La giurisdizione sulle “sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari”

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Alle Commissioni tributarie è stata attribuita la giurisdizione sulle controversie aventi per oggetto anche “le sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari”.      

    Sull’interpretazione della citata disposizione è sorto qualche dubbio tanto che la relativa questione è stata sottoposta al giudizio della Corte costituzionale e della Corte di cassazione. La Corte costituzionale, però, non ha mai emesso una pronuncia di merito, mentre la Corte di cassazione ha ripetutamente affermato la giurisdizione su tutte le controversie aventi per oggetto sanzioni amministrative comunque irrogate da uffici finanziari, anche se relative a violazioni diverse da quelle in senso stretto tributarie.
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     Recentemente la Corte costituzionale (Ord. n. 395/07), chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 4, del D.L.vo n. 546/92, nella parte in cui esclude la prova testimoniale davanti al giudice tributario, ha dichiarato la “manifesta inammissibilità” della questione per non aver il giudice a quo motivato espressamente sulla sussistenza della sua giurisdizione sulle controversie aventi per oggetto “sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari”. (Nel caso di specie si trattava di sanzione pecuniaria per l’impiego di una lavoratrice non risultante dalle scritture obbligatorie – D.L. n. 12 del 2002, art. 3, comma 3, conv. dalla L. n. 73 del 2002- irrogata prima della modifica legislativa disposta dal D.L. n. 223/06, conv. dalla L. 4 agosto 2006, n. 248).
 
    Per la Corte costituzionale la giurisdizione tributaria sulle anzidette sanzioni risulterebbe “tutt’altro che pacifica essendosi formati al riguardo orientamenti non univoci”.
 
     Il giudice a quo aveva espressamente, anche se sinteticamente, affermato “la sussistenza, anche in base al disposto dell’art. 5 cod. proc. civ. –momento determinate della giurisdizione e della competenza-, della giurisdizione delle Commissioni tributarie, già peraltro, sia pure implicitamente, riconosciuta dalla Corte costituzionale (Sent. 144/05)”.
 
     La dichiarazione con il quale il giudice a quo aveva ritenuto la sua giurisdizione richiamando l’anzidetta Sentenza della Corte costituzionale poteva forse essere considerata sufficiente perché con la citata Sentenza la stessa Corte aveva già dichiarato parzialmente fondata la questione di legittimità del D.L. n. 12 del 2002, art. 3, comma 3 (per profili che non rilevano ai fini della giurisdizione), ritenendo che il giudice tributario fosse legittimato a sollevare la questione.
 
     Ma soprattutto perché la stessa Corte nella citata Sentenza aveva affermato anche che “Secondo il costante orientamento di questa Corte, la carenza di giurisdizione del rimettente determina l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale ESCLUSIVAMENTE quando essa sia manifesta, cioè tale da non ammettere discussione, o perché risulta chiaramente dalla legge, ovvero perché corrisponde ad un inequivoco orientamento giurisprudenziale (si sedano in tal senso sentenze n. 291 del 2001 e n. 179 del 1999; ordinanza n. 167 del 1997). Nessuna di queste circostanze ricorre nella fattispecie in esame, dal momento che dal dettato normativo non emerge ictu oculi il difetto di giurisdizione delle commissioni tributarie con riferimento alle controversie concernenti la sanzione prevista dalla disposizione censurata, né, d’altra parte, vi è un indirizzo giurisprudenziale univoco in tal senso.”
 
     La giurisdizione delle Commissioni tributarie sulle controversie aventi per oggetto sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari, peraltro era stata già affermata dalla Corte di cassazione, a sezioni unite. Si vedano, tra le altre, le Sentenza n. 2888 del 2006 e n. 13902 del 2007 (e più recentemente la n. 24398 del 2007).
 
