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Brevi cenni agli strumenti conciliativi in materia di responsabilità medica e sanitaria.
Le controversie in materia di responsabilità medica rientrano tra quelle annoverate dall’art. 5, comma 1 del d.lgs 28 del 2010 per le quali è prevista l’obbligatorietà dell’esperimento del tentativo di mediazione con scopo deflattivo e conciliativo successivamente alla quale, si potrà poi avviare la causa ordinaria. Ad integrare la disciplina definita da taluni lacunosa è intervenuto il d.l. 69/2013[1] convertito in legge 98/2013 il quale ha esteso la disciplina prevista dal citato d. lgs 28/2010 anche alle controversie in materia di responsabilità sanitaria[2] (contratto atipico di “spedalità”) andando quindi a sancire l’obbligatorietà dell’esperimento del tentativo di mediazione anche per i casi di risarcimento danni derivanti dalla responsabilità di qualsivoglia soggetto operante all’interno della struttura sanitaria. La ratio della nuova previsione sarebbe riconducibile all’alto tasso di conflittualità ed emotività che risiede in queste controversie, tale quasi da imporre la necessità dell’espletamento di un tentativo di composizione stragiudiziale.
Nel 2017, con la Legge Gelli-Bianco[3] è stato introdotto un ulteriore strumento conciliativo e alternativo alla mediazione: il cd. “accertamento tecnico preventivo diretto alla composizione della lite”, disciplinato dall’art. 696bis cpc. Questo strumento consiste in un accertamento tecnico preventivo con l’obbligo, per il consulente tecnico, di effettuare un tentativo di conciliazione alla luce di quanto emerso dall’attività di accertamento. Il nuovo strumento previsto dalla Legge Gelli-Bianco, come anticipato, costituisce un’alternativa alla mediazione e la scelta tra i due ricade sull’attore.
Il tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dall’articolo 696 bis c.p.c.
La consulenza tecnica preventiva introdotta dalla legge Gelli-Bianco costituisce un’alternativa alla mediazione per addivenire ad una composizione bonaria della controversia per l’azione risarcitoria derivante da responsabilità sanitaria. Con essa infatti si attribuisce al consulente tecnico, una volta effettuato l’accertamento tecnico preventivo, il potere di tentare una conciliazione tra le parti al fine di prevenire l’instaurazione di un giudizio di merito.
Esso costituisce, insieme ed alternativamente alla mediazione, condizione di procedibilità della domanda di risarcimento e si applica alle ipotesi di responsabilità sanitaria. L’art. 8, comma 4 della legge n.24/2017 prevede l’obbligo di partecipazione al procedimento ex. art. 696 bis c.p.c. anche a carico dell’assicurazione la quale ha inoltre l’obbligo di formulare una proposta di risarcimento del danno sulla base di quanto emerso a seguito dell’accertamento tecnico preventivo. La mancata partecipazione al tentativo di conciliazione comporta la condanna al pagamento delle spese di lite oltre alla sanzione pecuniaria che andrà corrisposta alla parte che invece si sarà presentata al tentativo di conciliazione. Queste sanzioni hanno lo scopo di far sì che tutti i soggetti coinvolti nella vicenda sanitaria siano coinvolti anche nel tentativo di conciliazione rendendo più agevole la definizione consensuale della controversia.
Il procedimento si avvia con ricorso innanzi al Giudice competente per il giudizio di merito e si prevede, per la conclusione del procedimento, un termine massimo di sei mesi decorrenti dal deposito del ricorso ai sensi dell’art. 696 bis c.p.c. Laddove il procedimento si concluda con esito positivo, l’accordo raggiunto verrà inserito all’interno del processo verbale e il giudice vi attribuirà efficacia di titolo esecutivo.
La mediazione in materia medico sanitaria e le sue peculiarità.
Lo scopo della mediazione in materia medico sanitaria è quello di distogliere il piano della controversia dagli aspetti puramente tecnici, prediligendo invece la comprensione reciproca tra i soggetti coinvolti nella vicenda al fine di ricomporre il rapporto di fiducia tra medico e paziente. I soggetti che possono essere coinvolti nella mediazione non sono solamente il medico e il paziente ma anche la struttura sanitaria, le compagnie assicurative e, nei casi più gravi e dolorosi quali l’evento morte del paziente, anche i suoi familiari.
Generalmente, a causa della moltitudine dei soggetti coinvolti e, di conseguenza, degli interessi che entrano in gioco in questo procedimento, la mediazione in materia sanitaria si suddivide in due fasi: una prima fase volta al riconoscimento e l’analisi delle posizioni e degli interessi dei soggetti coinvolti, ed una seconda incentrata prevalentemente sul piano risarcitorio e all’eventuale riconoscimento di una possibile rilevanza penale dell’illecito.
