Art. 624 bis CP
Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, mediante introduzione in un edificio o in altro luogo pubblico destinato, in tutto o in parte, a privata dimora o nelle pertinenze di essa, è punito con la reclusione da quattro a sette anni e con la multa da euro 927 a euro 1.500
Alla stessa pena di cui al primo comma soggiace chi si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, strappandola di mano o di dosso alla persona
La pena è della reclusione da quattro a dieci anni e della multa da euro 927 a euro 2.000 se il reato è aggravato da una o più delle circostanze previste nel primo comma dell’ Articolo 625 CP ovvero se ricorre una o più delle circostanze indicate all’ Articolo 61 CP
Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli Articoli 98 e 625 bis CP, concorrenti con una o più delle circostanze aggravanti di cui all’ Articolo 625 CP, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall’ aumento conseguente alle predette circostanze aggravanti.
Il quesito di Diritto sottoposto, ex Art. 618 Cpp, a Cass., SS.UU., 23 marzo 2017, n. 31345 è il seguente: “ se, ed eventualmente a quali condizioni, ai fini della configurabilità del delitto previsto dall’ Art. 624 bis CP [ furto in una privata dimora ], i luoghi di lavoro possano rientrare nella nozione di privata dimora “.
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L’ orientamento “ ampio “
Per il vero, la nozione di “ privata dimora “ costituisce un concetto presente in molte norme penali sostanziali e processuali, ovverosia negli Artt. 614, 615, 615 bis, n. 3 bis comma 3 Art. 628, comma 2 Art. 52 CP, nonché nel comma 2 Art. 266 Cpp . In maniera mirabilmente lucida e sintetica, i lemmi “ privata dimora “, in Cass., SS.UU., 23 marzo 2017, n. 31345, sono qualificati con le seguenti espressioni: “ il concetto di privata dimora è più ampio di quello di abitazione [ … ] [ Necessita ] un’ interpretazione estensiva, tanto da ricomprendervi tutti i luoghi, non pubblici, nei quali le persone si trattengono per compiere, anche in modo transitorio e contingente, atti della vita privata “. Per conseguenza, negli Anni Duemila, l’ Art. 624 bis CP è stato applicato in maniera assai estensiva, in tanto in quanto, secondo la Suprema Corte, sono, agli effetti della legge penale, “private dimore “, ad esempio, un ristorante in orario di chiusura ( Cass., sez. pen. II, 26 maggio 2015, n. 24763 ), un bar-tabaccheria in orario di chiusura ( Cass., sez. pen. V, 24 novembre 2015, n. 6210 ), un cantiere edile allestito nel cortile di un immobile in cui erano in corso lavori di ristrutturazione ( Cass., sez. pen. V, 1° ottobre 2014, n. 2768 ), l’ interno di un’ edicola ( Cass., sez. pen. V, 17 dicembre 2014, n. 7293 ), uno studio odontoiatrico ( Cass., sez. pen. V, 15 febbraio 2011, n. 10187 ), una farmacia durante l’ orario di apertura ( Cass., sez. pen. IV, 25 giugno 2009, n. 37908 ), il ripostiglio di un esercizio commerciale ( Cass., sez. pen. V, 5 maggio 2010, n. 22725 ) e persino la baracca di un cantiere edile per il cambio degli indumenti dei muratori ( Cass., sez. pen. V, 25 giugno 2010, n. 32093 ). Anche con afferenza al delitto di rapina aggravata come p. e p. ex n. 3 bis comma 3 Art. 628 CP, la Corte di Cassazione offre un’ esegesi molto generosa del concetto di “ privata dimora “, la quale, in Cass., sez. pen. II, 5 aprile 2012, n. 28405, è, addirittura, un istituto di credito e, in Cass., sez. pen. II, 12 maggio 2015, n. 24761, la “ privata dimora “ diventa financo l’ interno di un supermercato durante l’ orario di apertura. Evidentemente, Cassazione 28405/2012 nonché Cassazione 24761/2015 si spingono a livelli interpretativi ipertrofici e, quindi, eccezionali e non universalmente applicabili. Tale orientamento, per il vero, è troppo dilatato sotto il profilo ermeneutico. In primo