1. Introduzione – 2.1 Trbovich v. United Mine Workers of America, 1972. Profili generali – 2.2 La necessità di garantire la rapida conclusione delle procedure amministrative – 3. Cantor v. Detroit Edison Company, 1976
1. Introduzione
La nozione di società civile sviluppata dalla giurisprudenza degli Stati Uniti è particolarmente vasta e complessa. I diversi aspetti che vengono affrontati fanno riferimento ai profili relativi ai portatori di interessi individuali e collettivi (appunto, i membri della società civile). Può essere utile, pertanto, ricostruire brevemente la nozione attraverso l’esame di due sentenze significative che costituiscono i leading cases sulla materia.
2.1 Trbovich v. United Mine Workers of America, 1972. Profili generali
La sentenza della Corte Suprema è interessante per due aspetti. Il primo riguarda l’interpretazione di uno dei limiti che generalmente si oppongono alla partecipazione dei privati, ovvero la necessità di garantire la rapida conclusione delle procedure amministrative.
Il secondo aspetto interessante è riferito alla possibilità, per il Legislatore, di intervenire imponendo garanzie partecipative all’interno delle procedure di competenza di organismi privati.
Il caso nasce a seguito del tentativo, infruttuoso, di un rappresentante sindacale di intervenire nella causa giudiziaria, intentata dal Segretario del sindacato, per l’annullamento delle elezioni dei funzionari del sindacato in ragione della presunta commissione di brogli nelle elezioni.
L’intervento nella lite era stato negato già dalla Corte distrettuale e dalla Corte di Appello, sulla base dell’interpretazione delle condizioni poste dal Labour Management Reporting and Disclosure Act – Lmrda, del 1959.
È opportuno iniziare dal secondo degli elementi interessanti della sentenza, relativo alla possibilità che il Legislatore intervenga nella regolazione delle attività di enti o associazioni private, imponendo il rispetto di determinati standards procedurali. La Corte chiarisce, anzitutto, le ragioni storiche che hanno portato all’emanazione del Lmrda. Lo fa richiamando le opinioni espresse dal senatore Kennedy nel corso del dibattito parlamentare, per cui il bill in fase di approvazione non era che un atto di portata ridotta, che avrebbe tutelato i membri dei sindacati “without undue interference in the internal affairs of what i believe are essentially private institutions that is, American trade unions”.
Dunque, i motivi per cui il Congresso degli Stati Uniti interviene negli affari di un’organizzazione privata hanno lo scopo di garantire il rispetto dei principi democratici e tutelarne gli appartenenti. È evidente, sebbene di questo la Corte non parli, che a monte vi è una ragione ulteriore: il fatto che i sindacati, per quanto ascrivibili alla categoria dei soggetti privati, esercitano comunque funzioni di interesse pubblico, che coinvolgono un ampio numero di soggetti.
2.2 La necessità di garantire la rapida conclusione delle procedure amministrative
Quanto al primo aspetto, la sentenza si segnala per una accorta ricostruzione dell’iter legislativo che portò all’approvazione del Lmrda, tramite il quale ricava le ragioni per argomentare in ordine ai limiti opponibili alla legittima partecipazione di un privato all’enforcement delle regole in esso stabilite.
In buona sostanza, spiega la Corte, l’intenzione del Congresso era quella di consentire ai membri di un sindacato di rilevare la presenza di brogli, o errori di altro genere, presso un giudice. E, di conseguenza, far annullare le procedure relative (nel caso in esame: relative all’elezione di alcuni funzionari del sindacato). Tuttavia, al fine di “
protect unions from frivolous litigation and unnecessary judicial interference with their elections”, nonché, allo scopo di “
centralize in a single proceeding such litigation as might be warranted with respect to a single election”, il titolo IV del
Lmrda impone ai denuncianti l’obbligo di presentare il proprio reclamo al Segretario generale del sindacato. Ciò, al fine di consentire uno screening dei reclami meritevoli di essere accolti in un successivo dibattito giudiziale, oppure no[1].