      Con la Sent. n. 13902 del 5/14 giugno 2007 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, infatti, "Chiamate ad interpretare (l’art. 12, comma 2, della legge 28/11/2001, n. 448 che ha attribuito alle Commissioni tributarie anche la cognizione sulle liti aventi ad oggetto "le sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari"), queste Sezioni Unite hanno stabilito che la predetta disposizione individua la giurisdizione delle Commissioni tributarie non con riferimento alla materia controversa, ma in relazione all’organo competente ad irrogare la sanzione, nel senso che l’applicazione di questa da parte di un ufficio finanziario vale a radicare la giurisdizione delle Commissioni tributarie anche nel caso in cui si tratti d’infrazione diversa da quelle più direttamente tributarie."
       Con la stessa Sentenza la Corte di Cassazione si è anche pronunciata sull’eccezione di legittimità costituzionale della norma che attribuisce alle Commissioni tributarie la giurisdizione per le controversie sulle “sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari” (art. 2 D.L.vo n. 546/92), sollevata dalla ricorrente in relazione alla VI disposizione transitoria e all’art. 102 della Costituzione,   concludendo per la “manifesta infondatezza” della questione.
 
       Recentemente, con altra Sentenza (la n. 24398) depositata in data 23 novembre 2007, la Cassazione ha ulteriormente e forse definitivamente precisato che la norma di cui all’art. 2 del D.L.vo 31 dicembre 1992, n. 546, nel testo sostituito con la L. n. 448/01, “è stata interpretata da queste Sezioni Unite nel senso che la giurisdizione delle Commissioni tributarie si individua non con riferimento alla materia della controversia, ma in relazione all’organo competente ad irrogare la sanzione, e ciò sia in base al tenore letterale (“comunque irrogate da uffici finanziari”: sentenza 10 febbraio 2006 n. 2888), sia, si può aggiungere, interpretando questa alla luce della razionalità del disegno che la sottende, che dà in tal modo certezza al cittadino dei mezzi di tutela esperibili. Pertanto, quando competente ad irrogare la sanzione è l’Agenzia delle entrate, quale che sia il fatto o l’omissione cui accede la sanzione, viene in rilevo la specifica previsione di competenza del giudice tributario per “le sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari”, in quanto il novellato art. 2 del citato d.lgs. n. 546/92, con l’impiego dell’avverbio “comunque”, prevede che tale giurisdizione sussiste, in via residuale, anche con riferimento all’organo (Agenzia delle entrate) che applica una sanzione amministrativa in ordine ad infrazioni commesse in violazione di norme di svariato contenuto, non necessariamente attinenti a tributi.”
 
     Né varrebbe in contrario sostenere che la Corte costituzionale con alcune sue Ordinanze (nn. 34 e 94 del 2006), avrebbe chiarito che l’unica interpretazione conforme ai principi costituzionali sarebbe quella secondo la quale le sole sanzioni devolute alla giurisdizione delle Commissioni tributarie sarebbero quelle comminate per violazioni della normativa fiscale.
      Infatti la Corte costituzionale, – la quale è stata già “sollecitata” a dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, del D.L.vo n. 546/92 “nella parte in cui non esclude dalla giurisdizione tributaria le controversie riguardanti sanzioni aventi solo indirettamente valenza tributaria” – non solo non ha emesso una pronuncia di merito ma non ha neanche specificato quale dovesse (o debba) essere la corretta interpretazione dell’anzidetta norma, ma si è limitata a pronunce di inammissibilità perché i giudici a quibus non avrebbero compiuto alcun accertamento sulla possibilità di attribuire alla norma un significato diverso da quello ritenuto incostituzionale.   
 
       Le (ripetute) pronunce della Corte di cassazione dovrebbero indurre gli operatori del diritto (giudici ed avvocati) ed anche la Corte costituzionale a ritenere “pacifica” la giurisdizione del giudice tributario su tutte le controversie aventi per oggetto sanzioni amministrative, “comunque irrogate da uffici finanziari”.
 
02 dicembre 2007  
Mario Piscitello

Piscitello Mario

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