Il coinvolgimento degli enti del Terzo settore
L’articolo 55 del D.lgs. 3 luglio 2017, n.117 (c.d. Codice del Terzo settore) stabilisce che le amministrazioni pubbliche, nell’esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione a livello territoriale degli interventi e dei servizi nei settori di attività degli enti del terzo settore ne assicurano il coinvolgimento attivo attraverso forme di co-programmazione e co-progettazione e accreditamento, poste in essere nel rispetto dei principi della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché delle norme che disciplinano specifici procedimenti ed in particolare di quelle relative alla programmazione sociale di zona.
L’art. 55 del Codice del Terzo settore pone in capo ai soggetti pubblici il compito di assicurare il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore nella programmazione, nella progettazione e nell’organizzazione degli interventi e dei servizi, nei settori di attività di interesse generale definiti dall’art. 5 del medesimo Codice. Il modello configurato dall’art. 55 del Codice del Terzo settore si basa sulla convergenza di obiettivi e sull’aggregazione di risorse pubbliche e private per la programmazione e la progettazione, in comune, di servizi e interventi diretti a elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale ed esclude il carattere dell’economicità, ovvero la corresponsione di prezzi e corrispettivi dalla parte pubblica a quella privata. Questo modello di condivisione della funzione pubblica prefigurato dall’art. 55 è riservato in via esclusiva agli enti che rientrano nel perimetro definito dal Codice, secondo il quale costituiscono il Terzo settore gli enti che rientrano in specifiche forme organizzative tipizzate e gli altri enti “atipici” che perseguono, senza scopo di lucro, […] finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, e che risultano «iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore.
Nei commi successivi la disposizione disciplina gli strumenti essenziali nel rapporto tra il mondo della cooperazione sociale e la Pubblica Amministrazione. La co-programmazione è finalizzata all’individuazione, da parte della pubblica amministrazione, dei bisogni da soddisfare, degli interventi necessari, delle modalità di realizzazione degli stessi e delle risorse disponibili. La co-progettazione è finalizzata alla definizione e alla realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento finalizzati a soddisfare bisogni individuati nella programmazione.
Le Convenzioni finalizzate allo svolgimento di attività o servizi di interesse generale
Ulteriore strumento utilizzabile della pubblica amministrazione per coinvolgere gli enti del Terzo settore è la convenzione. La pubblica amministrazione può sottoscrivere con le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale, in possesso dei requisiti prescritti all’articolo 56 Codice del Terzo settore, convenzioni finalizzate allo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale, se più favorevoli rispetto al ricorso al mercato. L’individuazione delle organizzazioni con cui stipulare tale convenzione viene fatta nel rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza, partecipazione e parità di trattamento. Tali organizzazioni devono, inoltre, essere in possesso dei requisiti di moralità professionale, e dimostrare adeguata attitudine e alla capacità tecnica e professionale, intesa come concreta capacità di operare e realizzare l’attività oggetto di convenzione, da valutarsi anche con riferimento all’esperienza maturata, all’organizzazione, alla formazione e all’aggiornamento dei volontari. Tali convenzioni possono prevedere esclusivamente il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate.
Volume consigliato
Le responsabilità della pubblica amministrazione
L’opera nasce con l’intento di offrire al lettore (Magistrato, Avvocato, Funzionario pubblico) una guida indispensabile per affrontare un tema cui sono sottese sempre nuove questioni: quello delle ipotesi di responsabilità dell’amministrazione pubblica. Avuto riguardo ai più recenti apporti pretori e alla luce degli ultimi interventi del Legislatore (L. 9 gennaio 2019, n. 3, cd. Legge Spazzacorrotti), il taglio pratico-operativo del volume offre risposte puntuali a temi dibattuti sia sotto il profilo sostanziale, sia sotto il profilo processuale. L’opera, che si articola in 23 capitoli, tratta i temi della responsabilità della P.A. da provvedimento illegittimo, da comportamento illecito, per l’inosservanza del termine del procedimento, sotto il profilo amministrativo-contabile, in materia urbanistica ed edilizia, per attività ablative, nella circolazione stradale, per danno da illecito trattamento dei dati personali, di tipo precontrattuale, in ambito scolastico. Si affrontano ancora, oltre al tema del danno all’immagine della P.A., i temi della responsabilità: disciplinare del dipendente pubblico; dirigenziale; dei dipendenti pubblici per la violazione delle norme sulla incompatibilità degli incarichi; delle Forze armate; della struttura sanitaria pubblica per attività posta in essere dal medico; delle authorities finanziarie; nell’amministrazione della giustizia. Affiancano la materia dell’amministrazione digitale – i cui profili di novità ne rendono indispensabile la conoscenza – i temi della responsabilità nel diritto europeo, della responsabilità dello Stato per la violazione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e, infine, della responsabilità penale della pubblica amministrazione. Il lettore che voglia approfondire temi di suo interesse è aiutato nell’attività di ricerca dalla presenza di una “Bibliografia essenziale” che correda ogni capitolo del volume. Giuseppe CassanoDirettore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato nell’Università Luiss di Roma. Studioso dei diritti della personalità, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato oltre un centinaio di opere in tema, fra volumi, trattati, saggi e note.Nicola PosteraroAvvocato, dottore e assegnista di ricerca in Diritto Amministrativo presso l’Università degli Studi di Milano, è abilitato allo svolgimento delle funzioni di professore associato di diritto amministrativo e collabora con le cattedre di diritto amministrativo, giustizia amministrativa e diritto sanitario di alcune Università. Dedica la sua attività di ricerca al diritto amministrativo e al diritto sanitario, pubblicando in tema volumi, saggi e note.
