La natura del termine per il rinnovo del titolo di soggiorno
L’art. 5, comma 4, del d.lg.vo n.286/1998 (Testo Unico sull’Immigrazione – TUI) impone all’immigrato l’obbligo di chiedere il rinnovo del titolo di soggiorno sessanta giorni prima della scadenza. È discussa la natura perentoria dello stesso, evenienza dalla quale discendono ineludibili conseguenze in termini di prosecuzione utrattiva delle tutele accordate all’avente diritto.
La non perspicace previsione legislativa incontra la sua chiave di volta nel testo del medesimo articolo 5, che non qualifica il termine in questione come perentorio né utilizza locuzioni cui comunemente sono ricorre il legislatore, allorquando dispone, nel suo impianto normativo, che un privato dia inizio ad un procedimento amministrativo entro un termine fissato «a pena di decadenza» (id est perentorio).
L’orientamento del Consiglio di Stato sulla natura del termine di rinnovo. Natura dilatoria
Differentemente dal non uniforme orientamento dei giudici di primo grado, il Consiglio di Stato ha consolidato un orientamento per il quale «Il termine fissato dall’art.5 comma 4, d.lg.vo 25 luglio 1998, n. 286 per la presentazione da parte dell’extracomunitario della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno è un termine ordinatorio e sollecitatorio e non perentorio, al fine di consentire il tempestivo disbrigo della relativa procedura ed evitare che lo straniero si possa trovare in situazione di irregolarità; pertanto la mera circostanza del ritardo nella presentazione della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno non costituisce ragione sufficiente per il rifiuto del rinnovo richiesto» (Cons. St., Sezione Terza, n.2230/2016; conf. Cons. St., III, 22.2.2019, n. 1228, nonché Cons. St., VI, 4 marzo 2008 n. 1219; 22 maggio 2007, n. 2594; 11 settembre 2006, n. 5240; 7 giugno 2005, n. 2654; Sez. IV, 14 dicembre 2004, n. 8063; cfr. anche T.a.r. Lazio, Roma, II sez. II, 1° marzo 2011, n. 1872; T.a.r. Toscana, sez. I, 19 gennaio 2006, n. 156; T.a.r. Lombardia, Milano, Sez. I, 7 giugno 2006, n. 1326).
In tal senso depone anche l’interpretazione sistematica dell’art.5 TUI sul presupposto che le disposizioni che introducano motivi ostativi al rinnovo del titolo di soggiorno, per principio generale, non possono che essere di stretta interpretazione. Pertanto, considerato che il rispetto del termine di giorni 60 entro il quale l’immigrato deve presentare l’istanza di rinnovo in questione non è contemplato espressamente dal legislatore quale indefettibile presupposto ai fini della concessione del rinnovo del titolo di soggiorno, la sua inosservanza «anche in assenza di sufficienti giustificazioni», non può atteggiarsi alla stregua di legittima ragione ai fini del rigetto dell’istanza di rinnovo, omettendo la valutazione circa la sussistenza o meno degli effettivi requisiti sostanziali previsti per l’ingresso ed il soggiorno nel territorio nazionale.
Le Sezioni Unite. Natura non perentoria del termine e non automaticità della sanzione espulsiva
In ordine alla tempestività dell’istanza e della natura del termine anche le Sezioni Unite della Cassazione civile (SS.UU. n.7892/2003) hanno ribadito come il rinnovo del permesso di soggiorno non possa essere rifiutato per effetto della semplice tardiva proposizione della domanda in mancanza di una espressa sanzione di irricevibilità della domanda presentata fuori termine, sicché «il ritardo non rileva quando, pur dopo il decorso del termine di tolleranza, non siano venute meno le condizioni di legge per il soggiorno dello straniero il quale, ove ciò si verifichi, non ha alcun interesse a ritardare la presentazione della domanda di rinnovo». La Corte, inoltre, si è anche espressa ribadendo la costituzionalità dell’impianto complessivo e la natura non automatica della sanzione espulsiva in caso di rigetto dell’istanza: «Premesso che il rinnovo del permesso di soggiorno deve essere richiesto almeno trenta giorni prima della scadenza e che va disposta l’espulsione dello straniero con permesso scaduto da più di sessanta giorni senza che ne sia stato chiesto il rinnovo, l’esame della questione rimessa alle Sezioni Unite deve essere preceduto dal rilievo che la Corte costituzionale ha reiteratamente affermato, con particolare riferimento alla materia tributaria, che rientra nella discrezionalità del legislatore il cui esercizio si sottrae ad ogni sindacato di opportunità o di adeguatezza, la previsione del medesimo trattamento sanzionatorio per la totale omissione e per la tardiva osservanza di un adempimento richiesto dalla legge (ordinanze nn. 25, 132, 300 e 593 del 1988; 83, 84 e 298 del 1989; 513 del 1991)» Rispetto al principio costituzionale di parità di trattamento, la posizione dello straniero appare del tutto peculiare e non comparabile con quella del cittadino in quanto la misura dell’espulsione è riferibile unicamente allo straniero e in nessun caso è estensibile al cittadino (sent. 24 febbraio 1994, n.62) e pertanto la Corte Costituzionale ha affermato essere “non implausibile”, agli effetti dell’espulsione dal territorio nazionale per motivi diversi dalla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza dello Stato, l’equiparazione tra gli stranieri privi di permesso per non averlo mai ottenuto e quelli il cui permesso sia scaduto senza essere stato rinnovato (ord. 9 novembre 2000, n. 485). La Corte costituzionale, avendo operato una valutazione comparativa della situazione dello straniero che non abbia mai ottenuto il permesso di soggiorno con quella dello straniero il cui permesso sia scaduto per mancato rinnovo, non pone alcun vincolo al giudice di legittimità chiamato ad accertare se, nell’ambito della disciplina del rinnovo del permesso di soggiorno, sia giustificata una distinzione tra la situazione di chi abbia omesso di richiederne il rinnovo e quella di chi lo abbia spontaneamente richiesto dopo la scadenza del termine di legge. E ancora, la mancata osservanza della prescrizione che postula la presentazione della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno un mese prima della sua scadenza è del tutto priva di riflessi sulla validità del permesso, che permane con pienezza di effetti sino alla sua naturale scadenza: infatti, non è previsto alcun collegamento tra questo primo termine e quello dei successivi sessanta giorni cosicché non può essere disposta l’espulsione neanche nei confronti di uno straniero con permesso di soggiorno scaduto se non siano decorsi almeno sessanta giorni dalla scadenza, dal momento che nell’ambito del termine di tolleranza previsto dalla legge non si fa distinzione tra lo straniero che abbia presentato tempestivamente la domanda di rinnovo e quello che invece non ne abbia chiesto il rinnovo un mese prima della scadenza.
