La eventuale modifica dell’imputazione nel corso dell’udienza preliminare non toglie efficacia al mandato conferito ai fini della richiesta di rito abbreviato ove questo non contenga una esplicita limitazione fermo restando che ogni volta che la procura speciale, a concludere il processo con un rito a prova contratta, non preveda limiti e condizioni, spetta al difensore la valutazione della coerenza del negozio processuale con gli interessi dell’imputato che gli ha conferito il mandato.
(Ricorso dichiarato inammissibile)
(Normativa di riferimento: C.p.p. art. 423)
Il fatto
La Corte di appello de L’Aquila rideterminava con sentenza la pena inflitta a V. S. in quella di anni uno e mesi quattro di reclusione e riformava le statuizioni civili, riducendo l’importo della somma liquidata, a titolo di risarcimento del danno, in favore delle parti civili costituite, in euro cinquemila ciascuna fermo restando che l’imputata, all’esito di giudizio tenutosi con rito abbreviato, era stata ritenuta responsabile del reato di calunnia (art. 368 cod. pen.), commesso il 12 maggio 2010, dopo che, già in primo grado, era stata prosciolta per mancanza di querela dai reati di cui all’art. 571 cod. pen. ascrittile, previa riqualificazione dei fatti nella fattispecie di cui all’art. 581 cod. pen..
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Con unico motivo di ricorso la ricorrente denunciava vizio di violazione di legge, in relazione agli artt. 423, 441, comma 2, 122 e 178, lett. c) cod. proc. pen. e chiedeva che venisse dichiarata la nullità della sentenza impugnata.
In particolare, l’imputata, contumace all’udienza preliminare tenutasi il 14 febbraio 2013, assumeva come avesse diritto alla notifica del verbale di udienza atteso che il Pubblico Ministero aveva provveduto alla sostanziale modifica del capo di imputazione e che la richiesta di definizione del procedimento con rito abbreviato, formalizzata alla medesima udienza dal procuratore speciale, era avvenuta sulla scorta di una procura speciale rilasciata in riferimento alle originarie imputazioni, con conseguente inefficacia della stessa che, a pena di nullità, deve contenere la indicazione dell’oggetto e dei fatti ai quali si riferisce, nullità che doveva essere rilevata dal giudice dell’udienza preliminare e che avrebbe dovuto travolgere la sentenza per effetto della violazione del diritto di difesa dell’imputata.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Corte di Cassazione
La Cassazione dichiarava inammissibile il ricorso proposto alla stregua delle seguenti considerazioni.
Si rilevava prima di tutto come non fosse ravvisabile alcuna contestazione di fatto nuovo nella modifica del capo di imputazione intervenuta all’udienza preliminare del 14 febbraio 2013 dal momento che, come si evince al confronto tra la contestazione posta a base della richiesta di rinvio a giudizio e quella illustrata nella sentenza impugnata, il pubblico ministero si era limitato ad enunciare alcune precisazioni di dettaglio su aspetti materiali della condotta, rimasta immutata nei suoi elementi strutturali, con riguardo alla falsa denuncia ed ai connotati essenziali dei fatti oggetto della denuncia dell’imputata.
Per contro, si faceva presente come plurime pronunzie della Cassazione avessero asserito che, all’udienza preliminare, il pubblico ministero può modificare liberamente l’imputazione senza alcuna particolare limitazione o condizione (Sez. 3, 4.12.97, Pasqualetti, Rv. 209791, con vari precedenti conformi) dal momento che l’art. 423 cod. proc. pen. non prevede che l’elemento posto a base della modifica debba essere venuto a conoscenza dell’inquirente solo nel corso dell’udienza preliminare, dovendosi comprendere anche l’eventualità che esso sia stato già acquisito nel corso delle indagini preliminari “ma non sia stato ancora valutato nelle sue implicazioni sulla formulazione dell’imputazione”.
Inoltre, si metteva altresì in risalto come nessuna autorizzazione del giudice fosse necessaria per l’ulteriore contestazione (ed ancor meno, il consenso dell’imputato), trattandosi di adempimenti non previsti poiché, se l’imputato non è presente, la modificazione dell’imputazione è comunicata al difensore che rappresenta l’imputato ai fini della contestazione, comunicazione che è stata ritenuta dal legislatore garanzia sufficiente all’assente nel corso dell’udienza preliminare e che neppure comporta la concessione di un termine a difesa, sia nel caso in cui l’imputato sia presente, sia in quello in cui questi risulti assente o contumace (Sez. 3, n. 15927 del 05/03/2009, omissis, Rv. 243409); ebbene, gli ermellino facevano presente che, nel caso in esame, e segnatamente all’udienza preliminare del 14 febbraio 2013, il difensore dell’imputata contumace, già munito di procura speciale, dopo la modifica dell’imputazione, nel senso innanzi chiarito, avesse avanzato richiesta di giudizio abbreviato poi ammesso dal giudice.
