Sommario: 1. L’impulso del Legislatore europeo; 2. L’approvazione della Legge di delegazione europea 2018; 3. I modelli organizzativi in essere; 4. Volume.
L’impulso del Legislatore europeo
La Direttiva (UE) 2017/1371, approvata dal Parlamento europeo il 5 luglio 2017 e recante “Norme minime riguardo alla definizione di reati e di sanzioni in materia di lotta contro la frode e altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione” (c.d. Direttiva PIF, i.e. protezione degli interessi finanziari), si è posta come obiettivo quello di prevedere un sistema rafforzato di misure a protezione delle risorse finanziarie eurounionali tramite l’armonizzazione dei singoli impianti legislativi dei Paesi membri per raggiungere un livello di tutela equipollente a livello europeo.
Il Legislatore eurounionale, all’art. 6 della citata Direttiva, ha previsto che i singoli Ordinamenti prevedano norme idonee ad irrogare sanzioni “effettive, proporzionate e dissuasive” nei casi di frode fiscale posta in essere “a loro vantaggio da qualsiasi soggetto, a titolo individuale o in quanto membro di un organo della persona giuridica, e che detenga una posizione preminente in seno alla persona giuridica basata: a) sul potere di rappresentanza della persona giuridica; b) sul potere di adottare decisioni per conto della persona giuridica; oppure c) sull’autorità di esercitare un controllo in seno alla persona giuridica”. In altri termini sono chiamate ad assumere rilevanza tanto le violazioni poste in essere dai soggetti apicali, quanto quelle realizzate dai sottoposti.
Tra le fattispecie lesive degli interessi finanziari rientra la frode in materia di IVA, sotto il cui cappello dei “Sistemi fraudolenti transfrontalieri” sono ricomprese tre specie di condotte illecite: (i) la presentazione o uso di dichiarazioni o documenti non esatti, non completi ovvero falsi relativamente alla componente IVA dal cui vizio discende l’erosione di risorse del bilancio dell’Unione; (ii) la mancata comunicazione di informazioni relativamente all’IVA in violazione di uno specifico obbligo dalla cui omissione si produce un danno al bilancio dell’Unione; e (iii) la presentazione di dichiarazioni IVA volte a dissimulare il mancato pagamento o la costituzione illecita di diritti a rimborsi IVA.
La Direttiva PIF ha poi posto un limite di sanzionabilità riferito “unicamente ai casi di reati gravi contro il sistema comune dell’IVA” intendendo come tali quelle condotte illecite a rilevanza internazionale che comportano un danno di almeno 10 milioni di euro e coinvolgano almeno due (o più) Stati membri.
L’art. 9 prescrive quindi l’adozione di misure necessarie affinché il soggetto giuridico riconosciuto responsabile di una violazione verso gli interessi finanziari eurounionali venga ad essere sottoposto a sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive. Tra queste, oltre quelle pecuniarie, si sono volute misure interdittive quali: “a) l’esclusione dal godimento di un beneficio o di un aiuto pubblico; b) l’esclusione temporanea o permanente dalle procedure di gara pubblica; c) l’interdizione temporanea o permanente di esercitare un’attività commerciale; d) l’assoggettamento a sorveglianza giudiziaria; e) provvedimenti giudiziari di scioglimento; f) la chiusura temporanea o permanente degli stabilimenti che sono stati usati per commettere il reato”.
L’approvazione della Legge di delegazione europea 2018
Non senza ritardo, la Camera dei Deputati, nella seduta di ieri 1° ottobre, ha approvato in via definitiva la Legge di delegazione rimettendo nelle mani del Governo il compito di recepire, tra le altre misure, quelle previste in senno alla Direttiva PIF.
È compito ora del Governo, andare a: a) individuare i reati previsti dalle norme vigenti che possano essere ritenute condotte che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea, in conformità a quanto previsto dagli articoli 1, 2, 3, 4 e 5 della Direttiva (UE) 2017/1371; […] c) abrogare espressamente tutte le norme interne che risultino incompatibili con quelle della Direttiva (UE) 2017/1371 e in particolare quelle che stabiliscono che i delitti che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea di cui agli articoli 3 e 4 della medesima Direttiva non sono punibili a titolo di concorso o di tentativo; d) modificare l’articolo 322-bis del codice penale nel senso di estendere la punizione dei fatti di corruzione passiva, come definita dall’articolo 4, paragrafo 2, lettera a), della Direttiva (UE) 2017/1371, anche ai pubblici ufficiali e agli incaricati di pubblico servizio di Stati non appartenenti all’Unione europea, quando tali fatti siano posti in essere in modo che ledano o possano ledere gli interessi finanziari dell’Unione; e) integrare le disposizioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, prevedendo espressamente la responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche anche per i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea e che non sono già compresi nelle disposizioni del medesimo decreto legislativo; f) prevedere, ove necessario, che i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea, qualora ne derivino danni o vantaggi considerevoli, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, della Direttiva (UE) 2017/1371, siano punibili con una pena massima di almeno quattro anni di reclusione; […] h) prevedere, ove necessario, che, in caso di reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea, in aggiunta alle sanzioni amministrative previste dagli articoli da 9 a 23 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, siano applicabili, per le persone giuridiche, talune delle sanzioni di cui all’articolo 9 della direttiva (UE) 2017/1371 e che tutte le sanzioni siano effettive, proporzionate e dissuasive.
I modelli organizzativi in essere
Nonostante il Legislatore italiano abbia iniziato a muoversi, il formale arricchimento dell’elenco dei reati-presupposto (ex D.Lgs. 231/2001) secondo quanto voluto dalla Direttiva PIF, non è ancora avvenuto. In ogni caso sarà un’incombenza non più rimandabile, quindi è bene che i soggetti giuridici che in passato hanno adottato i c.d. “Modelli 231” inizino a pianificarne l’adeguamento identificando i rischi fiscali connessi alla propria attività e predisponendo adeguati sistemi di gestione volti a minimizzare, se non azzerare, tutte quelle situazioni che potrebbero condurre alla concretizzazione del rischio fiscale.
Invero nell’elenco dei reati che rappresentano il presupposto della responsabilità da reato per gli enti, ex D. Lgs. 231/2001, a seguito del recepimento del Direttiva PIF dovranno quantomeno rientrare: la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, ex art. 2 D.Lgs. 74/2000; la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, ex art. 3 D.Lgs. 74/2000; la dichiarazione infedele, ex art. 4 D.Lgs. 74/2000; l’omessa dichiarazione, ex art. 5 D.Lgs. 74/2000; l’omesso versamento di IVA, ex art. 10 ter D. Lgs. 74/2000.
D’ogni buon conto è bene riflettere sul fatto che l’inserimento della frode IVA nell’elenco dei c.d. “Reati 231” è la prima mossa che porterà ragionevolmente a ricomprendere le fattispecie penal-tributarie nell’elenco dei reati presupposto.
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