Il comma 1 bis dell’art. 21 della legge 6/8/2008 n. 133 ha inserito dopo l’articolo 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, l’art. 4 bis che recita.:
<«Art. 4-bis. (Disposizione transitoria concernente l’indennizzo per la violazione delle norme in materia di apposizione e di proroga del termine). – 1. Con riferimento ai soli giudizi i corso alla data di entrata in vigore della presente disposizione, e fatte salve le sentenze passate in giudicato, in caso di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 1, 2 e 4, il datore di lavoro e’ tenuto unicamente a indennizzare il prestatore di lavoro con un’indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni.».
Da più parti si è subito notato che, con tale disposizione, venivano a crearsi delle disparità di trattamento tra chi aveva già introdotto e radicato un procedimento per ottenere l ‘accertamento della illegittimità della clausola appositiva del termine alla data di entrata in vigore delle legge 133/2008 e chi lo avesse o ritenesse di farlo in futuro in epoca comunque successiva alla predetta data di entrata in vigore.
In particolare alcune Magistrature hanno con tempestività sollevato questioni di illegittimità costituzionale della predetta norma per vari motivi ma, in via principale, adducendo la violazione del principio di parità ex art. 3 Cost..
Le motivazioni addotte dalle varie Corti apparivano assonanti.
Così la Corte di Bari, con ordinanza 18-22.9.2008 : < Tale nuova normativa, ad avviso di questa Corte d’Appello, appare non infondatamente sospetta di violare il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost.
Ad alimentare tale sospetto basti pensare che, ove mai altro lavoratore nelle stesse identiche condizioni dell’odierna appellante (assunto cioè con contratto a tempo determinato di identico tenore dal 20/1/2005 al 31/3/2005) facesse valere le stesse ragioni di illegittimità con un giudizio introdotto ex novo in data odierna, e comunque dopo la data di entrata in vigore dell’art. 4 bis, quel lavoratore avrebbe diritto alla riassunzione e non già all’indennità sopra richiamata non essendo a lui applicabile la norma transitoria.
Anzi, a ben vedere, la stessa odierna appellante se, invece di adire immediatamente il giudice del lavoro con il suo ricorso del 21/6/2005, avesse proposto la causa dopo l’entrata in vigore della norma transitoria di cui qui si discute, avrebbe pieno titolo per chiedere la riassunzione in servizio.
Ne consegue che diverse persone, nella medesima situazione giuridica, si troverebbero a godere di una tutela dei propri diritti sensibilmente diversa (sicuramente meno intensa nel caso di coloro ai quali viene riconosciuto soltanto l’indennizzo) senza alcuna giustificazione se non quella di aver proposto la domanda giudiziale in tempi diversi pur nell’identità del quadro normativo generale applicabile alle rispettive fattispecie. Tutto ciò con evidente violazione del principio di ragionevolezza.
Senza dire che, per effetto della nuova norma, paradossalmente, verrebbe penalizzato proprio colui che per primo ha fatto ricorso al giudice, di modo che la norma appare, in un certo qual modo, irragionevolmente punitiva nei confronti di chi ha mostrato di voler reagire prontamente ad una violazione di legge.>
Così la Corte di Torino,con ordinanza 2 .10.2008:< in particolare la disposizione appare in contrasto con l’art. 3, in quanto introduce irragionevoli diseguaglianze nell’individuazione dei propri destinatari; ad esempio disuguaglianza vi sarebbe tra coloro che, per motivi spesso indipendenti dalla loro volontà (attività del sindacato o del legale, durata del processo), hanno ottenuto una sentenza non più oggetto di impugnazione e coloro che invece hanno ancora un giudizio in corso, pur avendo ipoteticamente stipulato un contratto a termine con lo stesso datore di lavoro e nello stesso periodo; ed ancora tra coloro che hanno depositato il ricorso introduttivo del giudizio il giorno prima della pubblicazione della legge e coloro che lo depositano il giorno dopo la sua entrata in vigore (a fronte della pubblicazione della legge, ovviamente un legale avrà atteso per il deposito il giorno successivo all‘entrata in vigore onde non ricadere nella disposizione transitoria); ed ancora si potrebbe ipotizzare l’ipotesi della mancata notifica del ricorso già depositato, onde ottenere una dichiarazione di estinzione del processo (vedasi disposizione art. 50 della stessa L. 133/2008), onde evitare di ricadere nella norma transitoria per poi depositare un nuovo ricorso; ciò creerebbe indubitabilmente profonde disparità di trattamento tra utenti della giustizia, che ex art. 3 dovrebbero invece essere uguali di fronte alla legge, premiando eventuali escamotage di dubbia correttezza>
Diversa la prospettiva avanzata dalla Corte di Genova, Ordinanza 26 .9.2008, la quale,più esplicitamente consapevole della possibilità di rigetto da parte della Corte Costituzionale,ove ci si limiti ad invocare la disuguaglianza intesa come disparità di trattamento nel tempo ,affronta la questione evidenziando sfaccettature e angolature diverse:
<Il Legislatore infatti ha introdotto una regolamentazione delle conseguenze scaturenti dalla illegittimità dell’apposizione del termine che si affianca a quella [che si fonda] sulla nullità parziale del contratto e sulle conseguenze che ne derivano secondo il diritto comune>.
