Mediazione familiare, mediazione civile e negoziazione assistita in ambito familiare, sono tutte procedure attivabili? Sono procedure tra loro distinte o hanno punti in comune? Qual è il compito del mediatore?
Tipi di mediazione
Con l’espressione di origine anglosassone ADR (Alternative Dispute Resolution) si indicano tutte le iniziative dirette a dirimere i conflitti al di fuori di un contesto giudiziario, sono quindi procedimenti che prescindono dalla decisione di un giudice.
Nell’ambito di cui ci occupiamo distingueremo la mediazione familiare dalla mediazione civile.
Con mediazione familiare s’intende quel percorso di riorganizzazione delle relazioni familiari in vista o a seguito di una separazione o di un divorzio.
Nel contesto della mediazione familiare il mediatore, professionista terzo neutrale e con una specifica formazione, si adopererà affinché i genitori riescano ad elaborare in prima persona un programma di separazione soddisfacente per sé e per i figli in cui possano continuare ad esercitare la responsabilità genitoriale.
La mediazione familiare è convenzionalmente nata nel 1974 ad Atlanta per opera dello psicologo e avvocato americano J. Coogler, da qui si è poi diffusa in Europa, dapprima in Francia (dove nel 1996 venne introdotta una importante riforma del processo in base al quale il Giudice poteva nominare un soggetto terzo esterno alla “causa” che potesse ascoltare le parti e aiutarle a trovare una soluzione condivisa) e successivamente in Italia quando nel 1987 venne costituita a Milano l’associazione GeA (Genitori Ancora) che aveva l’intento di divulgare e far conoscere la mediazione famigliare come metodo di risoluzione di un conflitto specialmente in materia di separazione e divorzio[1].
“Raggiungere un accordo tramite la mediazione può avere un impatto significativo sulla qualità della vita dopo il divorzio… le persone si sentono meno amareggiate e risentite… e comunicano non maggiore regolarità in merito ai loro figli”[2].
Diversa la ratio che ha ispirato il legislatore nella emanazione del D. Lgs. 28 del 2010, provvedimento che ha introdotto l’istituto della mediazione nelle controversie civili e commerciali in Italia. Nel testo normativo in oggetto infatti la mediazione è definita come l’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia.
La differenza tra le due fattispecie è evidente già ad una prima lettura: la mediazione civile e commerciale contiene una previsione molto più ampia rispetto a quella prevista dalla mediazione famigliare. Si può infatti ricorrere alla prima ogniqualvolta vi sia tra due o più soggetti una controversia e vi sia la volontà di cercare di risolverla, non è quindi strettamente definita né la tipologia della controversia, né i soggetti coinvolti. Infatti se è vero che esistono materie per le quali la mediazione civile è condizione di procedibilità, tale elenco non esaurisce l’operatività della disciplina potendovi accedere per la risoluzione di qualsiasi ulteriore materia.
In secondo luogo anche la fonte normativa è diversa: la mediazione civile e commerciale è regolata da una specifica normativa identificata nel D. Lgs. 28 del 2010 e dai successivi decreti ministeriali; la mediazione famigliare non ha una vera e propria fonte normativa in senso stretto, la sua disciplina è infatti contenuta nella Norma tecnica UNI 11644.2016 “Attività̀ professionali non regolamentate – Mediatore Famigliare – Requisiti di conoscenza, abilità e competenza”.
Ancora nella mediazione civile sono previste materie per le quali il primo incontro informativo risulta obbligatorio, non così nella mediazione famigliare (anche se vi siano disegni di legge che prevedano la obbligatorietà della mediazione famigliare e quindi l’idea di instaurare anche nella mediazione famigliare un primo incontro obbligatorio).
Appare invece simile, quantomeno in relazione alle caratteristiche che deve avere, la figura del mediatore: sia nell’una che nell’altra fattispecie lo stesso deve essere imparziale, equi prossimo, rispetto alle parti e alla controversia e tenuto alla riservatezza.
Differente è però la formazione del mediatore. Mentre il mediatore civile si forma attraverso un corso di 50 ore e mantiene tale titolo continuando il tirocinio in almeno 20 casi a biennio e frequentando corsi di aggiornamento di 18 ore a biennio, oltre ad approfondire le proprie competenze con ulteriori studi; il mediatore famigliare si forma previo corso di almeno 240 ore, 40 ore di tirocinio e 40 ore di pratica guidata supervisionata (per la norma UNI 116644 del 2016).
