c.d. legge anticorruzione o legge Severino, ha conferito alle amministrazioni tutti gli strumenti necessari per costruire e realizzare il sistema anticorruzione, dando anche centralità alla formazione. Le amministrazioni devono orientare la propria scelta formativa verso una rilevazione dei fabbisogni riferita al proprio contesto strutturale ed organizzativo. È compito delle amministrazioni individuare i giusti interventi formativi e avere la capacità di adottare un approccio differenziato in relazione anche ai soggetti coinvolti nella realizzazione del sistema anti-corruttivo[2]. A questo punto, è chiaro che le singole amministrazioni non possono programmare interventi formativi omogenei per tutti i soggetti coinvolti, ma dovranno differenziare l’individuazione dei fabbisogni rispetto sia al grado di coinvolgimento dei dipendenti, sia alla loro professionalità richiesta.

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Codice dell’ Anticorruzione e della Trasparenza

Le materie del contrasto alla corruzione e della trasparenza nelle pubbliche amministrazioni sono state oggetto di numerosi interventi normativi negli ultimi anni: sull’anticorruzione, con la Legge 6 novembre 2012, n. 190, fondata sull’introduzione di strumenti di prevenzione attiva; sulla trasparenza, con il D.lgs. n. 33/2013, che ha previsto gli obblighi di pubblicazione di documenti, dati e informazioni e con il D.lgs. n. 97/2016, che ha introdotto l’istituto dell’accesso generalizzato.Altra significativa innovazione è stata la costituzione progressiva di un’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), autorità indipendente che ha contribuito a produrre nuove regole, anche in via di interpretazione della legislazione vigente.Considerata la forte dispersione della disciplina, per entrambe le materie, in distinti corpi normativi e il concorrere di fonti di rango diverso, questo nuovissimo Codice organizza in modo strutturato i principali atti normativi e si configura come un supporto conoscitivo indispensabile per i RPCT e operatori del diritto sui principali strumenti di contrasto alla corruzione introdotti dall’ordinamento.Il Codice è articolato in 10 parti: 1. Convenzioni internazionali 2. La disciplina in materia di prevenzione della corruzione3. La repressione penale della corruzione4. La disciplina in materia di trasparenza5. La disciplina delle inconferibilità, incompatibilità, ineleggibilità e incandidabilità nel settore pubblico6. La normativa in materia di conflitti di interesse e di codici di comportamento dei dipendenti pubblici7. La disciplina delle segnalazioni di illeciti da parte dei dipendenti pubblici (c.d. “whistleblowers”) 8. La disciplina delle società a partecipazione pubblica e degli altri enti di diritto privato in tema di trasparenza e prevenzione della corruzione9.Le misure straordinarie di gestione,sostegno e monitoraggio delle imprese10. L’organizzazione dell’Autorità Nazionale Anticorruzione), ciascuna delle quali preceduta da una brevissima presentazione e contenente norme legislative, norme regolamentari e norme di soft law (prevalentemente nella veste di Linee guida), emanate dall’A.N.A.C.Raffaele Cantone – Presidente dell’Autorità Nazionale AnticorruzioneFrancesco Merloni – Consigliere A.N.AC.Barbara Coccagna – Funzionario A.N.AC.Vittorio Scaffa – Funzionario A.N.AC. 

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3. L’importanza di delineare idonei interventi formativi

Il sistema anticorruzione così delineato dal legislatore del 2012 prevede una formazione obbligatoria che deve essere però svincolata da rigidità normative che potrebbero sfociare in un puro adempimento, in un dovere normativo, in un approccio solamente formalistico e, pertanto, rendere inutile lo specifico intervento normativo, oltre che dispendioso di tempo e risorse pubbliche.

Possiamo ad oggi individuare almeno tre tipologie di percorsi formativi obbligatori per la pubblica amministrazione al fine far crescere la consapevolezza dei dipendenti e di fronteggiare il fenomeno della corruzione.

In primo luogo, una formazione di carattere generale rivolta a tutto il personale al fine di diffondere la cultura della legalità nell’amministrazione e di sensibilizzare i destinatari dell’intervento formativo sul tema anticorruzione. Tale formazione deve coinvolgere tutto il personale, ovviamente con un grado differente in base alle responsabilità affidate.

In secondo luogo, bisogna realizzare un intervento formativo più mirato verso profili più specialistici della gestione del rischio corruttivo, al fine di accrescere le loro competenze tecniche.

Infine, il terzo intervento formativo dovrebbe essere diretto a coloro che operano nei settori più a rischio corruzione, al fine di far acquisire loro competenze nella gestione di tali rischi[3].

È importante, inoltre, che la formazione riguardi anche materie trasversali e non solo la gestione del rischio corruttivo. Infatti, bisognerebbe improntare gli interventi formativi verso temi come i contratti pubblici, accesso e trasparenza, nonché altre materie che arricchiscono la capacità formativa dei discenti e la competenza al fine di ridurre al limite interventi corruttivi.

[1] Lostorto V., La formazione in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza, in Manuale dell’anticorruzione e della trasparenza (a cura di) Contessa C., Ubaldi A., Piacenza, La Tribuna, 465 ss.

[2] Sono molteplici i soggetti coinvolti: RPCT, UPD, titolari di uffici di diretta collaborazione, titolari di posizione organizzativa, dirigenti, referenti, responsabili di uffici e i dipendenti tutti.

[3] Lostorto V., La formazione in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza, in Manuale dell’anticorruzione e della trasparenza (a cura di) Contessa C., Ubaldi A., Piacenza, La Tribuna, 465 ss.

Armando Pellegrino

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