Infine, l’art. 5 del D.Lgs. n. 268 del 1998 stabilisce che il rinnovo del permesso di soggiorno viene rifiutato solo quando manchino o vengano a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso o il soggiorno nel territorio dello Stato, e, cioè, quando il permesso sia stato erroneamente rilasciato in assenza delle condizioni di legge o quando esse siano venute meno successivamente, eccezion fatta per la perdita del posto di lavoro per l’esercizio del quale il permesso era stato rilasciato: ne consegue che tali previsioni -da ritenersi di stretta interpretazione per la loro incidenza negativa sul diritto di soggiorno -non consentono che il rinnovo del permesso possa essere rifiutato per la semplice tardiva proposizione della domanda in mancanza di una espressa sanzione di irricevibilità della domanda presentata fuori del termine, sicché il ritardo non rileva quando, pur dopo il decorso del termine di tolleranza, non siano venute meno le condizioni di legge per il soggiorno dello straniero il quale, ove ciò si verifichi, non ha alcun interesse a ritardare la presentazione della domanda di rinnovo.
Diverso è, invece, il caso in cui lo straniero, essendo incorso in una delle situazioni che precludono il rinnovo del permesso di soggiorno, si trattenga illecitamente sul territorio nazionale e presenti la domanda di rinnovo solo quando sia venuto nuovamente a trovarsi nelle condizioni richieste dalla legge, come si verifica, ad esempio nel caso di perdita del posto di lavoro subordinato non stagionale e infruttuosa iscrizione nelle liste di collocamento per tutta la residua durata di validità del permesso di soggiorno e, comunque, per un periodo non inferiore a un anno (attualmente a sei mesi ai sensi dell’art. 22, co. 11, del D.Lgs. n. 286 del 1998 come sostituito dall’art. 18 della legge 30 luglio 2002, n. 189). In tal caso, infatti, il ritardo nella presentazione spontanea della domanda di rinnovo fino al ripristino delle condizioni di legge per il soggiorno dell’interessato potrà essere valutato agli effetti del diniego del rinnovo del permesso, sanzionandosi non già la mera inerzia dell’interessato, bensì il ritardo nella presentazione di una domanda di rinnovo che, tempestivamente presentata, non avrebbe trovato accoglimento.
Nella valutazione della condotta dello straniero che abbia presentato tardivamente la domanda di rinnovo va considerata l’incidenza della situazione di forza maggiore eventualmente adotta dall’interessato, poiché, contrariamente a quanto viene osservato nella motivazione dell’ordinanza impugnata, l’espressa previsione della forza maggiore come causa di giustificazione valida solo nell’ipotesi di prima domanda del permesso di soggiorno non è argomento dal quale possa dedursi l’esclusione della sua operatività nell’ipotesi di mero rinnovo del permesso, in quanto la forza maggiore come causa di esclusione degli effetti pregiudizievoli di un comportamento sanzionato dalla legge è principio generale dell’ordinamento che opera anche in mancanza di espressa previsione, con il solo limite della presenza di preclusioni di ordine procedimentale, che nella specie, come già rilevato, non sono state introdotte dal legislatore.
Pertanto, non potendo darsi prevalenza ad una interpretazione che subordini il riconoscimento del diritto al rinnovo del permesso di soggiorno alla mera osservanza dei termini stabiliti dalla legge per la sua presentazione, viene ribadita l’interpretazione della Corte di legittimità (anche a sezioni semplici), secondo cui la spontanea presentazione della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno oltre il termine di sessanta giorni dalla sua scadenza non consente l’espulsione “automatica” dello straniero, la quale potrà essere disposta solo se la domanda sia stata respinta per la mancanza originaria o sopravvenuta dei requisiti richiesti dalla legge per il soggiorno dello straniero sul territorio nazionale, mentre la sua tardiva presentazione potrà costituirne solo indice rivelatore nel quadro di una valutazione complessiva della situazione in cui versa l’interessato.
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