luogo, esso qualifica la privata dimora, erroneamente, alla stregua, come precisato da Cass., SS.UU., 23 marzo 2017, n. 31345, di un ambiente in cui, dal punto di vista edile e strutturale, l’ accesso al pubblico non è inibito, ma, anzi, gradito, come nella fattispecie di un negozio, di una banca o di un bar. In secondo luogo, il filone esegetico “ ampio “ sostiene che, come rimarcato dalla pur dissenziente Cass., SS.UU., 23 marzo 2017, n. 31345, “ gli atti della vita privata [ che si svolgono, quindi, in una dimora altrettanto privata, ndr ] non sono soltanto quelli della vita intima o familiare, ma anche quelli dell’ attività professionale o lavorativa, o quelli posti in essere a contatto con altri soggetti, quali l’ acquisto di merce in un supermercato, la fruizione di una prestazione professionale od il compimento di operazioni bancarie “. Ora, giustamente, a parere di Cass., SS.UU., 23 marzo 2017, n. 31345, bisogna ridurre l’ ampiezza semantica di una consimile interpretazione oltremodo dilatata, giacché “ non v’ è dubbio che la nozione di privata dimora sia più ampia di quella di abitazione [ … ]. E’ arbitrario, tuttavia, far discendere da tale [ pur inizialmente legittima ] constatazione un significato che prescinde, innanzitutto, dalla lettera della norma [ ex comma 1 Art. 624 bis CP ] ”. Nei principali dizionari della lingua italiana, la “ dimora “ è il luogo in cui il soggetto non è stabilmente residente, ma vi abita per un certo tempo. Anche il lemma latino “ morari “ significa non risiedere, bensì fermarsi, trattenersi, soggiornare per un certo tempo. Quindi, non è “ dimora “ un luogo nel quale la parte lesa sta in maniera occasionale, è fisicamente presente, ma senza l’ intenzione di consumare stabilmente, in quel luogo, l’ intera vita privata in modo costante.
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Le contestazioni nei confronti dell’ orientamento interpretativo “ ampio “.
Senza dubbio, l’ orientamento interpretativo “ ampio “, negli Anni Duemila, ha de-contestualizzato eccessivamente i lemmi “ privata dimora “, i quali, nelle dinamiche dell’ Art. 624 bis CP, sono, per la verità, inseriti nella ben più circostanziata espressione “ mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato, in tutto o in parte, a privata dimora o nelle pertinenze di essa “. Siffatto problema ermeneutico è rimarcato pure da Cass., SS.UU., 23 marzo 2017, n. 31345, a parere della quale “ il riferimento della norma [ ex comma 1 Art. 624 bis CP ] [ … ] è ad un luogo che sia stato adibito, in modo apprezzabile sotto il profilo cronologico, allo svolgimento di atti della vita privata, non limitati, questi ultimi, soltanto quelli della vita familiare ed intima, propri dell’ abitazione. Va aggiunto, ancora, che, significativamente, la rubrica dell’ Art. 624 bis CP è intitolata << furto in abitazione >> ed il riferimento è in linea con il significato restrittivo della nozione di privata dimora “. Dunque, come si può notare, anche Cass., SS.UU., 23 marzo 2017, n. 31345 si manifesta contraria alla dilatazione eccessiva dei lemmi “ privata dimora “. In effetti, di recente, la Suprema Corte ha (ri)congiunto la nozione di “ vita familiare o domestica “ a quella di “ abitazione “ o, ognimmodo, a quella di un luogo stabile che funge da “ abitazione “, nel senso sia morale, sia edilizio. Similmente, molti Precedenti dell’ ultimo periodo hanno asserito che la “privata dimora “ è tale allorquando il luogo ospita, in maniera duratura, “ atti di vita privata “, anche di natura lavorativa o professionale, purché tali atti rechino le caratteristiche della ordinaria vita familiare non pubblica. Interessante è pure il parere di Cass., sez. pen. II, 26 maggio 2015, n. 24763, a norma della quale “ il delitto p. e p. ex Art. 624 bis CP è consumato [ o tentato ] tutte le volte in cui l’ azione delittuosa venga commessa in un luogo nel quale si svolgano atti della vita privata, a prescindere dall’ orario e dalla presenza di persone “. Analogo è pure il parere di Cass., sez. pen. V, 24 novembre 2015, n. 6210 nonché di Cass., sez. pen. V, 30 giugno 2015, n. 428. Ciononostante, non sono mancate le esegesi più restrittive. P.e., Cass., sez. pen. IV, 24 gennaio 2013, n. 11490, rompendo con la stretta ratio primigenia della L. 128/2001, ha precisato che “ non commette il reato di furto in abitazione [ p. e p. ex Art. 624 bis CP ] il soggetto che si introduca all’ interno di un esercizio commerciale in orario notturno, trattandosi di un locale non adibito a privata dimora, in ragione del mancato svolgimento delle attività commerciali, caratterizzante le ore di chiusura “. Assai illuminante è pure la ratio di Cass., sez. pen. V, 17 novembre 2015, n. 10747, secondo cui la precettività, o meno, dell’ Art. 624 bis CP “ dipende dalla prevedibile [ o meno ] presenza di persone nel luogo di svolgimento di atti di vita privata, a prescindere dall’ orario, notte o giorno, e dalla chiusura, o meno, dell’ esercizio “ Siffatto legame qualificatorio tra la privata dimora e la presenza di persone esercitanti atti della vita privata è rimarcato pure da Cass., sez. pen. V, 10 marzo 2015, n. 18211, Cass., sez. pen. V, 20 ottobre 2016, n. 55040, Cass., sez. pen. IV, 26 gennaio 2016, n. 12256 nonché da Cass., sez. pen. V, 21 dicembre 2015, n. 10440. Tuttavia, il criterio della presenza o meno, nella privata dimora, di persone svolgenti atti di vita privata è stato categoricamente respinto da Cass., SS.UU., 23 marzo 2017, n. 31345, in tanto in quanto “ tale soluzione risulta non condivisibile, perché si fa dipendere l’ applicazione di un trattamento sanzionatorio più grave ( previsto [ dalla L. 128/2001 ] per il reato di furto in abitazione, al fine di apprestare una più intensa tutela al luogo in cui l’ azione delittuosa viene commessa ) da elementi estranei alla fattispecie [ ex Art. 624 bis CP ] e, per di più, vaghi, incerti ed accidentali, di carattere temporale o di effettivo esercizio dell’ attività ivi svolta. L’ esigenza di maggior tutela dei luogi destinati a privata dimora non viene meno solo perché il furto [ aggravato ] è commesso in orario notturno o diurno, in orario di apertura o di chiusura, oppure in presenza od assenza di persone “. Come si può notare, Cass., SS.UU., 23 marzo 2017, n. 31345 ha cura di ripristinare l’ essenza precettiva originaria dell’ Art. 624 bis CP, così come introdotto dalla L. 128/2001. Tale nuova normativa è nata, sotto il profilo della Storia del Diritto Penale, per accrescere, rispetto al semplice Art. 624 CP, la tutela sia del domicilio, ex Art. 14 Cost., sia della proprietà privata, testualmente ed espressamente “ riconosciuta e garantita “ dal comma 2 Art. 42 Cost. . Dunque, Cass., SS.UU. 23 marzo 2017, n. 31345 rigetta, con giusta fermezza, ogni interpolazione contaminante che conduca ad un’ interpretazione dell’ Art. 624 bis CP non conforme alle intenzioni originarie del Legislatore del 26 marzo 2001. Cass., SS.UU., 23 marzo 2017, n. 31345 reputa contraddittorio e pleonastico, rispetto alla lettera dell’ Art. 624 bis CP, utilizzare dei criteri frutto di arbitrarie costruzioni sovrastrutturali della Giurisprudenza, come la presenza o l’ assenza del nucleo familiare, l’ orario della commissione del reato o lo svolgimento, in corso o meno, di attività commerciali indebitamente qualificate come “ familiari “. Anche Cassazione 428/2015 critica negativamente l’ ipostatizzazione giurisprudenziale del “ momento “ più o meno “ affollato “ di consumazione o di tentativo del delitto di cui all’ Art. 624 bis CP.
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L’ insufficienza della ratio del solo “ svolgimento di atti della vita privata “.
