L’obbligo di motivazione necessario per ricorrere all’affidamento in house
Il comma 2 dell’articolo 192 D.lgs. n.50/2016 disciplina l’obbligo di motivazione per ricorrere all’affidamento in house, in quanto prevede che la P.A. è tenuta a fornire motivazione sia per quanto riguarda la sussistenza dei requisiti dell’in house che la convenienza economica del ricorso a tale affidamento piuttosto che al mercato, prevedendo che «ai fini dell’affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto ed al valore della prestazione, dando atto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche».
Pertanto, tale obbligo impone che la scelta di non ricorrere ad una gara pubblica deve essere adeguatamente motivata sia per quanto attiene alla sussistenza dei requisiti dell’in house che sotto il profilo delle ragioni che giustificano la convenienza economica di tale modello gestionale. In particolare, la scelta che è tenuta a compiere l’amministrazione deve avere riguardo a obiettivi di efficienza, economicità, qualità del servizio e ottimale impiego delle risorse pubbliche. Nel momento in cui l’amministrazione proceda attraverso una gestione in house del servizio, è tenuta a fornire motivazione circa la scelta di non ricorrere al mercato. Peraltro, come sottolineato dal Consiglio di Stato, sezione V, sentenza n. 3554 del 18/07/2017, in ragione della natura tecnico-discrezionale della scelta dell’amministrazione sussiste il limite nell’ordinario sindacato di legittimità svolto dal giudice amministrativo. Se tale motivazione non è affetta da manifesta illogicità o travisamento dei fatti, non è sindacabile in sede giurisdizionale, pena l’illegittimo ingerimento del giudice nell’attività discrezionale amministrativa.
Di recente la Corte costituzionale, sentenza n. 100 del 27/05/2020 si è pronunciata sull’obbligo di motivazione sulle ragioni del mancato ricorso al mercato nell’ambito degli affidamenti in house. Il rispetto dei principi di concorrenza, pubblicità e trasparenza, la discrezionalità legislativa, il quadro normativo euro-unitario e la continuità con la legislazione nazionale precedente, le principali ragioni per quali la Corte costituzionale è giunta alla conclusione della necessità della motivazione per scelte che hanno effetti sul mercato dei contratti pubblici.
Anche il Consiglio di Stato con sentenza della V sezione, n. 681 del 27 gennaio 2020 si è pronunciato sulla possibilità di ricorrere al mercato, affermando che l’in house providing riveste carattere eccezionale rispetto all’ordinaria modalità di scelta del contraente sul mercato ed è possibile solo se sussiste una reale convenienza in termini di efficienza ed economicità per l’amministrazione. Qualora, invece, le condizioni economiche offerte dal mercato siano più convenienti allora l’in house providing non è esperibile (cfr. Cons. Stato, III, 17 dicembre 2015, n. 5732). Aggiunge, inoltre, che la natura di società in house a totale partecipazione della stazione appaltante non può limitare le scelte. Occorre, pertanto, anche in questo caso, compiere una valutazione di convenienza. Qualora l’esternalizzazione del servizio sia più conveniente, questa è la via da percorrere.
Il controllo del possesso dei requisiti in capo all’operatore economico nell’affidamento in house
La stazione appaltante, come noto, nelle procedure di scelta del contraente è tenuta ad effettuare il controllo del possesso dei requisiti in capo all’operatore economico. La possibilità di partecipare ad una gara ad evidenza pubblica è consentita solo agli operatori economici in possesso di determinati requisiti. È possibile distinguere due tipologie di requisiti: quelli soggettivi, di ordine generale di onestà ed affidabilità morale e quelli oggettivi di capacità economica finanziaria e tecnico organizzativa. I requisiti soggettivi di moralità si sostanziano nell’assenza di condanne penali, di misure di prevenzione antimafia, di violazioni tributarie, di violazioni in materia di previdenza e assistenza di sicurezza sul lavoro. L’art. 80 comma 1 del d.lgs. n. 50 del 2016 prevede l’elenco dei reati per i quali, in caso di condanna, l’operatore economico viene escluso. In caso di mancanza di tali requisiti soggettivi l’esclusione dell’operatore è obbligatoria. I requisiti oggettivi attengono alla capacità economica finanziaria e tecnico organizzativa. L’art. 83 comma 1 del d.lgs. n. 50 del 2016, codice dei contratti pubblici, prevede che “i criteri di selezione riguardano esclusivamente: a) i requisiti di idoneità professionale; b) la capacità economica e finanziaria; c) le capacità tecniche e professionali”. La disposizione di cui all’articolo 83 comma 4 lettera a) del decreto legislativo 50/2016 chiarisce che ai fini del possesso dei requisiti di capacità economica e finanziaria le stazioni appaltanti possono richiedere “che gli operatori economici abbiano un fatturato minimo annuo, compreso un determinato fatturato minimo nel settore di attività oggetto dell’appalto”, includendo anche il requisito del fatturato specifico nel novero di quelli economico finanziari e risolvendo così il contrasto giurisprudenziale che riconduceva il requisito del fatturato talvolta nei requisiti economici e talvolta nei requisiti tecnici. A questi si aggiungono i controlli a cui è tenuta la stazione appaltante in materia di anticorruzione, come per esempio la sottoscrizione di patti d’integrità e delle clausole di c.d. pantouflage o di assenza di conflitto di interessi.
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