E aggiunge <regolamentazione però che riguarda non tutti i contratti a termine stipulati ad una certa data ma solamente quelli per i quali è in corso un giudizio, indipendentemente dalla data in cui sono stati stipulati: per tutti i contratti per i quali non era pendente un giudizio alla data di entrata in vigore della legge, sia se stipulati prima che successivamente a tale data, le conseguenze continuano ad essere invece quelle derivanti dall’azione di annullamento parziale.>.
E continua <Il Legislatore ha quindi ritenuto di disciplinare diversamente (nelle conseguenze) solo alcuni contratti a termine illegittimi ancorando la diversità delle conseguenze al fatto del tutto casuale che il lavoratore avesse o meno iniziato il giudizio.>.
La Corte viene così a ravvisare nella fattispecie un trattamento differenziato a fattispecie <oggettivamente> identiche, a prescindere da riferimenti temporali,in quanto la circostanza che per alcune di tali fattispecie <penda un giudizio alla data di entrata in vigore della legge> mentre per altre fattispecie <non penda un giudizio alla data di entrata in vigore della legge ma potrebbe pendere in un momento successivo alla predetta data> viene visto in una dimensione a-temporale, quale elemento puramente <casuale>.
Ed infatti la Corte così conclude : <In questo caso non si tratta di un trattamento differenziato nel tempo: lavoratori nella stessa situazione di fatto, che hanno cioè stipulato un contratto a tempo determinato con clausola del termine illegittima, senza giustificazione alcuna, se non quella di avere o meno iniziato la causa ad una certa data, vengono ad avere diversa tutela dei propri diritti, con evidente violazione del principio di ragionevolezza.>
E ribadisce: <In sostanza, tra i lavoratori a tempo determinato ne viene enucleata una quota (quelli che avevano un giudizio pendente) che viene sottratta alla tutela ordinaria accordata a tutti gli altri lavoratori (che non avevano ancora iniziato la causa e che costituiscono il tertium comparationis nella valutazione della violazione del principio di eguaglianza), tutela ordinaria che il Legislatore aveva ben presente e che non ha inteso modificare, perché diversamente non avrebbe dettato l’art. 4 bis che espressamente è applicabile ai soli procedimenti in corso, ma avrebbe invece introdotto una disciplina stabile destinata a regolamentare la materia.>.
Riteniamo da parte nostra che le varie prospettazioni avanzate dalle Corti d’Appello difficilmente si possano sottrarre al contrasto con quell’orientamento della Corte Costituzionale per cui <ai fini del trattamento differenziato riservato in momenti diversi alla stessa categoria di soggetti…… un valido criterio discretivo puo’ essere rinvenuto proprio nello stesso fluire del tempo> ( tra le tante vedi Corte costituzionale 24 aprile 1996, n. 127 Corte costituzionale 24 aprile 1996, n. 127 ).
Infatti anche nella fattispecie de qua ci troviamo di fronte ad un trattamento differenziato nel tempo tra due fattispecie identiche , costituite da elementi identici [ la sussistenza di una clausola di apposizione del termine illegittima + la pendenza di un giudizio di impugnazione ] che se poste in essere prima di una certa data vengono assoggettate a un certo trattamento [ risarcimento del danno], se poste in essere dopo quella data vengono assoggettate ad altro trattamento [conversione in contratto a tempo indeterminato].
Il paragone ,in linea generale,dovrebbe essere effettuato,a nostro sommesso parere , esclusivamente tra tutti i contratti con clausola appositiva del termine illegittima, per i quali pendeva giudizio alla data di entrata in vigore della legge 133/2008 , e i contratti con clausola appositiva del termine illegittima ,stipulati anteriormente alla predetta data , se e quando ,successivamente alla stessa data, venisse avviata una azione di impugnazione da parte del lavoratore.
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