(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., artt. 175; 462)
Il fatto
Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze rigettava l’istanza proposta nell’interesse del condannato volta ad ottenere la restituzione nel termine, ai sensi dell’art. 175 c.p.p., comma 2, e art. 462 c.p.p., per proporre opposizione avverso il decreto penale di condanna emesso per il reato di cui all’art. 189 C.d.S..
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione l’istante, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo inosservanza e/o erronea applicazione di legge per non avere avuto effettiva tempestiva conoscenza del predetto decreto penale di condanna del quale era reso edotto solo quando riceveva da parte dell’Agenzia delle Entrate la notifica della cartella di pagamento.
La richiesta formulata dal Procuratore generale presso la Corte di Cassazione
Il Procuratore Generale presso la Suprema Corte, con requisitoria scritta, chiedeva l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al giudice di merito per nuovo esame.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Corte di Cassazione
Il ricorso veniva ritenuto fondato alla stregua delle seguenti considerazioni.
Si osservava prima di tutto come il giudice di merito avesse motivato il rigetto dell’istanza sul rilievo che C.D. aveva avuto “conoscenza del provvedimento in seguito all’avvenuta elezione di domicilio risalente al 20.02.2009 presso il suo difensore di fiducia avv. M. P. presso cui la notifica del decreto penale di condanna è stata ritualmente eseguita il 15.01.2013” e che non risultava in atti la prova dell’interruzione dei rapporti tra il legale fiduciariamente nominato e l’assistito.
Premesso ciò, gli Ermellini stimavano tale motivazione manifestamente illogica e contraddittoria in quanto nel verbale agli atti – non riconducibile con certezza al procedimento de quo essendo in esso menzionata la querela sporta da D.A. per il reato di cui all’art. 590 c.p. – non risultava affatto indicata la nomina fiduciaria in favore dell’avv. M. P. essendosi il C. riservato espressamente tale facoltà.
Venutasi a verificare tale situazione processuale, i giudici di legittimità ordinaria osservavano che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr. ex plurimis Sez.1, n. 8225 del 10/02/2010), la notificazione del decreto penale di condanna effettuata al difensore di ufficio nominato domiciliatario nella fase pre – processuale, non può ritenersi, di per sé, idonea a dimostrare l’effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento in capo all’imputato salvo che la conoscenza non emerga aliunde ovvero non si dimostri che il difensore di ufficio sia riuscito a rintracciare il proprio assistito e ad instaurarvi un effettivo rapporto professionale, tale da far ritenere che quest’ultimo sia effettivamente consapevole della avvenuta emissione di un decreto penale di condanna a suo carico.
La motivazione contenuta nell’impugnato provvedimento non risultava pertanto, ad avviso della Corte, conforme allo standard di garanzia di informazione richiesto dall’art. 175 c.p.p. facendosi conseguire da ciò come il provvedimento impugnato dovesse essere annullato con rinvio per un nuovo esame al Tribunale di Firenze.
Conclusioni
La sentenza in questione è assai interessante in quanto in essa si afferma, sulla scorta di un consolidato orientamento nomofilattico, che la notificazione del decreto penale di condanna effettuata al difensore di ufficio nominato domiciliatario nella fase pre – processuale, non può ritenersi, di per sé, idonea a dimostrare l’effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento in capo all’imputato salvo che la conoscenza non emerga aliunde ovvero non si dimostri che il difensore di ufficio sia riuscito a rintracciare il proprio assistito e ad instaurarvi un effettivo rapporto professionale, tale da far ritenere che quest’ultimo sia effettivamente consapevole della avvenuta emissione di un decreto penale di condanna a suo carico.
Tal che, ove si dovesse verificare una evenienza processuale di tal genere, e non si accerti che il difensore di ufficio sia riuscito a rintracciare il proprio assistito e ad instaurarvi un effettivo rapporto professionale, tale da far ritenere che quest’ultimo sia effettivamente consapevole della avvenuta emissione di un decreto penale di condanna a suo carico, ben potrà il condannato chiedere la restituzione in termine a norma del combinato disposto articoli 175 e 462 c.p.p..
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta pronuncia, proprio perché fa chiarezza su tale peculiare tematica processuale, dunque, non può che essere positivo.
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