Ora, fatte le dovute differenze tra un procedimento amministrativo vero e proprio ed un procedimento di naturale elettorale, proprio di un sindacato, è riscontrabile una comune esigenza. Quella cioè di evitare la pendenza di più ricorsi presso il medesimo organo giurisdizionale e, di fatto, rallentare le procedure di enforcement. Del resto, l’articolo ventiquattro, lettera a, numero due, delle Federal Rules of Civil Proceedings condiziona il diritto ad intervenire in un procedimento giurisdizionale già avviato a due condizioni. La prima: “[the petitioner] claims a sufficent interest in the proceedings”; la seconda: “that interest is not adequaley represented by exsisting parties”.
3. Cantor v. Detroit Edison Company, 1976
Nel 1976, Lawrence Cantor, rivenditore di bulbi elettrici, presenta un ricorso nei confronti della Detroit Edison Company presso la Corte distrettuale dell’Eastern District of Michigan. Il ricorso lamenta la violazione dello Sherman Act da parte della Detroit Edison. Secondo il ricorrente, infatti, la compagnia sfrutterebbe la propria posizione di monopolista nell’erogazione dell’energia elettrica per evitare la competizione nella vendita di bulbi elettrici.
Il ricorso giunge all’attenzione della Corte Suprema. Ad essa si chiede di verificare la fondatezza delle motivazioni dell’azienda convenuta. Se, cioè, alla posizione della Detroit Edison Company non si applica la normativa federale in tema di anti-trust. L’eccezione, secondo le motivazioni dell’impresa, si spiegherebbe sulla base della seguente ragione: la Michigan Public Service Commission, agenzia amministrativa statale esercente la funzione regolativa dell’erogazione del servizio pubblico elettrico sul territorio statale, ha approvato ufficialmente il Lamp Exchange Program attuato dall’azienda. In base a tale programma, i clienti pagano il consumo dell’energia elettrica ma non la sostituzione dei bulbi elettrici, che viene garantita gratuitamente. Inoltre, la compagnia non ha la possibilità di cambiare autonomamente le tariffe, deve ottenere l’autorizzazione da parte della Commissione.
La decisione della Corte Suprema si concentra su alcuni aspetti che qui interessano relativamente: in particolare, se, ed a quali condizioni, la normativa federale anti-trust si applica alla legislazione dei singoli Stati. Una delle argomentazioni addotte dalla Corte Suprema è, però, particolarmente interessante. Essa si interroga in ordine alla circostanza per cui la partecipazione statale nell’elaborazione di restrictive conducts di un privato (nel caso in esame, di un’impresa) possa giustificare l’esenzione dello stesso dall’applicazione della legge federale. La sentenza della Corte è, sulla questione, molto chiara: “(…) state authorization, approval, encouragement, or participation in restrictive private conduct confers no antitrust immunity”.
In buona sostanza, la Corte Suprema chiarisce che il godimento di garanzie partecipative nelle procedure di rulemaking favorisce sicuramente la migliore condivisibilità delle decisioni. Non comporta, tuttavia, ulteriori vantaggi per i privati. Come, in questo caso, l’esenzione dall’applicazione delle leggi federali in materia di concorrenza.
[1] Tanto è vero che un progetto antecedente a quello del Senatore Kennedy, attribuibile al Senatore Barry Goldwater, era stato scartato perché consentiva sia ai singoli membri, sia al Segretario del sindacato, di agire presso un giudice al fine di ottenere l’enforcement delle regole contenute nell’atto legislativo. Le due principali obiezioni opposte al progetto Goldwater erano state le seguenti: “(…) it might lead to multiple litigation in multiple forums, and thereby impose on the union the severe burden of mounting multiple defenses. A related objection was that the Goldwater bill failed to interpose a screening mechanism between the dissatisfied union member and the courtroom, and thereby imposed on the union the burden of responding to frivolous complaints”.
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