La mediazione e il procedimento monitorio

Indice:

1. L’incompatibilità dei giudizi inaudita altera parte con l’esperimento della mediazione.

2. L’opposizione a decreto ingiuntivo e l’inversione meramente formale delle parti.

3. L’onere per il creditore opposto di avviare la mediazione.

1. L’incompatibilità dei giudizi inaudita altera parte con l’esperimento della mediazione.

A norma dell’articolo 5, comma 1 bis, del D.Lgs. 28 del 2010, “chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione”.

Ebbene, sono questi i casi di mediazione obbligatoria; si tratta di quelle ipotesi nelle quali l’esperimento della mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda. In altre parole, nelle controversie aventi ad oggetto le materie riportate nell’articolo in commento, l’attore è tenuto a tentare preventivamente la mediazione, quale procedimento alternativo alla procedura innanzi all’autorità giudiziaria, a pena di improcedibilità del suo domandare. Invero, la parte convenuta o il giudice possono, rispettivamente, eccepire o rilevare il difetto entro la prima udienza con l’inevitabile conseguenza della sospensione del procedimento civile per il tempo necessario ad intraprendere il meccanismo alternativo di risoluzione della controversia.

Tuttavia, ai sensi del comma 4, lettera a), del medesimo articolo, la mediazione obbligatoria non trova applicazione “nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione”. E ciò in quanto è palese l’incompatibilità di un procedimento diretto a trovare un accordo tra le parti, la mediazione, con un altro, invece, caratterizzato da un contraddittorio solo successivo ed eventuale e finalizzato a rilasciare con una particolare celerità un titolo esecutivo alla parte richiedente (cfr. Cass., S.U., 28 aprile 2020, n. 8240).

2. L’opposizione a decreto ingiuntivo e l’inversione meramente formale delle parti.

È con l’opposizione al decreto ingiuntivo che si passa da un rito sommario ad uno a cognizione piena. Invero, con l’opposizione ciò che si chiede è sostanzialmente che venga accertato, nel pieno contraddittorio e con tutte le garanzie che solo una procedura ordinaria può consentire, se il creditore al quale fu concesso il decreto ingiuntivo sia effettivamente titolare del diritto che fa valere.

Rebus sic stantibus, con l’opposizione al decreto ingiuntivo si verifica un’inversione meramente formale delle parti e non anche sostanziale: è il creditore convenuto e opposto che ha interesse a mantenere in vita il decreto ingiuntivo, che ha, cioè, la pretesa di veder accolta la stessa richiesta che precedentemente gli aveva garantito un titolo esecutivo; con la conseguenza che spetta a lui l’onere di provare il suo diritto. Diversamente, l’attore debitore opponente, aspirando meramente alla caducazione del decreto ingiuntivo, aperto un nuovo procedimento con l’opposizione, non dovrà e potrà far altro che difendersi, introducendo tutti quegli elementi dai quali possa desumersi l’inesistenza del diritto fatto valere da parte convenuta. In altri termini, subito dopo l’introduzione del giudizio e la decisione sulla provvisoria esecuzione del decreto, le parti sono destinate a riprendere le posizioni processuali che sostanzialmente rivestono (cfr. Tribunale di Agrigento, 25 giugno 2019, n. 894; Tribunale di Modena, 29 marzo 2019 n. 505).

3. L’onere per il creditore opposto di avviare la mediazione.

Se è chiaro che solo con l’apertura del rito ordinario, e quindi solamente in seguito all’instaurazione di un pieno contraddittorio tra le parti, può essere esperito il tentativo della mediazione, non vi è unanimità di vedute su quale parte spetti tale onere; se, cioè, tocchi al debitore opponente in qualità di attore in senso formale o al creditore opposto essendo questi colui che ha interesse a mantenere in vita il decreto ingiuntivo a suo favore precedentemente concesso.

Secondo un primo orientamento, l’onere di esperire la mediazione graverebbe sul debitore opponente quale parte interessata ad attivare e proseguire il procedimento ordinario pena l’esecutorietà del decreto ingiuntivo (cfr. Cass., sez. III, 03 dicembre 2015, n. 24629).

In verità, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19596 del 18 settembre 2020, sulla base di tre coordinate tutte dirette ad evidenziare l’inversione meramente formale delle parti che si realizza in seguito ad opposizione, hanno disposto il suddetto onere a carico del creditore opposto pena la revoca del decreto ingiuntivo.

Il Supremo Consesso giunge a tale conclusione considerando, innanzitutto, il dato letterale; precisa che, se a norma dell’articolo 4, comma 2, del D.Lgs. 28 del 2010 “l’istanza deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa”, non può che essere il creditore opposto l’unico capace di precisare l’an del suo diritto; ancora, se a norma dell’articolo 5, comma 1 bis, del medesimo decreto deve essere “chi intende esercitare in giudizio un’azione” ad esperire preventivamente il tentativo della mediazione, allora non può dubitarsi come sia il creditore opposto colui che sostanzialmente esercita in giudizio l’azione a difesa del suo diritto; infine, se a norma dell’articolo 5, comma 6, dello stesso atto legislativo, “dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale”, allora non sarebbe logico e corretto che suddetto effetto favorevole al convenuto sia realizzato mediante un’attività non sua ma di controparte.

In secundis, a sostegno di quanto già emergerebbe dal dato letterale, gli Ermellini ricostruiscono il sistema nella sua globalità da un punto di vista logico; ritengono, infatti, che, ponendosi la procedura di mediazione in un momento successivo alla decisione sulla provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, quando, cioè, ormai il procedimento si è incanalato lungo un percorso ordinario, avrebbe più senso che le parti riprendano le loro posizioni sostanziali, con la conseguenza che ricadrebbe in capo al creditore opposto l’onere di attivare il procedimento della mediazione in quanto attore in senso sostanziale.

Infine, le Sezioni Unite considerano anche l’eccessiva disparità di effetti che si verificherebbe se, ponendo l’onere di esperire il tentativo della mediazione in capo all’opponente, questi rimanesse inerte: si realizzerebbe l’irrevocabilità del decreto ingiuntivo. Se, invece, si ponesse l’onere in capo all’opposto, l’eventuale sua inerzia comporterebbe meramente la revoca del decreto ingiuntivo con la possibilità eventuale di riproporlo, senza dunque la realizzazione di effetti preclusivi come nel caso della irrevocabilità.

Ad ogni modo, sebbene quest’ultimo sia l’orientamento accolto dalle Sezioni Unite non si può dire che la questione sia stata risolta. Si pensi, ad esempio, come, riprendendo l’orientamento della Cassazione del 2015, il Tribunale di Firenze abbia recentemente sostenuto che, qualora nessuna delle parti attivi il procedimento della mediazione, la domanda che diviene improcedibile è la domanda formulata con l’atto di citazione in opposizione e non la domanda presentata con ricorso dal creditore sfociata nel decreto ingiuntivo, con la conseguenza dunque del consolidamento di quest’ultimo (Tribunale di Firenze, 23 marzo 2021, n. 15264).

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