Posto ciò, la Suprema Corte riteneva di dover ribadire, nella fattispecie in esame, il principio già affermato dagli stessi giudici di Piazza Cavour secondo il quale l’eventuale modifica dell’imputazione non toglie efficacia al mandato conferito, ove la procura speciale non contenga espliciti limiti o condizioni ai poteri conferiti al procuratore speciale, sicché in questa ipotesi spetta al difensore la valutazione della coerenza del negozio processuale con gli interessi dell’imputato. (Sez. 2, n. 4261 del 17/12/2014, dep.2015, omissis, Rv. 262382) atteso che è sufficiente a garantire il diritto di difesa la comunicazione al difensore il quale, essendo munito di procura speciale, presenta una legittimazione rafforzata a rappresentare l’imputato ai fini delle valutazioni sull’accesso al rito a prova contratta, ovvero le uniche effettuabili nella fase incidentale in cui si verifica la modifica dell’imputazione e ciò anche perché, se è vero che la procura speciale per la definizione del procedimento con il rito abbreviato, come quella per definizione a pena concordata, è atto personalissimo, fondamentale per la legittimità del negozio e che può presentarsi in forma specifica, con la fissazione di limiti e condizioni, ovvero generica, ne consegue che quando la procura speciale assume una configurazione generica, e non presenta limiti o condizioni, essa deve intendersi segnatamente finalizzata alla conclusione del processo con il rito speciale stante il fatto che, con tale atto, l’imputato affida al difensore il mandato di esprimere per suo conto la volontà di accesso al rito a prova contratta, sicché deve ritenersi che tale mandato comprenda anche quello di valutare le fisiologiche vicende del procedimento e del processo successive al conferimento della procura, in coerenza con gli interessi dell’imputato.
Tal che, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, i giudici di legittimità ordinaria giungevano a postulare il principio di diritto secondo il quale l’eventuale modifica dell’imputazione, nel corso dell’udienza preliminare, non toglie efficacia al mandato conferito ai fini della richiesta di rito abbreviato, ove questo non contenga una esplicita limitazione e che, ogni volta che la procura speciale a concludere il processo con un rito a prova contratta non preveda limiti e condizioni, spetta al difensore la valutazione della coerenza del negozio processuale con gli interessi dell’imputato che gli ha conferito il mandato.
Pertanto, alla luce di tale criterio ermeneutico, si sottolineava come, nel caso di specie, la procura speciale rilasciata dalla S., non contenesse alcuna specificazione o limitazione oltre a quella relativa alla vicenda processuale nella quale l’imputata era stata coinvolta sicché da ciò si doveva inferire come la ricorrente avesse conferito al difensore un ampio mandato esteso alla valutazione delle fisiologiche evenienze del procedimento come la modifica dell’imputazione, situazione del tutto diversa da quella della contestazione del fatto nuovo che, secondo la giurisprudenza della Cassazione, avrebbe potuto legittimare la diversa conclusione proposta nel ricorso (Sez. 1, n. 55359 del 17/06/2016, omissis, Rv. 269044).
Si rilevava infine come dovesse reputarsi manifestamente infondata anche la richiesta di dichiarare l’intervenuta prescrizione del reato, successiva alla decisione in appello, poiché l’inammissibilità del ricorso per cassazione, dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (S.U., n.32 del 22/11/2000, omissis, Rv. 217266).
Conclusioni
La sentenza in esame è sicuramente condivisibile.
La scelta di adire un rito speciale, come è noto, costituisce un atto personalissimo dell’imputato, tanto è vero che è necessario che il legale abbia un’apposita procura speciale da parte di questi che lo autorizzi a chiedere di adire il rito abbreviato, anziché quello ordinario.
Orbene, tale scelta non può essere vanificata dal fatto che vi sia stata la modifica dell’imputazione specie nel caso in cui l’imputato sia assente e vi sia quindi il rischio che non sia possibile più chiedere che il processo venga celebrato in queste forme.
Del resto, l’avvocato ha tutte le competenze tecniche per poter valutare se conviene o meno ricorrere al giudizio abbreviato, anziché continuare con quello ordinario, e quindi non verrebbe in alcun modo pregiudicato il diritto di difesa di colui che si trova in questa evenienza processuale.
Trattandosi però, come si è appena detto, di un atto personalissimo, è altresì condivisibile l’ulteriore passaggio argomentativo secondo cui detta possibilità è preclusa ove la procura speciale, a concludere il processo con un rito a prova contratta, preveda limiti e condizioni trattandosi per l’appunto di una scelta che spetta in ultima parola all’imputato e non al difensore ove l’accusato voglia che si proceda in tal senso e che comporta quindi, ove il primo conferisca una procura di questo tipo al secondo e dunque si manifesti chiaramente questa volontà, come il difensore non possa agire autonomamente senza aver sentito prima il suo assistito.
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