La morte del coniuge ricorrente, verificatasi nel corso del procedimento per la revisione dell’assegno di divorzio, comporta l’improseguibilità dello stesso?
Riferimenti normativi: art. 300 c.p.c. e ss. – L. n. 898/1970.
Corte di Cassazione – S.S. U.U. Civ. Sentenza n. 20495 del 24-06-2022
1. La vicenda
L’interessante pronunciamento dei Giudici di Legittimità prende le mosse da una iniziale sentenza sullo status emessa dal Tribunale di Macerata, con la quale veniva dichiarata la cessazione degli effetti civili del matrimonio di due coniugi.
Rimessa la causa in istruttoria al fine dell’accertamento del diritto della donna a percepire l’assegno divorzile, veniva affermato l’obbligo, a carico dell’ex marito, di pagare la somma mensile di euro 2.240,00 in favore dell’ex moglie (sentenza poi appellata e confermata dal Giudice di secondo grado).
Successivamente, il coniuge onerato agiva per la revoca dell’assegno, richiesta che veniva accolta parzialmente in sede di giudizio di reclamo con la riduzione del medesimo ad euro 1.740,00.
Intrapreso il giudizio di Cassazione e formulata proposta di accoglimento del ricorso per manifesta infondatezza, la ex coniuge controricorrente depositava istanza di interruzione del giudizio, in ragione della morte del ricorrente, poi riassunto nei confronti degli eredi dell’ex coniuge.
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2. La questione
Oggetto della rimessione alle Sezioni Unite sono state le questioni concernenti le sorti del processo con riguardo alle parti del giudizio divorzile o di quello per la modifica dell’entità dell’assegno, alla natura delle sentenze pronunciate, alla successione nel processo e all’interruzione e riassunzione della causa.
3. La soluzione
Statuisce la Suprema Corte che l’assegno di divorzio ha efficacia costitutiva dal momento del passaggio in giudicato della statuizione di risoluzione del vincolo coniugale, traendo la sua fonte nel nuovo status delle parti.
A tale principio ha introdotto un temperamento l’art. 4, co. 13, L. n. 898/1970, così come sostituito dall’art. 8, L. n.74/1987, il quale attribuisce al Giudice il potere di disporre (tenuto conto delle circostanze del caso concreto e fornendo un’adeguata motivazione) la decorrenza dell’obbligo della somministrazione dell’assegno fin dal momento della domanda di divorzio[1].
In caso di revisione dell’assegno di divorzio (che postula l’accertamento di un sopravvenuto mutamento delle condizioni economiche degli ex coniugi), il diritto a percepirlo di un coniuge ed il corrispondente obbligo dell’altro a versarlo, nella misura e nei modi stabiliti dalla sentenza di divorzio, conservano la loro efficacia sino a quando non intervenga la modifica di tale provvedimento, rimanendo del tutto ininfluente il momento in cui di fatto sono maturati i presupposti per la modificazione o la soppressione dell’assegno.
Di conseguenza, in mancanza di specifiche disposizioni, in base ai principi generali relativi all’autorità, intangibilità e stabilità, per quanto temporalmente limitata (“rebus sic stantibus”), dal precedente giudicato impositivo del contributo di mantenimento, la decisione giurisdizionale di revisione non può avere decorrenza anticipata al momento della circostanza innovativa, rispetto alla data della domanda di modificazione.
Posto quanto sopra, se la morte di un coniuge preceda l’adozione di qualsiasi sentenza, e dunque anteriore anche alla declaratoria sullo status, diviene inammissibile ogni pretesa, inclusa quella all’assegno divorzile.
Nell’ipotesi in cui il giudicato sullo status si è già formato e il decesso del coniuge sopraggiunge nel corso della causa volta all’accertamento del diritto dell’altro a percepire l’assegno divorzile, la Suprema Corte ritiene ammissibile la prosecuzione del giudizio concernente l’obbligo di corresponsione di un assegno nei confronti degli eredi dell’obbligato, ai fini dell’accertamento della debenza del diritto all’assegno dalla data del passaggio in giudicato della sentenza sullo status a quella del decesso.
Invece, nel caso di modifica dell’assegno di divorzio, essendo la sentenza sull’assegno sempre rivedibile, in ragione del mutamento delle condizioni e per un giustificato motivo, i Giudici di Piazza Cavour sostengono che, venuta meno una delle parti del rapporto di solidarietà post-coniugale, la domanda di accertamento della non debenza dell’assegno dalla data della domanda stessa a quella del decesso prosegua da parte degli eredi dell’obbligato, onde il processo può giungere al suo esito, ai fini dell’accertamento della non debenza e del diritto di credito alla ripetizione dell’indebito per le somme versate sin dalla domanda di revisione, richieste in vita dal coniuge obbligato, di cui gli eredi divengono titolari[2].
4. Conclusione
Le Sezioni Unite ribadiscono che il processo di divorzio ha una doppia finalità: mira, in primo luogo, a far venir meno lo status matrimoniale, ma, allo stesso tempo, anche a tutelare una serie di diritti fondamentali relativi alle primarie esigenze della parte sul piano economico più bisognosa, nonché dei figli della coppia.
Riconoscendo e determinando l’assegno di divorzio, il Giudice traduce nel linguaggio della corrispettività quanto i coniugi abbiano compiuto, durante la vita comune, nello spirito della gratuità.
Occorre, altresì, chiarire che potrebbero esserci obblighi pecuniari già entrati nel patrimonio dell’avente diritto (c.d. arretrati), i quali non siano stati corrisposti dal coniuge obbligato da tale provvedimento e sino al suo decesso, e la cui debenza dunque permane.
Infatti, essi restano acquisiti, quale debito, al patrimonio del dante causa, e, come tali, passano agli eredi: onde l’altro coniuge rimasto in vita ben potrà agire, se sia mancato il pagamento, direttamente in executivis nei confronti di essi, giovandosi dello stesso titolo.
In conclusione, nel caso sottoposto alla nostra attenzione, possiamo affermare l’inapplicabilità dell’istituto dell’interruzione, atteso che gli Ermellini hanno statuito che nel caso di procedimento per la revisione dell’assegno divorzile, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 9, co. 1, il venir meno del coniuge ricorrente nel corso del medesimo non comporta la declatoria di improseguibilità dello stesso, ma gli eredi subentrano nella posizione del coniuge richiedente la revisione, al fine dell’accertamento della non debenza dell’assegno a decorrere dalla domanda sino al decesso, subentrando altresì essi nell’azione di ripetizione dell’indebito ex art. 2033 c.c., per la restituzione delle somme non dovute.
- [1]
Così dispone l’art. 4, co. 13, l. n. 898/1970: <<quando vi sia stata la sentenza non definitiva, il Tribunale, emettendo la sentenza che dispone l’obbligo della somministrazione dell’assegno, può disporre che tale obbligo produca effetti fin dal momento della domanda>>.
- [2]
Cfr. K. MASCIA, Diritto & Giustizia, fasc. 119, 2022, pagg. 2-3.
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