Molti Precedenti di legittimità hanno ormai rivelato la completa inadeguatezza ermeneutica della ratio del mero “ svolgimento di atti dela vita privata “. In effetti, nel Codice Zanardelli, l’ Art. 157 CP parlava di “ furto aggravato nell’ abitazione altrui o nelle appartenenze di essa “, ove il lemma “ abitazione “, nei Lavori Preparatori, acquisiva il significato di “ luogo adibito ad uso domestico, nel quale si compiono atti caratteristici della vita privata “. La terminologia è poi mutata nel Codice Rocco, ove l’ Art. 614 CP collocava il furto aggravato “ in altro luogo di privata dimora“, con la precisazione, sempre nei Lavori Preparatori, che “ la tutela apprestata [ dall’ Art. 614 del Codice Rocco ] riguarda[va] tutti i luoghi che servono, in modo permanente o transitorio, all’ esplicazione della vita privata “. Inoltre, il n. 1 comma 1 Art. 625 del Codice Penale Rocco prevedeva la fattispecie del furto aggravato solo “ se il colpevole, per commettere il furto, si introduce o si trattiene in un edificio o in altro luogo destinato ad abitazione “, ferma restando la più totale incertezza interpretativa con afferenza al troppo generico lemma “ abitazione “. Tale panorama storico-giuridico si conclude con l’ introduzione dell’ Art. 624 bis CP attraverso la Legge n. 128 del 2001. E’ da notare che il nuovo Art. 624 bis CP doveva essere inserito inserito, almeno nel Progetto originario, nel Titolo XII del Libro II del Codice Penale, riservato, come noto, ai delitti contro la persona, in tanto in quanto, come specificato nei Lavori Preparatori della L. 128/2001, “ bisogna rafforzare la tutela del domicilio non tanto nella sua consistenza oggettiva, quanto nel suo essre proiezione spaziale della persona, ossia ambito primario ed imprescindibile alla libera estrinsecazione della personalità individuale “. Quindi, sotto il profilo del Diritto Costituzionale, si può asserire che la L. 128/2001 ha soggettivizzato la materialità economico-patrimoniale del comma 1 Art. 14 Cost. . Il domicilio, pertanto, è inviolabile non tanto ai fini della tutela di beni materiali, quanto, piuttosto, ai fini della protezione della privatezza individuale e/o familiare. La L. 128/2001 costituisce un’ interpretazione antropologica nei confronti del mero dato edile ed oggettivo citato nell’ Art. 14 Cost. . Il centro dell’ Art. 14 Cost. cessa di essere la materialità del luogo e diviene la soggettività e l’ affettività della persona e dei propri congiunti. Sempre nei Lavori Preparatori della L. 128/2001, la personalità del domicilio reca la conseguenza prevedibile che “ l’ Art. 624 bis CP ricomprende qualsiasi luogo destinato, in tutto o in parte, a privata dimora [ … ] l’ ampliamento dell’ ambito di applicabilità dell’ Art. 624 bis CP anche a luoghi che non possono considerarsi abitazione in senso stretto [ … ] è motivato dalla necessità di tutelare l’ individuo anche nel caso in cui egli compia atti della sua vita privata al di fuori dell’ abitazione. Deve, però, trattarsi [ … ] di luoghi che abbiano le stesse caratteristiche del’ abitazione, in termini di riservatezza e, conseguentemente, di non accessibilità, da parte di terzi, senza il consenso dell’ avente diritto “.
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La nozione di “ privata dimora “ nella Giurisprudenza costituzionale.