Diversa è la formazione, perché diversa è la funzione che il mediatore svolge nell’una e nell’altra fattispecie: in relazione alla diversa tipologia di materie che viene trattata. L’intervento del mediatore civile è più focalizzato sulla questione che occupa le parti le quali sono per lo più alla ricerca di un accordo che soddisfi entrambi, mentre il mediatore famigliare interviene e lavora principalmente sulle relazioni delle persone in lite e della famiglia tutta, cercando di riaprire un dialogo e una collaborazione che spesso è stata perduta durante il cammino[3].
Al di là delle differenze un importantissimo tratto in comune si rinviene tra le due tipologie di mediazione: in qualsiasi mediazione è infatti fondamentale gestire il conflitto prestando una particolare attenzione alle dinamiche relazionali, alla riapertura dei canali di comunicazione, al miglioramento del dialogo fra le parti e proprio questo è il valore aggiunto della mediazione, di qualsiasi tipo di mediazione. Vale a dire l’acquisizione di capacità e di competenze nel confronto e nella presa di decisioni concordate anche se si è in lite e quindi l’instaurarsi di un processo di empowerment e di responsabilizzazione delle persone[4].
Solo tenendo a mente questo fondamentale presupposto si possono concludere mediazioni (siano esse civili/commerciali o famigliari) positive e soddisfacenti per tutte le parti in conflitto.
La negoziazione assistita
Altra procedura ADR che regola i rapporti tra coniugi è la negoziazione assistita. A differenza della mediazione la negoziazione assistita in materia famigliare (regolata dall’art. 6 della L. 162/2014) è finalizzata ad ottenere soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica della condizioni di separazione o di divorzio.
La negoziazione assistita presenta differenze importanti rispetto alla mediazione famigliare. In quest’ultima le parti sono assolute protagoniste del procedimento che è basato sulla loro autodeterminazione e gli avvocati (che stanno fuori dalla stanza di mediazione) hanno il compito di fornire assistenza meramente legale per la redazione dell’accordo; nella negoziazione assistita invece il legale assume una importanza determinante nella gestione della controversia, in quanto si fa portavoce della volontà del suo assistito dialogando direttamente con il legale della controparte.
A fronte di questo “ruolo” così importante, non è tuttavia prevista per gli avvocati che assistono le parti in negoziazione alcuna formazione specifica, vi potrebbe essere pertanto il concreto rischio che la stessa venga condotta come una vera e propria trattativa privata, riducendosi di fatto in una mera transazione e non ad un accordo tra le parti.
In questo modo verrebbe meno lo spirito della negoziazione assistita che dovrebbe essere quello della ricerca di un accordo condiviso basato su di una trattativa che dovrebbe essere caratterizzata da lealtà, correttezza, buona fede e segretezza, qualcosa di ben diverso rispetto alla semplice trattativa stragiudiziale propria della cosiddetta separazione consensuale[5].
Va da sé che anche in relazione alla negoziazione assistita, ciò che farà la differenza sarà l’esperienza e la sensibilità, nonché la preparazione dei legali che assisteranno le parti in conflitto.
Attività del mediatore
Ma, nel concreto, come può il mediatore (o il legale nella negoziazione assistita) aiutare le parti in fase di separazione e divorzio? Come può aiutarle ad affrontare le problematiche connesse ai diritti disponibili? Come può aiutarle a trovare un accordo sulle questioni economiche e sulla divisione dei beni? E’ possibile integrare la mediazione civile con la mediazione famigliare e la negoziazione?
Per trattare in modo corretto tali delicate questioni relative al rapporto di coppia il mediatore dovrà necessariamente essere in grado di utilizzare strumenti e tecniche mutuati da altri ambiti di gestione dei conflitti cercando di rimanere in continua comunicazione e collaborazione con tutte le figure professionali coinvolte a vario titolo nella separazione e nel divorzio. Spesso, ad esempio, la risoluzione della questioni economiche aiuta le parti ad abbassare il livello conflittuale e a raggiungere più facilmente gli accordi di altra natura, quali ad esempio la gestione dei figli. Ecco che, in questo caso, il mediatore sarà più, rectius, sarà prima mediatore civile-commerciale e poi mediatore famigliare. In questi casi la risoluzione delle questioni economiche (il bilancio famigliare, la divisione dei beni, la divisione di eventuali attività economiche) andrà trattata al pari di una qualsiasi materia civile o commerciale, perché la risoluzione della stessa permetterà poi di affrontare con minor conflitto, anche le questioni di natura prettamente famigliare e relazionale.
