- La direttiva 97/67/CE
- La sentenza numero 5893 del 13 luglio 2022 della VI Sezione del Consiglio di Stato
1. La direttiva 97/67/CE
Lo scopo principale della direttiva 97/67/CE, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio, è quello di: a) sviluppare un mercato interno dei servizi postali; b) aprire il mercato postale alla concorrenza; c) garantire un servizio postale universale sostenibile per tutti gli utenti dell’Unione Europea; d) armonizzare le norme tecniche [1].
L’articolo 1 stabilisce che la presente direttiva fissa regole comuni concernenti: 1) la fornitura di un servizio postale universale della Comunità; 2) i criteri che definiscono i servizi che possono essere riservati ai fornitori del servizio universale e le condizioni relative alla fornitura dei servizi non riservati; 3) i principi universali e la trasparenza contabile per la fornitura del servizio universale; 4) la fissazione di norme di qualità per la fornitura del servizio universale e la fissazione di un sistema che garantisca il rispetto di queste norme; 5) l’armonizzazione delle norme tecniche; 6) la creazione di autorità nazionali di regolamentazione indipendenti.
L’articolo 2 statuisce che ai fini della presente direttiva s’intende per: 1) servizi postali: i servizi che includono la raccolta, lo smistamento, l’instradamento e la distribuzione degli invii postali; 2) rete postale pubblica: l’insieme dell’organizzazione e dei mezzi di ogni tipo utilizzati dal fornitore o dai fornitori del servizio universale che consentono in particolare: a) la raccolta, dai punti di accesso sull’insieme del territorio, degli invii postali coperti dall’obbligo di servizio universale; b) l’instradamento e il trattamento di tali invii dal punto di accesso alla rete postale fino al centro di distribuzione; c) la distribuzione all’indirizzo indicato sull’invio;
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2. La sentenza numero 5893 del 13 luglio 2022 della VI Sezione del Consiglio di Stato
Il Collegio osserva che, benché sia possibile operare una distinzione fra il servizio universale e il servizio di corriere espresso, basata sulla sussistenza o meno di un valore aggiunto apportato dal servizio e sulla presenza o meno di incisivi obblighi di servizio a tutela della generalità dei cives o degli utenti, ovvero la definizione quantitativa e qualitativa dell’offerta di cui devono godere tutti i cittadini [2], occorre constatare che un simile criterio di differenziazione è privo di rilevanza quanto alla natura dei servizi elencati all’articolo 2, punto 1, della direttiva 97/67/CE, sicché tanto il servizio universale quanto il servizio di corriere espresso costituiscono servizi postali, ai sensi della disciplina europea e nazionale.
Un’impresa deve essere qualificata come fornitore di un servizio postale, quando essa svolge almeno uno dei servizi (raccolta, smistamento, trasporto e distribuzione) e il servizio o i servizi così svolti riguardano un invio postale, non dovendo, tuttavia, la sua attività essere limitata unicamente al servizio di trasporto [3].
Ne consegue che le imprese di autotrasporto, di spedizione o di corriere espresso che forniscono servizi di raccolta, smistamento, trasporto e distribuzione degli invii postali costituiscono, salvo la loro attività sia limitata al trasporto degli invii postali, fornitori di servizi postali.
Dal punto di vista del diritto dell’unione europea, l’articolo 14 TFUE [4] assegna ai servizi di interesse economico generale il compito non solo di coesione sociale ma, anche e soprattutto, di promozione territoriale [5].
L’articolo 106 TFUE [6] impone la possibilità di sottrarre alle regole della concorrenza alcuni servizi che debbono essere esclusi dalle logiche del mercato o che possono essere variamente conformati, per la prevalenza della missione di interesse sociale in essi insita.
Occorre prestare molta attenzione anche al profilo dell’utente: i servizi pubblici sono garanzia delle libertà della persona, nel contesto della realizzazione dei diritti sociali e secondo l’ispirazione costituzionale.
Alcune prestazioni e alcuni servizi, nonostante i profili pubblicistici che li caratterizzano, possono essere erogati dai privati, conservando la garanzia dell’utilità pubblico-sociale: l’articolo 41 comma 3 Costituzione [7], prevede programmi pubblici volti a indirizzare le attività economiche a fini sociali.
In questa dialettica si pone la questione sul ruolo del mercato e della pubblica amministrazione nell’erogazione dei servizi pubblici, mai dimentica del riferimento al valore sociale della prestazione.
Vi è poi la figura dei servizi pubblici essenziali, definita nella disciplina sullo sciopero e prevista dalla stessa Costituzione.
Nel caso dei fornitori di servizi postali, imprese non qualificabili come servizio universale, deve rilevarsi che si tratta di prestazioni
che sono conformabili nel senso voluto dall’Autorità, dotata dalla legge di poteri generali ed impliciti finalizzati alla protezione degli utenti [8], nel caso in cui le imprese svolgano attività produttive che, per quanto siano caratterizzate da una contrattualistica sul modello business to business, sono orientate a raggiungere un consumatore finale i cui interessi rischiano di essere pretermessi proprio dal modello contrattuale prescelto.
Se è vero che i servizi di corriere espresso sono di regola utilizzati da utenti professionali, in qualità di mittenti, ciò non può comportare una deminutio per i destinatari che sono i beneficiari ultimi del servizio.
Note bibliografiche
[1] La direttiva originaria è stata modificata più volte e alcuni dei più importanti emendamenti sono contenuti nella direttiva 2008/6/CE.
[2] Si tratta della rete postale pubblica.
[3] Per un approfondimento si veda, tra i tanti, Il diritto amministrativo, Nozione di servizio pubblico e qualificazione di un’impresa come fornitore di servizio postale. Pronuncia del Consiglio di Stato
[4] Articolo 14 TFUE (ex articolo 16 del TCE): Fatti salvi l’articolo 4 del Trattato sull’Unione Europea e gli articoli 93, 106 e 107 del presente trattato, in considerazione dell’importanza dei servizi di interesse economico generale nell’ambito dei valori comuni dell’Unione, nonché del loro ruolo nella promozione della coesione sociale e territoriale, l’Unione e gli Stati membri, secondo le rispettive competenze e nell’ambito del campo di applicazione dei trattati, provvedono affinché tali servizi funzionino in base a principi e condizioni, in particolare economiche e finanziarie, che consentano loro di assolvere i propri compiti. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo la procedura legislativa ordinaria, stabiliscono tali principi e fissano tali condizioni, fatta salva la competenza degli Stati membri, nel rispetto dei trattati, di fornire, fare eseguire e finanziare tali servizi.
[5] L’articolo 14 TFUE realizza perciò, storicamente, un riequilibrio tra i due poli fondamentali, riportando in primo piano il valore sociale delle prestazioni e la natura oggettivamente pubblica dei servizi economici di interesse generale.
[6] Articolo 106 TFUE (ex articolo 86 del TCE): 1. Gli Stati membri non emanano né mantengono, nei confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme dei trattati, specialmente a quelle contemplate dagli articoli 18 e da 101 a 109 inclusi. 2. Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi dell’Unione. 3. La Commissione vigila sull’applicazione delle disposizioni del presente articolo rivolgendo, ove occorra, agli Stati membri, opportune direttive o decisioni.
[7] Consiglio di Stato, Sez. VI, 14 dicembre 2020 n. 7972, 20 marzo 2015 n. 1532 e 4 febbraio 2020 n. 879.
[8] Articolo 41 Costituzione: 1. L’iniziativa economica privata è libera. 2. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. 3. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali.
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