ln tali casi, si applicano le disposizioni dell’articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600”. La notifica effettuata con la PEC, al pari di quella direttamente realizzata tramite il servizio postale per raccomandata con avviso di ricevimento, fornisce certezza in ordine al giorno ed orario esatto della spedizione e della ricezione, nonché in merito all’integrità del contenuto e degli eventuali allegati.
A tal riguardo, si rilevi che con la sentenza n. 146/2016, resa nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 3, R.D. 267/1942, la stessa Corte costituzionale ha affermato come la notifica telematica consenta pienamente la conoscibilità effettiva dell’atto da notificare.
La conoscibilità dell’atto notificato
In particolare, per la Corte, il risultato conseguibile con la suddetta modalità di notifica è “sostanzialmente equipollente” a quello ottenibile con i meccanismi ordinari (notifica a mezzo ufficiale giudiziario e agente postale).
In ragione di tale equipollenza e alla luce delle allegate ricevute di avvenuta consegna della PEC, nella fattispecie di cui trattasi, l’atto deve ritenersi incontestabilmente entrato nella sfera di conoscibilità della parte privata.
La riconducibilità del documento al mittente è comprovata, infatti, oltre che dagli elementi propri della cartella di pagamento (es. intestazione, logo, ecc.) anche dai dati di certificazione contenuti, con carattere immodificabile, nelle buste di trasporto e nelle varie ricevute emesse e firmate dallo stesso Gestore (es. ricevuta di presa in carico, di accettazione e di avvenuta consegna), nonché dall’indirizzo e dal dominio di posta elettronica dal quale il messaggio è stato inviato.
In base al combinato disposto degli artt. 5 e 6 del decreto n. 68/2005, il procedimento di notifica può essere così schematizzato:
– il mittente inoltra il messaggio di posta al Punto di Accesso del proprio Gestore PEC;
– tale Gestore (anche detto “Provider”) rilascia al mittente una “ricevuta di accettazione” – da lui sottoscritta – nella quale sono contenuti i dati di certificazione che costituiscono prova dell’avvenuta spedizione del messaggio;
– lo stesso Gestore include il messaggio del mittente nella C.d. busta di trasporto sulla quale appone la propria firma e: – se il gestore del mittente e quello del destinatario coincidono: questi rende disponibile la busta di trasporto, contenente, quale allegato, il messaggio originario, nella casella PEC del destinatario, genera la “ricevuta di avvenuta consegna”, la firma e la trasmette al mittente; – se il gestore del mittente e quello del destinatario non coincidono: il Gestore del mittente inoltra la busta di trasporto al Punto di Ricezione del Gestore del destinatario;
– il Punto di Ricezione del destinatario verifica la busta di trasporto, crea una “ricevuta di presa in carico”, la firma e la inoltra al Punto di Ricezione del Gestore del mittente che, verificatane la validità, la inoltra al Punto di Consegna del mittente e, da qui, alla relativa casella di posta elettronica certificata;
– il Punto di Ricezione del destinatario, inoltra la busta di trasporto al Punto di Consegna del destinatario che ne verifica il contenuto e la rende disponibile nella casella PEC del destinatario stesso;
– il Punto di Consegna del destinatario crea una “ricevuta di avvenuta consegna” , vi appone la propria firma e la inoltra al Punto di Ricezione del Gestore mittente che, verificatane la validità, la inoltra, a sua volta, al Punto di Consegna del mittente, rendendola disponibile nella relativa casella PEC.
È proprio la ricevuta di avvenuta consegna, dunque, a fornire al mittente la prova che il suo messaggio è effettivamente pervenuto all’indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario e a certificare il momento in cui è avvenuta la consegna.
Giova, ad ogni modo, richiamare altresì l’art 4 del DPR n. 68/05, rubricato “Utilizzo della posta elettronica certificata” al 1 comma, prevede, in via generale, che: “La posta elettronica certificata consente l’invio di messaggi la cui trasmissione è valida agli effetti di legge”. Il comma 6, della norma in parola dispone, poi, che: “la validità della trasmissione e ricezione del messaggio di posta elettronica certificata è attestata rispettivamente dalla ricevuta di accettazione e dalla ricevuta di avvenuta consegna di cui all’articolo 6”.
Quest’ultima disposizione, rubricata “Ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna” disciplina le ricevute predette stabilendo, al primo comma, che “il gestore di posta elettronica certificata utilizzato dal mittente fornisce al mittente stesso la ricevuta di accettazione, nella quale sono contenuti i dati di certificazione che costituiscono prova dell’avvenuta spedizione di un messaggio di posta elettronica certificata”.