Giuseppe Cassano, Nicola Posteraro (a cura di) | 2019 Maggioli Editore
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Il principio di sussidiarietà orizzontale
Il principio di sussidiarietà verticale è un criterio di riparto delle competenze degli enti di diverso livello territoriale, in cui la cura dell’interesse del cittadino è affidato all’ente più vicino e l’intervento dell’ente di livello più alto si giustifica laddove l’azione del primo risultasse inadeguata (il c.d. ascensore). Da tale declinazione del principio di sussidiarietà va distinta la sussidiarietà orizzontale, valorizzata dall’art. 118, quarto comma, della Costituzione la quale regola il rapporto tra iniziativa privata ed intervento pubblico. Tale disposizione ha esplicitato nel testo costituzionale le implicazioni di sistema derivanti dal riconoscimento della «profonda socialità» che connota la persona umana (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 228 del 2004) e della sua possibilità di realizzare una «azione positiva e responsabile» (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 75 del 1992).
Il parere del Consiglio di Stato sulla normativa applicabile agli affidamenti di servizi sociali
Il Consiglio di Stato, Adunanza della Commissione speciale n.1382 del 26/07/2018, ha risposto al quesito formulato da ANAC sulla normativa applicabile agli affidamenti di servizi sociali alla luce del D.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 e del D.lgs. 3 luglio 2017, n.117, ponendosi come bussola per districare le difficili interpretazioni e disarmonie fra il Codice dei Contratti pubblici ed il Codice del Terzo settore. Il concetto di onerosità costituisce la linea di interruzione fra i servizi economici di interesse generale ed i servizi non economici di interesse generale. Sul punto, la Commissione ritiene che solo il rimborso spese che escluda la remunerazione di tutti i fattori produttivi e comprenda unicamente le documentate spese vive, correnti e non di investimento, incontrate dall’ente, consente di affermare la gratuità della prestazione del servizio e, dunque, di postulare la estraneità all’ambito del Codice dei Contratti pubblici. Solo l’oggettiva assenza di economicità determina l’ascrizione del servizio entro la categoria dei servizi non economici di interesse generale, con conseguente fuoriuscita dall’ambito oggettuale del Codice dei contratti pubblici.
La Commissione pone una linea netta di distinzione tra:
– le procedure di affidamento dei servizi sociali contemplate nel Codice del terzo settore (in particolare, accreditamento, co-progettazione e partenariato) sono estranee al Codice dei contratti pubblici ove prive di carattere selettivo, ovvero non tese all’affidamento del servizio, ovvero ancora ove il servizio sia prospetticamente svolto dall’affidatario in forma integralmente gratuita […];
– le procedure di affidamento dei servizi sociali contemplate nel Codice del terzo settore (in particolare, accreditamento, co-progettazione e partenariato) sono, viceversa, soggette al Codice dei contratti pubblici, al fine di tutelare la concorrenza anche fra enti del terzo settore, ove il servizio sia prospetticamente svolto dall’affidatario in forma onerosa, ricorrente in presenza anche di meri rimborsi spese forfettari e/o estesi a coprire in tutto od in parte il costo dei fattori di produzione; l’Amministrazione, inoltre, deve specificamente e puntualmente motivare il ricorso a tali modalità di affidamento, che, in quanto strutturalmente riservate ad enti non profit, de facto privano le imprese profit della possibilità di rendersi affidatarie del servizio.
La sentenza della Corte costituzionale
La sentenza della Corte costituzionale n.131 del 2020 effettua un’interessante disamina delle norme del terzo settore compiendo un approfondimento dei rapporti tra le fonti.
In particolare, la Corte costituzionale, seppur delineando le specificità della normativa volta a valorizzare la convergenza di obiettivi e dell’aggregazione di risorse pubbliche e private per la programmazione e la progettazione, in comune, di servizi e interventi, inserisce il Codice del Terzo settore nel contesto normativo entro cui si muove la Pubblica Amministrazione. Pertanto, il Codice del Terzo settore deve essere letto all’interno dell’ordinamento. Peraltro, le Direttive europee in materia di appalti, e la giurisprudenza della Corte di Giustizia mantengono in capo agli Stati membri la possibilità di apprestare, in relazione ad attività a spiccata valenza sociale, un modello organizzativo ispirato non al principio di concorrenza ma a quello di solidarietà sempre che le organizzazioni non lucrative contribuiscano, in condizioni di pari trattamento, in modo effettivo e trasparente al perseguimento delle finalità sociali.
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