Trattandosi di controversie particolarmente delicate ne consegue che il mediatore debba avere un certo livello di competenza e professionalità; nel caso specifico, al fine di garantire un alto tasso di specializzazione, al mediatore “principale” designato dall’organismo nel rispetto dell’art. 7, comma 5 lett. e) del decreto legislativo 180/2010, si prevede anche la possibilità, ai sensi dell’art. 8, comma 1 di nominare “uno o più mediatori ausiliari”[4] che affiancheranno, senza però andare a sostituirlo, il mediatore assegnato dall’organismo di mediazione. Sempre a causa della specificità della materia, nella maggior parte dei casi, al mediatore principale si affianca con finalità garantistica, un perito incaricato di redigere una relazione tecnica volta ad accertare i fatti che hanno dato luogo alla richiesta di risarcimento e a favorire la formazione della proposta conciliativa[5]; la nomina dell’esperto è a carico delle parti. In ogni caso l’utilizzo in sede processuale del parere del perito è fortemente limitato, se non completamente impedito dal principio di riservatezza che grava sulla mediazione, consentendo tuttalpiù il suo utilizzo soltanto come prova atipica, a patto che sia stato rispettato il principio del contraddittorio fra le parti (Trib. Roma 17 marzo 2014)[6].
Mediazione o accertamento tecnico preventivo diretto alla composizione della lite?
Come anticipato sopra, la mediazione e l’accertamento tecnico preventivo previsto dall’art. 696 bis c.p.c. sono due strumenti tra loro alternativi e da ciò deriva la necessità di compiere una scelta tra i due, scelta che ovviamente ricadrà sull’attore.
L’accertamento tecnico preventivo ex art. 696 bis c.p.c. consistendo in una procedura attuata da un perito con particolati tecniche professionali, preclude la partecipazione dei soggetti coinvolti nella vicenda, impedendo loro di avere un qualsivoglia ruolo attivo nella composizione della lite, cosa che invece non accade nella mediazione, il cui obbiettivo è invece promuovere il totale coinvolgimento delle parti offendo loro la possibilità di vedere riconosciuto un ruolo centrale ai loro interessi e di agire attivamente al fine di giungere ad una risoluzione bonaria.
Laddove l’accertamento tecnico preventivo conduce alla definizione della dinamica fattuale potendo portare esclusivamente ad un mero risarcimento economico col rischio di una conseguente rottura del rapporto di fiducia tra medico-paziente, la mediazione consentirebbe invece di ricostruire il dialogo tra le parti con effetti estremamente benefici. Mediante la mediazione infatti, si ridurrebbe la distanza apparente tra paziente e medico: da una parte consentendo al medico di sviluppare una maggiore empatia con il paziente e i suoi familiari, dall’altra si offre ai pazienti e alle famiglie la possibilità di comprendere le difficoltà che i medici e le strutture sanitarie devono affrontare ogni giorno insieme agli annessi rischi professionali.
Considerazioni sulle prospettive future della mediazione in ambito medico-sanitario.
Il momento di forte difficoltà socio-sanitaria che stiamo vivendo sta dando spazio a nuove considerazioni anche sul fronte giuridico. Abbiamo già assistito alla scelta del legislatore di rendere obbligatorio l’esperimento del tentativo di mediazione come condizione di procedibilità per tutte le obbligazioni contrattuali sorte a causa del lockdown.
È molto verosimile che in futuro si assisterà a numerose cause penali e civili contro i medici e strutture sanitarie[7]. In questo senso la mediazione potrebbe giocare un duplice ruolo chiave: da una parte contribuirebbe ad alleggerire il carico dei Tribunali e dall’altra costituirebbe un’opportunità essenziale ai fini del recupero del rapporto di fiducia tra i cittadini e i soggetti coinvolti nella vita delle strutture sanitarie che, in un numero cospicuo di casi a torto, sono stati oggetto di considerazioni dettate dalla rabbia, il dolore e la sfiducia nei confronti di chi, secondo parte dell’opinione pubblica, non è stato messo nelle condizioni di agire e svolgere la propria professione al meglio.
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Note
[1] C.d. “Decreto del fare”.
[2] Con “responsabilità medica” si fa riferimento a tutte le controversie che hanno ad oggetto il rapporto tra medico e paziente (contratto sociale); la “responsabilità sanitaria” interviene nelle controversie tra struttura sanitaria e paziente (contratto atipico di spedalità).
[3] Legge 8 marzo 2017, n. 24 “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”.
[4] C.d. “Co.mediatore”. Inoltre l’art. 7, comma 2, lett. c), dm 180/2010, stabilisce che l’Organismo di mediazione adito può anche avvalersi «delle strutture, del personale e dei mediatori di altri organismi con i quali abbia raggiunto a tal fine un accordo, anche per singoli affari di mediazione, nonché di utilizzare i risultati delle negoziazioni paritetiche basate su protocolli di intesa tra le associazioni riconosciute ai sensi dell’articolo 137 del Codice del Consumo e le imprese, o loro associazioni, e aventi per oggetto la medesima controversia». In questi casi i mediatori verranno selezionati tra i c.d. “mediatori medici” specializzati nella materia oggetto del contendere e da cui deriva la richiesta di risarcimento del danno.
[5] L’art. 60, comma 3, lett. l), legge 69/2009: «Per le controversie in particolari materie, prevedere la facoltà del conciliatore di avvalersi di esperti, iscritti nell’albo dei consulenti e dei periti presso i tribunali, i cui compensi sono previsti dai decreti legislativi attuativi della delega di cui al comma 1 anche con riferimento a quelli stabiliti per le consulenze e per le perizie giudiziali».
[6] Tribunale di Roma, Sezione 13 Civile, ordinanza, 17 marzo 2014.
[7] In G.U. n. 70 del 17 marzo 2020 è pubblicato il Decreto-Legge 17 marzo 2020, n. 18: “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19” che ha previsto uno scudo penale e civile a tutela degli esercenti le professioni sanitarie.
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