Il secondo comma stabilisce, poi, che “il gestore di posta elettronica certificata utilizzato dal destinatario fornisce al mittente, all’indirizzo elettronico del mittente, la ricevuta di avvenuta consegna”.
Il terzo comma prevede, inoltre, che: “La ricevuta di avvenuta consegna fornisce al mittente prova che il suo messaggio di posta elettronica certificata è effettivamente pervenuto all’indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario e certifica i/ momento della consegna tramite un testo, leggibile dal mittente, contenente i dati di certificazione”. L’art. 45 CAD, rubricato “Valore giuridico della trasmissione”, al secondo comma, dispone altresì che: “il documento informatico trasmesso per via telematica si intende spedito dal mittente se inviato al proprio gestore, e si intende consegnato al destinatario se reso disponibile all’indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore”.
Dall’analisi delle disposizioni che disciplinano l’utilizzo della posta elettronica certificata emerge, quindi, che l’invio di un documento informatico compiuto tramite PEC, o meglio, indirizzato verso la pec di riferimento del destinatario, equivale, a tutti gli effetti, alla notifica tramite posta.
Per il mittente, si ribadisce, la prova che il messaggio inviato sia effettivamente pervenuto nella casella di PEC del destinatario è costituita dalla ricevuta di consegna rilasciata al mittente dal gestore della casella di posta elettronica del destinatario stesso (art. 6, 2 e 3 comma del d.P.R. n. 68/05).
Perfezionamento della notifica
Di conseguenza, il principio operante in tema di perfezionamento della notifica a mezzo posta elettronica certificata, ex artt. 6 d.P.R. n. 68/05 e 48, comma 2, del decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82, è, quindi, analogo a quello sancito per il perfezionamento della notifica a mezzo posta. La Corte di Cassazione ha, inoltre, reiteratamente affermato (cfr. Cass. civ., 7 luglio 2016, n. 13917) che la responsabilità per la mancata lettura di una comunicazione o notifica ricevuta a mezzo PEC è da attribuire al destinatario, se conseguente ad una sua carenza relativamente alla manutenzione e al controllo della casella di posta.
Con ciò si conferma ulteriormente l’infondatezza dei dubbi espressi da una parte della giurisprudenza di merito alla presunta invalidità delle notifiche eseguite mediante il procedimento notificatorio in questione.
Ed ancora, considerato che la firma digitale altro non è che l’equivalente informatico di una tradizionale firma autografa apposta su carta, questa, astrattamente, possiede caratteristiche tali da scongiurare carenze e imperfezioni della notificazione e a livello di integrità dell’atto.
Esse sono infatti rappresentate da:
– autenticità: poiché la firma digitale garantirebbe l’identità del sottoscrittore;
– integrità: giacché la firma digitale assicurerebbe che il documento non sia stato modificato dopo la sottoscrizione;
– non ripudio: ritenendo che la firma digitale attribuisca piena validità legale al documento.
La giurisprudenza di legittimità ha escluso l’obbligo della sottoscrizione per la cartella esattoriale (cfr., ex multis, Cass. civ., 13 maggio 2016, n. 9872; Cass. civ. 24 novembre 2016, 24018).
La mancanza della sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta, infatti, l’invalidità dell’atto, quando non è in dubbio la riferibilità di questo all’autorità da cui promana, giacché l’autografia della sottoscrizione è elemento essenziale dell’atto amministrativo nei soli casi in cui sia prevista dalla legge, mentre, ai sensi dell’art. 25 del DPR n. 602 del 1973, la cartella va predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la sottoscrizione ma solo la sua intestazione.
Per l’effetto, anche la giurisprudenza di merito (cfr. Comm. Trib. Bolzano, 27 gennaio 2016, n. 5) ha ritenuto che l’agente della riscossione possa validamente procedere direttamente alla notifica della cartella di pagamento in forma digitale, a mezzo posta elettronica certificata, ai sensi dell’articolo 26 comma 20 d.P.R. 602/73, senza che l’atto notificato necessiti della sottoscrizione, con firma digitale, del funzionario preposto, essendo espressamente esclusa l’applicabilità dell’articolo 149 bis c.p.c., che, viceversa, la prescrive per la notifica effettuata dall’ufficiale giudiziario.
Di conseguenza, l’eventuale onere di firma rappresenta un quid pluris del tutto escluso dalla normativa vigente, tenuto conto, peraltro, che l’integrità dell’atto non è assicurata unicamente dall’apposizione della firma digitale, sussistendo, invero, nella disciplina di settore, precise modalità alternative.
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