La Consulta ha dovuto specificare l’ ambito esegetico dei lemmi “ abitazione o altro luogo di dimora privata “ ( anche ) in occasione della corretta interpretazione, rispetto all’ Art. 14 Cost., del comma 2 Art. 266 Cpp, in tema di intercettazioni telefoniche. La Corte Costituzionale, nella Sentenza 135/2002, rimarcava che “ il domicilio, cui fa riferimento l’ Art. 14 Cost., viene in rilievo nel panorama dei diritti fondamentali di libertà, come proiezione spaziale della persona, nella prospettiva di preservare, da interferenze esterne, comportamenti tenuti in un determinato ambiente: prospettiva che vale, per altro verso, ad accomunare la libertà in parola a quella di comunicazione ex Art. 15 Cost., quali espressioni salienti di un più ampio diritto alla riservatezza della persona […]. Bisogna impedire forme di intrusione nel domicilio in quanto tale, avendo la libertà di domicilio una valenza essenzialmente negativa [ rectius: negatoria, ndr ], concretandosi nel diritto di preservare da interferenze esterne, pubbliche o private, determinati luoghi in cui si svolge la vita intima di ciascun individuo “. Come si può notare, almeno a parere di chi redige, Consulta 135/2002 è eccessivamente generica e non risolve la problematica della corretta esegesi dei lemmi “ privata dimora “. Più dettagliata, invece, è la Sentenza 149/2008 della Consulta, la quale ha asserito che “ la tutela del domicilio prevista dall’ Art. 14 Cost. viene in rilievo sotto due aspetti: come diritto di ammettere o di escludere altre persone da determinati luoghi, in cui si svolge la vita intima di ciascun individuo; e come diritto alla riservatezza su quanto si compie nei medesimi luoghi. Perché sia operativa la tutela costituzionale del domicilio è necessario, quindi, che si tratti di un luogo in cui sia inibito l’ accesso ad estranei e sia tale da garantire la riservatezza, ovvero l’ impossibilità di essere percepito dall’ esterno [ … ]. Laddove, invece, il luogo sia accessibile visivamente da chiunque, venendo meno la caratteristica della riservatezza, si rimane fuori dall’ area di tutela prefigurata dalla norma costituzionale de qua “. Dunque, come si può agevolmente comprendere, Consulta 149/2008 è , seppur implicitamente, contraria all’ orientamento interpretativo “ ampio “ dei lemmi “ privata dimora “ nell’ Art. 624 bis comma 2 CP, in tanto in quanto un supermercato, un negozio o uno studio professionale costituiscono luoghi ben “ percepibili “ dall’ esterno e, per conseguenza, non sussumibili entro la categoria “ intima e riservata “ della privata dimora o, comunque, dell’ abitazione. Due anni prima di Consulta 149/2008, anche Cass., SS.UU., 28 marzo 2006, n. 26795 aveva pertinentemente e, soprattutto, restrittivamente osservato che “ il concetto di domicilio non può essere esteso [ anche nell’ ambito sanzionatorio dell’ Art. 624 bis CP ] fino a farlo coincidere con qualunque ambiente che tende a garantire intimità e riservatezza [ … ]. Il concetto di domicilio individua un rapporto tra la persona ed un luogo, generalmente chiuso, in cui si svolge la vita privata, in modo anche da sottrarre chi lo occupa alle ingerenze esterne e da garantirgli quindi la riservatezza. Ma il rapporto tra la persona ed il luogo deve essere tale da giustificare la tutela di questo anche quando la persona è assente. In altre parole, la vita personale che vi si svolge, anche se per un periodo di tempo limitato, fa sì che il domicilio diventi un luogo che esclude violazioni intrusive, indipendentemente dalla presenza della persona che ne ha la titolarità, perché il luogo rimane connotato dalla personalità del titolare, sia questi o meno presente “. Per tali motivi, la ratio della stabilità della privata dimora è indispensabile, in tanto in quanto, come affermato da Cass., SS.UU. 28 marzo 2006, n. 26795, “ solo la stabilità, anche se intesa in senso relativo, può trasformare un luogo in un domicilio, nel senso che la stabilità può fargli acquisire un’ autonomia rispetto alla persona che ne ha la titolarità “. In effetti, ( anche ) ai fini dell’ applicazione dell’ Art. 624 bis CP, Cass., SS.UU., 23 marzo 2017, n. 31345 sostiene che “ è indiscutibile che, nei luoghi di lavoro, il soggetto compia atti della vita privata. Ma ciò non è sufficiente [ … ] per affermare che tali luoghi rientrino nella nozione di privata dimora e che, per i reati di furto in essi commessi, trovi applicazione la norma [ ex Art. 624 bis CP ], con una conseguente tutela rafforzata in termini di trattamento sanzionatorio. I luoghi di lavoro, generalmente, sono accessibili ad una pluralità di soggetti, anche senza il preventivo consenso dell’ avente diritto “
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Conclusioni di Cass., SS.UU., 23 marzo 2017, n. 31345.
Va, quindi, affermato il seguente principio di Diritto:
“ Ai fini della configurabilità del delitto previsto dall’ Art. 624 bis CP, i luoghi di lavoro non rientrano nella nozione di privata dimora, salvo che il fatto sia avvenuto [ ed accade raramente, ndr ] all’ interno di un’ area riservata alla sfera privata della persona offesa. Rientrano nella nozione di privata dimora di cui all’ Art. 624 bis CP esclusivamente i luoghi, anche destinati ad attività lavorativa o professionale, nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico, né accessibili a terzi senza il consenso del titolare “
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