Il coinvolgimento degli avvocati nella mediazione famigliare (come accade per la mediazione civile-commerciale) fa sì che la relazione fra avvocati non si sovrapponga a quella delle parti, permette agli avvocati di negoziare cooperativamente e di diventare degli alleati nell’assumere le decisioni relative alla riorganizzazione famigliare quali componenti di una squadra, “capitanata” dal terzo mediatore, il cui obiettivo primo è quello di far sì che le persone, con le loro sofferenze, problemi e difficoltà, abbiano il miglior aiuto possibile per affrontare la complessità della vicenda di separazione o divorzio[6].
Esiti degli accordi
Una altra differenza importante riguarda il valore che assumono gli accordi raggiunti nella diverse risoluzioni delle controversie fino ad ora analizzate.
Nella mediazione civile l’accordo raggiunto in mediazione ha valore di titolo esecutivo, così come l’accordo raggiunto con la negoziazione assistita in materia famigliare[7]: una volta ottenuta l’autorizzazione del Pm l’accordo avrà infatti gli stessi affetti del provvedimento del tribunale.
Nella mediazione famigliare invece l’accordo raggiunto in mediazione non ha alcun valore giuridico di per sé, per assumere una valenza giuridica dovrà essere presentato in Tribunale per l’omologa presidenziale.
A tal proposito è interessante la pronuncia del Tribunale di Roma, la quale in tema di trascrizione afferma senza dubbio che è trascrivibile senza riserva, l’accordo di separazione raggiunto in sede di negoziazione assistita e autorizzato dal P.M., attesa l’equipollenza che si ricava dal D.L. n. 132 del 2014 con il verbale di separazione consensuale sottoscritto in Tribunale e omologato: entrambi infatti hanno fonte pattizia e le medesime finalità[8].
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Note bibliografiche
Stefania Lattuille in convegno-SPAZIO INFORMATIVO MEDIAZIONE FAMIGLIARE DEL-15-1-19 presso il Palazzo di Giustizia di Milano
Avv. Francesco Samà http://www.avvocatosamafirenze.it/senza-categoria/la-negoziazione-assistita-e-la-mediazione-famigliare-affinita-e-divergenze/
Schema per uno studio socio-giuridico della negoziazione assistita in Italia, in Schema per uno studio socio-giuridico della negoziazione assistita in Italia (non utilizzato)
Tribunale di Roma sez. V 17/03/2017 n. 2176 in Rivista del Notariato 2017, 4, II, 831
McCarthy P. and Walker J. (1996) The longer term impact of family mediation – a three-year-follow-up study. Joseph Rowntree Foundation
[1] Definizione condivisa di Mediazione Famigliare che è contenuta nella norma UNI ISO 1164:2016 norma molto importante perché nasce dal dialogo e dal confronto tra le associazioni nazionali di mediatori familiari.
[2] McCarthy P. and Walker J. (1996) The longer term impact of family mediation – a three-year-follow-up study. Joseph Rowntree Foundation.
[3] Stefania Lattuille (relazione tenuta durante il convegno-SPAZIO INFORMATIVO MEDIAZIONE FAMIGLIARE DEL-15-1-19 presso il Palazzo di Giustizia di Milano).
[4] Stefania Lattuille (relazione tenuta durante il convegno-SPAZIO INFORMATIVO MEDIAZIONE FAMIGLIARE DEL-15-1-19 presso il Palazzo di Giustizia di Milano).
[5] Avv. Francesco Samà in www.avvocatosamafirenze.it la-negoziazione-assistita-e-la-mediazione-famigliare-affinita-e-divergenze
[6] Stefania Lattuille (relazione tenuta durante il convegno-SPAZIO INFORMATIVO MEDIAZIONE FAMIGLIARE DEL-15-1-19 presso il Palazzo di Giustizia di Milano)
[7] Cfr. Tribunale di Roma sez. V 17/03/2017 n. 2176 “è trascrivibile senza riserva l’accordo di separazione raggiunto in sede di negoziazione assistita e autorizzato dal PM, attesa l’equipollenza che si ricava dal D.L. n. 132/2017 con il verbale di separazione consensuale sottoscritto in Tribunale e omologato: entrambe hanno fonte pattizia e le medesime finalità, in rivista del Notariato 2017, 4, II, 831
[8] Cfr. Tribunale di Roma, sev. 5, 17.03.2017, n. 2176, in Rivista del Notariato, 2017, 4, II, 831.
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